Europee: Analisi dell'Affluenza e delle Priorità degli Elettori
Probabilmente non è affatto una sorpresa, dati i tempi che stiamo attraversando, ma se non altro si tratta ora di un dato ufficialmente certificato: i temi più importanti per gli elettori che hanno votato alle ultime europee sono stati il costo della vita e la situazione economica.
I numeri dell’ultimo Eurobarometro fanno un po’ di luce sulle dinamiche del voto dello scorso giugno, e dipingono per il Belpaese un quadro che a volte si discosta anche sensibilmente dalla media dei Ventisette.
A livello aggregato, l’affluenza è rimasta stabile, ma naturalmente i trend variano molto tra uno Stato membro e l’altro: in Italia, ad esempio, è scesa di oltre sei punti percentuali rispetto al 2019.
Affluenza alle urne: un quadro generale
Partiamo dal turnout: nel weekend del 6-9 giugno scorsi, si è scomodato per recarsi alle urne il 50,74 per cento degli aventi diritto in Ue (che in totale sono oltre 350 milioni), un dato sostanzialmente in linea con quello di cinque anni fa, quando la percentuale toccata è stata del 50,66.
Quello del 2019 è stato il primo aumento dell’affluenza di sempre, da quando cioè esistono le elezioni dirette dell’Eurocamera (1979), che storicamente avevano visto partecipare sempre meno cittadini di volta in volta.
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L’impercettibile miglioramento della partecipazione tra le elezioni del 2019 e quelle di quest’anno si è dovuto, come rilevato dai dati dell’Eurobarometro numero 101.5, all’aumento dell’affluenza in 16 Paesi membri, mentre negli altri 11 si è assistito ad un declino.
Il caso italiano: un trend negativo
In Italia, il turnout è diminuito di 6,19 punti percentuali in cinque anni, passando dal 54,4 al 48,31 per cento, proseguendo un trend negativo ininterrotto dal 2004.
A livello europeo, hanno votato il 53 per cento degli elettori maschi e il 50 per cento di quelle donne (un aumento di un punto percentuale in entrambi i casi), mentre nel Belpaese queste cifre scendono al 49 e 47 per cento rispettivamente.
Alle elezioni europee di sabato 8 e domenica 9 giugno ha partecipato il 49,7 per cento degli aventi diritto di voto: è la prima volta nella storia repubblicana che in un’elezione di questo tipo, considerando anche le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento nazionale, si registra una percentuale così bassa.
Alle precedenti elezioni europee del 2019 - quando si era votato su un giorno solo - aveva partecipato il 56,1 per cento degli elettori, una percentuale in costante calo dal 2004 in poi.
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Il calo dell’affluenza registrato in queste elezioni europee è il secondo peggiore dopo quello registrato tra le elezioni europee del 2009 e quelle del 2014: questo weekend l’affluenza è stata più bassa di 6,4 punti percentuali rispetto a cinque anni fa, mentre dieci anni fa il calo è stato di 7,8 punti.
Fasce demografiche e partecipazione
Ma il dato forse più controintuitivo è quello relativo alle fasce demografiche. A votare di più sono stati gli elettori con almeno 55 anni: il 58 per cento a livello Ue (in aumento del quattro per cento rispetto al 2019, e l’unica ad essere cresciuta) e il 50 per cento in Italia.
Al contrario, il gruppo in cui si è visto il declino più accentuato nella partecipazione è quello dei più giovani (tra i 15 e i 24 anni): solo il 36 per cento si è recato alle urne a livello aggregato (in discesa di sei punti percentuali dal 2019), cifra che in Italia si attesta al 45 per cento (risultando comunque la fascia anagrafica meno partecipativa).
Eppure, stando all’Eurobarometro, sembrerebbero proprio i giovani i più ottimisti sul futuro dell’Unione: il 79 per cento di loro si considera fiducioso, contro il 66 degli over 55.
Temi caldi: costo della vita e situazione economica
Per quanto riguarda i temi che hanno mosso gli elettori, a livello aggregato troviamo al primo posto l’esplosione del costo della vita (la prima preoccupazione per il 42 per cento degli intervistati), seguita dalle considerazioni relative alla situazione economica (41 elettori su 100).
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Tra gli italiani, le priorità sono le stesse però in ordine inverso: il 51 per cento ha indicato la situazione economica e il 48 per cento l’inflazione.
Nei Ventisette, in media le altre preoccupazioni sono la situazione internazionale (37 per cento), la salute della democrazia e dello Stato di diritto (32 per cento) e infine, a pari merito, il clima, la sicurezza e la migrazione (28 per cento).
Quest’ultimo tema è stato in cima alla lista solo in Germania (indicato da 44 intervistati su cento), mentre in Italia - dove pure la retorica anti-migranti non smette mai di martellare - è stato segnalato da meno di un elettore su cinque (il 19 per cento).
Orientamento al voto: focus europeo vs. nazionale
Infine, è aumentata in tutta l’Unione la percentuale di elettori che hanno votato avendo in mente soprattutto temi di respiro europeo (il 47 per cento, quattro punti in più rispetto al 2019), mentre è rimasta stabile quella di chi ha votato focalizzandosi principalmente sulle questioni nazionali (42 intervistati ogni 100).
L’immagine più positiva dell’Ue si è registrata in Portogallo (76 per cento) e in Irlanda (71 per cento), mentre ad avere una concezione più negativa sono Austria, Francia e Grecia (nelle prime due ha un’immagine positiva dell’Unione il 27 per cento degli intervistati, nell’ultima il 24 per cento).
E sull’importanza dell’appartenenza del proprio Paese all’Ue si registra un altro dato poco intuitivo rilevato tra gli elettori italiani: del 62 per cento che valuta positivamente l’adesione nazionale al club europeo, la porzione minore è costituita da chi si colloca politicamente al centro - il 47 per cento, contro il 67 per cento di chi si considera di destra e il 74 per cento di chi vota a sinistra.
Partecipazione al voto: un'analisi più ampia
Elezioni partecipate, nonostante tutto. A livello europeo, dal 1984 al 2014 l’affluenza era risultata regolarmente in calo.
Al contrario, nel 2019 e nel 2024 l’affluenza è cresciuta, dimostrando che i cittadini europei (non quelli italiani) riconoscono l’Unione come uno spazio politico in cui opinioni e gruppi politici competono gli uni con gli altri attraversando i confini degli Stati membri.
L’importanza dell’Europarlamento è sancita dal voto di centinaia di milioni di europei.
Tuttavia le urne danno ragione a chi vorrebbe vedere ridotto quello spazio politico: i nazionalisti, i sovranisti, le destre estreme antieuropee, tutte forze che, con bizzarri giri della storia, sono passate dal rifiuto dell’Unione al tentativo di cambiarla dall’interno.
Risultati in Italia: il caso Meloni e le dinamiche politiche
In Italia un risultato pare certo: il partito della Presidente del Consiglio è stato quello più votato sfiorando il 29 per cento dei voti.
Un risultato in controtendenza rispetto a quanto avvenuto in Francia e Germania, dove i risultati delle elezioni europee hanno confermato una delle caratteristiche tipiche delle elezioni di second’ordine: punire i partiti al governo.
Meloni non ha per nulla sofferto della maledizione dei governanti, anzi, ha incrementato la percentuale di voti rispetto alle politiche del 2022 (28,81 contro 26), seppur soffrendo di un’emorragia di votanti (circa 600 mila voti in meno rispetto al 2022).
È vero che, storicamente, la partecipazione alle elezioni politiche è più elevata rispetto ad altri appuntamenti elettorali, ma è anche vero che il partito della principale sfidante della Presidente, il PD di Elly Schlein, ha ottenuto, nonostante l’astensione più alta, oltre 200 mila voti in più rispetto alle politiche del 2022, guadagnando circa 5 punti percentuali.
Senza dubbio a risultare sconfitto è il Movimento 5 stelle, sia in termini assoluti che percentuali: dal 17,06 delle Europee 2019, al 15,4 delle Politiche 2022, al 9,91 dello scorso fine settimana.
Se guardiamo al tema più caldo, e cioè al dilemma della guerra, le analisi precedenti il voto lasciavano presagire che gli italiani, stufi e timorosi, avrebbero premiato i partiti pacifisti (5 stelle, Lega e Pace Terra e Dignità).
E invece i 5 stelle hanno subito una sonora sconfitta, Salvini non può compiacersi del risultato elettorale e la lista di Michele Santoro non si è nemmeno avvicinata allo sbarramento.
Il peso della guerra in Ucraina
Ed è proprio la guerra in Ucraina che pare aver avuto un peso determinante nelle scelte degli elettori dei due principali paesi Europei.
In Francia, il partito del Presidente Macron crolla e la (ex?) filo-russa Marine Le Pen trionfa.
In Germania avanza l’AfD (con il 15,9% è ora il secondo partito tedesco) e il cancelliere Scholz prova a raccogliere i cocci (due punti percentuali sotto il partito di estrema destra).
Anche in altri Paesi i partiti filorussi hanno riscosso successi: 6 seggi in Austria, Romania e Polonia, 3 seggi in Bulgaria, 2 seggi in Lettonia e Slovacchia.
Dall’altro lato, in Ungheria, il partito di Orbán ha vinto, ma perdendo molti consensi.
Nonostante ciò, i due principali gruppi della “maggioranza Ursula”, il Partito popolare europeo e i Socialisti & Democratici, restano i gruppi più forti e decisivi all’Europarlamento.
Se le urne non hanno davvero indebolito il sostegno a Kiev, hanno però rinvigorito le forze anti-europeiste, quelle che vogliono riportare fette di sovranità nelle mani dei governi nazionali.
L'Eurobarometro e la percezione dell'UE
L’ultimo sondaggio Eurobarometro (aprile 2024) ha fatto emergere un quadro molto netto: rispetto ai paesi dell’Europa occidentale e settentrionale, nei paesi dell’Europa centro-orientale risulta maggiore il numero di rispondenti che si ritiene “abbastanza d’accordo” o “molto d’accordo” con l’affermazione “Il mio paese starebbe meglio fuori dall’UE”.
Alle elezioni europee si è registrata la crescita della partecipazione nei paesi del Nord-Ovest e dell’Est e il crollo in quelli mediterranei.
Mai come in questo caso, infatti, si può dire che “si vota (anche) con i piedi”, dovendo recarsi materialmente a un seggio, non sempre comodo, piacevole e sotto casa.
Pertanto, quando e dove la partecipazione risulta numericamente ampia, è difficile non leggervi un segnale di affezione e di sintonia dei cittadini verso le istituzioni da eleggere.
La prima cosa da notare è che il tasso di partecipazione complessivo, del 51,08 per cento, non va paragonato col 50,66 per cento del 2019, ma col dato di cinque anni fa ricalcolato escludendo la Gran Bretagna.
Infatti, l’uscita di Londra dall’Ue (Brexit), nel gennaio 2020, ha modificato il perimetro europeo riducendo di oltre 46 milioni il numero dei cittadini aventi diritto di voto nelle elezioni successive.
Nel 2024, i nuovi votanti sono stati quasi 23 milioni, pari al 6,5 per cento degli elettori.
Molti paesi hanno abbassato l’età minima per votare rispetto allo standard dei 18 anni: di recente lo hanno fatto il Belgio (nel 2022) e la Germania (lo scorso anno), che oggi, con Malta (dal 2018) e Austria (dal 2007), hanno l’età minima a 16 anni.
In totale, inclusa la Grecia che dal 2014 ha un’età minima a 17 anni, il peso dei paesi in cui si può votare anche sotto i 18 anni ha raggiunto un quarto del totale.
La correlazione tra quota di nuovi votanti e tasso di partecipazione è risultata elevata. C’è evidentemente un forte effetto di “trascinamento” (in rapporto di circa 1 a 8) per cui più elevata è la quota di giovani, più alta è la partecipazione complessiva al voto.
Si è parlato spesso di “voto ai sedicenni”. L’effetto sull’affluenza complessiva va scomposto in due componenti. Da un lato, c’è l’effetto diretto.
Affluenza nei territori italiani
Come già avvenuto in passato, l’affluenza al voto in Italia è stata più alta nelle regioni settentrionali rispetto al resto del Paese.
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