Se una notte d'inverno un viaggiatore: Trama e significato
Quanto è importante il finale in un romanzo? Italo Calvino, con "Se una notte d'inverno un viaggiatore", pone una riflessione sull’arte di scrivere e di leggere, affermando come la letteratura non possa essere per propria natura il mezzo per arrivare alla conoscenza reale delle cose.
L'autore pone quindi una riflessione sull’arte di scrivere e di leggere, affermando come la letteratura non possa essere per propria natura il mezzo per arrivare alla conoscenza reale delle cose; al contrario: essendo essa fatta di finzione, è il luogo in cui si dà più ampio spazio alla fantasia. Lo stralcio di trama che l’autore presenta è apparentemente semplice: il “Lettore”, personaggio protagonista del romanzo principale il cui nome non verrà mai rivelato, intraprende la lettura di dieci romanzi diversi, riuscendo però a leggerne ogni volta solo l’incipit prima che la lettura venga interrotta da fattori esterni che non permettono al lettore di concludere nessuno dei romanzi iniziati, ma che lo obbligano a compiere una serie di ricerche per trovare una conclusione a queste storie incomplete.
Questo tipo di narrazione “anticonvenzionale” è infatti uno dei maggiori punti di forza del libro, anche se quello che colpisce sin dalle prime pagine è il modo in cui l’autore si pone al lettore; Calvino infatti si rivolge direttamente al lettore e lo prepara a quello che sta per leggere, gli consiglia alcuni comportamenti da seguire per una migliore qualità nella lettura, per poi iniziare a sviluppare il punto centrale del suo romanzo, ovvero parlare di quello che la letteratura può offrire.
Nel suo romanzo Calvino riesce a compiere un’operazione assai complessa: oltre a immedesimarsi in dieci autori per raccontare altrettanti incipit diversi, cornice esclusa, riesce a fare un ulteriore passo immedesimandosi nel proprio stesso lettore, dando vita a un romanzo in cui il lettore del suo libro è anche il protagonista dell’opera. Se una notte d’inverno un viaggiatore è un romanzo che parla di come sono fatti i romanzi.
Italo Calvino costruisce una vicenda per cui un Lettore si trova a leggere dieci incipit diversi di romanzo senza poter mai poter portare a termine la lettura di ognuno. Il protagonista del romanzo è chiamato Lettore dal narratore che utilizza il tu. Questi inizia a leggere un romanzo che si interrompe per un errore di impaginazione e si reca in libreria per cambiarlo, dove incontra una Lettrice alle prese con lo stesso problema. I due intraprendono così una ricerca sulla continuazione e il finale del primo “vero” libro che hanno iniziato a leggere, approdando sempre a nuovi libri a loro volta incompiuti.
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I personaggi principali
- Il Lettore: il nome, costituito da un’antonomasia, indica già la condizione paradigmatica del personaggio di Calvino, che viene evocato oltretutto dal narratore attraverso il Tu della seconda persona singolare.
- La Lettrice: è la controparte naturale del lettore, ma ha le caratteristiche sfuggenti tipiche del personaggio femminile, figura che continua a venire messa al centro della narrazione nei vari incipit di romanzo che compongono Se una notte d’inverno un viaggiatore.
- Ermes Marana: è un personaggio che ha pochissimo spazio, ma risulta chiave nel significato filosofico immesso da Calvino nel meccanismo meta-letterario del romanzo.
Se una notte d’inverno un viaggiatore è un romanzo metaletterario in cui Calvino pone una discussione sul rapporto tra la realtà e il mondo di finzione della lettura. La ricerca di un testo unico da parte dei lettori è una ricerca impossibile poiché, secondo lo scrittore, è impossibile ricercare una verità unica e inconfutabile nella lettura.
Ogni lettore, infatti, utilizza la propria esperienza nell’attività di lettura, così i libri, che di fatto hanno sempre lo stesso testo, posseggono un numero infinito di interpretazioni e realtà a seconda di chi li legge. Nella cornice del testo troviamo una storia che si sviluppa a lato dei dieci incipit che compongono il romanzo di Calvino.
Deciso a leggere il libro Se una notte d’inverno un viaggiatore, il Lettore comincia la sua avventura rendendosi conto del fatto che l’impaginazione difettosa gli impedisce di proseguirlo. Recatosi alla libreria per cercarne un’altra copia, si imbatte nella Lettrice, Ludmilla, anche lei giunta lì per lo stesso motivo. Si mettono allora alla ricerca del finale del secondo, trovando un terzo libro che per motivi ancora differenti non riescono a finire.
