Albergo Atene Riccione

 

Espulsione dello Straniero: Normativa e Procedura in Italia

Nell’evoluzione della normativa che regola l’immigrazione dai Paesi extra U.E., la disciplina del provvedimento di espulsione rappresenta l’ambito che ha dato luogo a maggiori rivisitazioni nel tempo. Attualmente è il “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero” di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 che contiene la disciplina organica in tema di immigrazione, regolamentando anche la materia della espulsione degli stranieri illegalmente presenti nel territorio italiano, modificata dalla recente legge del 30 luglio 2002, n.189.

Requisiti per l'Ingresso in Italia

Occorre preliminarmente evidenziare che è consentito l’ingresso nel territorio italiano dello straniero che sia in possesso:

  • di valido passaporto o di documento equipollente (i documenti di viaggio per gli apolidi e per i rifugiati, i libretti di navigazione rilasciati ai marittimi per l’esercizio delle loro attività, il documento di navigazione aerea rilasciato a piloti e al personale di bordo delle compagnie aeree civili per l’esercizio della loro attività, il lasciapassare delle N.U.);
  • del visto d’ingresso, rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine dello straniero (o di sua stabile residenza);
  • di permesso di soggiorno o carta di soggiorno in corso di validità, richiesto al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato.

Il permesso di soggiorno ha una validità non superiore a:

  • tre mesi per visite, affari e turismo;
  • un anno per frequenza a corsi di studio o per formazione debitamente certificata (rinnovabile annualmente);
  • nove mesi per contratti di lavoro stagionale (ma può essere rilasciato un permesso pluriennale fino a tre annualità a favore dello straniero che dimostri di essere venuto in Italia da almeno due anni di seguito trattandosi di impieghi ripetitivi);
  • un anno per contratti di lavoro subordinato a tempo determinato;
  • due anni per contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Inoltre gli stranieri sono tenuti a dichiarare la loro presenza al Questore, che rilascia idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno.

L’ingresso in Italia dello straniero, che provenga da Paesi che versano in particolari situazioni epidemiologiche, può essere subordinato alla presentazione di un certificato medico, autenticato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana che attesti l’assenza di malattie infettive. Lo straniero che non sia in possesso di tali documenti è irregolare e può essere espulso.

Leggi anche: Procedure di espulsione del coniuge straniero

Tipologie di Espulsione

Il T.U. sull’immigrazione prevede diversi tipi di espulsione, diversi per presupposti e per natura:

  • l’espulsione amministrativa;
  • l’espulsione a seguito di procedimento penale;
  • l’espulsione a titolo di misura di sicurezza;
  • l’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva;
  • l’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione.

Espulsione Amministrativa

L’art. 13 del T.U. distingue l’espulsione amministrativa dello straniero disposta dal Ministro dell’Interno, “per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato … dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri espulsione amministrativa” (comma 1), contro il quale è ammesso ricorso al TAR Lazio, sede di Roma (art. 13 comma 11), dall’espulsione disposta dal Prefetto, ricorribile entro sessanta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento di espulsione al Tribunale monocratico del luogo in cui ha sede l’autorità che lo ha disposto (art. 13 comma 8).

Il provvedimento prefettizio, che per la giurisprudenza di legittimità non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della legge n. 24 del 7 agosto 1990, trattandosi “di atto ad emanazione vincolata e non discrezionale” ed essendo garantito il contraddittorio seppure differito in sede giurisdizionale (Cass. Civ. Sez. I, n. 5050 del 9 aprile 2002), può essere adottato in diversi casi, contemplati dal secondo comma dell’art. 13 T.U.:

  • Quando lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera”, situazione equiparata all’esibizione agli agenti di frontiera di documenti contraffatti o alterati idonei a trarli in inganno (Cass. Civ. Sez. I, n. 9070 del 7 luglio 2000).
  • Quando lo straniero “si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto” di otto giorni dall’ingresso, “salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore” (dipendenti da eventi imprevedibili e gravi, quali non sono sicuramente la dimenticanza o l’ignoranza degli obblighi posti da norme giuridiche in vigore nel nostro Paese o la non conoscenza della lingua), ovvero ricorrano eventuali cause ostative specificamente e tassativamente indicate dall’art. 19 primo e secondo comma del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

