Viaggiatori: Un Viaggio nel Tempo e nell'Identità
Da sempre il viaggio nel tempo accompagna l’immaginario comune legato al mondo del fantascientifico. Ci affascina immaginare di poter toccare con mano il passato, modificarlo per eliminarne le brutture, migliorarlo per rendere migliore il presente.
La fine dell’eternità di Isaac Asimov (1955) racconta un progetto di correzione dei difetti della storia umana mediante la tecnologia del viaggio nel tempo. Travelers (3 stagioni, 2016-2018) trasforma l’idea che stava alla base del romanzo nello spunto per una serie televisiva.
Nella serie creata da Brad Wright, il tema asimoviano del futuro che corregge il passato si combina con un secondo motivo, la sostituzione della mente, che rimanda a un classico della fantascienza cinematografica: L’invasione degli ultracorpi (1956) di Don Siegel.
L’ambientazione di Travelers è ai giorni nostri, con la popolazione terrestre infiltrata da viaggiatori provenienti da un futuro che rimane del tutto fuori campo. La macchina del tempo trasferisce la sola mente del viaggiatore, che va a occupare il corpo di una persona in procinto di morire.
Il processo di sostituzione preserva l’esistenza biologica dei morituri ma gli sottrae l’identità psicologica. L’individuazione del luogo e dell’istante della morte, enfatizzata dall’iscrizione iconica “Recorded time of death”, è resa possibile dalle informazioni estratte dalle reti digitali di telecomunicazione; dunque il limite estremo del passato che la macchina del tempo può raggiungere coincide con la nostra epoca: il primo viaggiatore si è sostituito a una vittima dell’attentato alle Torri Gemelle.
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La narrazione si focalizza sui cinque membri di un team fra i tanti che dal futuro sono stati inviati nel presente. Ciascuno dei protagonisti deve fare i conti con un corpo che non è il suo e con un contesto carico di aspettative che spesso risulta arduo soddisfare, sebbene il sistema informatico del futuro fornisca ai viaggiatori preziose informazioni ricavate dai social media del presente.
A complicare le cose, c’è il fatto che alcuni tratti affettivi della psiche del precedente occupante del corpo continuano a esercitare la loro influenza sul viaggiatore.
Il presupposto “cartesiano” della narrazione di Travelers, per cui la mente è un’entità autonoma che si può trasferire da un corpo all’altro - qui addirittura da un’epoca a un’altra - viene messo in discussione all’interno della storia stessa, mediante una batteria di controesempi che rivelano interessanti affinità con la critica della concezione cartesiana della mente che Bernard Williams sviluppa in Problemi dell’io (1973).
Lo si coglie bene nel dialogo fra i due membri femminili del team, nel quinto episodio della seconda stagione: Marcy nota che Carly ha un istinto materno naturale, e Carly le obietta che non c’è nulla di naturale in questo, dato che non lei è la vera Carly, la vera madre del bambino; lei è in realtà una soldatessa venuta dal futuro.
Marcy, che a sua volta non è la vera Marcy bensì una dottoressa capace di operazioni chirurgiche stupefacenti, replica che si è comunque creato un legame affettivo fra Carly e il bambino, per poi concludere: “Forse tu sei cambiata; forse siamo tutti cambiati. Sto iniziando a credere che siamo qualcosa di più che la nostra coscienza, per lo meno, quelle coscienze con cui siamo giunte qui.
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La “parte migliore di noi”, tematizzata nel dialogo fra Carly e Marcy, si esprime in termini specificamente cinematografici nel decimo episodio della prima stagione, in cui il leader del team, che si è incarnato nell’agente FBI Grant MacLaren, deve subire un trapianto di cuore in seguito a un incidente aereo.
Nello stato di incoscienza in cui si trova durante l’operazione, il viaggiatore rivive i ricordi più intensi che sono rimasti radicati nel corpo in cui si è installato, in particolare quelli riguardanti la donna amata.
Il personaggio in cui risulta più macroscopico il contrasto fra il corpo ospitante e la coscienza ospitata è Trevor, l’adolescente inquieto in cui si è incarnato un programmatore informatico anzianissimo, reduce da secoli e secoli di trasferimenti da un corpo all’altro, di cui sembra rimanere traccia nella voce roca e profonda che emana con una certa incongruenza dal viso paffuto e imberbe del ragazzo.
Nel quarto episodio della seconda stagione, il conflitto fra l’affettività adolescenziale di Trevor e la razionalità implacabile del viaggiatore ultracentenario si manifesta nel legame sentimentale che si instaura con Abby, una giovanissima terrorista.
La ragazza si invaghisce di Trevor al punto da rinunciare a compiere la missione per cui era stata ingaggiata, e proprio per questo viene sacrificata dal Direttore, che si serve del corpo di Abby, improvvisamente abitato da una voce meccanica, per ordinare a Trevor di concludere lui stesso la missione.
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Come si evince dalla vicenda di Trevor e Abby, le vicissitudini personali dovute al “jet-lag esistenziale” dei viaggiatori si intrecciano costantemente con le missioni collettive orchestrate dal Direttore.
Nella prima stagione l’obiettivo principale è sventare una catastrofe; nella seconda stagione si tratta invece di fronteggiare gli effetti collaterali dei cambiamenti introdotti nel passato, che hanno condotto a una variante del futuro in cui il dispotismo illuminato del Direttore è inaspettatamente insidiato dai ribelli della Fazione, che inviano a loro volta i propri emissari nel presente.
La seconda stagione di Travelers diviene così una specie di Terminator (1984-successivi) o Matrix (1999-successivi) alla rovescia, in cui gli eroi devono difendere il mondo governato delle macchine dalla ribellione degli umani.
Nel finale di stagione, in una bellissima sequenza in esterni, i viaggiatori sono costretti a rivelare la loro vera identità ai loro cari che avevano fino a quel momento ingannato.
Questo evento sembra porre fine al principale meccanismo narrativo della serie, che viene tuttavia prontamente ripristinato, nell’incipit della terza stagione, mediante una provvidenziale cancellazione della memoria di coloro che avevano scoperto il segreto dei viaggiatori.
Resettare per poter continuare. Travelers lo esemplifica magnificamente nel settimo episodio della seconda stagione, in cui l’operazione di trasferimento di una coppia di viaggiatori nel corpo di due paracadutisti destinati a schiantarsi viene continuamente resettata e riavviata, con un effetto di loop narrativo che fa pensare a Ricomincio da capo (1993) di Harold Ramis.
La terza stagione, nel suo complesso, tende a sua volta a un punto estremo di reset, che però la decisione di Netflix di cancellare la serie ha reso puramente virtuale.
Ma che succederebbe se scoprissimo che un viaggio nel tempo è l’unico modo che abbiamo per salvare noi e il resto del mondo, e che ha il costo di una vita umana? Come potremmo mai relazionarci con l’idea che l’unico modo per spostarsi da un punto all’altro della linea temporale del mondo è prendere in ostaggio un corpo che non è il nostro?
Il Direttore e le Regole dei Viaggiatori
È successo qualcosa, in quel futuro che ancora non conosciamo. A capo di tutto, il Direttore. Colui che vede ogni cosa di ieri e di domani e sa individuare i punti esatti della linea temporale in cui l’umanità ha cominciato a cannibalizzare se stessa. Un’intelligenza artificiale nei cui logaritmi risiede il destino del mondo. Il suo scopo, realizzato grazie a diverse squadre di viaggiatori del tempo, è cambiare il passato per portare alla luce un nuovo futuro, un futuro migliore.
Il momento di svolta si verifica nel XXI secolo ed è lì che è diretto il viaggiatore 3461 insieme alla sua squadra di travelers. Le regole, o protocolli, da seguire sono poche: la missione viene prima di tutto, mai compromettere la copertura, non prendere una vita, non salvare una vita (se non per gli ordini), non riprodurti, in mancanza di diversa indicazione, continua la vita del tuo ospite, nessuna interazione tra le diverse squadre, se non in casi di emergenza. Ma c’è una regola, forse la più complessa tra tutte, la più difficile da rispettare e comprendere fino in fondo: lascia il futuro nel passato. Ciò che hai fatto, ciò che sei stato, non può varcare le porte del tempo; qui e ora, sei solo un ospite in un corpo che ti impone una copertura ben precisa.
La Riflessione sull'Essenza Umana
Seppur nascosta sotto il ritmo serrato della serie e gli eventi costantemente in evoluzione di una squadra di viaggiatori impegnata in una serie di missioni volte a evitare disastri mondiali, c’è una riflessione su cosa voglia dire essere ridotti a pura coscienza. I viaggiatori del tempo mantengono conoscenze, abilità e informazioni che hanno acquisito nel futuro, eppure sono indotti a vivere cercando di fingersi le persone di cui hanno tratto in ostaggio il corpo. Ne ereditano i dolori e le dipendenze fisiche, ma anche i rapporti e le connessioni umane da mantenere in vita per non lasciare che l’illusione di continuità fra tramite e ospite svanisca.
