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Ex Giocatori Stranieri del Milan: Un Legame Internazionale

Il Milan, nella sua storia, ha saputo coniugare spettacolo e risultati, attirando talenti da tutto il mondo. Il legame tra il Milan e il Brasile è stato più di una semplice statistica (nessuna nazionalità è stata così presente nella storia rossonera), è stata una filosofia di gioco basata anche sulla spettacolarità, oltre il risultato. Ma la storia del Milan brasiliano non è solo coppe e samba.

I Brasiliani: Un Tocco di Magia

Non il primo cronologicamente, ma il primo dell'era brasiliana moderna del Milan è arrivato nel 1997. Completano il quadro altri sei brasiliani rossoneri, idealmente capeggiati da Dino Sani, faro del centrocampo del Milan tra il 1961 e il 1964, con una Coppa Campioni (la prima della storia del club) come stella polare della sua storia rossonera. In quella rosa c'era anche Emanuele Del Vecchio, mentre Amarildo (che vinse il Mondiale del 1962) col Milan collezionò solo una Coppa Italia.

Tra i tanti brasiliani che hanno vestito la maglia rossonera, alcuni hanno lasciato un segno indelebile:

  • Dida: Silenzioso, imperturbabile, decisivo. Nelson de Jesus Silva, per tutti semplicemente Dida, è stato il guardiano delle notti magiche rossonere. La sua storia rossonera inizia con una papera (gol sotto le gambe) a Leeds, svolta e si consacra definitivamente sempre in terra inglese a Manchester, dove para tre rigori su cinque alla Juventus consegnando letteralmente la Champions League al diavolo.
  • Cafu: Un treno inarrestabile sulla fascia destra. Cafu ha portato la sua energia infinita anche al Milan, vincendo tutto e insegnando che il segreto della longevità nel calcio è la gioia di giocare.
  • Serginho: Un fluidificante dal talento cristallino. Velocità, tecnica e cross perfetti: ha fatto della fascia sinistra il suo regno. In pochi sono stati abili passatori come Serginho. "Serginho non si diverte giocando da terzino? - chiesero una volta a Carlo Ancelotti -. Vorrà dire che dopo la partita lo porterò al cinema". Per tanti brasiliani che giocavano in attacco, uno il cui compito era proteggere la porta. E come lo faceva…
  • Kakà: Il brasiliano con più partite e con più gol, l'uomo dello scudetto del 2004, ancor di più, della Champions del 2007, che lo porterà al Pallone d'Oro, l'ultimo prima dell'era Ronaldo-Messi. Arriva in aeroporto, in punta di piedi, con la camicia ordinata e gli occhiali da studente Erasmus ("gli mancavano solo la cartella con i libri e la merendina" disse Ancelotti). Entra nei cuori dei tifosi per la classe e l'eleganza, dentro e fuori dal campo. Fosforo in mezzo al campo: vince uno scudetto, poi diventa dirigente e - tanto per dire - contribuisce a portare in squadra tali Ricardo Kaká, Alexandre Pato e Thiago Silva. Il Milan vuole bene a Kakà e, come regalo, porta in squadra in quegli anni anche il fratello Digão, decisamente molto meno bravo.

Negli anni più recenti si sono alternati - con pochissime fortune - anche i vari Luiz Adriano, Leo Duarte, Alex, Gabriel tra i pali, Rodrigo Ely, l'ex Roma e Inter Mancini e Claiton. Claiton chi? Che erede non fu, affatto. L'ucraino che ha scritto la storia saluta col magone nell'estate del 2006 e il sostituto arriva dalla prolifica terra verdeoro: prende la storica maglia numero 7, segna al debutto assoluto contro la Lazio (in 7 minuti esatti) ma poi è protagonista di una stagione da dimenticare. Nella sua avventura bis da dirigente Leonardo porta in rossonero anche Paquetá, che però delude.

Inoltre, Emerson Royal sarà un nuovo giocatore del Milan: è fatta per il passaggio del terzino brasiliano ai rossoneri. Sono stati infatti firmati i documenti tra il Milan e il club inglese che hanno trovato l’accordo sulla base di 15 milioni di euro più bonus. Ora, non resta che organizzare il viaggio del brasiliano verso l'Italia e programmare le visite mediche.

