Diavoli stranieri sulla Via della seta: Un'avvincente narrazione di Peter Hopkirk
“Diavoli stranieri sulla Via della seta” di Peter Hopkirk offre una narrazione avvincente delle spedizioni di esploratori e archeologi occidentali nel deserto del Taklamakan, uno dei luoghi più inaccessibili e pericolosi del pianeta. Ambientato agli inizi del Novecento, il libro racconta le sfide estreme affrontate da pionieri come Le Coq, Aurel Stein e Paul Pelliot nella ricerca delle antiche civiltà sepolte sotto la sabbia lungo la storica Via della Seta.
La riscoperta di una civiltà perduta
Per quasi dieci secoli nelle regioni lungo le Vie della Seta intorno al deserto del Taklamakan era fiorita per lungo tempo una straordinaria cultura buddista, nello stesso tempo monacale e guerriera, rappresentata da città-oasi dominate da monasteri, templi, Stupa e grotte contenenti migliaia di affreschi e di rotoli di manoscritti e traduzioni eseguite dai monaci. Questa grande civiltà buddista finì con il tempo ad essere seppellita dalle sabbie del deserto. Esploratori ed avventurieri europei andarono quindi sulle sue tracce…
La Via della Seta, che collegava la Roma imperiale alla lontana Cina, un tempo era la più grande arteria stradale della terra. Lungo di esso viaggiavano carichi preziosi di seta, oro e avorio, nonché nuove idee rivoluzionarie. Col tempo cominciò a diminuire. Il traffico rallentò, i mercanti se ne andarono e alla fine le sue città svanirono sotto le sabbie del deserto per essere dimenticate per mille anni; tuttavia, nacquero leggende di città perdute piene di tesori e custodite da demoni. Nei primi anni del secolo scorso esploratori stranieri iniziarono a indagare su queste leggende, e ben presto iniziò una corsa internazionale per i tesori artistici della Via della Seta. Enormi dipinti murali, sculture e manoscritti di inestimabile valore furono portati via, letteralmente a tonnellate, e oggi sono sparsi nei musei di una dozzina di paesi.
Le sfide del deserto del Taklamakan
Il deserto del Taklamakan, nel Turkestan cinese, è ancora oggi una meta sconsigliata dalle agenzie turistiche, e per secoli, dal graduale abbandono della Via della Seta in poi, è rimasto uno dei luoghi meno attraversati del pianeta.
Hopkirk descrive vividamente le condizioni estreme affrontate dagli esploratori:
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“Improvvisamente il cielo diventa nero … e subito dopo la tempesta aggredisce con violenza terrorizzante la carovana. Enormi vortici di sabbia mista a sassi sono sollevati in aria e turbinando colpiscono uomini e bestie. L’oscurità aumenta e strani schianti risuonano fra i ruggiti e gli ululati della bufera … è un fenomeno che sembra lo scatenarsi dell’inferno”.
Nonostante queste difficoltà, all’inizio del Novecento, alcuni fra i migliori - e più visionari - studiosi di cose antiche hanno deciso, tutti insieme, di partire alla scoperta delle civiltà che si dicevano sepolte, e intatte, sotto la sabbia. In questo libro, Peter Hopkirk racconta la storia, ancora una volta semisconosciuta ed emozionante, di come un gruppo di uomini quasi troppo adatti alla parte - per rendersene conto, basta guardare i ritratti di Le Coq, di Aurel Stein o di Paul Pelliot che corredano il volume - abbia sfidato e sconfitto il caldo rovente, il gelo mortale, le tribù ostili, e persino i demoni che la leggenda voleva a guardia dei tesori disseminati lungo la Via della Seta.
Personaggi e scoperte
Sven Hedin, Aurel Stein, Von le Coq, Paul Pelliot nomi di uomini, metà avventurieri metà archeologi, che hanno girato in lungo e in largo le città sommerse dalla sabbia del Takla makan.
