Sottocorteccia: Un Viaggio tra i Boschi che Cambiano
Dopo mesi di attesa, finalmente ho avuto l'opportunità di leggere "Sottocorteccia", un libro di cui ho sentito parlare ampiamente in diversi contesti. Non avrei potuto esserne più felice!
Si tratta del bostrico tipografo, un coleottero che attacca la specie più diffusa e importante dei boschi alpini: l'abete rosso. A seguito della tempesta Vaia di fine 2018, una minaccia incombe sulle foreste del Nord-Est.
In questo libro-diario, Pietro e Luigi raccontano del piccolo coleottero che li ha fatti incontrare e del loro viaggio - che è anche un'amicizia - tra le Alpi. Due punti di vista diversi, uno antropologico e uno scientifico, dipanano la complessità e offrono una prospettiva nuova sul futuro di Uomini, Foreste e Insetti, protagonisti di questa avventura e della vita sul nostro pianeta.
Un Saggio Interdisciplinare sul Bosco
Ammettiamolo subito: un saggio di ben 300 pagine sul bosco e in particolare su un insetto, il bostrico tipografo, può spaventare… soprattutto chi non è abituato a leggere di natura e chi non ha particolari conoscenze in questo ambito. Il saggio si sviluppa in sette sezioni e alterna il punto di vista dei due autori, accomunati dal medesimo amore per i boschi e dalla stessa passione per la ricerca e la divulgazione, ma che si differenziano per approccio, antropologico per Pietro Lacasella e scientifico-forestale per Luigi Torreggiani.
A partire dall’introduzione siamo portati a spostare la nostra attenzione su qualcosa che solitamente non siamo abituati a pensare e osservare: il bosco. In effetti, la maggior parte delle persone non vede davvero i boschi, non siamo soliti interessarci a loro; dato che “l’occhio vede ciò che conosce” per noi essi sono solo “uno sfondo sfocato e lontano, senza interrogarci sulla loro utilità, sulla necessità di una loro gestione responsabile” (p. 17).
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La prima sezione racconta la genesi del saggio: tutto nasce nel momento in cui Pietro Lacasella, guardando dalla propria finestra, nota come alcuni alberi dei boschi veneti siano stranamente arrossati, divenendo chiazze morte in mezzo al verde. Da questi primi capitoli cogliamo subito due caratteristiche del saggio: l’importante componente aneddotica, che stempera i contenuti scientifici e li rende più fruibili, divertenti, leggeri, pur nel rigore della ricerca, e l’ampio respiro dell’osservazione, che immediatamente spazia dal particolare all’esistenziale, dalla natura alla società.
La presenza del bostrico e i danni che ha causato coinvolgono fin da subito un altro fattore: la tempesta Vaia, che nel 2018 ha falcidiato i boschi del Trentino e del Veneto e che ha “spianato la strada” alla diffusione del coleottero. Tuttavia, ai nostri occhi l’epidemia è ben peggiore: “lo stillicidio supera in atrocità la fucilazione” perché Vaia è stata uno sparo, la violenza di un attimo, mentre il bostrico “scava il bosco goccia dopo goccia, albero dopo albero. Avanza in modo impercettibile e implacabile, prolungando la sofferenza di chi subisce, ma anche il dispiacere di chi guarda” (p.
Complessità e Approccio al Problema
Gli autori ci conducono nella loro ricerca, che parte dalla tempesta di Vaia e che prosegue sul bostrico, il quale attacca gli abeti rossi e si è diffuso anche grazie agli schianti e alla nuova debolezza delle piante. Sembrerebbe un discorso semplice, ma non lo è. Una delle parole chiave del saggio, infatti, è proprio “complessità”, termine troppo spesso sottovalutato e schernito.
La semplicità ci porterebbe a demonizzare il bostrico, responsabile dell’ecatombe di abeti rossi che sta mettendo a lutto boschi e valli; invece, dovremmo cambiare il nostro approccio e “studiarlo così com’è: un elemento naturale dei nostri ecosistemi, un coleottero scolitide che si è evoluto insieme all’abete rosso e che oggi sta esplodendo in Europa per cause del tutto antropiche: la semplificazione degli ecosistemi da un lato, la crisi climatica dall’altro” (p. 84).
