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Aziende Italiane Vendute agli Stranieri: Una Lista Dettagliata

Molti dei grandi marchi del Made in Italy ormai non sono più italiani, o almeno, la loro proprietà non è più italiana. Infatti, sono a centinaia le aziende del Made in Italy acquistate da holding e fondi di investimento stranieri, soprattutto asiatici.

Negli ultimi 20 anni circa, la Cina in particolare, e con lei Hong Kong, hanno investito decine di miliardi di euro per acquisire il know-how delle aziende italiane.

Gli Investimenti Asiatici che Puntano all'Italia

La Cina compra il Made in Italy, ma non si limita solo ai prodotti. Negli ultimi vent'anni, i fondi di investimento del gigante asiatico hanno investito in Italia oltre 160 miliardi di euro per acquistare numerose aziende e brand italiani, ottenendo così il controllo di alcuni marchi simbolo del Food e del Lusso made in Italy.

Secondo le stime, tra il 2000 e il 2019 le aziende italiane passate sotto il controllo di fondi cinesi sono state più di settecento, con un investimento complessivo, nei vari settori, di circa 162 miliardi di euro, ripartiti in:

  • 48 miliardi per il settore chimico
  • 26 miliardi nel settore energetico
  • 23 miliardi nel settore immobiliare
  • 23 miliardi nel settore minerario
  • 15 miliardi nel settore digitale
  • Altrettanti miliardi nei settori automotive e finanza

Di questi 162 miliardi investiti in Italia dai giganti dell'industria asiatica, circa 16 miliardi sono stati destinati all'acquisizione completa di marchi ed aziende italiane, acquisizioni fondamentali per acquisire il controllo di quel "know-how" tipico del Made in Italy che ha reso quei brand iconici e riconosciuti in tutto il mondo.

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Le Aziende Italiane Finite in Mani Straniere

Non solo la Cina, ma gran parte dell'alta finanza globale ha investito in aziende italiane per acquisirne la proprietà completa o parziale, senza risparmiare nessun settore: si passa infatti dal Food al Lusso, passando per l'Industria e la cantieristica.

La Moda Made in Italy di Proprietari Stranieri

Il settore più interessato da acquisizioni straniere è tuttavia quello della Moda, che, fin dagli anni Novanta, con l'acquisizione di Fiorucci da parte di fondi giapponesi, ha visto negli anni numerosi marchi storici passare sotto il controllo di fondi stranieri. Tra le acquisizioni più significative va sicuramente citata la super acquisizione operata dal fondo francese Kering che in meno di 20 anni ha assunto il controllo di brand della moda e del lusso tra cui Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Dodo, Brioni e Richard Ginori.

Dalla Francia arriva anche l'altra grande acquisizione di brand della moda italiana, operata da LVMH, la holding francese controllata da Bernard Arnault, che negli ultimi anni ha acquisito Loro Piana, Fendi, Emilio Pucci e Bulgari.Lasciando la Francia e spostandoci in Asia, nel 2012 la maison Valentino è stata acquistata da Mayhoola Investments mentre la Rinascente è stata acquisita dalla compagnia Thailandese Central Group of Companies.

Passando invece agli USA, incontriamo quella che è l'acquisizione singola più grande del settore avvenuta nel 2018. Protagonista di un'acquisizione miliardaria dal valore di 2,12 miliardi di dollari è lo stilista statunitense Michael Kors insieme alla holding Capri Holdings Limited che ha assunto il controllo di Gianni Versace Srl.

Food Made in Italy di Proprietari Stranieri

L’altro grande settore in cui si sono concentrate la maggior parte delle acquisizioni di aziende italiane è quello del food.

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I prodotti alimentari italiani, soprattutto quelli per la grande distribuzione, non sono solo un'eccellenza italiana, ma, in alcuni casi, rappresentano un elemento chiave dell'economia italiana. I prodotti alimentari sono insieme al vino tra le principali esportazioni italiane, e pure, la proprietà di molti brand alimentari è sotto il controllo di aziende straniere.

