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Viaggio a Ixtlan: un'esplorazione profonda nella cultura sciamanica

Poco prima della sua morte, Carlos Castaneda raccolse e sottopose ad attenta revisione le opere seminali che, scritte nell’arco di trent’anni, descrivono il suo percorso di iniziazione allo sciamanesimo. Accompagnati da un’introduzione originale e dai commenti di Castaneda stesso, i pensieri riuniti in questo piccolo volume offrono una descrizione allo stesso tempo completa e ispirata della vita dello sciamano.

Questo libro è una sintesi delle massime, degli aforismi e dei concetti che Carlos Castaneda ha raccolto grazie alla sua lunga esperienza iniziatica accanto a Don Juan. Non va letto in modo lineare, ma sfogliato e riletto un po' per volta prendendosi il tempo di riflettere.

In attesa di avere modo di acquistare l intera bibliografia del grande maestro del '900 Carlos Castaneda ❤️ in spagnolo o inglese al max, dato che era bilingue e curava personalmente le sue pubblicazioni, ho acquistato questa raccolta sempre curata da lui in persona. Un must!

"Viaggio a Ixtlan" è il capitolo finale della trilogia dedicata agli insegnamenti di don Juan Matas, l'indio yaqui che ha svelato a Castaneda i misteri della sua antica cultura. Come tutti i libri di Castaneda, è un viaggio profondo dentro noi...

Sto leggendo in ordine i libri di Castaneda. Un cammino di crescita interiore se si è pronti a guardarsi dentro. Il libro di Castaneda che più amo! Sto acquistando tutta l'opera di Carlos Castaneda per legegrla in ordine cronologico.

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«Don Juan si dilungò interminabilmente sul concetto di Guerriero. Ovviamente, specificò, non era possibile ridurlo a un semplice concetto: quello del Guerriero era un modo di vita, l'unico deterrente alla paura, e il solo canale che un praticante potesse usare per consentire al flusso della sua attività di scorrere liberamente.

«Don Juan defini il Guerriero come il combattente per eccellenza. Era, disse, un atteggiamento facilitato dall'Intento degli antichi Sciamani, che ogni uomo poteva fare suo.

«L'Intento degli sciamani era talmente affilato, talmente potente, da rinsaldare la struttura del guerriero, e questo anche senza alcuna consapevolezza da parte del praticante.» In sostanza, per gli Sciamani dell'antico Messico il guerriero era un'unità da combattimento così perfettamente sintonizzata con la lotta che si svolgeva intorno a lui, e così straordinariamente vigile che, nella sua forma più alta, non aveva bisogno di alcunché di superfluo per sopravvivere.

Non c'era alcuna necessità di fargli doni, né di sostenerlo con parole o azioni, e neppure di offrirgli conforto o incentivi. Tutte queste cose erano già presenti nella struttura del Guerriero stesso. Poiché tale struttura era determinata dall'Intento degli antichi Sciamani, essi si erano assicurati che comprendesse tutto quello che poteva essere previsto.

«Personalmente, trovavo il concetto di Guerriero a un tempo affascinante e spaventevole. Se lo avessi fatto mio, pensavo, mi avrebbe ridotto in schiavitù, senza lasciarmi il tempo né la capacità di protestare, reagire o lamentarmi. Quella di lamentarmi era un'abitudine che mi portavo dietro da sempre, e per nulla al mondo avrei voluto rinunciarvi.

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Credevo che la propensione alla lamentela fosse propria dell'uomo sensibile, coraggioso e virtuoso, il quale non teme di affermare ciò che gli piace e ciò che non gli piace. Trasformare questo atteggiamento in un organismo combattente, avrebbe significato rischiare più di quanto potessi permettermi di perdere. Erano questi i miei pensieri più segreti. E tuttavia ambivo alla pace, alla determinazione, all'efficienza proprie del Guerriero.

Uno degli strumenti principali adottati dagli antichi Sciamani del Messico nella definizione di questo concetto era l'idea di prendere la morte come compagna e renderla testimone delle nostre azioni.

Un racconto illuminante, che ci permette di ripercorrere l'ultimo apprendistato dell'autore: il viaggio destinato a portarlo - attraverso lezioni, esercizi corporali e spirituali, prove, visioni - a percepire finalmente l'universo quale è, senza il filtro delle convenzioni. È giunto il momento di accostare, e fare proprio, un concetto fondamentale, che sta alla base del cammino verso una comprensione profonda dell'esistenza: la differenza tra il "guardare" quotidiano e il "vedere" del saggio.

Quando il mio bisogno di misticismo prende il sopravvento, eccomi sprofondare in un nuovo libro di Carlos Castaneda e del suo maestro don Juan. Viaggio a Ixtlan. Ma di che cosa tratta questo terzo libro? È per certi versi un reboot, ovvero riviviamo il primo incontro di Castaneda col suo maestro, per poi seguire gli insegnamenti di quest’ultimo sul modo giusto per cacciare gli animali e trovare le piante magiche fino a giungere agli scontri con la strega Catalina e alle chiacchierate con don Genaro, un altro sciamano.

Per chi ha già letto gli altri due, salta subito all’occhio come per l’appunto questo libro non sia il seguito della vita dell’autore narrata nei precedenti volumi ma un approfondimento. Infatti, il primo romanzo abbraccia gli anni dal 1961 al 1964, il secondo dal 1968 al 1970 mentre il terzo dal 1960 al 1971. Ergo, se non si conosce questo antefatto, all’inizio della lettura si resta spiazzati e confusi in quanto non si riesce a collocare cronologicamente gli episodi narrati.