Questo approccio, tuttavia, non vuole escludere l’impatto emotivo che la morte di migliaia di alberi sta causando e di cui risentono gli stessi autori e tante delle persone intervistate, specialisti e abitanti della montagna. Quando gli ambienti si trasformano in modo radicale, infatti, “si innesta un meccanismo emotivo in parte simile a quello del lutto, perché con quegli elementi si era creato un legame sentimentale; perché quegli elementi ci servivano per orientarci nella complessità del mondo” (p. 108).
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Ed ecco che, però, da una prospettiva individuale passiamo di nuovo ad una più ampia perché “se le trasformazioni bruciano, spaesano, fanno male, un giorno il bosco tornerà, levando in parte le briglie ai ricordi. I ricordi di Vaia, dell’infestazione del bostrico, delle distese di abete rosso e dei nostri affetti più intimi. Perché il ricordo, nella sua importanza, non di rado rischia di frenare la vita, e affinché la vita continui a scorrere a volte è necessario permettere alle memorie di volare via” (p. 114).
Allo stesso modo deve cambiare come parliamo della montagna, della quale i turisti si bevono un’immagine immacolata con paesaggi intatti. Adesso, questo approccio deve necessariamente cambiare, proprio per gli effetti che il bostrico produce: potremmo passare “da una comunicazione che enfatizza la bellezza naturale a una che enfatizza invece l’educazione ambientale” (p. 120).
Il bostrico, quindi, ci offre l’opportunità di cambiare approccio nella comunicazione, ma anche nella gestione. I nostri boschi sono fortemente antropizzati, addirittura artificiali, e ciò ha minato la biodiversità; paradossalmente (ma non troppo, a ben pensarci), “nelle aree attaccate la biodiversità sta aumentando” (p. 125) e questo è un fattore positivo.
Emerge qui il tema sulla rimozione o meno degli abeti colpiti, che lasciati morti a terra o in piedi creano un ambiente favorevole per nuove specie, tra cui numerosi uccelli. Al contrario, l’intervento massiccio di prelievo, taglio e reimpianto da parte dell’uomo può creare numerosi danni (dove non necessario per ragioni di sicurezza, ovviamente). Gli autori, però, non si fermano qui perché ciò significherebbe demonizzare il bosco creato dagli uomini e che ha privilegiato l’abete rosso.
Questa gestione forestale ha precise ragioni storiche, oltre che economiche, secondo un principio di “massimo reddito netto e in funzione delle esigenze dell’industria del legno. Ciò ha portato alla sostituzione su larga scala delle foreste naturali, dove prevalevano la quercia e il faggio, con impianti artificiali di specie più redditizie: pino silvestre e abete rosso, soprattutto” (p. Questa industria era importante per le popolazioni locali, ma aveva già cominciato a cedere il passo ad un’altra gestione del bosco, sviluppatasi a partire dagli anni Sessanta e che stava cominciando a generare boschi già un po’ ibridi.
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Segnali di Allarme e Diffusione del Bostrico
Ma davvero stiamo cogliendo questi segnali di allarme? “Vaia è stata un monito, un invito a rallentare il passo. Ma in quanti sono riusciti a cogliere quell’avvertimento? I cambiamenti climatici si prestano al linguaggio giornalistico solo quando mostrano il loro volto più arcigno, quando provocano catastrofi o fanno registrare nuovi preoccupanti primati. (…) Eppure, le trasformazioni provocate dal surriscaldamento globale hanno uno sviluppo quotidiano” (p.
Ampliando lo sguardo dall’Italia all’Europa vediamo come la diffusione del bostrico abbia raggiunto dimensioni abnormi nel XXI secolo: l’aumento è di sei volte superiore ai dati “registrati nel periodo 1971-1980, e un ulteriore aumento del 764 per cento è previsto per il periodo 2021-2030” (p. 185). Cosa fare, dunque? Come agire?
I due autori si ritrovano dopo un anno dall’inizio delle ricerche e decidono di compiere un viaggio nei luoghi devastati da Vaia e dal bostrico… Noi lettori li seguiamo e ci emozioniamo con loro, condividiamo il dolore, ma guardiamo anche al futuro.
