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Dare la Residenza ad uno Straniero: Rischi e Implicazioni Legali in Italia

Mentre sempre più rullano i tamburi di guerra nella contesa riguardante il diritto alla residenza anagrafica dei richiedenti asilo, si perpetuano con straordinaria tranquillità, specie presso alcune questure, prassi amministrative gravemente lesive del diritto al soggiorno degli stranieri regolarmente soggiornanti.

Obblighi e Comunicazioni

Chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio o ospita stranieri a casa propria, è obbligato a comunicarlo alle autorità di pubblica sicurezza con una dichiarazione di ospitalità. La dichiarazione di ospitalità deve essere fatta tutte le volte che si ospita un cittadino extracomunitario presso il proprio immobile. La comunicazione è sempre dovuta, indipendentemente dalla durata dell’ospitalità o dal fatto che si tratti di ospitalità a parenti o affini.

La L. 99/2013 ha previsto che la comunicazione cui è tenuto chi dia alloggio o ospiti uno straniero va effettuata, nel caso in cui lo straniero sia un lavoratore alle dipendenze di chi dispone dell'alloggio, mediante la comunicazione obbligatoria di assunzione. La comunicazione deve avvenire in forma scritta entro 48 ore, anche tramite lettera raccomandata con avviso di ricevuta alle autorità di Pubblica Sicurezza competenti.

Per inosservanza degli obblighi di comunicazione dell’ospitante sono previste delle sanzioni (pagamento di una multa da 160 € a 1.100 €, art. 7 D. Lgs. 286/98). La comunicazione scritta comprende, oltre alle generalità del denunciante quelle dello straniero, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione e l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona straniera è alloggiata od ospitata.

Per gli alloggi offerti dai gestori di strutture ricettive (compreso B&B, affittacamere anche non professionali, case vacanze, ecc.) la comunicazione degli ospiti deve essere effettuata esclusivamente online attraverso il servizio "Alloggiati Web".

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A Chi Va Inviata la Comunicazione?

  • Alla Questura nei comuni capoluogo di provincia.
  • Al Commissariato di Pubblica Sicurezza o Al Comune, nei comuni che non sono capoluogo.
  • Al Centro per l’Impiego competente per zona, contestualmente all’invio della comunicazione obbligatoria, nel caso in cui l’alloggio venga messo a disposizione dal datore di lavoro.

Residenza e Iscrizione Anagrafica

L’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente consente l’esercizio del diritto di residenza che costituisce, come affermato dalla Corte di Cassazione, S.U., con sent. 19 giugno 2000, n. Chi trasferisce la residenza dall’estero deve inoltre comprovare, all’atto della dichiarazione di iscrizione anagrafica per trasferimento dall’estero, la propria identità mediante l’esibizione del passaporto o di altro documento equipollente.

Secondo quanto disposto dall’art. 7, d.p.r. n. Trascorsi sei mesi dalla data di scadenza del titolo di soggiorno, il cittadino straniero che non ha provveduto ad effettuare la dichiarazione anagrafica di cui all’art. 7, d.p.r. n. Per quanto riguarda i cittadini dell’Unione europea, coloro che intendono soggiornare in Italia, per un periodo superiore a tre mesi devono effettuare richiesta di iscrizione anagrafica, ai sensi dell’art. 9, d.lgs. n.

Un dirigente dell’ufficio stranieri o il suo questore potrebbero ingenuamente pensare - sebbene l’ingenuità non sia propriamente una qualità richiesta dalla loro funzione - che i contratti di affitto in Italia siano tutti fiscalmente regolari e che quindi per essere iscritto all’anagrafe della popolazione residente nel comune di abitazione allo straniero sia sufficiente farne richiesta. E in effetti così parrebbe da una prima e candida lettura dell’incipit dell’art.

Egli dovrà infatti autocertificare dettagliatamente gli estremi del contratto di godimento dell’immobile utilizzato, indicando anche i dati relativi alla sua registrazione. Solo in alcuni comuni e non in altri verrà accettata per buona la cessione di fabbricato che lo indichi nella qualità di ospite (specie se non è familiare o non lo possa dimostrare con documenti di stato civile variamente sottoposti a pretese, talvolta giuste ma più spesso sbagliate, di verifica dell’autenticità e/o di valorizzazione).

Se l’interessato non dispone del passaporto in corso di validità in alcuni comuni accetteranno un diverso documento di riconoscimento valido, in altri invece no. Se ha familiari con sé (o semplicemente se li ha in qualche parte del mondo), questo solo fatto complicherà l’iscrizione oltre misura in alcuni comuni, mentre in altri no. Se nel passaporto non è indicata la città di nascita, o è indicata la provincia di nascita invece della precisa località dove è nato, in alcuni comuni gli chiederanno di cambiare il passaporto o in alternativa di aggiornare il permesso di soggiorno chiedendo alla questura o alle proprie autorità nazionali che venga modificato il dato del luogo di nascita nell’uno o nell’altro documento, in altri comuni invece no.

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Similmente, se nel passaporto è presente, rispetto ai dati contenuti nel permesso di soggiorno, una variante di consonante o altra pur quasi impercettibile variazione nel nome o nel cognome (dovuta ad esempio alle incertezze della traslitterazione dal cirillico al latino) l’iscrizione anagrafica sarà impedita in alcuni comuni ed in altri invece no.

Problematiche e Soluzioni

Va peraltro osservato, con un occhio insistito sulla particolare condizione dei lavoratori che abitano presso i loro datori di lavoro, che spesso sono proprio questi ultimi (timorosi, talvolta, per il fatto di avere dissimulato, in tutto o in parte, il rapporto di lavoro) a negare loro la possibilità dell'iscrizione anagrafica [1].

Lo stesso Ministero dell’interno, in una sua circolare del 18 maggio 2015, ha riconosciuto la facoltà per il cittadino straniero di essere iscritto anagraficamente alla via virtuale per persone senza fissa dimora, valutandone positivamente l’utilizzo soprattutto nei casi in cui persone titolari di protezione internazionale si trovino del tutto prive di un’abitazione.

A rendere più grave l’illiceità di tali prassi sta l’ovvia considerazione che il rilascio del permesso di soggiorno ed il mantenimento della sua validità nel tempo mediante le procedure di aggiornamento o di rinnovo costituiscono le prime e più basiche modalità di adempimento del dovere di protezione gravante sullo Stato competente in base al diritto internazionale e soprattutto europeo dell’asilo [10], in adempimento del quale l’art. 23 del d.lgs n.

Non da oggi, ma, sia pure con studiata intermittenza, sino almeno dall’inverno 2014/15 alcune questure (come si comprende dalla giurisprudenza che tali prassi ha puntualmente sconfessato, ma non ancora sanzionato) hanno preteso dai cittadini stranieri, inclusi i titolari di protezione internazionale, il possesso di una posizione anagrafica attuale coincidente con l’indirizzo di effettiva abitazione sul territorio della provincia.

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Il rinnovo del titolo di soggiorno dipende dunque esclusivamente dal permanere delle ragioni della protezione, non potendo trovare ostacolo nell’esame di requisiti dai quali già in pendenza della domanda di asilo il futuro rifugiato o protetto sussidiario era stato escluso, come ben ribadito dall’art.

A sovrabbondante conferma di ciò può del resto invocarsi l’art. 22 del d.lgs n. 251 del 2007, ove è stabilito che ai familiari del rifugiato e del protetto sussidiario che non abbiano essi stessi diritto alla protezione è rilasciabile un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 30 TUI, mentre quelli non ancora presenti sul territorio nazionale sono ricongiungibili al titolare di protezione internazionale ai sensi dell’art.

Questa nostra disciplina è solo in parte il frutto delle convinzioni del legislatore italiano, costituendo altresì il necessario, ancorché perfettibile, precipitato della disciplina convenzionale ed europea di cui va ricordata, in primo luogo, la tassatività dei casi nei quali è consentito ad uno Stato membro di revocare, di cessare o di rifiutare il rinnovo o il rilascio di un permesso di soggiorno di un rifugiato.

Detti casi sono previsti dall’art. 21 e dall’art. 24 della Direttiva 26 giugno 2013, n.

  • a) quando vi siano ragionevoli motivi per considerare che (l’interessato) rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato membro nel quale si trova (art.
  • b) quando, essendo stato condannato con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro (art.
  • c) quando ostino al rinnovo imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art.

Il sistema europeo di asilo incorpora così in sé stesso, sia pure superandola nella prospettiva di una maggiore e più ampia tutela, la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, al cui art.

L’art. 13 del decreto legge n. Detta norma ha infatti novellato l’art. 4 del d.lgs n. 142 del 2015, a termini del quale, ora, «il permesso di soggiorno [per richiesta di asilo] non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 e dell’art. 6, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.

La scelta del legislatore - pur discutibile - è tuttavia chiara, sebbene tecnicamente abborracciata e priva dell’affermazione letterale secondo cui i richiedenti asilo non possono iscriversi all’anagrafe. D’altra parte non v’è dubbio che presso i consiglieri del Principe il possesso del permesso di soggiorno e la condizione giuridica di regolarità del soggiorno sono considerati interamente equivalenti, sicché per il legislatore storico il nuovo art. 4 d.lgs 142/2015 costituisce un’eccezione esplicita all’art.

In modo verosimilmente coerente con la decisione di eliminare l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, l’art. 13 del decreto Legge ha anche abrogato l’art. 5-bis del d.lgs n. 142/2015, ove si disponeva che: «Il richiedente protezione internazionale ospitato nei centri [di accoglienza] è iscritto nell'anagrafe della popolazione residente ai sensi dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n.

Il lapalissiano ragionamento è senza dubbio quello secondo cui se il richiedente asilo non è legittimato alla residenza non lo è nemmeno nel caso, piuttosto comune, che egli dimori in un centro di accoglienza. Se questa è certamente l’evidente ratio dell’intervenuta abrogazione dell’art.

A tali situazioni alloggiative si applicava sino a ieri l’ormai abrogato art. Va tuttavia considerato come tutto ciò che l’art. Vero è, in particolare, che a tutt’oggi il centro di accoglienza della rete SPRAR è una convivenza anagrafica a termini dell’art. 5, dPR n. 223/1989; vero è, di conseguenza, che il suo direttore è il responsabile della convivenza anagrafica ed è tenuto a presentare tempestivamente le dichiarazioni anagrafiche riguardanti gli ospiti ammessi al centro, i quali non avrebbero diritto all’accoglienza se avessero una diversa residenza in Italia e dunque non possono che essere residenti presso il centro stesso sin dal primo giorno.

Vero è, infine, che l’omissione della dichiarazione anagrafica, se è scusabile in capo ai singoli ospiti, probabilmente ignari di ciò che dispone la disciplina anagrafica, non lo è affatto né in capo all’imprenditore dell’accoglienza che ben dovrebbe conoscere le leggi correlate a tale attività [17], né in capo allo stesso ufficiale di anagrafe che sappia dell’esistenza del centro di accoglienza sul territorio del comune e non si preoccupi di verificare d’ufficio l’avvenuta iscrizione degli ospiti oppure, ancor peggio, si mostri restio all’iscrizione una volta che questa sia richiesta nei modi di legge dai diretti interessati o dal responsabile della convivenza.

Mi limito ad elencarne tre: Il carattere provvisorio del permesso di soggiorno dato al richiedente asilo (nonché la circostanza che tale permesso di soggiorno sia consequenziale al divieto di refoulement) giustifica una differenziazione di effetti tale da escludere - unico caso espressamente previsto − il diritto all’iscrizione anagrafica?