Cause Ostativa all'Espulsione

Si tratta in primo luogo dell’espulsione o del respingimento verso uno Stato in cui lo straniero può essere perseguitato per motivi di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni sociali o personali o può rischiare di essere inviato verso un altro Stato in cui non sia protetto dalla persecuzione, operanti anche nel caso di espulsione ministeriale.

Questa disposizione è, del resto, conforme sia col dettato dell’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 26 settembre 2000, secondo cui è vietato allontanare, espellere o estradare uno straniero “verso uno Stato in cui esista un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”, sia con l’ art. 33 della Convenzione relativa allo status di rifugiato (firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 24 giugno 1995, n. 722) secondo cui non è consentita l’espulsione o il respingimento di un rifugiato “verso le frontiere e luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza ad una determinata categoria sociale o delle sue opinioni politiche”.

Leggi anche: Documenti necessari per sposarsi in Italia se sei straniero

In secondo luogo, altra causa ostativa all’espulsione delineata dall’art. 19 comma 2, riguarda l’espulsione di stranieri minorenni, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi, di stranieri in possesso della carta di soggiorno, di stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana, di donne in stato di gravidanza o nei sei mesi dalla nascita del figlio e, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 376 del 2000, di chi sia coniuge di donna in tali condizioni. Sia la sussistenza della forza maggiore che delle suddette cause ostative deve essere tuttavia comprovata dall’interessato in base a circostanze specifiche (Cass. Civ. sez. I n. 14152 del 14 novembre 2002 e Cass. Civ. Sez. I, n. 2745 del 25 febbraio 2002).

Non appare infondato ritenere comunque che l’espulsione debba essere preceduta da una valutazione della situazione personale dello straniero al fine di accertare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della sua permanenza nel territorio italiano.

Ritardo nella Richiesta di Rinnovo del Permesso di Soggiorno

Quando lo straniero si è trattenuto nel territorio dello stato, “quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo”. Sul punto giova ricordare però che, come evidenziato dal T.A.R. Abruzzo, Sez. L’Aquila n. 182 del 10 aprile 2002, il semplice ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno non determina automaticamente l’espulsione dello straniero, dovendosi procedere ad una disamina dell’istanza per accertare se siano venuti meno i presupposti, originariamente esistenti per il rinnovo del permesso e della cui mancanza il ritardo può solo costituire indice rilevatore (in tal senso Cass. Civ. Sez. Unite n. 7892/2003). In sostanza, se lo straniero è in regola, non è sufficiente un ritardo burocratico a farlo espellere.

Questa impostazione è condivisa anche dal Consiglio di Stato (sent. 14 marzo 2000, n. 110), secondo cui è illegittimo procedere all’allontanamento dello straniero per il solo motivo della mancata richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno nel termine previsto dalla legge, quando consti che il soggetto ha mantenuto una vita di relazione, sotto l’aspetto familiare ed economico, assolutamente normale e la sua condotta è stata sempre dignitosa, oltre che rispettosa della legge.

Quando lo straniero “appartiene a talune delle categorie indicate nell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327 (si tratta di coloro che, sulla base di elementi di fatto, vengono abitualmente ritenuti dediti a traffici delittuosi; di coloro che, per la condotta ed il tenore di vita, si presume vivano abitualmente con i proventi delle attività delittuose; di coloro che, che per il comportamento tenuto, si ritiene, sulla base di elementi di fatto, essere dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica) o nell’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646 (si tratta degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso)”.

