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La Prima Legge Quadro sul Turismo in Italia: Un Riassunto

La legislazione turistica è costituita dall’insieme di norme dirette a regolare il settore turistico. Il turismo è trattato nelle norme relative ai rapporti economici per quanto riguarda la libertà di iniziativa economica privata degli operatori del turismo. In tal senso, la legge quadro è una legge del Parlamento che ha lo scopo di dettare i principi su una materia concorrente Stato Regione.

Essa ha cercato di mettere un po’ di ordine e ha voluto definire i principi fondamentali e gli strumenti della politica in base all'articolo della Costituzione che recita: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

Evoluzione della Legislazione Turistica Italiana

La costituzione individuava all’articolo 117 il settore turistico come materia di competenza legislativa regionale da attuare in concorrenza con lo stato. L’art 118 ha poi introdotto il principio della sussidiarietà, in base al quale le competenze amministrative spettano agli enti più vicini ai cittadini, ossia i comuni.

Sono fonti secondarie i regolamenti governativi, in quanto non possono essere in contrasto né con la costituzione né con le leggi ordinarie. Il ministero del turismo era stato istituito come organo di vertice dell’amministrazione del settore turistico. Nel 92 però 10 regioni depositarono la richiesta di referendum popolare per eliminare questo apparato che limitava l’autonomia delle regioni.

La Legge Quadro sul Turismo n° 217 del 1983

Se la Legge quadro sul turismo n° 217 del 1983 sia attualmente in vigore o non lo sia è oggetto di discussione in quanto essa sembrerebbe essere stata esplicitamente abrogata dal 6° comma dell’art. 11 della Legge 135/2001 “a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto di cui all’articolo 2, comma 4°” della stessa legge.

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Questo è un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), adottato d’intesa con la Conferenza Stato - Regioni che avrebbe dovuto definire “i principi e gli obbiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico” ed “assicurare l’unitarietà del comparto turistico” italiano identificando le tipologie di imprese e di organizzazioni non profit che esercitano attività turistiche, la loro classificazione, gli standard qualitativi minimi che esse devono rispettare e tutta una serie di altri parametri e di obbiettivi individuati nei commi 4° e 5° dell’art. 2 della Legge 135/2001.

Una volta emanato il Decreto, le Regioni avrebbero avuto nove mesi per emanare le leggi regionali di attuazione dei principi e degli obiettivi in esso contenuti (comma 6° dell’art. 2). Questo DPCM è stato emanato il 13 Settembre 2002, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 ed, in particolare, del suo art. 117 che ha assegnato alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di turismo, ma esso ha stabilito esclusivamente che tutte le definizioni, gli standard, gli obbiettivi, ecc. individuati dai commi 4° e 5° dell’art. 2 della Legge 135/2001 dovranno essere definiti d’intesa fra le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano che finora, però, non lo hanno fatto.

Inoltre, l’art. 3 del DPCM 13 Settembre 2002 ha stabilito che “tutti i riferimenti alla Legge 217/1983 contenuti in atti normativi vigenti alla data di entrata in vigore del presente Decreto […] si intendono riferiti al presente Decreto ed alle normative regionali di settore” che hanno attuato, dal 1983 fino ad oggi, le diverse norme della legge citata.

In conclusione, la Legge 217/1983 è un caso davvero curioso di “legge fantasma” che sembrerebbe essere stata abrogata ma che, in realtà, secondo noi non lo è stata in primo luogo perché il DPCM 13 Settembre 2002 non è l’atto previsto dall’art. 11, 6° comma e dall’art. 2, 4° comma, della Legge 135/2001, dato che esso non ha i contenuti previsti da quest’ultima disposizione e dal successivo comma 5° (e, pertanto, la Legge 217/1983 non sarà abrogata ai sensi dell’art. 11, 6° comma, della Legge 135/2001 finché non vi sarà un atto normativo siffatto), in secondo luogo perché, come abbiamo visto prima, il Decreto citato fa salvi esplicitamente tutti i riferimenti normativi alla Legge 217/1983 in essere alla data della sua entrata in vigore ed in terzo luogo perché tutte le leggi regionali di attuazione di questa ultima legge restano in vigore.

Questa strana ed ingarbugliata situazione normativa ci dice però anche un’altra cosa interessante, vale a dire che, essendo la Legge 29 Marzo 2001, n° 135 anteriore alla Legge Costituzionale 18 Ottobre 2001, n° 3 che ha riformato nel senso visto sopra l’art. 117 della Costituzione, lo Stato, in forza di essa, mantiene la competenza a riformare unilateralmente ed in maniera omogenea per tutto il territorio nazionale la legislazione turistica italiana vigente (problema molto importante per lo sviluppo del turismo italiano ma mai, finora, affrontato seriamente), emanando il DPCM previsto dai commi 4° e 5° dell’art. 2 della Legge 135/2001, anche se un atto simile troverebbe, molto probabilmente, la forte opposizione delle Regioni e delle Province Autonome.

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Il Codice del Turismo e la Sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2012

Il Codice del turismo, varato definitivamente con il decreto legislativo 79/2011, per promuovere il mercato del turismo e rafforzare la tutela del consumatore, avrebbe dovuto intervenire nella materia fissando punti di riferimento univoci al fine di un coordinamento tra Stato e Regioni, nell’ambito delle rispettive competenze. Inoltre avrebbe dovuto operare un riordino e una razionalizzazione complessiva delle disposizioni vigenti nella materia.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2012, accogliendo i ricorsi presentati dalle Regioni sotto il profilo del mancato rispetto da parte del d.lgs. dei limiti della delega legislativa, ha sostanzialmente ridotto la portata normativa del codice, che è oggi ridotto alle sue parti inerenti il “diritto privato del turismo”, perdendo così definitivamente ogni carattere di sistematicità ed organicità.

Il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (G.U. n. 129 del 6 giugno 2011), emanato dopo l'espressione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto iniziale (atto n. 327 ), conteneva due distinti interventi normativi:

  • Il primo, recante il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, è stato predisposto in attuazione dei principi di delega previsti dalla legge 246/2005.
  • Il secondo recepisce la direttiva 2008/122/CE relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e ai contratti di rivendita e di scambio in attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria 2009 (legge 96/2010).

Il Codice del turismo (allegato 1 del decreto legislativo 79/2011) era finalizzato a promuovere e tutelare il mercato del turismo tramite il coordinamento sistematico delle disposizioni normative vigenti nel settore, nel rispetto della competenza legislativa regionale e dell'ordinamento dell'Unione europea.

Numerosi concetti e definizioni contenuti nella disciplina previgente (in particolare la legge 135/2001) sono stati ripresi e talvolta integrati e innovati, come nel caso della definizione di impresa turistica: imprese che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica. (articolo 4 del Codice). Tale norma non è stata dichiara incostituzionale come le norme sulle professioni turistiche (articoli 6 e 7).

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In relazione a queste ultime, il Codice ha dettato una nuova norma sui “percorsi formativi” per l’inserimento nel mercato del lavoro turistico, dedicando un’attenzione particolare alla creazione di collegamenti con il mondo della formazione, tramite la stipula di accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini professionali per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani operatori.

La disciplina dello svolgimento dell'attività ricettiva, già contenuta in norme diverse di varie leggi, tra cui la citata legge 135/2001, e riunita organicamente nel Titolo III del nuovo Codice del turismo è stata dichiarata incostituzionale Anche la disciplina in tema di inizio attività e, in genere, quella sugli adempimenti amministrativi cui sono soggette le strutture turistico-ricettive disciplinata nell’articolo 16 del Codice, è stata dichiarata in costituzionale.

Tale disposizione intendeva semplificare gli adempimenti amministrativi delle strutture turistiche, assoggettando a segnalazione certificata di inizio attività - SCIA (di cui all’art. 19 della legge 241/1990) l’avvio e l’esercizio delle strutture ricettive, che comunque sarebbero rimasti assoggettati al rispetto delle norme in materia ambientale, edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, prevenzione incendi e sicurezza nei luoghi di lavoro.

In materia di classificazione e standards delle strutture ricettive il Codice aveva dettato un regime organico (articoli da 8 a 15), distinguendo fra strutture alberghiere/paralberghiere, extralberghiere, strutture ricettive all’aperto e strutture ricettive di mero supporto e dettando, per ciascuna di queste categorie, una serie di specifiche prescrizioni. Tali disposizioni sono state dichiarate incostituzionali.