Come per la moda, numerosi marchi sono stati acquistati da aziende francesi come Lactalis, che ha assunto il controllo di Galbani, Locatelli, Invernizzi e Cademartori, mentre Cirio, Bertolli e De Rica sono stati acquisiti da Unilever che li ha poi ceduti alla spagnola Deoleo. Dalla Spagna è arrivata anche l'acquisizione del salumificio Fiorucci.

Il marchio produttore di cioccolatini Pernigotti ha cambiato negli anni diverse proprietà, passando prima sotto il controllo turco, per poi essere acquisito nel 2022 da JP Morgan.Peroni e Ichnusa sono tra le birre italiane più iconiche, ed entrambe sono di proprietà straniere: la prima è stata acquisita dal colosso giapponese Asahi Breweries, mentre la birra semiartigianale sarda è di proprietà del gruppo olandese Heineken.

Industria Made in Italy

L'Italia negli ultimi anni ha avuto un rapporto controverso con l'industria, da un lato con la delocalizzazione e lo spostamento della produzione all'estero e dall'altro con l'acquisizione di interi segmenti industriali da parte di investitori stranieri. La commissione di questi due fattori ha portato alla totale cancellazione dell'industria dei treni in Italia che, fino agli anni 80 rappresentava un'eccellenza globale, con cantieri come AnsaldoBreda che dall'Italia producevano treni per clienti di tutto il mondo.

Dal 2008 al 2012, 437 aziende italiane sono passate nelle mani di acquirenti esteri. Di queste, almeno 130 erano marchi importanti. Tra il 2014 e il 2023, ci sono state 2.948 acquisizioni estere di aziende italiane (contro le 1.673 acquisizioni italiane all'estero) per un valore di 203 miliardi di euro. Solo negli ultimi 5 anni (2019-2023) le acquisizioni estere sono state 1.719 (contro le 980 acquisizioni all'estero di gruppi italiani) per un valore di 82 miliardi.

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Con l’arrivo dei tedeschi di HeidelbergCement, che si mangia Italcementi con un’offerta da 1,66 miliardi di euro, un altro pezzo del Made in Italy se ne va all’estero, insieme a industrie manifatturiere, marchi della moda e dell’agroalimentare.

Lunga è la lista delle case italiane dell’industria alimentare finite in mani straniere a partire dal lontano 1993, quando gli svizzeri della Nestlè si comprarono il marchio Italgel (Gelati Motta, Antica Gelateria del Corso, La Valle degli Orti) ed il Gruppo Dolciario Italiano (Motta e Alemagna). Quest’ultimo è poi ritornato in mani italiane grazie alla Bauli di Verona. Attualmente Nestlè controlla l’ex Italgel insieme a surgelati e salse Buitoni. Il colosso elvetico possiede anche l’acqua minerale Sanpellegrino e controllate (Levissima, Recoaro, Vera, San Bernardo e Panna).

Che siano gli yacht di Ferretti, di proprietà di Shandong Heavy Industry-Weichai Group, o le collezioni di Krizia, di proprietà di Marisfrolg Fashion Co, il lusso piace al capitalismo cinese. Grandi predatori sono anche i francesi: Lvmh, titolare di Loro Piana e di Bulgari, e Kering che ha fatto man bassa di marchi, da Gucci a Bottega Veneta, da Pomellato a Dodo, da Sergio Rossi a Brioni.

Valentino è nelle mani di Mayhoola Investments (Qatar) e quel che resta di Gianfranco Ferrè di Paris Group (Dubai), mentre La Rinascente appartiene alla thailandese Central Group of Companies. Parla francese Edison (Edf), e Saras è bilingue, controllata oltre che dai Moratti dai russi di Rosneft.

Èinvece nelle mani della russa VimpelCom la compagnia telefonica Wind. Telecom è controllata, da poche settimane, dai francesi di Vivendi. L’industria ferroviaria nazionale è oggi completamente in mani straniere. La Fiat Ferroviaria è controllata da Alstom dal 2000, mentre la Tibb (Tecnomasio-Brown Boveri) è passata prima sotto la Daimler Benz-AdTranz (1996) e poi sotto la canadese Bombardier (2001). È dello scorso 24 febbraio la vendita di AnsaldoBreda e del 40% di Ansaldo Sts alla giapponese Hitachi da parte di Finmeccanica.