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Gli Inglesi: Pionieri e Talenti

Kyle Walker è il nono inglese della storia del Milan, un club fondato più di un secolo fa proprio dall'inglese Kilpin (e dal socio fondatore Edwards), ma che ha avuto pochi figli del Regno nelle sue fila. Pochi inglesi nella storia, vero, ma la storia è partita da loro. Cioè da chi il football lo aveva appena inventato. L'Hotel du Nord et des Anglais, in piazza della Repubblica a Milano, a due passi dalla Stazione Centrale, oggi lascia posto al Principe di Savoia. Fu lì che nacque il Milan. Anno 1899. Per volere dell'inglese Kilpin.

Tra questi, spiccano:

  • Herbert Kilpin: Tra i primi giocatori, il primo allenatore e il principale fondatore del Milan. La storia inglese si intreccia con quella italiana.
  • Joe Jordan: Arriva al Milan nell’estate del 1981, primo straniero dopo la riapertura delle frontiere decisa l’anno prima. I tifosi gli tributano un’accoglienza molto calorosa all’aeroporto di Linate. Joe Jordan, scozzese della classe 1951, è passato alla storia del Diavolo come “lo squalo del Milan”. La sua avventura rossonera comincia alla grande, con un gol in un derby di Coppa Italia. L’esultanza conseguente, sotto la Curva Sud di San Siro, rappresenta una delle icone più gettonate del milanismo della prima metà degli anni 80, superata solo dal colpo di Mark Hateley nella stracittadina di campionato disputata tre anni dopo. Jordan in campo è stato sempre un combattente senza paura. L’attaccante scozzese - con un passato a Leeds e Manchester - si buttava in tutti i duelli aerei, sempre pronto a lanciarsi senza timore nei sedici metri avversari. Dopo la deludente annata d’esordio, Joe si riscatta nella stagione 1982/83, firmando 10 gol in serie B. Memorabile è lo striscione che i tifosi rossoneri dedicarono a Jordan nell’ottobre 1981, esposto prima di un Milan-Juve: “Squalo, segna ancora per noi”.
  • Luther Blissett: Se esiste tuttora grande scetticismo sugli inglesi in A, in parte lo si deve a meteore come Blissett. Arrivato dal Watford di Elton John, divenne presto quintessenza del flop di mercato. Promise gol ma ne fece appena sei. Molti di più quelli sbagliati. Crudele il gioco di parole creato dai tabloid: Luther Miss-It (Luther l'ha sbagliato). Nel posto giusto al momento sbagliato. A Milano dopo gli anni delle due Serie B. Via appena prima dell'inizio dell'epopea berlusconiana.
  • Ray Wilkins: Era soprannominato Razor (il rasoio) per via di quei passaggi taglienti e precisi. Ricordato con grande affetto dal tifo milanista alla sua scomparsa, nel 2018.
  • Mark Hateley: Il volo su Collovati, olio su tela. Cioè il gol che segnò l'inglese nel derby di andata della stagione 1984-85. Era il 28 ottobre, un giorno speciale. Perché quel Milan aveva giocato la Serie B, perché quel Milan non vinceva un derby da sei lunghissimi anni (1978, lo scudetto della stella) prima dell'inferno delle retrocessioni.
  • David Beckham: Uno Spice Boy a Milano. Quando il Milan amava circondarsi delle superstar più lucenti. Lui aveva appena salutato l'Europa per l'America, per Los Angeles, Hollywood, a provare a dare nuovo lustro al calcio a stelle e strisce. Lasciò il patinato per lottare, su ogni pallone. A gennaio 2009 e in quello del 2010, con la MLS ferma e per conquistarsi il Mondiale con la nazionale inglese. Gol su punizione, assist, ma anche tanta corsa e tanto sacrificio.
  • Fikayo Tomori: Secondo inglese della storia a vincere il campionato italiano, dopo Young con l'Inter. E anche da assoluto protagonista. Arriva dal Chelsea, giovane e con la voglia di imporsi. Nell'anno dello scudetto forma coi francesi Kalulu e Maignan la linea Maginot che vale il tricolore.
  • Ruben Loftus-Cheek: Settimo figlio del Regno nella storia del Milan, anche lui dal Chelsea come Tomori e Greaves. Il Milan lo paga circa venti milioni nell'estate del 2023, con Pioli gioca spesso, ma la stagione rossonera non ingrana. C'è la sua firma sull'ultimo trofeo del Milan: 3-2 in pieno recupero nel derby vinto contro l'Inter in Supercoppa.

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