Il Regime Patrimoniale dei Coniugi Stranieri in Italia: Guida Notarile
Il regime patrimoniale della famiglia è l’insieme delle regole poste dagli accordi dei coniugi o, in mancanza, dalle norme di legge che disciplinano la titolarità e l’amministrazione dei beni dei coniugi. In altre parole, il regime patrimoniale indica i diritti che ciascuno dei coniugi ha sui beni acquistati (dall’uno o dall’altro coniuge, o da entrambi) durante il matrimonio, sia per il periodo in cui il matrimonio sussiste, sia per il caso di scioglimento.
Il regime patrimoniale della famiglia è l’insieme di norme che disciplinano la titolarità e le modalità di amministrazione dei beni acquistati dai coniugi in costanza di matrimonio, nonché la loro sorte in caso di scioglimento dello stesso.
Regime Patrimoniale Legale e Convenzionale
In Italia il regime “normale” che si stabilisce tra due persone sposate (a meno che non facciano una diversa espressa scelta) è la “comunione legale” dei beni. In sintesi, la comunione legale prevede che, in linea di principio, tutti i beni acquistati dai coniugi durante il matrimonio, anche se formalmente intestati ad uno solo, appartengano in realtà ad entrambi.
Ciò significa che per venderli, donarli, darli in ipoteca o comunque disporne è necessario il consenso di entrambi i coniugi ed il valore dei beni stessi spetta per metà a ciascun coniuge.
I coniugi possono però scegliere la “separazione dei beni” (da non confondersi con la “separazione legale” dei coniugi), oppure un regime di comunione ma con delle regole particolari (“comunione convenzionale”). La scelta influisce sia sulla possibilità di vendere o ipotecare il bene senza il consenso dell’altro coniuge, sia sulle regole per la divisione dei beni in caso di scioglimento del matrimonio.
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Dal momento dell’entrata in vigore della Riforma del diritto di famiglia il regime patrimoniale legale della famiglia è la comunione legale. Ciò vuol dire che in caso di matrimonio, se i coniugi non operano una scelta diversa, automaticamente tutti gli acquisti dagli stessi effettuati durante il matrimonio, anche singolarmente, cadranno in comunione legale. Questo determina che qualora uno dei due coniugi volesse disporre del bene, ossia venderlo, permutarlo, donarlo, avrebbe bisogno necessariamente del consenso dell’altro coniuge.
Anteriormente alla riforma del diritto di famiglia, attuata con la legge 19 maggio 1975 n. 151, nel nostro ordinamento giuridico, il regime patrimoniale legale era quello della separazione dei beni, in forza del quale ciascuno dei coniugi conservava la titolarità, il godimento e l’amministrazione esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. Con l’entrata in vigore della predetta legge, avvenuta il 20 settembre 1975 il regime patrimoniale legale, che si applica in modo automatico alla coppia che contrae matrimonio, è diventato quello della comunione legale, sempreché non vi sia una diversa volontà dei coniugi.
Per effetto del regime de quo, i beni acquistati durante il matrimonio, anche ove all’atto di acquisto sia intervenuto solo uno dei coniugi, sono comuni ad entrambi, salvo che si tratti di beni personali ex articolo 179 del codice civile.
I coniugi, tuttavia, possono decidere di individuare, quale regime disciplinante i loro rapporti patrimoniali, quello della separazione dei beni ovvero quello della c.d. comunione convenzionale, mediante dichiarazione espressa in sede di celebrazione del matrimonio e risultante dall’atto di matrimonio, ovvero in un momento successivo allo stesso, con apposita convenzione matrimoniale, da stipularsi nella forma dell’atto pubblico.
Nel caso in cui i coniugi debbano vendere un bene dal notaio, il notaio ha un obbligo professionale di chiedere se sono sposati in regime di comunione legale dei beni o in regime di separazione.
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Prima della riforma del diritto di famiglia la separazione dei beni era il regime legale patrimoniale della famiglia e quindi, una volta convolati a nozze, salvo diversa volontà, i beni erano in separazione automaticamente. Con la separazione dei beni i beni acquistati sono di titolarità esclusiva di chi li acquista.