Da marzo scorso Pirelli parla cinese: ChemChina è il nuovo socio forte del gruppo. Nell’ottobre 2014 la famiglia Merloni esce definitivamente dalla scena degli elettrodomestici: Whirlpool acquisisce il 56% del gruppo di Fabriano salendo al 60,4% ma intavolando una dura trattativa sugli esuberi conclusa solo la scorsa settimana.

Il Made in Italy è sempre meno italiano, dato che le aziende di punta del settore dell’industria, della moda e degli alimentari vengono acquisite con preoccupante costante da holding straniere. Gli ultimi casi sono la Telecom venduta agli spagnoli che stranamente, pur essendo indebitati più di noi, hanno acquisito l’azienda italiana, e quello dei cioccolatini Pernigotti, venduti dai Fratelli Averna al gruppo Sanset della famiglia Toksoz. Pernigotti è un'azienda storica con oltre 150 anni di attività.

A tutt’oggi, solo per l’agroalimentare sono stati venduti marchi per circa 10 miliardi di euro.Non esiste settore che non sia stato toccato dalle mani delle ricche holding straniere. Ecco così che una opportunità di crescita per il comparto esportazioni viene ridotta al lumicino dall’esternalizzazione della proprietà e, molto spesso, anche della produzione.

Ma quello che preoccupa di più è l’acquisizione di negozi, supermercati, fabbriche, ristoranti, da parte di cinesi che ormai sono l’etnia più numerosa, specie nel Sud Italia.

In una transazione di meno di un mese fa Loquendo, azienda leader nel mercato delle tecnologie di riconoscimento vocale, che aveva all'attivo più di 25 anni di ricerca svolta nei laboratori di Telecom Italia Lab e un vasto portafoglio di brevetti, è stata venduta da Telecom alla multinazionale statunitense Nuance, per 53 milioni di euro.

Difficile dare una risposta secca e univoca. Nel dubbio, il governo Meloni ha creato un ministero ad hoc e persino un liceo, perché il made in Italy è un patrimonio di creatività, ricchezza e qualità. È stile, know how, è orgoglio tutto italiano.

Tutto è cominciato con la crisi economica del 2009 e con la glorificazione della globalizzazione che attraverso la delocalizzazione ci ha portato dritti all’agognata compressione dei costi.

Tra i marchi italiani venduti ai cinesi, ad esempio, ci sono Candy, Pirelli e Ferretti. Gucci, Pomellato, Bottega Veneta, invece, sono solo alcuni esempi di marchi venduti ai francesi.

I marchi ancora italiani sono sempre di meno ma è forse il settore dell’automotive l’emblema di questo declino che per certi versi appare inarrestabile. Tra le imprese italiane acquistate dagli stranieri ci sono Fiat, Maserati, Magneti Marelli e Comau.

Tuttavia, segnali incoraggianti di un risveglio dell’orgoglio italiano e di un ritrovato spirito di iniziativa sono giunti qualche settimana fa: Poste italiane, con un investimento da 684 milioni, ha rilevato dai francesi il 15% delle azioni di Tim, divenendone il principale azionista con quasi il 25%. Un patrimonio che torna dunque a essere italiano, in un settore tra l’altro, come quello delle telecomunicazioni, oggi di importanza assolutamente strategica.

“Il made in Italy rappresenta ancora oggi un patrimonio identitario estremamente importante per il consumatore italiano, ma con una percezione sempre più sfaccettata e critica. Mentre tradizionalmente simboleggiava qualità assoluta, artigianalità e unicità, oggi il consumatore ha sviluppato un approccio più complesso e razionale”.

Secondo Giacomelli, infatti, “la svendita di marchi storici a gruppi internazionali ha certamente modificato la percezione di autenticità. “I consumatori - continua il segretario di Codici - oggi sono più consapevoli della complessità dei processi produttivi globali. Non cercano più solo l’origine geografica, ma valutano qualità del prodotto, innovazione tecnologica, sostenibilità dei processi produttivi, etica aziendale. Il made in Italy rimane un brand di prestigio, ma non più un’etichetta automatica di garanzia. I consumatori richiedono trasparenza, autenticità e coerenza con i valori tradizionali di qualità e creatività. Il made in Italy non è scomparso, si è evoluto.