Sono ancora in vigore le norme che disciplinano in modo organico (articoli da 32 a 51) i pacchetti turistici e la tutela del consumatore turista, che hanno assorbito le normative preesistenti contenute nel Codice del Consumo ed integrandole con nuove disposizioni. Alla tutela del consumatore turista, sotto il profilo della qualità del servizio e della soluzione delle controversie, il nuovo Codice del Turismo aveva dedicato anche altre norme che sono state pero dichiarate incostituzionali come La norma di principio sul turismo accessibile (articolo 3) e quella sulla promozione del turismo con animali domestici al seguito (articolo 30).

Rimangono vigenti invece gli articoli 66 e 67 rispettivamente concernenti la “Carta dei servizi turistici pubblici” e la composizione (mediazione) delle controversie in materia di turismo.

Una delle novità più significative del provvedimento consiste nell’esplicita affermazione della risarcibilità del “danno da vacanza rovinata” (art. 47) finora elaborazione giurisprudenziale (peraltro di difforme applicazione) finalizzata alla risarcibilità dello specifico danno non patrimoniale consistente nello stress e nel disagio subito per non aver potuto godere della vacanza immaginata. Il danno da vacanza rovinata viene definito come il danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta.

Si tratta quindi di un pregiudizio di natura non patrimoniale e contrattuale, risarcito come conseguenza dell’inadempimento o dell’inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico. Di rilievo appare, inoltre, la definizione della nozione di "inesatto adempimento" delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico (art. 43), oltre che la disciplina degli obblighi assicurativi a carico dell’organizzatore e dell’intermediario (art. 50).

Infine, un altro profilo di novità del Codice del turismo riguarda la promozione di circuiti turistici tematici e di eccellenza, al fine di superare la frammentazione dell’offerta turistica e di promuovere un’offerta tematica di dimensione nazionale. In questa prospettiva si inseriscono le norme del titolo V che prevedono, fra l'altro, la definizione di circuiti turistici di eccellenza ripartiti tra 13 grandi aree tematiche (dal turismo della montagna a quello del mare, dal turismo religioso a quello congressuale, dal turismo culturale a quello giovanile, ecc.), cui sono dedicate poi specifiche disposizioni.

Nella stessa logica si muovono le nuove disposizioni, inserite nel Capo II del titolo VII del Codice (articoli da 59 a 65), che disciplinano la promozione dell’eccellenza turistica italiana mediante il rilascio di specifiche attestazioni e la attribuzione di riconoscimenti e premi per le imprese e gli imprenditori che si sono distinti nel settore.

Altro rilevante intervento del decreto - in attuazione della direttiva 2008/122/CE - riguarda le modifiche alla disciplina della multiproprietà (art. 2) contenuta nel Codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005). E', in particolare, esteso l’ambito di applicazione di tale disciplina , da un lato ampliando la stessa definizione di “contratto di multiproprietà”, dall'altro estendendo detta disciplina a tipologie contrattuali ulteriori.

A tutela del contraente consumatore vanno, poi, segnalate le nuove disposizioni sulla completezza delle informazioni precontrattuali, sul contenuto minimo del contratto nonché sull'ampliamento del diritto di recesso che - ove correttamente esercitato - diversamente dalla disciplina previgente, non comporta alcuna spesa per il consumatore.

Con sentenza n. 80 del 2 aprile 2012, pronunciata nel giudizio promosso dalle Regioni Toscana, Puglia, Umbria e Veneto, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, nella parte in cui dispone l’approvazione dell’allegato 1 (Codice del turismo) ed in particolare dell’art. 1 dell’allegato stesso nella parte in cui prevede le disposizioni del Codice quali «necessarie all’esercizio unitario delle funzioni amministrative» e «ed altre norme in materia», nonché degli artt. 2, 3, 8, 9, 10, 11, comma 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 20, comma 2, 21, 23, commi 1 e 2, 30, comma 1, 68 e 69 dell’allegato 1 del d.lgs. n. 79 del 2011, attribuendo competenze statali in materia di turismo in violazione delle disposizioni previste nella legge delega 28 novembre 2005, n.

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