Stranieri Residenti in Italia: Integrazione e Sfide
All'inizio del 2023, in Italia risiedono circa 5 milioni di cittadini stranieri (111 mila in più rispetto all'anno precedente), comunitari e non comunitari, che rappresentano l'8,7% del totale dei residenti.
Distribuzione Geografica e Permessi di Soggiorno
Storicamente, gli stranieri sul territorio italiano si concentrano soprattutto nelle ripartizioni del Centro-Nord dove, al 1° gennaio 2023, risiede l’83,4% degli stranieri residenti in Italia. L’83,4% dei cittadini stranieri residenti in Italia si concentra nel Centro-Nord.
La maggiore attrattività delle regioni del Centro-Nord è confermata anche dai permessi di soggiorno dei cittadini non comunitari: circa l’85% è stato rilasciato o rinnovato nel Centro-Nord, soprattutto in Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto.
Alla stessa data, sono regolarmente presenti poco più di 3,7 milioni di cittadini non comunitari, il 60% dei quali ha un permesso di soggiorno di lungo periodo.
Nel corso del 2022, i nuovi permessi di soggiorno rilasciati a cittadini non comunitari sono stati quasi 449 mila, con un aumento dell'86,0% rispetto al 2021, dovuto in larga parte alla crisi dei rifugiati provenienti dall'Ucraina a causa della guerra.
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Integrazione nel Mercato del Lavoro
Nel mercato del lavoro, permangono differenze tra italiani e stranieri: nel 2023, il tasso di occupazione (20-64 anni) degli stranieri (65,1%), cresce meno intensamente di quello dei coetanei italiani e risulta ancora inferiore a quello degli autoctoni (66,4%). Il tasso di disoccupazione diminuisce maggiormente per gli stranieri che, tuttavia, continuano a presentare un valore dell’indicatore significativamente più elevato (11,3%), rispetto a quello degli italiani (7,2%).
L’inserimento lavorativo dei migranti è il primo passo verso la loro integrazione. Una delle questioni più importanti, quando si parla di migranti, è la loro integrazione nelle comunità in cui vivono. Come si inseriscono degli stranieri in un paese, rendendoli soggetti attivi della collettività senza tuttavia avviare processi di assimilazione totale?
L’integrazione è un processo esteso nel tempo (e comunque mai del tutto irreversibile), complesso e multi-dimensionale. Diverse istituzioni ne danno definizioni differenti. Un elemento che tutte queste definizioni, di Eurostat, Istat e Ocse, hanno in comune è la dimensione economica dell’integrazione.
Eurostat analizza le differenze tra i livelli di disoccupazione tra 3 categorie in base alla provenienza: cittadini autoctoni, popolazione straniera proveniente da paesi Ue e popolazione straniera proveniente da paesi extra-Ue.
La disoccupazione in Europa colpisce quindi gli stranieri extra-comunitari circa il doppio rispetto agli autoctoni.
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Overqualification
L'overqualification (in italiano traducibile come sovraqualificazione o iperqualificazione) è un fattore importante dell'integrazione lavorativa. Si tratta del fenomeno per cui una persona ricerca o accetta un lavoro che richiede una preparazione tecnica o accademica inferiore a quella posseduta.
Secondo il report di Istat, l'overqualification è più frequente tra gli stranieri rispetto agli autoctoni per una serie di ragioni. Innanzitutto, perché questi si trovano a dover cercare un'occupazione in un paese di cui, in moltissimi casi, non conoscono sufficientemente la lingua. Spesso, poi, le loro competenze professionali non sono pienamente utilizzabili nel paese di arrivo, o il loro titolo di studio non viene riconosciuto.
Considerati questi elementi, è chiaro che il fenomeno dell'overqualification dovrebbe essere transitorio, legato al processo stesso dell'integrazione. L'overqualification tra gli stranieri non è però rilevante in tutti i paesi Ue allo stesso modo. L'Italia, come la Spagna, è particolarmente esposta a questo fenomeno.
Un altro elemento importante per determinare il livello di integrazione economica e lavorativa dei migranti è il loro rischio di povertà ed esclusione sociale. L'Italia è, da questo punto di vista, in linea con la media europea: gli stranieri sono più esposti rispetto ai cittadini italiani al rischio di povertà ed esclusione sociale.
Povertà e Inclusione Sociale
Nel 2022, secondo gli indicatori dell’Istat sono in condizione di povertà assoluta oltre 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale delle famiglie residenti, da 7,7% nel 2021), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui (9,7%, in crescita dal 9,1% dell’anno precedente).
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Il peggioramento della povertà assoluta è imputabile, in larga misura, forte accelerazione dell’inflazione. I minori colpiti dalla povertà assoluta sono 1 milione 269 mila, appartenenti a 720 mila famiglie.
Accordo di Integrazione
E' entrato in vigore il 10 marzo 2012 il "Regolamento concernente la disciplina dell'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato", emanato con D.P.R. 14 settembre 2011, n.179. Da tale data, pertanto, gli stranieri, di età superiore ai 16 anni, che faranno ingresso nel territorio nazionale per la prima volta e richiedano un permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, dovranno sottoscrivere tale accordo presso le Prefetture o le Questure.
Con tale istituto si è voluta perseguire la strada del patto con il cittadino non appartenente all'Unione europea regolarmente soggiornante, fondato su reciproci impegni.
Emanato ai sensi dell’articolo 4 bis del T. U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (Dlgs 286/1998), e pubblicato sulla G.U. L’accordo è articolato per crediti, ha la durato di due anni ed è prorogabile di uno.
In rappresentanza dello Stato è firmato dal Prefetto o da un suo delegato così da garantire l’impegno delle istituzioni a sostegno del processo di integrazione dello straniero attraverso ogni idonea iniziativa.
Con sua la sottoscrizione invece lo straniero si impegna ad acquisire un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana parlata (equivalente almeno al livello A2 di cui al quadro comune europeo di riferimento), una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, della cultura civica e della vita civile in Italia (con particolare riferimento ai settori della sanità , della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e degli obblighi fiscali) e, laddove presenti, a garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione da parte dei figli minori. In alcuni casi - come, ad esempio, l’aver commesso reato o gravi violazioni della legge - i crediti potranno anche esser decurtati e/o persi.
Seconde Generazioni e Cittadinanza
Una delle dinamiche più importanti che caratterizzano gli ultimi decenni di immigrazione in Europa è che oggi molti cittadini nati nel vecchio continente e cresciuti in un contesto europeo sono di discendenza straniera. Parliamo in questo caso di seconde generazioni, che si distinguono dalle prime, costituite dai residenti nati all’estero.
Laddove come in Italia non esiste lo ius soli (l’acquisizione della cittadinanza nel paese dove si nasce), anche le seconde generazioni sono tenute a seguire un percorso di naturalizzazione, vale a dire una pratica di ottenimento della cittadinanza in seguito a una richiesta. Questa strada è spesso lunga e difficoltosa.
Complessivamente, in oltre il 90% dei casi si tratta di persone straniere per nascita (nel caso degli extra-comunitari) ma, conseguentemente al fatto che queste spesso si stabilizzano nel paese ospitante e vi trascorrono il resto della propria vita, diventa sempre più consistente il gruppo dei discendenti.
A oggi infatti nessuno stato europeo concede la cittadinanza per nascita (ius soli) automaticamente. Si richiede che i genitori abbiano soggiornato per un certo tempo prima della nascita (un periodo compreso tra i 3 e i 10 anni). Questa versione dello ius soli è in vigore in soli 4 paesi membri (Belgio, Germania, Irlanda e Portogallo).
Un’altra opzione, definita doppio ius soli, consiste nel concedere la cittadinanza quando uno dei due genitori è nato nel paese, ed esiste in 7 stati (Francia, Lussemburgo, Portogallo, Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Grecia).
In Italia la cittadinanza può essere acquisita tramite tre modalità : per residenza (dopo almeno 10 anni, la soglia più elevata d’Europa), per matrimonio o per trasmissione o elezione (con cui si intende lo ius sanguinis, ovvero la ricezione della nazionalità dei genitori).
Il numero di persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana ha avuto un andamento oscillante, con un aumento intorno agli anni 2015 e 2016 e un successivo ridimensionamento.
Solo in Svezia e nei Paesi Bassi il tasso di naturalizzazione supera il 10%, mentre in 6 paesi dell’Europa centrale e baltica (Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Estonia, Lettonia e Lituania) non arriva all’1%. Queste basse percentuali dovrebbero farci riflettere sul processo di inclusione sociale in Europa.
Tabella: Tassi di Naturalizzazione in Europa (Esempio)
Paese | Tasso di Naturalizzazione (%) |
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Svezia | >10 |
Paesi Bassi | >10 |
Repubblica Ceca | <1 |
Croazia | <1 |
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