Partitaiva.it lo ha intervistato. “La community Made in Italy - esordisce - nasce con l’obiettivo di valorizzare e promuovere l’eccellenza italiana in tutte le sue declinazioni, creando uno spazio di confronto tra imprenditori, istituzioni e professionisti per rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo”.

Come si declina il vostro impegno sul territorio? “Si traduce - ci spiega - in diverse iniziative, tra cui eventi, programmi di formazione e attività di networking, finalizzate a supportare le imprese italiane nel loro percorso di crescita e internazionalizzazione. Un esempio concreto è il Made in Italy Day, organizzato per l’11 aprile a Roma, un evento di rilievo nazionale accreditato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), che ha visto la partecipazione di imprenditori, istituzioni e leader dell’industria per discutere strategie di sviluppo e consolidamento del brand made in Italy.

“È vero - prosegue - che molte aziende storiche hanno visto un cambiamento nella governance, con l’ingresso di capitali stranieri, ma questo non significa necessariamente una perdita di identità. Anzi, in molti casi, queste operazioni hanno portato investimenti e nuove opportunità di sviluppo. Tuttavia, è fondamentale proteggere e valorizzare le nostre eccellenze attraverso politiche di tutela del brand, investimenti in ricerca e formazione e strategie di comunicazione efficaci. La sfida oggi è rafforzare il legame tra il valore del made in Italy e i suoi territori di origine, garantendo che l’autenticità e il saper fare italiano rimangano centrali, indipendentemente dalla struttura proprietaria.

Lazzaroni, Berlucchi e De Cecco sono solo tre delle 45 tra aziende e fondazioni che per tutto il mese di aprile apriranno le porte dei propri impianti produttivi e dei musei e archivi d’impresa per raccontare il made in Italy del futuro, partendo dalla propria storia. Queste realtà, custodi dell’immenso patrimonio del saper fare italiano, fanno parte e di Museimpresa (l’Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa) o dell’Associazione Marchi Storici d’Italia e durante la manifestazione organizzeranno visite guidate per gli studenti, mostre retrospettive, degustazioni, laboratori, esperienze immersive e aperture straordinarie.

Fiorucci, Versace e i gelati Motta. Negli ultimi anni sono state diverse le aziende del Made in Italy a essere rilevate da compagnie straniere.

Facciamo il punto su tutti i gioielli tricolore "perduti".

Alta Moda e Lusso

Uno dei brand più in voga tra gli anni ’70 e gli anni ’90 è Fiorucci, fondata a Milano da Elio Fiorucci nel 1967. Nel 1990 viene rilevata dalla Edwin International, società giapponese di abbigliamento con diversi marchi di proprietà e licenza, poi dalla Itochu Corporation e infine dagli inglesi di Schaeffer. Le collezioni di Krizia sono invece passate a Marisfrolg Fashion Co.Non solo moda. Alle aziende straniere piacciono molto anche gli yacht. Quelli Ferretti sono di proprietà di Shandong Heavy Industry-Weichai Group. Grande scorpacciata per il fondo francese Kering, che ha acquistato Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Dodo, Brioni e Richard Ginori.

Dal 2012, la maison Valentino è nelle mani di Mayhoola Investments mentre Ferrè è passato nelle mani del Paris Group di Dubai. Anche La Rinascente appartiene alla compagnia thailandese Central Group of Companies.Tra i casi che ha tenuto alta l’attenzione degli italiani, c’è quello di Versace il cui brand è stato venduto allo stilista americano Michael Kors per la bellezza di 2 miliardi di dollari.L'altro grande colosso francese della moda, LVMH, è diventato proprietario di Loro Piana, Fendi, Emilio Pucci e Bulgari.

