L'Italia e il Surrealismo: Un'Esplorazione tra Arte, Cultura e Manifesti Storici
In occasione del centenario della pubblicazione del Manifesto del Surrealismo, la conferenza L’Italia è più surrealista del Papa si propone di esplorare il ruolo dell’Italia nell’ambito del Surrealismo internazionale dagli anni venti del secolo scorso al secondo dopoguerra. Sebbene non si possa parlare di una scuola surrealista italiana, alcuni artisti italiani come Paolo Uccello (1397-1475), Piero di Cosimo (1462-1522) e Giorgio de Chirico (1888-1978) sono di grande ispirazione per la poetica del movimento; altri, invece, come Enrico Baj (1924-2003), creano opere che collimano con le tematiche surrealiste.
Inoltre, artisti come Leonora Carrington (1917-2011), Salvador Dalí (1904-89), Leonor Fini (1907-96), Edward James (1907-84), Manina (1918-2010), Matta (1911-2002), Kay Sage (1898-1963) e Pavel Tchelitchew (1898-1957) vengono influenzati, ciascuno a suo modo, dall’arte e dalla cultura italiana: alcuni sono ispirati dall’arte, mentre quelli che vivono in Italia per vari periodi di tempo sono influenzati dalle esperienze qui vissute.
Tra le varie tematiche, il convegno si propone di approfondire gli ambienti e l’architettura surrealista in Italia, nonché il più ampio contesto internazionale dei musei, delle gallerie e del collezionismo privato. Infine, aspetto non meno importante, intende fare il punto sul modo in cui il Surrealismo è stato al centro delle discussioni nei circoli intellettuali in Italia grazie a mostre e riviste.
Artisti e Influenze Italiane
L’interesse dei surrealisti francesi e internazionali per artisti italiani del Quattrocento e del Cinquecento come Giuseppe Arcimboldo (1526-93), Leonardo da Vinci (1452-1519), Piero di Cosimo (1462-1522) e Paolo Uccello (1397-1475) è ben noto ma non altrettanto ben approfondito. Questo contributo ricostruisce la fortuna, la ricezione e l’inquadramento del pittore fiorentino Piero di Cosimo nel dibattito artistico, letterario e critico del Surrealismo tra gli anni venti e sessanta del Novecento, dimostrando come l’artista sia inquadrato nel discorso critico come proto-surrealista dai surrealisti e anche dai critici d’arte (non surrealisti), questi ultimi sulla base di risonanze stilistiche e iconografiche superficiali, che inseriscono gli artisti in una cornice pseudo-psicologica decisamente moderna.
La relativa oscurità del di Cosimo nella prima metà del secolo scorso permette di enfatizzarne la presunta méconnaisance, elemento irresistibile per i surrealisti che si considerano maestri dell’archivio e curatori di geni “dimenticati”.
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Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle
Il Giardino dei Tarocchi realizzato da Niki de Saint Phalle (1930-2002) a Garavicchio, in provincia di Grosseto, è probabilmente la più grande opera surrealista presente in Italia. Si ispira ad alcuni classici esempi di architécture fantastique ammirati da André Breton e dai surrealisti: Il Parc Güell di Antoni Gaudí a Barcellona, il Parco dei Mostri di Bomarzo, il Palais Idéal del Facteur Cheval (Joseph Ferdinand Cheval) e le Watts Towers di Simon Rodia.
Il gioco dei Tarocchi riveste un ruolo importante per il movimento surrealista come fonte d’ispirazione e strumento d’esplorazione creativa. Le immagini e i temi degli Arcani, dalla forte carica mistica e simbolica, risuonano profondamente con l’interesse dei surrealisti per la mente inconscia, i sogni e l'irrazionale. I Tarocchi offrono ad artisti surrealisti come André Breton, Salvador Dalí e Max Ernst un linguaggio visivo e concettuale in linea con il loro tentativo di trascendere il pensiero razionale addentrandosi nell’ambito del fantastico e del subconscio. Grazie al ricco simbolismo delle figure archetipiche e alle loro narrazioni enigmatiche, gli Arcani permettono di accedere agli strati nascosti della psiche umana e di articolarli, un obiettivo fondamentale dell’arte surrealista.
Roberto Matta e l'Influenza Italiana
Nel 1952 l’artista surrealista di origine cilena Roberto Sebastián Matta (1911-2002) scrive di voler creare una morfologia storica che affronti i problemi sociali e politici. Inizia a lavorare all’idea in Italia, dove si trasferisce dopo l’esilio trascorso a New York durante la Seconda guerra mondiale, trasformando in modo significativo la propria prassi artistica. Dopo aver contribuito allo sviluppo dell’automatismo con le prime opere astratte, si orienta verso nuovi linguaggi visivi e nuove tematiche che ampliano gli orizzonti della sua pittura, la cui materialità si fa anche strumento capace di portare la dimensione politica del Surrealismo verso nuove direzioni.