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Si parte subito, per poi proseguire, con i botti: fin dalle prime pagine si entra in concetti profondi e spiazzanti, difficili da concepire per una mente occidentale razionale. Si parla di cancellare la propria storia personale, di come diventare un guerriero, inteso come un uomo di sapere, della differenza tra guardare e vedere e tra fare e non fare, del potere intrinseco nel mondo, del compito degli spiriti, di come avere il controllo dei propri sogni e del vedere le energie sottili (o aura, per coloro che masticano le medicine orientali).

Concetti ammetto difficili da comprendere per chi non è mai venuto a contatto con certe discipline, ma accessibili a chi ha conoscenze di pranoterapia, filosofia orientale e scienze esoteriche, anche se spiegate in modo e con termini differenti.

Altri concetti invece, anche per chi è avvezzo a certe pratiche fuori dall’ordinario, lasciano un po’ perplessi (come il fatto che anche il vento ha una sua volontà e potere o certi rituali strampalati e al limite del buon senso) in quanto non si capisce se quelle azioni abbiano una ragione d’essere o siano solo un escamotage di don Juan per aprire la mente al suo discepolo (ad esempio, possibile che sia veramente mortale per Carlos allontanarsi da un luogo o voltare le spalle ad una, presunta, strega? In tal caso, possiamo accettare come veritiera una superstizione? In tutto questo, Castaneda ascolta il punto di vista e le spiegazioni del maestro, mettendole in discussione, ponendovi delle domande inevitabili e cercando delle soluzioni logiche (anche se certi fatti misteriosi non possono in alcun modo essere compresi con un approccio razionale ed occidentale).

Senza contare che don Genaro, al pari del suo amico sciamano, stupisce per i suoi comportamenti fuori da ogni logica, al punto che ci si domanda seriamente se lui sia un uomo che ‘vede oltre’ o solo un pazzo (anche se, proseguendo con la lettura, si scopre come tutte le sue azioni abbiano una spiegazione plausibile).

Don Juan non si limita solo a imbastire rituali strambi ma, col suo fare sempre ambiguo ed enigmatico, spiattella in faccia al suo allievo quanto quest’ultimo sia pieno di conflitti e di debolezze che non gli permettono di diventare un vero sciamano. A tratti affettuoso e a tratti diretto ed implacabile, gli mostra quanto sia fragile nella sua arroganza ma anche curioso e pronto a rischiare. Non di meno, lo sprona a superare i propri limiti, anche ponendolo in situazioni scomode o pericolose (ad esempio, lasciandolo in balia delle entità in piena notte, tra le colline, senza possibilità di trovare una via di fuga o una direzione per tornare alla civiltà).

Tutto questo è solo un’immensa prova per spingere Carlos a diventare un guerriero e, indirettamente, ad insegnare a noi come affrontare certi ostacoli della vita. Castaneda prima parla con uno spirito guida, il quale gli spiega il motivo razionale e logico di tutti gli atteggiamenti strambi e misteriosi che i suoi maestri hanno rivolto all’allievo, e poi ‘ferma il mondo’, ovvero lo vede com’è in realtà, percorso da migliaia di filamenti d’energia uniti da un legame che accomuna tutti gli esseri della terra, lui compreso. Il finale è epico e commovente.

Poi, se soprassediamo ad alcune parti che lasciano perplessi per la loro reale gravità (vedi tutti i discorsi di don Juan sul se non fai la tal cosa ti ucciderà) troviamo un libro appassionante, illuminante e riflessivo. L’unica cosa che mi ha lasciato perplesso, lo ammetto, è stato questo scrivere nel terzo libro fatti che sono accaduti a cavallo degli altri due. È come se un autore realizzasse una trilogia sulla propria vita ma nel primo romanzo spiegasse, ad esempio, la sua vita lavorativa, nel secondo quella affettiva e nel terzo quella mistica, penalizzando il lettore che a causa di questa ‘scissione’ non riesca a comprendere pienamente quanto un elemento abbia potuto influire sugli altri. Sarebbe stato interessante, e più logico e diretto, avere una continuità tra i tre, portando avanti la narrazione di tutte le esperienze in una loro corretta cronologia.

Chiariamo: i libri della trilogia di Carlos Castaneda restano comunque comprensibili e non vanno ad intaccare più di tanto lo spessore narrativo e la qualità delle esperienze che ha vissuto. C’è però da dire di contro che certi episodi posti nel giusto contesto cronologico avrebbero, secondo me, avuto un impatto maggiore per il lettore. C’è sempre da imparare da Castaneda e don Juan.

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Sinossi
Viaggio a Ixtlan è il capitolo finale della trilogia dedicata agli insegnamenti di don Juan Matas, l'indio yaqui che ha svelato a Castaneda i misteri della sua antica cultura.

Si conosce anche una sostanza psichedelica naturalmente prodotta dal nostro cervello (una DMT, dimetiltriptamina, naturale) ma presente nella normalità in quantità troppo piccole per essere significative. In modelli animali, però, essa cresce notevolmente in situazioni estreme tipo infarto miocardico o rischi di morte.

I recettori 5HT2A, inoltre, sono fondamentali nel neurosviluppo, tipicamente come promotori di una maggiore sensitività all’ambiente esterno ed interno. Infatti, si è osservato che hanno importanza anche nell’organizzazione gerarchica dei circuiti cerebrali, ad esempio, con inversione dei ruoli master-slave tra circuiti.

Potremmo ipotizzare, come è stato fatto da alcuni autori (Carhart-Harris, 2018; Carhart-Harris & Friston, 2010) che queste sostanze comportino una regressione a stati precoci di sviluppo dove la formazione dell’Io e delle sue difese sia ancora in fieri, ovvero comportino una dissoluzione delle difese/predizioni caratteriali facilitando l’acquisizione di nuove esperienze in particolare relazionali.

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