Ricostruire la Complessità del Bosco
Innanzitutto, l’azione da compiere su larga scala dovrà essere quella di “rendere il bosco più resiliente attraverso la ricostruzione della sua complessità” (p. Come abbiamo visto, nei luoghi dove non sia necessario un intervento immediato per la messa in sicurezza di case e strade, la rinnovazione naturale è preferibile a quella artificiale in quanto “le piantine sono meglio adattate alla stazione, meno appetite agli ungulati, maggiormente idonee alla strutturazione del futuro popolamento, che si insedia generalmente in maniera progressiva, nonché evidentemente più economiche, venendo meno i costi di produzione e messa a dimora” (p.
Dobbiamo, però, considerare che così i boschi saranno meno utilizzabili dal punto di vista produttivo. Possiamo pensare anche ad un’arboricoltura da legno di montagna che utilizzi altri alberi, come la douglasia (alloctona e immune al bostrico), focalizzando tali piantagioni in alcune zone specifiche e lasciando nelle altre che il bosco si diversifichi, anche grazie ad una gestione più oculata e che preveda interventi meno pesanti ma più frequenti.
“Non per forza produrre di più quindi, ma gestire meglio, in modo diffuso, costante e bilanciato. Non basare i ricavi solo sul legno, ma su una serie variegata di servizi che possono essere remunerati diversamente” (p. Nelle pagine finali gli autori si interrogano su come questo sarà possibile. Il nemico peggiore di questa gestione nuova e consapevole del bosco è lo spopolamento della montagna e delle sue valli.
In questo saggio con un approccio interdisciplinare di ampissimo spettro, i due autori intervistano testimoni e studiosi, si adoperano sul campo, osservano in prima persona. I danni della tempesta Vaia del 2018 hanno incentivato la diffusione divenuta una vera e propria infestazione di bostrico, un coleottero capace di uccidere gli abeti rossi in poche settimane.
Nel libro-diario, Torreggiani e Lacasella raccontano del coleottero che li ha fatti incontrare e del loro viaggio tra le Alpi. Un'unione di due punti di vista diversi, quello scientifico e quello antropologico, per allargare gli sguardi a un quadro estremamente più complesso ma aprire anche la possibilità a una nuova prospettiva.
E' già tempo di ristampa per "Sottocorteccia-un viaggio tra i boschi che cambiano" (edizioni People), primo libro de L'AltraMontagna e scritto a quattro mani da Pietro Lacasella e Luigi Torreggiani che racconta una minaccia che incombe sulle foreste del Nord-Est dopo la tempesta Vaia di ormai 6 anni fa e legata al bostrico tipografo.
Il libro è il risultato di una ricerca compiuta sul campo per guardare avanti “non solo al destino delle peccete, sempre più fragili, ma a quello più ampio delle nostre montagne nei decenni che verranno". A seguito della tempesta Vaia, infatti, è in corso un'epidemia di bostrico tipografo, un coleottero che attacca la specie più diffusa e importante dei boschi alpini: l'abete rosso. L'insetto si è diffuso a macchia d'olio dopo il tremendo stress di quella notte, agevolato poi dalla crisi climatica.
Ma in ogni crisi si nasconde un'opportunità e l'obiettivo degli autori è quello di riflettere sulle conseguenze, sempre più evidenti, della crisi climatica e spingere i lettori a cercare di approfondire il destino delle montagne, così come a rinsaldare un legame antico e imprescindibile, quello con il più grande e dimenticato dei tesori italiani: le foreste.
Autori
Antropologo e scrittore, Pietro Lacasella ha dato vita al blog Alto-Rilievo / voci di montagna nel 2020; ha lavorato per il Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua e ha riorganizzato i contenuti della testata online del Club Alpino Italiano Lo Scarpone.
Giornalista e dottore forestale, Luigi Torreggiani collabora con le riviste Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi e L’AltraMontagna. Per la Compagnia delle Foreste cura la comunicazione di progetti dedicati alla gestione forestale sostenibile e alla conservazione della biodiversità. Realizza e conduce podcast, video e documentari su questi temi.
Titolo: SOTTOCORTECCIA. UN VIAGGIO TRA I BOSCHI CHE CAMBIANO.
- Autore: LACASELLA PIETRO TORREGGIANI L.
- Editore: PEOPLE.
- Collana: STORIE.
- Anno di pubblicazione: 2024.
- Ean: 9791259792037.