Momento cruciale dei primi anni trascorsi da Matta in Italia è la partecipazione all’“Incontro internazionale della ceramica”, organizzato nel 1954 ad Albisola, vicino a Genova. L’evento riunisce un gruppo di critici d’arte e di artisti internazionali, tra cui Enrico Baj, Corneille, Sergio Dangelo e Asger Jorn, invitandoli a sperimentare con la ceramica sotto la guida del ceramista italiano Tullio Mazzotti. L’esperienza ha un chiaro impatto sull’arte di Matta degli anni successivi: l’artista continua a lavorare con materiali terrosi, ad esempio nella serie di dipinti creati con il terriccio nel 1957 sull’isola di Panarea, al largo della Sicilia, e nel murale Cuba es la capital realizzato durante una visita a L’Avana nel 1963.
Il "Parasurrealismo" di Malebolge
Nel marzo 1964 un gruppo di poeti di Reggio Emilia lancia una nuova rivista culturale, “Malebolge” (1964-67). Appartengono al Gruppo 63, un collettivo di intellettuali decisi a dare uno scossone al panorama culturale stagnante dell’Italia degli anni sessanta. Sulla rivista il Surrealismo è oggetto di ampi dibattiti: in risposta alle voci che dichiarano l’obsolescenza del movimento a partire dalla fine degli anni cinquanta, i contributi della rivista sottolineano invece quanto i metodi surrealisti restino efficaci per la loro missione di rigenerazione culturale.
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Proprio per questo i poeti di “Malebolge” chiamano “Parasurrealismo” la loro prassi, un approccio contemporaneo che definiscono “una sorta di manierismo del Surrealismo, un Surrealismo a freddo, un Surrealismo al quadrato”. L’intervento esamina la posizione parasurrealista proposta da “Malebolge” e contestualizza sia l’accoglienza riservata al Surrealismo nell’Italia degli anni trenta sia la concezione di una “sensibilità degli anni sessanta” formalista da parte di storici e critici dell’arte, sulla scia del nouveau roman francese - due posizioni cui “Malebolge” ora aderisce, ora si oppone. Questi punti sono illustrati attraverso l’analisi di alcune opere del poeta Adriano Spatola (1941-88): manifesti politici grotteschi di protesta contro la guerra del Vietnam, segni minimalisti su tela e una serie di oggetti parasurrealisti che Spatola realizza nel 1965 con Claudio Parmiggiani (1943). Le opere esemplificano la ripresa parasurrealista della poiesis surrealista nella creazione di immagini, evidenziando un percorso alternativo alle narrazioni dominanti sulla rinascita artistica dell’Italia nel dopoguerra.
Jean-Jacques Lebel e i Circoli Italiani
La prima mostra personale di Jean-Jacques Lebel (n. Cosa ha portato il giovane surrealista a Firenze? L’intervento analizza la carriera di Lebel e la sua rivista “Front Unique” (1955-60), cui collabora Arturo Schwarz, nei rapporti con i circoli culturali italiani a Firenze, Venezia e Milano. “Front Unique” è interessante per tre motivi: tratteggia un contesto politico e artistico in fase di rinnovamento, a seguito delle lotte anticoloniali e della de-stalinizzazione; dimostra che il Surrealismo può essere inteso al plurale; è un laboratorio di idee che contribuisce a formare un artista che avrà un ruolo importante negli anni sessanta, in particolare per la storia dell’happening in Europa. Proprio in Italia Lebel organizza due Anti-Procès (a Venezia e a Milano), ed è a Milano che la Questura sequestra l’opera collettiva Grand Tableau Anti-fasciste collectif (1960) presentata nell’Anti-Procès 3 (Milano, 1961).
Arcimboldo e il Surrealismo del Dopoguerra
Se il Surrealismo si schiera fin dagli inizi contro i grandi maestri classici, i fondatori del gruppo riconoscono ed eleggono a modello alcune figure rinascimentali italiane, considerati veri e propri precursori dell’estetica surrealista. Tra questi, come noto, vi sono Paolo Uccello, citato fin dal manifesto del 1924, e Arcimboldo. Nel corso degli anni, tuttavia, il ruolo di questi artisti rispetto all’estetica surrealista evolve nel pensiero di André Breton e, proprio come i contemporanei del gruppo, anche i modelli sono oggetto di ripensamenti e scomuniche. Attraverso l’analisi della mostra, dalla sua genesi alla sua ricezione, il contributo intende fare il punto sull’importanza della figura di Arcimboldo nell’ambito del Surrealismo del dopoguerra, così come sul gesto simbolico di Collinet, che lo sceglie come figura chiave per il lancio della galleria.