In Italia con la Legge Cirinnà è stata data l’opportunità, anche a coloro che stipulano un contratto di convivenza per atto pubblico dal notaio, di scegliere la comunione legale per regolare i rapporti patrimoniali. Naturalmente non si tratta di un regime automatico in assenza di scelta.
Comunione Legale: natura giuridica
La natura giuridica della comunione legale è oggetto di dibattito, rinvenendo taluno in essa un patrimonio separato, oppure un patrimonio di destinazione e talaltri un autonomo soggetto giuridico. Tuttavia, per quanta considerazione meritino queste ipotesi teoriche, la comunione legale appare una specie del genere comunione (ordinaria) le cui norme si dovrebbero applicare in via residuale.
In questo senso, si percepisce una differenza con i sistemi che fanno riferimento alla società coniugale, inducendo a colmarne le lacune non con la disciplina della comunione, bensì con quella societaria.
Diritti ed Obblighi dei Coniugi
Dal matrimonio nascono diritti ed obblighi in capo ai coniugi. L’insieme e la natura di tali diritti ed obblighi dà origine a dei rapporti tra i coniugi che possono distinguersi in rapporti personali e rapporti patrimoniali. Tali rapporti sono regolati dalle norme del codice civile salvo vi siano profili di internazionalità nella coppia. In tal caso la disciplina regolatrice di tali rapporti è la legge 218/1995 in particolare l’articolo 29 per quanto riguarda i rapporti personali e l’articolo 30 per quanto riguarda quelli patrimoniali.
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Regime Patrimoniale dei Cittadini Stranieri
Può accadere che un cittadino italiano si sposi con un cittadino straniero ma che sia regolarmente soggiornante in Italia. In base all’art. 30 della legge 218/95, anche i cittadini stranieri residenti in Italia possono scegliere uno dei regimi patrimoniali previsti dalla legge italiana, e questo può facilitare il loro inserimento nella vita comune in Italia.
Relativamente ai cittadini stranieri residenti in Italia ed all’individuazione del regime patrimoniale loro applicabile, tre sono le normative all’attenzione degli operatori del diritto.
- la legge 31 maggio 1995, n. 218, in tema di diritto internazionale privato che, in generale, determina l’ambito della giurisdizione italiana, ponendo i criteri per l’individuazione del diritto applicabile e disciplinando l’efficacia in Italia delle sentenze e degli atti posti in essere dagli stranieri.
- Il Titolo III Capo IV della predetta legge, agli articoli 29 e 30, contiene la disciplina inerente i rapporti di famiglia.
- L’articolo 29, in particolare, disciplina i rapporti personali tra i coniugi, per tali intendendosi tutti gli obblighi di natura personale vigenti tra gli stessi. Tra questi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si annoverano l’obbligo di fedeltà e quello di mantenimento.
Il comma primo di tale norma individua, quale criterio generale regolatore dei rapporti personali tra i coniugi, quello della legge nazionale comune, indipendentemente dalla loro residenza.
L’articolo 29, comma due, invece, disciplina l’ipotesi in cui i coniugi abbiano diversa cittadinanza, prevedendo, in tal caso, che la legge regolatrice dei loro rapporti personali sia quella dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, indipendentemente dal criterio generale supra esposto.
L’articolo 30 della legge n. 218/1995 disciplina, invece, i rapporti patrimoniali tra i coniugi, effettuando una vera e propria relatio a quanto contenuto nel citato articolo 29.
In virtù di detta previsione normativa, dunque, i rapporti patrimoniali tra i coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali.
È, ad ogni modo, consentito ai coniugi, mediante apposita convenzione matrimoniale da stipularsi in forma scritta, stabilire che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge dello Stato di cui uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.
L’articolo 30 del D.I.P. prevede, pertanto, la possibilità di effettuare la c.d. professio iuris, così derogando al regime di legge solo per i rapporti patrimoniali, scegliendo, all’uopo, la legge dello Stato di cui un soggetto è cittadino ovvero nel quale egli residente.
Per tutti coloro che si sono posati prima del 29 gennaio 2019, data in vigore dei regolamenti europei, i rapporti patrimoniali tra i coniugi e uniti civili sono disciplinati dalla legge n. 218 del 1995.
Regolamenti UE 1103/2016 e 1104/2016
Il legislatore comunitario è successivamente intervenuto sull’argomento in questione con i Regolamenti UE del 24 giugno 2016, numeri 1103 e 1104, disciplinando, con il primo, il regime patrimoniale tra i coniugi e, con il secondo, il regime patrimoniale degli uniti civilmente.
Detti Regolamenti, vigenti tra i diciotto Stati dell’Unione Europea, Italia inclusa, trattandosi di norme di diritto internazionale privato comunitario e rientranti, pertanto, tra le fonti di grado superiore, sono sovraordinati rispetto alle leggi nazionali, prevalendo sulle norme interne dei singoli Stati membri.
Come detto, il Regolamento n. 1103/2016 si applica ai regimi patrimoniali tra i coniugi, mentre il n. 1104/2016 si applica alle coppie non legate da matrimonio, ma unite civilmente e la cui unione civile è registrata a norma della legislazione del singolo Stato membro. In particolare, in Italia il riferimento è alla “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, di cui alla Legge del 20 maggio 2016 n. 76.
Con riguardo al rapporto tra la normativa di cui alla citata legge n. 218/1995 e quelle in esame e, in particolare, all’individuazione della regolamentazione da applicarsi al caso concreto, rilevano l’articolo 69 del Regolamento UE n. 1103/2016 e l’articolo 69 del Regolamento UE n. 1104/2016 che, pur producendo il medesimo effetto, sono destinate, come supra accennato, a soggetti diversi.
L’articolo 69 del Regolamento UE n.1103/2016, difatti, prescrive che le disposizioni contenute nel capo III sono applicabili solo ai coniugi che abbiano contratto matrimonio o che abbiano designato la legge applicabile al loro regime patrimoniale in data successiva al 29 gennaio 2019; l’articolo 69 del Regolamento UE n. 1104/2016, invece, prevede che le disposizioni contenute nel capo III sono applicabili solo ai partners che abbiano registrato la loro unione civile o che hanno designato la legge applicabile agli effetti patrimoniali della loro unione civile registrata successivamente al 29 gennaio 2019.
Alla luce di ciò, deriva che il discrimen è rappresentato dalla data di celebrazione o di designazione del regime patrimoniale, ove trattasi di soggetti coniugati, ovvero dalla data di registrazione dell’unione civile o di designazione della legge applicabile agli effetti patrimoniali della stessa, in caso di soggetti uniti civilmente: ove tali eventi si siano verificati dopo il 29 gennaio 2019, si applicherà, pertanto, la disciplina di cui ai citati regolamenti europei; in caso contrario, troveranno applicazione i sopra citati articoli 29 e 30 della legge di diritto internazionale privato.
La peculiarità dei regolamenti europei del 2016 consiste nell’aver individuato un diverso criterio di collegamento a cui fare riferimento per valutare la legge applicabile ai rapporti patrimoniali, che si differenzia a seconda che si tratti di soggetti coniugati o meno.
Difatti, il Regolamento n. 1103/2016, all’articolo 26, in assenza di una specifica scelta dei coniugi o dei nubendi, individua, quale legge applicabile al loro regime patrimoniale, quella del luogo di residenza comune, risultante alla data di celebrazione del matrimonio, determinando in subordine, quali criteri residuali, ai fini dell’ individuazione della legge applicabile, quello della cittadinanza comune e, in mancanza anche di quest’ultima, quello dello Stato con il quale i coniugi hanno il collegamento più stretto.
Ove, invece, i coniugi abbiano più cittadinanze comuni, il comma secondo dell’articolo in commento individua, quale criterio residuale, esclusivamente quello del collegamento più stretto.