La giapponese Itochu Corporation ha fatto suoi altri marchi italiani come Mila Schon, Conbipel, Sergio Tacchini, Belfe e Lario, Mandarina Duck, Coccinelle, Safilo, Ferrè , Miss Sixty-Energie, Lumberjack e Valentino S.p.A. Quasi tutte queste aziende sono state poi rivendute sempre ad aziende straniere.

Anche l’Italia, seppur non con la stessa voracità, ha però acquistato un’azienda francese, la Moncler, che dal 2003 è di proprietà dell’italiano Remo Ruffini.

Cibo

Galbani, Locatelli, Invernizzi e Cademartori sono di Lactalis, acquirente della Parmalat nel luglio del 2011, mentre gli oli Cirio-Bertolli-De Rica sono passati nel 1993 alla Unilever, che poi li ha ceduti nel 2008 alla spagnola Deoleo, già titolare di Carapelli, Sasso e Friol. Anche l’Eridania Italia, società leader nel settore zucchero italiano, è passata poi in mani francesi.

La Birra Peroni, comprendente i marchi Peroni e Nastro Azzurro, è stata fagocitata dal colosso giapponese Asahi Breweries, mentre la Star, proprietaria di diversi marchi come Pummarò, Sogni d'oro, GranRagù Star, è stata acquistata dalla spagnola Gallina Blanca del Gruppo Agrolimen.

Finanza

Anche in termini economici e finanziari, sono molte le società straniere che stanno fagocitando quelle italiane. Nel 2006, il gruppo Bnp Paribas acquisisce Bnl. Nel 2007, Credit Agricole prende il controllo delle banche Cariparma e Banca Popolare FriulAdria. Sempre nello stesso anno, Generali accetta l’offerta di Groupama per l’acquisto del 100% di Nuova Tirrena per 1,25 miliardi di euro. Anche Unicredit ha venduto Pioneer ad Amundi per un valore di 3,5 miliardi di euro.

Industria

Nell’industria, Italcementi è stata acquisita da HeidelbergCement. A Pirelli invece tocca andare in Cina. ChemChina è infatti il nuovo socio. A settembre 2016 la francese Suez ha acquisito parte di Acea mentre Magneti Marelli passa ai giapponesi di Calsonic Kansei.

Energia

In campo energetico, Edison ha piegato la bandiera tricolore a favore di un’altra: quella francese.

Trasporti

Nell’industria dei treni, il made in Italy non esiste più. La Fiat Ferroviaria è controllata da Alstom. AnsaldoBreda è stata invece venduta alla giapponese Hitachi da parte di Finmeccanica. Non è diverso per gli aerei, Etihad ha acquisito per tre anni Alitalia mentre la Piaggio Aerospace è dal 2014 in mano agli arabi di Mubadala.

Grazie a nemmeno tanto oscure politiche europee a politici sconsiderati dediti e fedeli ad una sinistroide malsana ideologia che si è verificata un fallimento totale se pensata a proteggere i lavoratori ad un fisco iniquo e ingiusto che ha permesso una protezione eccessiva del lavoratore dipendente senza pensare a chi lo paga e che ora lo ha licenziato ecco un elenco approssimativo di aziende italiane di cui alcune storiche che hanno cambiato bandiera spostandosi in altre nazioni più lungimiranti dal punto di vista fiscale e aziende che sull’orlo del fallimento sono state costrette a farsi acquisire da altre società straniere.

Azienda Acquirente Paese dell'Acquirente
AC Milan RedBird Capital Partners Stati Uniti
Acciaierie Lucchini Severstal Russia
Acetum ABF Inghilterra
Acqua di Parma LVMH Francia
Algida Unilever Inghilterra
Ansaldo Breda Hitachi Giappone
Ansaldo STS Hitachi Giappone
Antica gelateria del corso R&R/Nestlé Inghilterra / Svizzera
AR Alimentari Princes/Mitsubishi Giappone
AS Roma The Friedkin Group Stati Uniti
Atala Group Accel Turchia
Avio Aero General Electric Stati Uniti
Belfe Itochu Corporatio Giappone
Benelli Qianjiang Group Co. Cina

TAG: #Stranieri #Italia

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