Marco Levi Bianchini (1875-1961) è il primo traduttore di Sigmund Freud in italiano, è direttore di un manicomio nei pressi di Salerno e il fondatore dell’“Archivio Generale di Neurologia, Psichiatria e Psicoanalisi” (1920-38). Su questa rivista pubblica contributi clinici insieme a recensioni di libri che offrono una notevole prospettiva sulla cultura contemporanea: la gamma delle sue letture è prodigiosamente ampia, arrivando a totalizzare 10.357 recensioni. Levi Bianchini si concentra sugli studi accademici e spazia poi tra pubblicazioni di storia, politica, sociologia, economia, antropologia, letteratura, religione e mistica. Nel contesto della diffusione del Surrealismo e della resistenza che incontra in Italia, gli scritti misconosciuti di Levi Bianchini ne fanno un intellettuale fuori dagli schemi: dopo aver pubblicato la prima traduzione di Freud in italiano nel 1915, nel 1925 egli fonda con...
Enit e l'Italia: Una Gran Bella Storia
Si entra con un clic. E poi via, su e giù per l’Italia degli anni Trenta e Sessanta, tra feste di paese e bellezze al bagno, donne sedute a chiacchierare davanti ai trulli, Dolomiti imbiancate e spiagge sferzate dal sole. Un tassello di storia italiana corre lungo la mostra virtuale di Enit. L’Agenzia Nazionale del Turismo apre i cassetti del suo archivio storico per raggiungere il pubblico un'esposizione totalmente digitale, dal titolo Enit e l'Italia. Una gran bella storia. La mostra non ha orari né biglietti. Per vederla basta andare sul sito e compiere, in svariati clic, un salto spazio-temporale dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, dalle riviera ligure alla Sardegna, tra abitudini e riti di un’Italia tutta da ricordare. Ci muoviamo attraverso le quattro sezioni tematiche di questo viaggio, con la possibilità di consultare, ad ogni sala, brochure e didascalie, di avvicinarci alle opere, svoltare, tornare indietro.
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La prima sezione racconta la nascita dell’Enit, nel novembre 1919, e gli sviluppi dell’Agenzia Nazionale del Turismo fondata per promuovere l’Italia all’estero come destinazione turistica d’eccellenza. Nella seconda parte trova ritroviamo una selezione di manifesti storici che ritraggono gli angoli più rappresentativi del belpaese.
L’affiche - che negli anni Trenta acquisisce una sua autonomia come genere artistico - ci accompagna in questo viaggio trasversale che racconta la storia, l'evoluzione del gusto, lo sviluppo del design e della creatività tutta italiana. C’è la riviera ligure - pubblicizzata nel manifesto di Luisa Polo, datato al 1933, uno dei pochi dell’epoca a firma femminile destinato alla clientela tedesca, come lasciano intuire le iscrizioni in lingua - e c’è Viareggio con una bagnante dal tipico costume anni Cinquanta che “vola” sul mare a bordo di un’altalena o ancora la spiaggia di Pesaro nel manifesto pubblicitario di Aldo Cigheri. Restiamo negli anni Cinquanta con il manifesto di Erberto Carboni realizzato in occasione della XXVI Biennale internazionale d’arte di Venezia.
Nel nostro viaggio virtuale che celebra il genio italiano e l'evoluzione sociale della penisola influenzata dallo sviluppo turistico incontriamo Roma con il suo Colosseo e ancora Positano e Mantova, evocata dal castello della città sostenuto da tre putti, richiamo ai soggetti affrescati da Andrea Mantegna nella Camera degli Sposi.
La tradizione acquista colore nel simpatico cartellone “pupazzettato” dedicato da Mario Puppo alla storica Sagra del Redentore di Nuoro. Allo scadere degli anni Novanta, l'Enit iniziò a commissionare ad artisti contemporanei i propri manifesti promozionali. Ed ecco in mostra "Más Italia que nunca", a firma di Ugo Nespolo nel 1999, una figura stilizzata che sorregge un pianeta terra con l'Italia in evidenza e una colomba della pace.
Attraverso i corridoi virtuali della mostra arriviamo, clic dopo clic, alla terza sezione che affronta il tema dell’editoria come strumento di comunicazione strategico e medium artistico. L’Enit ne ha fatto un canale di comunicazione privilegiato attraverso un’ampia produzione di riviste, bollettini, periodici, opuscoli, monografie. Le copertine sono vere e proprie opere d’arte, spesso firmate dagli stessi autori dei manifesti. Racchiudono articoli dal sapore retro con donne vestite secondo la moda del tempo, tra paesaggi, auto d’epoca e scene di vita popolare.
Ma la sezione forse più interessante del percorso è l’ultima. In un clic ci ritroviamo davanti a una serie di fotografie tratte dall’archivio storico Enit, scelte per rappresentare ogni regione e permettere al visitatore un tour del Paese tra il reale e l’immaginario. A Palermo ci uniamo alla raccolta di fichi d’India, a Merano a quella delle mele; raggiungiamo Tropea per una passeggiata in compagnia di una coppia, ed ecco Matera, bellissima, in uno scatto. Concludiamo il viaggio nella stazione sciistica di Cervinia, 1970.
Il materiale esposto è solo un assaggio delle oltre centomila opere conservate nell’archivio storico Enit.
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