La nostra essenza, il nostro essere, possono davvero essere ridotti a informazioni contenute nella nostra mente? In questo senso la serie Netflix, con i suoi personaggi frammentati tra un futuro da salvare e un presente spesso inospitale, pungola e sfida tutto ciò che concerne non solo i viaggi nel tempo e la loro correttezza in termini di possibili paradossi, ma soprattutto il concetto di “eticità” del cambiamento del passato. Salvare tante vite prendendone una in ostaggio è corretto? Così, oltre a chiederci se davvero prima o poi potranno giungere entità dal domani a indicarci la strada per salvarci da noi stessi, una domanda resta sospesa anche molto tempo dopo aver concluso la visione: è davvero possibile per un viaggiatore rimanere se stesso nel corpo di un altro?
Travelers: Una Serie da Esplorare
Dal 23 Dicembre 2016 è disponibile sulla piattaforma di Netflix Italia una nuova serie fantascientifica: Travelers. Il telefilm è una co-produzione tra Showcase e lo stesso Netflix e creata da Brad Wright (Stargate). Passata un po’ in sordina, appena dietro The OA (arrivata su Netflix il 16 Dicembre 2016), Travelers è una science fiction più modesta di molti nomi che la piattaforma streaming ha prodotto negli ultimi tempi, ma altrettanto interessante.
I viaggiatori dal futuro riportano indietro le loro coscienze e le inseriscono all’interno di persone del presente che stanno per morire. Come sanno, dal futuro, chi sono queste persone e come moriranno? Niente di più semplice: prendono informazioni dagli archivi digitali medici, della polizia e, per indagare sulla vita degli ospiti, si affidano ai social network. Tuttavia, come sappiamo, i social network possono non essere l’esatto specchio della realtà effettiva e della vita degli ospiti.
Le intenzioni della serie non sono sicuramente innovative. È chiara l’impronta di un prodotto dall’impostazione strutturale e narrativa assolutamente classica, sia nella trama orizzontale che in quelle verticali, di puntata in puntata. Travelers è invece interessante per gli amanti dei thriller e dei gialli. Che è un po’ l’effetto che mi ha sempre dato Fringe. Come andranno le cose tra Olivia e Peter? Il cosiddetto effetto Beautiful. Anche se Fringe aveva una fantascienza sicuramente più interessante ma altrettanto ricca di paroloni e discorsi scientifici tappabuchi. Anche qui viviamo la stessa semplificazione e vediamo molti dei classici stratagemmi narrativi, comprese le regole che ogni viaggiatore deve mantenere, i Protocolli: la missione arriva sempre per prima, non uccidere o salvare una vita, mantieni la tua copertura, e via dicendo.
Travelers è quindi una serie piccola, senza enormi pretese. Il 16 ottobre 2016 è approdata in Canada la serie fantascientifica Travelers di Brian Wright, nata dalla collaborazione tra Netflix e Showcase.
Il processo di trasferimento di coscienza avviene tramite un apparente “trauma cerebrale”, che determina un visibile cambiamento comportamentale dei protagonisti: Marcy, Carly, Trevor e Phil. Una sera, mentre sta finendo il proprio turno, nota un gruppo di uomini che importunano una sua collega; decide di attirare la loro attenzione, permettendo alla donna di fuggire. Purtroppo non riesce a salvare se stessa, divenendo l’oggetto dei soprusi: un forte colpo in testa coincide con il trasferimento di coscienza, scandito dal conto alla rovescia che segna la morte di Marcy come è sempre stata conosciuta. Progressivamente, le vicende dei personaggi si intrecciano fino a trovare un punto comune alla fine dell’episodio.
Quest’ultimo porta alla figura di Grant MacLaren (Eric McCormack), agente dell’FBI che sta cercando di decifrare la criptata rete di comunicazione dei viaggiatori. I dati lo portano all’interno di un vecchio edificio, il quale si rivela essere il loro luogo di incontro: era voluto che Grant arrivasse là.
La serie Travelers presenta un inizio standard, con l’illustrazione dei personaggi principali; nonostante ciò, lo spettatore è portato, fin da subito, a cercare un filo conduttore, che non riuscirà a trovare, però fino alla fine.
Potrebbe risultare temporaneamente inusuale la presenza nel cast di Travelers di Eric McCormack, di norma associato al personaggio dell’avvocato Will (da Will e Grace) che lo ha consacrato al successo.
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