Albergo Atene Riccione

 

Analisi delle Poesie sul Viaggio di Ungaretti

Giuseppe Ungaretti, poeta noto per aver cantato l'esperienza della guerra, ha esplorato anche il tema del viaggio nelle sue opere, inteso sia come percorso fisico che come ricerca interiore. Le sue poesie, spesso brevi e intense, riflettono la complessità dell'esistenza umana e la resilienza di fronte alle avversità.

"Veglia": Una Notte in Trincea

La poesia Veglia, scritta il 23 dicembre 1915, testimonia l'atroce esperienza bellica di Ungaretti sul fronte carsico. In trincea, vegliando la salma di un soldato, il poeta si confronta con la tragicità della morte violenta.

Nell'antivigilia di Natale, Ungaretti si trova a vegliare un compagno morto da poche ore. L'esperienza della veglia di una salma è universale, ma la morte prematura e violenta, come quella in guerra, pone interrogativi senza scampo.

Di fronte alla scena del soldato morto, Ungaretti avverte che quel cadavere potrebbe essere lui. Solo una fatalità ha permesso questo scambio. E vuole la vita, con tutto se stesso, vuole le cose belle per cui vale la pena di vivere. Vuole in questo naufragio di morte, ritrovare la vita e renderla eterna grazie all’amore.

La poesia si compone di due strofe di diversa lunghezza, con versi liberi e rime sparse. I suoni sono duri, dominati dalla lettera "t", e le scelte lessicali insistono su parole "violentemente cariche e deformanti" come "buttato", "massacrato" e "digrignato".

Leggi anche: Il Viaggio: Metafora Esistenziale

La luna piena rischiara la trincea, creando un'atmosfera leopardiana. La luna, bella e insensata, è forse l’ultima immagine che il soldato morto ha contemplato durante la sua agonia. Una domanda è rimasta forse serrata dietro quei denti: perché? Sembra di risentire l’interrogativo che Giacomo Leopardi aveva affidato al pastore errante per l’Asia: «Che fai tu luna in ciel?», che prelude l’interrogativo sulla morte e sulla sofferenza.

Il ritmo spezzato delle parole e l'insistenza sui suoni duri diventano l'elemento portante delle immagini. La contrazione della bocca del soldato, simile a un sorriso amaro, mostra che egli viveva e soffriva.

La notte è di entrambi, e i primi due participi appartengono uno al poeta («buttato») e uno al compagno («massacrato»). Quindi l’esperienza della morte chiede di essere ascoltata e accolta: è il poeta che deve dare voce a quel che non ha voce, anche se si tratta di restare in silenzio, che per un poeta è paradossale. Oltre la riflessione, c’è il tentativo di sopravanzare la morte con l’amore segno di una superiore armonia.

Ungaretti compie quasi un percorso dantesco: scende negli inferi e nell’orrore, nel dubbio che la morte istilla impietosamente, per poi attraverso l’amore risalire e ancorarsi in una dimensione di purezza che non esclude la morte ma la comprende come parte dell’armonia. E l’amore, l’amore per l’uomo - quando l’uomo dovrebbe essere odiato - per quel che di buono c’è nell’uomo che occorre lottare. E quella risposta è, e non potrebbe essere altro, che l’amore.

"Pellegrinaggio": Un Cammino nel Fango

Pellegrinaggio, scritta a Valloncello dell’Albero Isolato nel 1916, descrive il vagare del poeta tra il fango e il dolore alla ricerca di una meta illusoria. Il termine "Pellegrinaggio" si riferisce al cammino, percorso che si compie con penitenza verso un luogo sacro.

Leggi anche: Guida all'acquisto di borse comode da viaggio

Ungaretti indica con esattezza, a margine della poesia, il luogo e la data di composizione a sottolineare che si svolge in tempo di guerra a Valloncello dell’Albero Isolato, vicino a San Martino del Carso, località brulla e desolata, famosa per essere stata teatro di guerra, dove Ungaretti ha partecipato agli scontri della VI battaglia dell’Isonzo nell’agosto del 1916.

Il poeta racconta di essere rimasto per ore tra le macerie e nel fango in agguato. Poi rivolgendosi a se stesso compie una riflessione più generale sull’esistenza constatando come, a lui uomo di pena, abituato a soffrire, basti una illusione per prendere coraggio e continuare a vivere.

La lirica presenta la sintassi della parola nuda, tipica della poetica ungarettiana che riduce il verso a frammento, a unico sintagma di senso. Troviamo termini isolati nello spazio bianco di cui risalta il significato, le parole sono portate così al loro massimo livello espressivo ed evocativo.

Le figure retoriche, come la similitudine del "seme di spinalba" che rimanda alla città natale dell'autore, Alessandria d'Egitto, sembrano richiamarlo alla vita mentre attorno a lui trionfa uno scenario di morte.

A riportarlo alla vita è anche l’illusione, l’immaginazione, ciò che di fatto nutre la sua poetica: mentre si trascina nel fango della trincea scorge in lontananza una luce, proviene dal campo nemico, e sembra trasformare la nebbia circostante in un mare.

Leggi anche: "I Viaggi di Gulliver": Analisi del romanzo

Il faro che rischiara la nebbia, nel finale, rappresenta la luce che è un tema chiave della poetica ungarettiana. Può essere letto, per analogia, come il fatto che il poeta abbia ritrovato sé stesso tramite la poesia: la scrittura, nell’esperienza del fronte, è ciò che salva il soldato, gli ricorda di essere uomo, di essere vivo.

"Allegria di Naufragi": Resilienza e Accettazione

Allegria di naufragi, scritta nel 1916, riflette la complessità dell'esperienza umana di fronte alla sofferenza e alla resilienza. Con pochi versi, l’autore riesce a condensare un sentimento di rinascita e di accettazione della lotta continua che è la vita.

Il naufragio rappresenta le esperienze difficili e traumatiche che l’individuo deve affrontare nella vita. Tuttavia, la figura del "lupo di mare" sottolinea la capacità dell’essere umano di sopravvivere alle avversità, di ritrovare la forza per proseguire il proprio cammino nonostante tutto.

La scelta di una parola come "allegria" per descrivere l'atto di rialzarsi può apparire paradossale, ma nel contesto della poetica di Ungaretti è un'espressione di accettazione della realtà. Questa "allegria" non è una gioia spensierata, ma un atteggiamento di fiducia e di determinazione che nasce dalla consapevolezza delle difficoltà e dalla volontà di non arrendersi.

Ungaretti celebra la capacità di resistere, di rialzarsi e di riprendere il viaggio, come se ogni caduta, ogni fallimento, fosse solo un momento di passaggio. Il naufragio diventa una metafora dell'esperienza umana, un evento traumatico che ci permette, però, di riscoprire la nostra forza interiore.

Dal punto di vista tecnico, la poesia rispecchia pienamente la poetica ermetica di Ungaretti. Il linguaggio è estremamente essenziale e ridotto al minimo, e ogni parola è scelta con cura per esprimere un significato profondo. La struttura è costituita da versi brevi e frammentati, che danno alla poesia un ritmo sospeso e contemplativo.

Il Viaggio Metaforico nell'Opera di Ungaretti

La metafora del viaggio per mare, affrontato da un girovago, da un nomade che vive sino alla morte in balia del viaggio, soggiace alla concezione del Porto Sepolto e dell'Allegria di naufragi. Il viaggio può finire in naufragio, e Ungaretti assume questo naufragio come lo scopo stesso del viaggio.

Il viandante si sente straniero ovunque, e aspira a camminare sulla terra promessa, una terra nuda come nel primo giorno della creazione. Ungaretti si sottrae alla propria sofferenza e a quella che percepisce nella realtà circostante tramite il viaggio metaforico e immaginario dell’evasione, oppure mediante uno scavo interiore all’interno del proprio io che gli consenta di trovare i frammenti puri e ancora incontaminati della propria umanità.

Per questo motivo, sia nell’uno che nell’altro caso, egli ricerca elementi da sovrapporre all’orrore della guerra, individuati nei miti del ricordo, della famiglia, dell’infanzia e della terra natale.

Confronti con Altri Poeti e Artisti

Le poesie di Ungaretti possono essere confrontate con le opere di altri poeti e artisti che hanno affrontato il tema della guerra e della condizione umana. Ad esempio:

  • Emilio Lussu, autore di Un anno sull'altipiano, che descrive la tragicità della guerra di trincea.
  • Salvatore Quasimodo, che in Il mio paese è l’Italia rammenta la distruzione portata dalla guerra per suscitare un sentimento patriottico.
  • Clemente Rebora, con la poesia Viatico, che descrive l'agonia di un soldato mutilato.
  • Eugenio Montale, che in La Bufera e altro esprime una visione pessimistica della guerra.
  • Pablo Picasso, con il quadro Guernica, che raffigura la devastazione della guerra civile spagnola.

Questi confronti evidenziano come il tema della guerra e del viaggio interiore sia stato affrontato da diverse prospettive, ma con un comune intento di esplorare la condizione umana e la ricerca di significato di fronte alla sofferenza.

TAG: #Viaggio #Viaggi

Più utile per te: