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Grand Tour: Un Viaggio tra Realtà e Immaginazione nel Cinema di Miguel Gomes

Grand Tour, il nuovo film di Miguel Gomes, segna il debutto del regista di Le mille e una notte in concorso. L'opera mette al centro il cinema come spazio del possibile, di una ininterrotta sperimentazione di storie, forme, tecniche e mezzi, aprendosi alla conoscenza, alla curiosità e alla scoperta.

Il film inizia con Edward (Gonçalo Waddington), un funzionario dell’Impero britannico a Mandalay, Birmania (oggi Myanmar), che aspetta al porto la fidanzata Molly (Crista Alfaiate), arrivata da Londra per sposarlo dopo sette anni di lontananza. In un istante, Edward decide di sparire, lasciando una breve missiva e fuggendo su un battello per Singapore. Questa fuga misteriosa, di cui non sapremo mai le ragioni, rivela una codardia sorprendente.

Per gli spettatori, il Grand Tour inizia con immagini a colori che mostrano bambini che giocano e un teatro di marionette che racconta di amori impossibili. Questo mondo in bianco e nero è popolato di avventurieri, epifanie e folgorazioni nel desiderio dell’altrove. Oriente e occidente si fondono, rivelando il fascino dell’esotismo e la mappa di un passato colonialista britannico, francese e portoghese, uniti al presente.

Gomes riprende elementi già presenti in Tabu (2012) e nel piacere della narrazione come conoscenza e forma politica di reinvenzione del mondo, elementi distintivi di Le mille e una notte. L’ispirazione gli è venuta dalla lettura di Il signore in salotto di Somerset Maugham, un libro sui viaggi dello scrittore britannico nell’Asia del secolo scorso, un fantasmagoria di desiderio simile ai Grand Tour compiuti in Italia dagli scrittori romantici.

Si può viaggiare tra le pagine di un libro o nei fotogrammi di un film, nell’immaginario che ricrea e trasforma, proiettando la propria fascinazione sul reale in uno specchio di infiniti riflessi. L’Asia in cui si muove Edward somiglia a quella dei film classici, ricreata in studio - come ha fatto Gomes, girando in pellicola e costruendo parte del Grand Tour di Edward e Molly negli studi di Lisbona e Roma.

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Il viaggio ha reso anche il suo e, insieme a una troupe leggera, Gomes ha percorso lo stesso itinerario dei suoi personaggi, filmando i suoi spostamenti, un po’ come i viaggiatori di un tempo facevano con la scrittura sui loro carnet. «Dell’Oriente non capiamo nulla», dice a Edward un vecchio funzionario occidentale incontrato in un villaggio sperduto. Sono allora viaggiatori Molly e Edward o si lasciano semplicemente trasportare dall’azzardo? A muovere Molly è l’ostinazione, e nonostante la fuga di Edward, lei lo insegue, annunciando il suo arrivo con telegrammi.

Il viaggio di Edward costituisce la prima parte del film. Lo seguiamo verso Rangoon, Singapore, Bangkok, il Vietnam, le Filippine, il Giappone e la Cina, fino al Tibet. Ogni tappa è segnata da incontri, disavventure e passaggi che cambiano la sua esistenza. Vive di notte, beve, gioca, diventando un avventuriero in balia degli eventi e dei tradimenti. La seconda parte mostra il viaggio di Molly, la cui cocciutaggine la fa somigliare a un personaggio di una screwball comedy, con l’ossessione del tempo e la disperazione di chi sente di non averne abbastanza.

Il suo viaggio è fatto di incontri meno casuali, che diventano legami: dal ricco uomo che si innamora di lei alla ragazza vietnamita con cui continua il suo tragitto. Fantastico e reale si mescolano fluidamente. Gomes si confronta con l’orientalismo, rifondendolo con ironia ed eleganza, nella bellezza delle sue immagini sontuose, dense e illuminate da Rui Poncas, Sayombhu Mukdeeprom e Gui Liang, che costruiscono un mondo attraverso diverse texture (il film è girato in super 16).

Gli sguardi si sovrappongono in continui detour, e l’Asia fantasticata della coppia diviene quella di scooter, grattacieli e canzonette disperate davanti al karaoke. Il film sono le fantasie, le passioni e gli amori cinefili di Gomes, catturando dettagli ed epifanie improvvise con sorpresa e meraviglia.

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