Leggi anche: Alghero: la guida per gruppi

L’appartenenza ad una delle categorie di soggetti pericolosi sopra menzionati, come presupposto dell’espulsione amministrativa disposta dal Prefetto, non va accertata dall’autorità giudiziaria, bensì dalla stessa autorità amministrativa, costituendo tale accertamento il presupposto dell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti (Cass. Civ., Sez. I sent. 16 novembre 2000, n. 14853).

Nei confronti del titolare della carta di soggiorno, l’espulsione amministrativa può essere disposta solo per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo stesso appartiene ad una delle “categorie” succitate e “sempre che sia applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all’art. 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55 (art. 9 comma 5 d.lgs. 25 luglio 1998, 286)”.

Modalità di Esecuzione del Provvedimento di Espulsione

L’espulsione è sempre eseguita dal Questore, e nella disciplina previgente alla legge 30 luglio 2002, n. 189, l’espulsione consisteva in una intimazione a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni, salvo specifici casi di accompagnamento alla frontiera ricollegabili, per la stragrande maggioranza, a casi di mancata ottemperanza all’intimazione già disposta. In base alla nuova legge, la regola generale è quella dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13 comma 4).

L’espulsione avviene, invece, con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni solo nel caso in cui il permesso di soggiorno sia scaduto da più di sessanta giorni e non ne sia stato richiesto il rinnovo, sempre che non vi sia concreto pericolo che lo straniero si sottragga all’esecuzione del provvedimento perché, altrimenti, anche in tal caso, l’esecuzione va eseguita mediante accompagnamento alla frontiera (art. 13 comma 5).

La disposizione dell’art. 13 comma 4, sembrerebbe prima facie comprimere la sfera della libertà personali garantite costituzionalmente ex art. 13 Cost. e violerebbe la riserva di giurisdizione per la mancata previsione di un provvedimento di convalida ad opera dell’autorità giudiziaria.

Il dibattito sul punto resta aperto anche dopo l’entrata in vigore della legge 189 del 2002 modificativa del d.lgs. 286 del 1998. Infatti, una parte della giurisprudenza ritiene che il provvedimento di accompagnamento coattivo dello straniero alla frontiera va ad incidere sulla libertà di circolazione e di soggiorno sul territorio dello Stato sancita dall’art. 16 della Cost., in ordine alla quale non è prevista alcuna riserva di giurisdizione (così Trib. Napoli, 22 novembre 2000); inoltre la temporaneità dell’accompagnamento eseguito dall’autorità di pubblica sicurezza va a giustificare la mancata giurisdizione.

Secondo un altro filone, si ravvisa la necessità di tutela giurisdizionale anche nella coercizione, pur solo temporanea, esercitata nei confronti della libertà morale.

A temperare la criticità delle norme, è stato emanato il d.l. 4 aprile 2002, n. 51, convertito con l. 7 giugno 2002, n.106, che ha aggiunto al T.U. il comma 5-bis all’art. 13 disponendo che “Il Questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al Tribunale in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento alla frontiera”, il quale, verificata la sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento entro le quarantotto ore successive alla comunicazione.

Lo straniero nei cui confronti viene eseguita l’espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno. In caso di trasgressione è prevista la pena della reclusione da sei mesi ad un anno alla quale consegue una nuova espulsione del trasgressore con immediato accompagnamento alla frontiera.

“Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni” (art. 13 comma 13- bis) e se sorpreso in flagranza è arrestato ( nei suoi confronti è altresì consentito il fermo ex art. 13 comma 13-ter).

In ogni caso, l’esecuzione del provvedimento di espulsione non può provocare ingiuste sofferenze o maltrattamenti, non può recare ingiusta offesa alla dignità o reputazione dello straniero, sottoporlo a privazioni non giustificate, o a un trattamento vessatorio ed inumano.

L’espulsione o l’allontanamento sono eseguiti dal questore secondo le modalità previste dall’art.13 c.4 del testo unicoi decreto legislativo 25 luglio 1998 n.286 e dall' art.

E' una misura di sicurezza personale non detentiva disciplinata dall'art.