Tra i momenti salienti narrati nel libro, vi è la scoperta di antichi manoscritti:
«Nel cuore di quella stessa notte, Chiang entrò silenziosamente nella tenda di Stein ed estrasse da sotto la giacca diversi manoscritti. A colpo d'occhio Stein capì che i rotoli erano molto antichi. - poiché il monaco aveva insistito sul segreto assoluto -, Chiang scivolò via tornando alla piccola cella ai piedi di un enorme Buddha seduto, scolpito nella parete della montagna. Passò il resto della notte a studiare i manoscritti, tentando di identificarne i testi e di individuarne le date.
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Alla corsa archeologica nel Turkestan aveva inconsapevolmente dato il via il tenente Bower: un manoscritto composto da una cinquantina di fogli di corteccia di betulla comprato nell’oasi di Kucha era risultato essere uno dei più antichi testi manoscritti conservati, essendo databile al V secolo. Bastò a scatenare una vera e propria gara per accaparrarsi quanti più manoscritti possibile, a volte con esiti comici.
Il Museo Guimet di Parigi, invece, espone una piccola foto che ritrae Paul Pelliot mentre esamina centinaia di manoscritti in una delle Grotte dei Mille Buddha a Tun-huang. Fu questa una delle mete più ambite della gara, oggi raggiunta in pullman air-conditioned da chiassose torme di turisti globalizzati all’oscuro dell’epica competizione che si era scatenata oltre un secolo fa.
Controversie e destino dei reperti
In “Diavoli stranieri sulla Via della seta. La ricerca dei tesori perduti dell’Asia centrale” Peter Hopkirk racconta la storia degli uomini intrepidi che, correndo grandi rischi personali, guidarono queste incursioni archeologiche a lungo raggio, incorrendo nell’ira eterna dei cinesi.
Ignari del triste destino che si sarebbe abbattuto sulle loro “prede”, i sei protagonisti della storia raccontata magistralmente da Peter Hopkirk in Diavoli stranieri sulla Via della Seta non si risparmiarono nulla ed ebbero pochissimi scrupoli. Rubarono, corruppero, ingannarono, spiarono, mentirono, ricorsero agli espedienti più originali (e a volte abbietti) per chiudere in una cassa di legno un vaso, un manoscritto, una statua, un timpano, un tesoretto di monete.
Quale fu il risultato di tutti questi sforzi? Nel migliore dei casi i reperti archeologici sui quali riuscirono a mettere le mani sono finiti esposti in una vetrinetta nella sala più angusta di un museo. È andata senz’altro peggio a gran parte del materiale tanto faticosamente ricercato: un’ingloriosa reclusione negli scantinati degli stessi musei, quando non addirittura la distruzione, come è capitato a buona parte della raccolta messa insieme da von Le Coq nel corso delle sue spedizioni nel Takla Makan (il cui nome è tutto un programma: “se entri, non esci”), colpita dai bombardamenti su Berlino nel corso del secondo conflitto mondiale.
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La British Library di Londra custodisce ancora due casse di falsi realizzati con maestria da Islam Akhun, un cercatore di tesori semianalfabeta che riuscì a ingannare per anni i più illustri professori universitari del mondo.
L'autore: Peter Hopkirk
Peter Hopkirk, capo reporter del London Times per cinque anni, guida i suoi lettori attraverso le imprese di sei importanti esploratori e archeologi attratti da Kashgar e dalle città perdute del deserto del Takla makan.
PS: Peter Hopkirk non è uno storico da tavolino, non solo, perlomeno. La terza di copertina ricorda infatti i suoi soggiorni nelle carceri di varie polizie segrete, tra Cuba e il Medio Oriente. Le note biografiche segnalano che servì nello stesso reggimento in cui era caporale il futuro dittatore ugandese Idi Amin Dada.
Opere di Peter Hopkirk
- Il Grande Gioco (2004)
- Diavoli stranieri sulla Via della seta
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