Tra il Lettore e la Lettrice impegnati nella ricerca nasce ben presto un amore, che i due decidono di coronare sposandosi e abbandonando la ricerca impossibile della verità sui libri. Il finale del romanzo pone una svolta definitivamente metaletteraria, poiché il Lettore, a letto con sua moglie nella prima notte di nozze, rivela di aver finalmente finito di leggere un romanzo, quel Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino che aveva dato inizio alla sequela di incipit, i cui titoli accostati compongono un nuovo incipit di libro incompiuto: “Se una notte d’inverno un viaggiatore, fuori dell’abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l’ombra s’addensa in una rete di linee che s’allacciano, in una rete di linee che s’intersecano sul tappeto di foglie illuminato dalla luna intorno a una fossa vuota - Quale storia laggiù attende la fine?
Se una notte d'inverno un viaggiatore segnò il ritorno dello scrittore ligure al romanzo, dopo una lunga pausa; in effetti, dopo l’esordio del Sentiero nel 1947, la sola, vera prova che possiamo ascrivere alla forma e al genere romanzesco, nelle sue vesti più classiche, resta Il barone rampante, per costruzione narrativa e per mole ben più complesso rispetto al Visconte dimezzato e al Cavaliere inesistente.
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Soprattutto, Se una notte d’inverno risente, in maniera massiccia, del dibattito critico in sede semiologica e narratologica, attestandosi di fatto come un meta-romanzo, ovvero come l’ennesimo travestimento letterario, da parte di Calvino, di un «fare», rispetto a una questione ormai ineludibile. O meglio, rispetto a questioni che segnavano la cultura narrativa a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, come la scomparsa o la morte dell’autore, l’estetica della ricezione e l’accentuato spostamento dell’asse critico verso la figura del lettore; infine, ed era questo il cruccio definitivo, l’eventualità o meno di poter ancora scrivere romanzi, e di che specie, e in quale forma.
All’altezza del 1979, quando il romanzo apparve, questi interrogativi, in parte accompagnati da apodittiche risposte d’oltralpe o dei neoavanguardisti di casa nostra, convergevano verso un’unica prospettiva, che a distanza di anni Peter Brooks avrebbe identificato e percorso: è ancora possibile una trama e per quale lettore? Insomma, vediamo come va a finire questa storia.
Ante litteram, e con la consueta anticipazione sui tempi che caratterizza tutta la sua ricerca, Calvino lavora su questo stesso concetto, per certi aspetti decostruendolo e frustrandolo. È proprio al livello della trama, infatti, che le attese del lettore vengono improvvisamente deluse. Dei due grandi modelli conoscitivi che la letteratura d’occidente ha espresso - quello razionalista, illuministico, tassonomico della grande biblioteca, della realtà ordinata da una scrittura a sua volta catalogata e ordinata in poderosi scaffali, nella mente prima che in corridoi d’archivio; e l’altro, dell’inseguimento di una realtà inconoscibile e inafferrabile, come nel famoso Libro di sabbia di Borges - Calvino opta decisamente per ciò che gli appare più denso e problematico.
Proprio come nel racconto di Borges la realtà, una volta costretta in segni, sfugge e scorre come le acque di Eraclito. Non sarà concesso a nessuno, tanto meno all’appassionato bibliofilo, di ripercorrere le tracce di quella realtà in un volume, diabolico, mostruoso, dove le pagine scorrono all’infinito.
Calvino vuole dare spazio a un’idea analoga, ma facendo ricorso a una scelta formale diversa. Anche il suo, di libro, è per il lettore deluso un oggetto diabolico, dove a scorrere non è la realtà dei segni, ma la letteratura stessa. Non concepisce un libro potenzialmente infinito, ma una copia fallata in cui si ritrovano i primi sedicesimi di dieci diversi romanzi che nulla hanno a che fare tra loro.
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Questa, in verità, è la ur-copia che emerge da tutto il romanzo; nel concreto della vicenda, invece, il lettore si ritrova un esemplare dove la narrazione torna ogni volta al suo principio, poiché a ripetersi è lo stesso sedicesimo iniziale. Questo espediente si ripete per i dieci fondamentali capitoli del romanzo, a cui corrispondono altrettanti incipit di romanzi diversi. I loro titoli, però, letti in sequenza, ci danno una frase compiuta.
Alla fine, nei due capitoli che si pongono al di fuori di questa dinamica diegetica e che fanno da cornice conclusiva, il lettore, come l’incauto acquirente di Borges (che scrive in prima persona, da ex bibliotecario della Biblioteca Nacional di Buenos Aires e da esperto bibliofilo), approda anche lui alla «grande biblioteca».
Il lettore incontra mille difficoltà e non riesce ad approdare agli agognati capitoli mancanti. I volumi ci sarebbero, ma per una ragione o per l'altra non sono disponibili. Sono in prestito, o si trovano in un'ala in ristrutturazione, o fuori in legatoria.
E mentre attende che una soluzione prima o poi si prospetti, eccolo imbattersi in sette lettori (numero magico, fiabesco, biblico) che rappresentano, ciascuno, diversi approcci al testo, descrivendo così nel loro insieme una complessa fenomenologia della lettura. Al termine di questo confronto, uno di loro riecheggerà una storia delle Mille e una notte, ovvero del libro del piacere narrativo per antonomasia, in cui sette avventori dovranno uccidere, a sorte, uno di loro, senza sapere chi sia e che si trova lì; e la sorte ricade proprio sulla vittima designata, in quello che parrebbe uno scherzo del destino ed è invece un ennesimo espediente affinché il senso dell’opera ricada su sé stesso.
Anche questa narrazione si interrompe e, «ansioso d’ascoltare il racconto», al lettore non rimane che chiedersi: «Quale storia laggiù attende la fine?». Come nelle fiabe, il lieto fine coincide con il matrimonio. Il lettore sposa la lettrice.
La vita è una finzione, o la finzione è vita, sembra suggerirci Calvino con questo finale così canonico e tutto sommato conformistico, o tautologico. La scrittura è davvero mimesi dell’esistenza? O l’esistenza è già una forma di scrittura, invisibile? La tradizione non ci offre risposte, la tensione tra Mondo e Libro resta viva.
Sin dall’inizio di questo romanzo, la narrativa calviniana evolve verso forme differenti. Il disorientamento del lettore sin dalle prime pagine evoca un sapore postmoderno che conferisce alla narrazione un’assoluta ricercatezza e artificiosità.
Dopo essersi approcciato alla lettura del nuovo libro intitolato Se una notte d’inverno un viaggiatore, il Lettore si accorge dopo poche pagine che la storia si interrompe per una cattiva impaginazione del volume. Entrambi i lettori vengono forniti dalla libreria dello stesso volume sostitutivo e così iniziano insieme la lettura del libro. Purtroppo, molto presto si rendono conto che quello non è il libro che avevano cominciato e che anche quest’ultimo libro presenta alcuni capitoli incompleti.
In particolare, il problema principale consiste nell’assenza di un finale, così i due Lettori finiscono per imbattersi in un terzo libro ancora differente. Infine, superati gli ostacoli, giunti al termine della loro avventura letteraria, i due lettori convolano a nozze. Il Lettore non riesce tuttavia a completare la lettura dei romanzi ma, a letto con la sposa, prima di spegnere la luce, comunica di avere finito di leggere il romanzo intitolato Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino.
Gran parte della critica considera Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino il primo esempio di romanzo italiano perfettamente calato nell’atmosfera culturale postmoderna. Le principali tematiche letterarie del postmoderno sono in primo luogo il labirinto, comune al celeberrimo capolavoro di Umberto Eco, Il nome della rosa. Altro simbolo del postmoderno comune alla narrativa di Calvino ed Eco diviene la biblioteca. Terzo elemento postmoderno è quello del complotto, considerato come una trama oscura del potere e simbolo della sua indecifrabilità ed estraneità all’uomo.
Con il Postmoderno si ha il trionfo definitivo del virtuale e dell’artificiale sull’esperienza concreta. Italo Calvino individua nel labirinto la figura principe della contemporaneità, che si presenta come magma informe e privo di significato.
Dunque, la narrativa calviniana evolve verso forme differenti negli ultimi anni della sua produzione. Se si pensa agli inizi della carriera e al suo esordio artistico con Il sentiero dei nidi di ragno, è possibile notare un significativo movimento verso differenti forme artistiche.
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