L’accertamento sulla pericolosità, già condotto dal giudice al momento della condanna, deve essere confermato dal magistrato di sorveglianza quando, espiata la pena principale, la misura deve essere in concreto eseguita (art. 679 c.p.p.).

Con uno studio approfondito possono individuarsi dei profili di illegittimità del decreto di espulsione emesso nei confronti dello straniero: dai vizi formali a quelli più strettamente sostanziali, per la violazione dei presupposti di legge.

La disciplina dettata dall'art. 13 del D. Lgs. n.

L'espulsione per extracomunitari e dei loro familiari, infatti, è soggetto alla distinta regolamentazione di cui al D. Lgs. n. 30/2007.

Quella del c.d. ingresso clandestino, che ricorre allorché lo straniero sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non sia stato respinto ai sensi dell'art. 10 del medesimo D. Lgs. n.

Quella del c.d. soggiorno irregolare, che si verifica laddove lo straniero si sia trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'art.

Essa, infatti, può essere disposta solo se la domanda stessa sia stata respinta per mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero nel territorio dello Stato, mentre il ritardo può costituire solo indice rilevante per la valutazione della situazione globale in cui versa l'interessato (così ad es. Cass. 4 luglio 2008 n.

La terza ipotesi è quella in cui lo stesso legislatore inferisce la c.d. pericolosità sociale dello straniero dalla sua appartenenza a taluna delle categorie indicate all'articolo 1 della Legge 27/12/1956 n. 1423 (come sostituito dall'art. 2 della Legge 3 agosto 1998 n. 327) o all'articolo 1 della Legge 31 maggio 1965 n. 575 (come sostituito dall'art. 13 della Legge 13/09/1982 n.

Ai fini dell'accertamento della pericolosità dello straniero deve condursi un riscontro sulla base degli stessi elementi valutati in sede di emanazione di una misura di prevenzione.

Per quanto riguarda la motivazione del decreto prefettizio di espulsione, la giurisprudenza ha sottolineato che “in presenza di un potere di natura vincolata, l’obbligo di motivazione si restringe all’indicazione della sussistenza dei necessari presupposti di legge per l’adozione del provvedimento, senza che occorrano ulteriori giustificazioni a sostegno” (Tar Piemonte Torino, 14/02/2004 n.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, inoltre, il decreto prefettizio di espulsione non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della Legge n. 241/1990, avendo tale decreto natura di atto ad emanazione vincolata e non discrezionalità ed essendo comunque garantito il contraddittorio, seppure differito, in via giurisdizionale (Cass. 22/08/2006 n. 18226; conforme: Cass. 9/04/2002 n.

Il decreto di espulsione, in quanto provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, è revocabile.

Lo straniero espulso non può rientrare in Italia senza una speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno.

Il decreto di espulsione diventava esecutivo solo laddove fosse spirato detto termine senza che lo straniero avesse ottemperato.

Il Decreto Legislativo n.

Ora, quindi, la partenza volontaria è la modalità ordinaria di rimpatrio.

Infatti, nei casi in cui non viene disposto l'accompagnamento coatto alla frontiera, lo straniero può richiedere al Prefetto un termine tra i sette e i trenta giorni per lasciare volontariamente il territorio dello Stato.

Il Prefetto può aderire alla richiesta anche subordinandola all'attuazione di una serie di misure e dopo aver verificato che lo straniero sia in possesso di risorse idonee a consentirgli l'allontanamento volontario dal territorio nazionale.

Al contrario, l'accompagnamento coatto alla frontiera può essere disposto esclusivamente in ipotesi specifiche.

Tuttavia il variabile atteggiarsi delle circostanze del caso concreto non sempre consente l’esecuzione dell’accompagnamento immediato.

L’art. 14 del D. Lgs. N.

Come dice la parola stessa, questo tipo di espulsione viene disposto dall’autorità giudiziaria.

degli stranieri in possesso della carta di soggiorno (salvo quanto previsto all’art.

TAG: #Straniero

Più utile per te: