Analisi della Poesia "Prima del Viaggio" di Eugenio Montale
"Un imprevisto è la sola speranza", ci ricorda Eugenio Montale nella poesia "Prima del viaggio", tratta dall’ultima sezione della raccolta "Satura" (Mondadori, 1971).
Eugenio Montale (1896-1981) è stato un poeta, scrittore e critico letterario italiano, tra i maggiori esponenti della poesia del Novecento.
Tipico del poeta ligure, del resto, inserire osservazioni morali nel cuore di una lirica che apparentemente sembra parlare di tutt’altro: le parole di Montale sono zampilli di luce nel buio, folgorazioni improvvise, che ci pongono “nel mezzo di una verità”.
Il Novecento, il secolo che dà i natali a Montale, è un periodo molto turbolento: fra episodi tragici come quelli delle due guerre mondiali, le nuove scoperte della fisica e della tecnologia, gli uomini si trovano sconvolti ma anche carichi d'idee nuove.
Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. La sua è stata un’adolescenza difficile a causa di problemi di salute, questo lo porta a trovarsi spesso solo e lontano dalla vita borghese, ma allo stesso tempo lo rende molto attento al dolore che caratterizza la condizione umana.
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Montale fu un intellettuale antifascista.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, Montale comincia ad avvicinarsi al mondo intellettuale ligure: conosce Camillo Sbarbaro e pubblica la sua prima raccolta poetica sotto il titolo "Ossi di Seppia" (siamo nel 1925), opera che avrà un grande successo, e firma poi il Manifesto degli intellettuali antifascisti dichiarandosi quindi contrario alla dittatura.
Dal 1927 Montale si trasferisce a Firenze e qui passa degli anni molto impegnati e vivaci: collabora con importanti riviste del tempo e soprattutto dirige il Gabinetto Vieusseux, un’istituzione culturale fiorentina nata nel 1819, ancora oggi riconosciuta come un importante punto d’incontro culturale anche fra italiani e letterati stranieri.
Tuttavia nel 1938 viene allontanato dall'incarico: il Fascismo domina in Italia e tutti coloro che non sono iscritti al partito vengono rimossi dalle cariche pubbliche.
Nonostante questo ritiro sono anni molto importanti per il poeta: nel 1939 pubblica una nuova raccolta, "Le Occasioni", e conosce Drusilla Tanzi che sarà sua moglie e il grande amore di tutta la sua vita.
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Negli ultimi anni collabora con il Corriere della Sera e riceve il premio Nobel.
Una nuova importante stagione per Montale comincia a partire dal 1948 quando, trasferitosi a Milano, inizia a collaborare con il Corriere della Sera. Per questo giornale scrive reportage di viaggio, critiche letterarie e ovviamente vati tipi di articoli molto importanti.
Montale è attento al mondo culturale contemporaneo.
Eugenio Montale è insieme un poeta e un critico, è molto attento cioè a guardare, giudicare e interpretare le opere di autori affermati o giovani emergenti per capire il loro valore ed esaltarlo.
La poesia e il linguaggio poetico sono ormai in decadenza, questo perché il linguaggio in generale non è più aulico e sublime come quello dei tempi passati e inoltre ci sono troppi poeti e troppi componimenti in circolazione.
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Per quanto riguarda il linguaggio, Eugenio Montale sviluppa quella che viene chiamata dagli studiosi “la poetica dell’oggetto”. Questo è un sistema di scrivere che il nostro poeta riprende dal poeta e scrittore inglese Thomas S. Eliot che aveva teorizzato la poetica del “correlativo oggettivo”.
In cosa consiste tutto questo? Si tratta di avvicinare oggetti e figure che fra loro hanno delle analogie e che, letti uno accanto all’altro suscitano direttamente un’emozione senza bisogno di aggiungere altro.
Usare uno stratagemma del genere fa in modo che il linguaggio poetico risulti molto diretto e schietto eppure tanto carico di significati. È distante dagli eccessi delle Avanguardie che in quel periodo sperimentavano una nuova poesia, a volte con immagini e linguaggi anche aggressivi ed esuberanti.
La vita è vista come priva di senso e piena di tormenti.
La raccolta di Montale dal titolo "Ossi di seppia", come abbiamo visto, compare nel 1925, comprende ventitré poesie suddivise in cinque sezioni tematiche, e già ci mostra un poeta maturo e pienamente consapevole delle sue idee. La visione della vita che traspare in questa raccolta ci fa subito capire che Montale vede l’esistenza come qualcosa senza un senso e comunque caratterizzata da una serie di eventi decisamente negativi e dolorosi.
Troviamo soprattutto rappresentato il paesaggio ligure, sia marino che montuoso.
Il paesaggio è un elemento fondamentale.
Il paesaggio è molto importante perché appare secco, abbandonato, battuto dal vento e il poeta fa spesso riferimento anche alle ore del primo pomeriggio in estate quando tutto è fermo, assolato e quasi morto.
Troviamo poi molto interessante anche "Meriggiare pallido e assorto". Il poeta si trova ad osservare il primo pomeriggio estivo e tutto appare fermo, morto.
Da questo momento il "correlativo oggettivo" caratterizzerà il linguaggio poetico di Montale.
"Le occasioni", la seconda raccolta di poesie di Eugenio Montale, viene pubblicata nel 1939 e comprende cinquanta componimenti. Il tema cambia rispetto alla raccolta precedente e ci si concentra qui su una figura femminile, chiamata Clizia, che sta simboleggiare una figura amata e lontana.
Bisogna dare molta importanza a questo personaggio femminile, che è più che altro un simbolo cui il poeta si affida per essere sollevato dal vuoto dell’esistenza. Per quanto riguarda il linguaggio dobbiamo appuntarci che, in questa seconda raccolta, si fa ancora più essenziale e soprattutto qui viene espressa per la prima volta la poetica del “correlativo oggettivo”, spiegato poco sopra, e che da ora in poi caratterizzerà il linguaggio poetico di Montale.
Un’altra cosa da sottolineare è che in questa raccolta i significati delle poesie di Montale sembrano molto difficili da decifrare, e per questo motivo molti hanno visto in essa un’eco dell’atteggiamento poetico che prende il nome di ermetismo.
La figura di Clizia evolve e si avvicina alla donna-angelo dello Stilnovo. È ancora presente la figura di Clizia ma qui questa donna ricorda più da vicino la donna-angelo caratteristica dei poeti - ormai antichissimi rispetto a Montale - dello stil novo fiorentino. Clizia diviene cioè un vero e proprio messaggero divino che accompagna il poeta attraverso l’orrore che lo circonda.
Aumenta il pessimismo dell'autore. Questa raccolta compare dopo un lungo periodo di silenzio. Esce infatti nel 1971 e le idee di Eugenio Montale risultano radicalmente cambiate, influenzate maggiormente dalla cultura europea.
Diventano in effetti ancora più pessimiste (come se non bastasse, dopo tutto quello che abbiamo visto!). La società ha perso ogni valore: la cultura europea, sulla scia della filosofia di Nietzsche, ha accolto il concetto della “morte di Dio”. Esiste un fantasma che governa la nuova società di massa, fatta di nuove tecnologie e di amministrazione che l’uomo non capisce.
Eugenio Montale rappresenta un poeta straordinario nel nostro Novecento. È stato in grado di interpretare elementi importantissimi presi dalla cultura europea come il correlativo oggettivo e la morte di Dio.
La poetica di Eugenio Montale è caratterizzata da un profondo senso della complessità e della contraddizione dell'esperienza umana, espressa attraverso una scelta precisa di parole e immagini evocative, una sensibilità per la bellezza e l'armonia, e un'attenzione critica verso il mondo circostante.
La sua poesia è anche caratterizzata da una forte tensione tra la ricerca della bellezza e la consapevolezza della precarietà e della transitorietà della vita.
Analisi Specifica di "Prima del Viaggio"
Per comprendere il senso di questa poesia montaliana dobbiamo partire proprio dalla frase posta nella strofa finale, l’affermazione che descrive l’importanza dell’imprevisto e apparentemente contraddice il senso dell’intero componimento, ma in realtà racchiude l’essenza del pensiero del poeta premio Nobel.
Le poesie raccolte in "Satura" sono le liriche dell’ultimo Montale scritte tra il 1962 e il 1970, contraddistinte da un tono colloquiale e dalla quasi totale assenza di rime. Il poeta le scrisse dopo la scomparsa della moglie Drusilla Tanzi, l’amata “Mosca” cui è dedicata "Ho sceso dandoti il braccio", e in esse intreccia una profonda riflessione esistenziale che sembra porre l’uomo di fronte all’enigma insormontabile della morte.
Il racconto spicciolo degli eventi della vita quotidiana diventa così per il poeta ligure il pretesto per descrivere “la realtà oltre a quello che si vede”. Che sono appunto descritte in "Ho sceso dandoti il braccio" come le cose che “più non occorrono”; chi conosce le poesie di Montale sa il valore di inutilità che il poeta attribuisce a queste necessità terrene, a questi obblighi dettati dalla vita sociale.
Apparentemente ci vengono descritti i preparativi per una vacanza, ma già dalla seconda strofa - divisa dalla prima attraverso un enjambement - il tono di Montale cambia trasferendo il significato su un piano più astratto: i preparativi (che il poeta presenta senza rime ma con molteplici assonanze) lasciano spazio alle emozioni e alle riflessioni, alle attese sul viaggio in procinto di cominciare.
Infine ecco che, nella terza strofa, Montale ci mette nel “mezzo di una verità” come profetizzato nella poesia "I limoni". È questo il momento in cui definitivamente comprendiamo che non sta parlando di una semplice vacanza, ma di un percorso esistenziale. Capiamo che Montale sta parlando della vita, nello specifico della sua vita.
Il poeta negli ultimi versi amaramente riflette che ha trascorso più tempo a programmare e ordinare la propria esistenza che a viverla. La paura dell’ignoto, di un futuro diverso da come l’aveva programmato, gli è sempre stata d’ostacolo e ora ammonisce noi lettori a non fare altrettanto. Ci ricorda di non aver paura dell’imprevisto, perché è ciò che davvero dà senso all’esistenza umana, mentre sapere esattamente quel che accadrà toglie ogni senso al vivere.
Affermando il valore dell’imprevisto Eugenio Montale ci mostra il vero senso del viaggio, che non è mai arrivare alla meta. Non sarà mai la meta lo scopo finale e chi lo crede sbaglia. Una lezione molto contemporanea che sembra sovvertire le logiche della nostra società della performance in cui tutti siamo ossessionati da obiettivi, scadenze e terrorizzati dall’idea di essere sempre in ritardo su tutto.
Montale invece riafferma il senso oraziano del "Carpe diem", l’importanza dell’“occasione propizia” che è transitoria, alterna e inafferrabile come la fortuna - e non può essere programmata, né prevista. I greci lo chiamavano “Kairos”, il “tempo propizio”, distinguendolo opportunamente da “Chronos”, il tempo inteso in ordine cronologico e sequenziale: la differenza tra i due risiedeva nel fatto che il primo aveva una valenza qualitativa, mentre il secondo soltanto quantitativa. C’era poi “Aion”, il “tempo eterno”.
Il futuro che ci viene incontro come un vento nuovo, travolgente, ingovernabile, che spariglia le carte sul tavolo da gioco, è la sola speranza che rimane in una vita fatta altrimenti di noia e d’abitudine. Il senso ultimo, ci ricorda Montale come i migliori filosofi socratici, in fondo non sta in quel che “crediamo di sapere”, ma in quel che ancora non sappiamo.
Eugenio Montale ha scritto moltissime poesie nel corso della sua vita. Molte raccontano l’interiorità del poeta, molte altre costituiscono vere e proprie dichiarazioni poetiche.
In questa sua poesia, Montale descrive accuratamente tutta una serie di abitudini che si è soliti seguire quando ci si appresta a compiere un viaggio. Sul finale della poesia, l’autore pone l’accento sull’imprevisto, ma non ne parla in accezione negativa: esso è piuttosto interpretato dall’autore ligure come un segno di speranza, capace di portare stimoli ed emozioni nuove alla persona, e non solo pensieri e contrattempi.
Prima di ogni viaggio, si è soliti verificare gli orari, leggere blog di viaggio o guardare video su youtube dedicati, sfogliare guide per raccogliere più notizie possibili sulla propria meta. “Prima del viaggio” sembra scritta da un uomo del nostro tempo. Corriamo troppo, veloci, insicuri e trepidanti, e programmiamo ogni istante della nostra esistenza, avendo cura di non tralasciare nemmeno un dettaglio. L’imprevisto?
Con la sua poesia, Montale parla attraverso la metafora del viaggio di una società che non sa più immaginare, che non è più capace di vivere appieno, perché incapace di sognare.
In questa poesia Eugenio Montale ci elenca tutti i preparativi necessari e non che si devono compiere prima di un viaggio. La seconda parte è divisa dalla terza da uno spazio vuoto: qui l’autore incomincia a descrivere le emozioni, le riflessioni sul viaggio in generale, cioè sulla vita che la maggior parte della gente sta vivendo.
A prima vista questa poesia sembra quasi un racconto perché priva di rime, allitterazioni e di tutte quelle particolarità che di solito si trovano nelle poesie. Si può vedere che c’è anche un’assonanza: “prenotazioni e pernottazioni” , ci sono giochi di parole: “testamento e supplemento” e infine una consonanza: “pernottazioni, consultano, dividono”.
Nella vita dell’autore c’è stata più preparazione al viaggio che il viaggio stesso, e poiché neanche lui è pronto a buttarsi nell’esperienza del viaggio, la sua vita è noiosa, uguale, non ha ancora trovato il suo viaggio e spera in una novità; ecco perché dice: “un imprevisto è la sola speranza” , quando sai già quello che succede porta via il gusto di vivere.
L’autore, quindi, con questa poesia ci sta avvertendo di non fare il suo stesso errore: vivere con l’idea di pianificare tutto, anche perché non è possibile, il destino ci è sconosciuto.