Quali sono in concreto i diritti il cui esercizio è impedito al richiedente asilo in conseguenza del diniego della residenza anagrafica? In tale ultimo senso è stato affermato che «consentire allo straniero l’esercizio della libertà di soggiorno, che l’art. 16 Cost. riserva ai soli cittadini, e di contro negargli la libertà di domicilio, alla prima strettamente correlata e che l’art. 14 Cost. considera libertà inviolabile di ogni persona, costituisce una palese e irragionevole discriminazione nell’esercizio e nel godimento di una libertà fondamentale, lesiva quindi degli artt. 2 e 3.1 Cost.» [22].

L’art. 14 Cost assume invece una nozione di domicilio - diversa da quella civilistica − da intendere come immediata estensione spaziale dell’intimità della persona (la cui abitazione, ad esempio, non potrà quindi essere perquisita al di fuori dei casi previsti dalla legge) [23].

Più suggestiva è una seconda argomentazione proposta nel medesimo commento al dl n. 113 del 2018, secondo cui «lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente» (art.

L’iscrizione anagrafica non è infatti riducibile ad un diritto civile in senso stretto ma ad una posizione per certi versi assimilabile ad uno status, da cui promana una molteplicità di diritti e doveri sociali (e, ma questa è tutt’altra vicenda, politici).

Sanzioni e Alloggio Irregolare

Con la legge 24/07/08 n. 125, art. 5, di conversione del Dec. Legge 23/05/08 n. 92, è stato introdotto, quale comma 5 bis dell’art. 12 del T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al D.Lgs 25/07/98 n. - 5-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno, in un immobile di cui abbia disponibilità, ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, anche se è stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca dell’immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1 e 2, del D.Lgs 286/98, decreto sull’immigrazione, per stranieri devono intendersi tutti coloro che non appartengono all’Unione Europea ed agli apolidi. Agli stessi, infatti, in attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dei stati membri D.L.vo 6/02/07 n. 30, si applicano le disposizioni di tale ultima citata norma.

Effetti dell'Iscrizione Anagrafica per gli Stranieri

La registrazione anagrafica produce importantissimi effetti per gli stranieri in Italia. Gli effetti sociali e fiscali dell'anagrafe degli stranieri sono altrettanto rilevanti.

Effetti sulla Domanda di Cittadinanza

L'iscrizione anagrafica, per un cittadino straniero, assume rilevanza in primo luogo con riguardo alla cittadinanza italiana. La legge 5 febbraio 1992 n. L'art. Anche l'art. 5, che disciplina la richiesta di cittadinanza per matrimonio, stabilisce che può richiedere la cittadinanza il coniuge di cittadino italiano che risiede da almeno 2 anni dopo il matrimonio: termine dimezzato in presenza di figli.

La cittadinanza è per i più il coronamento di un percorso di integrazione che inizia dal visto d'ingresso, e consente allo straniero di sentirsi parte del tessuto sociale. Se Mohamed è entrato in Italia nel 2015, nello stesso anno ha ottenuto il permesso di soggiorno e si è iscritto all'anagrafe della popolazione residente, potrebbe presentare domanda di cittadinanza per residenza nel 2025.

Effetti sui Benefici Sociali e Fiscali

Le persone irreperibili e quelle senza una residenza fissa non hanno diritto a ricevere le prestazioni assistenziali. Pensiamo ad esempio al bonus asilo nido, l'assegno di natalità, l'assegno familiare e quello di maternità concessi dai comuni, per i quali, appunto, è necessario avere una residenza effettiva in Italia. In mancanza di questa, tali prestazioni non possono essere concesse (tuttavia, questa condizione non si applica alle prestazioni previdenziali, come le pensioni, la NASpI, la DIS-COLL, ecc. L'INPS ha spiegato questa distinzione nel messaggio n. Inoltre, la residenza in Italia è un requisito fondamentale per ricevere le prestazioni di invalidità civile.

Un beneficio fondamentale che deriva dalla residenza in Italia è l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Qualsiasi interruzione non giustificata e non comunicata della residenza può portare alla revoca immediata dell’assegno. Per usufruire delle agevolazioni, l’immobile deve trovarsi nel Comune in cui l’acquirente ha la residenza. Se l’acquirente risiede in un altro Comune, deve trasferirsi entro 18 mesi dall’acquisto.

Dare la Residenza alla Badante: Cosa Comporta?

La concessione della propria residenza alla badante che lavora in regime di convivenza è forse una delle questioni più complesse e delicate. Iniziamo con il dire che la residenza non aggiunge alcun diritto accessorio, al fatto che la badante o altra persona occupino una certa casa, o parte di essa (una stanza), se così fosse il “padrone di casa”, ad esempio, non potrebbe sfrattare l’inquilino moroso.

Prima di tutto andiamo per ordine: a partire dall’idea che la convivenza sia una condizione funzionale all’assistenza e che la badante, pur essendo “ospite” del datore di lavoro non sia parte della sua famiglia, possiamo dire che non sussiste l’obbligo di residenza dal datore di lavoro per poter stipulare un contratto di badante convivente.

  • colf o badante con residenza presso uno stato dell’Unione Europea.
  • colf o badante con residenza presso un stato extracomunitario.

Ma fissare la residenza della badante presso l’abitazione del datore di lavoro esattamente cosa comporta? Secondo il CCNL che disciplina il lavoro domestico, l’orario settimanale per COLF e Badanti che lavorano in regime di convivenza non può superare le 54 ore qualora si venga assunti a servizio intero e 30 ore se si viene invece assunti in regime di convivenza con servizio ridotto. In ogni caso la badante non entra nello stato di famiglia del datore di lavoro.

Inoltre, se da una parte la badante non entrerà a far parte dello stato di famiglia, è altrettanto vero che per il datore di lavoro è fatto obbligo di richiedere l’iscrizione anagrafica per tutte quelle persone sulle quali esercita potestà o tutela. Ciò quindi comporta il fatto che la badante diventerà a tutti gli effetti membro della famiglia anagrafica in quanto la convivenza troverà la giustificazione per motivi lavorativi.

A stabilirlo la legge 1228/1954 secondo il quale la collaboratrice convivente avrà diritto ad una camera e ad uno spazio personale dignitoso. Altresì avrà diritto a tre pasti al giorno (colazione, pranzo e cena), nonché beni di prima necessità. Alla fine del rapporto di lavoro (ultimato il preavviso), il datore di lavoro, proprietario dell’alloggio, (o un suo erede o delegato) va in comune e informa l’ufficio anagrafe che in casa sua non abita più il suo ex dipendente.

Tabella Riepilogativa Obblighi e Diritti

Aspetto Dettagli
Comunicazione di Ospitalità Obbligatoria entro 48 ore per chiunque ospiti un cittadino straniero.
Iscrizione Anagrafica Necessaria per l'esercizio del diritto di residenza e accesso a servizi sociali.
Sanzioni Previste multe per l'inosservanza degli obblighi di comunicazione.
Alloggio Irregolare Reato punibile con reclusione e confisca dell'immobile.
Diritti della Badante Convivente Diritto a camera, spazio personale, tre pasti al giorno e beni di prima necessità.

La residenza è il luogo in cui una persona ha la dimora abituale, ossia vive in modo stabile e duraturo, e deve essere fissata con una pratica amministrativa nel Comune in cui si vive. “L’iscrizione alla anagrafe comunale è un diritto soggettivo (e non concessorio) riconosciuto dal nostro ordinamento (Legge n. 1228 del 24.12.1954) a tutti i cittadini che ne hanno facoltà.

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