Clan Stranieri: Un Impero Criminale tra Manduria e Lecce
Il clan Stranieri, con radici profonde a Manduria, ha esteso la sua influenza criminale ben oltre i confini della provincia di Taranto. Le indagini hanno rivelato un impero basato sul traffico di droga, estorsioni e controllo dei parcometri, con ramificazioni che toccano anche le province limitrofe.
Le Origini e l'Ascesa del Clan
Il boss numero uno di Manduria, Vincenzo Stranieri, è la figura centrale di questa organizzazione. Stranieri, ex braccio destro di Pino Rogoli (leader della Sacra Corona Unita), è detenuto da 27 anni, 19 dei quali trascorsi in isolamento. Nonostante la detenzione, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Lecce, l’ex boss continuava a dare ordini dal carcere.
Il blitz che ha colpito la compagine delinquenziale facente riferimento al boss Vincenzo Stranieri, noto esponente di spicco della “Sacra Corona Unita”, attualmente detenuto in regime di 41 bis, è scattato alle prime luci dell’alba nei Comuni di Manduria e Francavilla Fontana.
Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonia Martalò su richiesta del pm Alessio Coccioli, ci sono oltre a Stranieri la moglie, Paola Malorgio, il genero Alessandro D’Amicis, il cognato Giovanni Malorgio, il figlio di quest’ultimo, Nazareno, Pietro Tondo, Vito Mazza e Giovanni Caniglia.
L'Operazione "Cupola" e i Legami con la Sacra Corona Unita
E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare dell'operazione “Cupola”, che ha portato al blitz di ieri (mercoledì 14 ottobre) all'alba, ai 23 arresti per associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e altri delitti contro la persona e il patrimonio, tutti aggravati dal metodo mafioso.
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Le indagini degli uomini della questura di Taranto, coordinati dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce Milto Stefano De Nozza, hanno fatto emergere la presenza di un direttivo - da qui il nome “Cupola” - operante nel Tarantino, in particolar modo a Manduria. Alla città è legato Vincenzo Stranieri, detto “stellina”. In carcere dai primi anni '80, è un nome pesante della Scu. Suo nipote è tra i 23 arrestati di ieri. Si tratta di Nazareno Malorgio, scarcerato nel febbraio 2018.
I sodali tarantini si sarebbero messi d'accordo anche con i “cugini” della Sacra corona unita del Brindisino, in particolare con Giovanni Donatiello, il mesagnese “cinque lire”.
Gli Affari del Clan: Droga, Estorsioni e Parcometri
Fiumi di droga e non solo. La lunga mano del clan anche sulle strisce blu. Comuni, ospedali, fiere: la gestione dei parcometri era affare loro. Ed un affare d’oro, sul quale gli inquirenti del Commissariato di Manduria pare avessero iniziato ad indagare a fondo.
L'oritano 41enne per gli inquirenti non fa parte della cupola, ma riveste comunque un ruolo strategico nell'organizzazione, costituita e operante in Manduria, del traffico di sostanze stupefacenti, principalmente marijuana (da canali baresi), eroina e cocaina, da spacciare a Manduria, Sava, Copertino, Trepuzzi e Nardò.
Pierluigi Chionna avrebbe rivestito il ruolo di fornitore abituale di cocaina, con il compito anche di immetterla sul mercato. Non solo, si legge nell'ordinanza che Chionna avrebbe aiutato Walter Modeo a commettere atti intimidatori. Avrebbero esploso colpi di arma da fuoco contro alcune abitazioni, come “avvertimento”.
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Per gli investigatori, Pangallo, calabrese di nascita e oritano d'azione, avrebbe in più occasioni acquistato da Walter Modeo e Gregorio Destradis (altro indagato) alcuni chili di eroina già tagliata per un controvalore di 8mila euro al chilo da destinare alla successiva rivendita.
Si tratta, per gli inquirenti, di un’associazione mafiosa che rappresenta il “congiungimento” di due gruppi un tempo in conflitto ed entrambi riconducibili alla Scu, ma con elementi di novità, fra cui alleanze e patti siglati con i gruppi criminali di territori limitrofi, dinamica sempre più evidente negli ultimi anni nelle organizzazioni salentine e, in generale, pugliesi.
La Rete di Contatti e i Fornitori
Un nome ricorrente nei legami con la provincia di Lecce (ma non solo) è quello di Walter Modeo. Secondo la Procura, sarebbe stato lui a curare i rapporti con gli ormai onnipresenti fornitori albanesi, ma anche con altri di Andria e di Oria. E, appunto, si sarebbe premunito - in prima persona o con sodali - anche di smistare forniture di droga in alcuni comuni della provincia di Lecce.
Come suoi tramiti, sono stati individuati Fabio Mazzotta, 45enne di Copertino, Antonio Cioffi, 69enne residente a Santa Maria al Bagno (marina di Nardò), Davide Oltremarini, 36enne di Gallipoli, anche se con domicilio a Porto Cesareo, Francesco De Cagna, 53enne di Scorrano ed Emiliano Vergine, 44enne di Squinzano.
Circa Oltremarini, questi avrebbe avuto per gli investigatori un contatto con Modeo tramite due corrieri albanesi (per i quali si procedette separatamente, dato che arrestati in flagranza). Questi sarebbero stati inviati a giugno del 2018 a Manduria, in casa di Modeo, per reperire 970 grammi di marijuana e trasportarli a Porto Cesareo, per essere però fermati ad Avetrana.
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L'Omicidio di Natale Naser Bahtijari e la Dimostrazione di Forza del Clan
Una partita di droga non pagata, ma soprattutto uno smacco alla famiglia mafiosa del paese e il prestigio da lavare col sangue. Sono queste secondo la Direzione distrettuale antimafia di Lecce alcune delle ragioni che hanno portato all’omicidio di Natale Naser Bahtijari, il 21enne leccese di origine montenegrina trovato morto nelle campagne di Manduria, nel tarantino, nella notte tra il 22 e il 23 febbraio scorso.
Ucciso perché aveva osato sfidare la famiglia Stranieri, il clan mafioso che da generazioni comanda e impera nel territorio messapico. È quanto sostiene il pubblico ministero Milto De Nozza della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce che ha firmato il fermo di indiziato di delitto nei confronti dei tre presunti autori dell’assassinio.
Il pm De Nozza lo scrive senza mezzi termini: la morte del 21enne è stata un’esecuzione mafiosa necessaria per offrire una dimostrazione plateale della forza del clan.
Tutto è cominciato lo scorso 9 febbraio quando D’Amicis, insieme a un complice, si è recato a Lecce per ottenere un carico di cocaina da Suad Bahtijari, 29enne fratello della vittima, che si trovava ai domiciliari perché ritenuto dagli inquirenti un narcotrafficante: il gruppo di Manduria avrebbe dovuto pagare con calma quella partita di stupefacenti, ma il 22 febbraio i leccesi hanno preteso i soldi e per ottenerli hanno inviato Natale Naser Bahtijari.
La Reazione della Giustizia e l'Omertà Diffusa
Il silenzio, scrive il magistrato, è “squarciato dalle urla della vittima” e “amplifica e rende nitide le voci dei tre indagati e i colpi ferocemente inferti”.
Dichiarazioni “non credibili” secondo l’accusa perché in realtà rispondono “alla condizione di assoggettamento e di profonda omertà” a cui è sottoposta una parte significativa della cittadinanza.
A Manduria, il cognome Stranieri, chiaramente, fa ancora paura.
La Storia di Vincenzo Stranieri: Una Vita Dietro le Sbarre
Vincenzo Stranieri, detto “stellina” per il tatuaggio al centro della fronte, è il mafioso italiano che ha trascorso più tempo di chiunque in regime di 41 bis: associazione mafiosa, sequestro di persona, ma nessun omicidio. È stato arrestato per la prima volta nel 1984 ed è rimasto dietro le sbarre ininterrottamente per 38 anni, fino al 2022. Nel 1992, dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, il numero 2 della Sacra Corona Unita fondata dal mesagnese Pino Rogoli, viene sottoposto al regime di carcere duro: al 41 bis resta per ben 28 anni.
La Struttura e l'Evoluzione della Sacra Corona Unita
Questo episodio è cruciale nella storia della Sacra Corona Unita e di fondamentale importanza per capire la sua evoluzione fino ai giorni nostri.
Da quella data, infatti, si susseguirono tutta una serie di vicende che vengono così sintetizzate nella sentenza del secondo maxi processo alla SCU, emessa dalla Corte d’Assise di Lecce il 13 febbraio 1997: “Dopo la morte di Tonino Dodaro nel dicembre del 1988…gli aderenti alla frangia leccese della Sacra Corona Unita lentamente ma sempre più nettamente iniziarono a dividersi in due gruppi.
Il Clan Tornese e la Rigenerazione Continua
Numerose sono le sentenze irrevocabili in cui è stata accertata “l’operatività del clan Tornese (ricollegabile ai fratelli Angelo e Mario)”. Un gruppo, quello dei Tornese, che riesce sempre a rigenerarsi e a restare attivo, nonostante la costante opera di repressione attuata dalla Magistratura e dalle Forze dell’Ordine.
Al centro delle indagini la figura di Fernando Nocera. Nativo di Cerignola, trasferitosi nel Salento verso la fine degli anni ᶦ80, si affiliava subito alla frangia leccese della Sacra Corona Unita, capeggiata dai fratelli Tornese di Monteroni.
La Difesa di D'Amicis e il Tentativo di Scagionare gli Altri
È quanto, in estrema sintesi, ha raccontato al pm Milto De Nozza il 19enne Vincenzo Antonio D'Amicis, uno dei tre manduriani arrestati per l'omicidio di Natale Nasser Bathjiari, 21enne leccese di origine bosniaca trovato morto nelle campagne di Manduria nella notte tra il 22 e il 23 febbraio scorso, ucciso secondo l'accusa perché aveva osato sfidare la famiglia Stranieri, il clan mafioso che da generazioni comanda e impera nel territorio messapico.
Al magistrato ha raccontato che quella sera ha incontrato il giovane che da tempo lo minacciava telefonicamente per ottenere il pagamento della droga che il gruppo di Manduria aveva acquistato dai leccesi qualche tempo prima. D'Amicis ha svelato che in realtà buona parte dello stupefacente lo avevano consumato proprio loro e il denaro non c'era: un uso cronico di cocaina che gli avrebbe, secondo l'indagato, fatto perdere la lucidità in quei momenti.
Anche gli altri due indagati, nei loro interrogatori, hanno sostanzialmente raccontato di non aver preso parte all'assassinio, ma di aver aiutato il 19enne a disfarsi del corpo: un contributo che avrebbero offerto per paura delle reazione di D'Amicis, nipote di Vincenzo Stranieri, storico boss di Manduria tornato a casa dopo quasi 30 anni di carcere.
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