L’articolo 26 del Regolamento n. 1104/2016, invece, individua, in mancanza di una scelta, quale legge applicabile agli effetti patrimoniali delle unioni civili registrate, quella dello Stato ai sensi della cui legge l’unione medesima è stata costituita.
Come sopra accennato, in entrambe le fattispecie, le discipline sino ad ora esposte subiscono una deroga in tutti i casi in cui i soggetti interessati decidano di designare o cambiare di comune accordo la legge applicabile al loro regime patrimoniale, ai sensi degli articoli 22 dei Regolamenti medesimi.
Dall’analisi dei Regolamenti n. 1103/2016 e n. 1104/2016, emerge il principio per il quale la legge applicabile scelta può essere quella dello Stato della residenza abituale di entrambi i soggetti, o di uno di essi, al momento della conclusione dell’accordo ovvero quella dello Stato di cui uno dei predetti soggetti ha la cittadinanza al momento della conclusione del suddetto accordo.
Il mutamento della legge applicabile avrà effetto solo per il futuro, escludendosi, pertanto, l’efficacia retroattiva dell’accordo.
Il comma terzo dell’articolo 22 dei citati regolamenti, però, riconosce ai coniugi la possibilità di prevedere un cambiamento retroattivo della legge applicabile, con la precisazione, tuttavia, che esso non potrà pregiudicare i diritti dei terzi derivanti dalla legge stessa.
Convenzioni Matrimoniali e Scelta della Legge Applicabile
Se i coniugi o gli uniti civili di nazionalità diversa hanno residenza abituale in Italia in Italia, dovranno recarsi dal notaio per scegliere la legge applicabile. Si tratta di una convenzione matrimoniale che viene ricevuta dal notaio alla presenza di due testimoni che devono avere i requisiti previsti dalla legge notarile. Il notaio provvederà ad annotare a margine dell’atto di matrimonio o del contratto dell’unione civile la scelta effettuata.
L’accordo di cui al predetto articolo 22 deve rispettare delle rigide prescrizioni formali. Occorre, difatti, la redazione per iscritto del medesimo, con l’indicazione della data e della sottoscrizione. La dottrina assimila tale accordo ad una convenzione matrimoniale, in quanto i citati Regolamenti, per le ulteriori formalità, rinviano espressamente a quanto eventualmente previsto, in tema di convenzioni matrimoniali, dalla legge dello Stato membro in cui entrambi i soggetti interessati hanno la residenza abituale al momento della conclusione dell’accordo.
Nel caso in cui, invece, al momento della conclusione dell’accordo, la residenza abituale dei soggetti si trovi in Stati membri diversi, le cui legislazioni prevedono requisiti di forma differenti per le convenzioni matrimoniali, la convenzione si considera valida ove soddisfi i requisiti della legge di uno dei due Stati.
Ove, poi, al momento della conclusione dell’accordo, uno solo dei coniugi abbia la residenza in uno degli Stati membri e detto Stato preveda requisiti di forma supplementari per le convenzioni matrimoniali, si dovranno rispettare anche tali requisiti.
Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni sotto pena di nullità (art. 162 c.c. (25), art. 48 legge notarile (26)); tuttavia, la scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio.
Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo e per poter essere opposti ai terzi debbono essere annotate a margine dell’atto di matrimonio. Tale annotazione deve riportare la data della convenzione, il notaio rogante e le generalità dei contraenti, oppure la anzidetta scelta del regime di separazione dei beni.
L’art. 69 del Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, recante Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, riguardante le annotazioni, dispone che negli atti di matrimonio si fa annotazione, fra altro, delle convenzioni matrimoniali, delle relative modificazioni, delle sentenze di omologazione di cui all'articolo 163 del codice civile, delle sentenze di separazione giudiziale dei beni di cui all'articolo 193 del codice civile, e della scelta della legge applicabile ai loro rapporti patrimoniali ai sensi dell'articolo 30, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218. Infatti, la legge ora consente che nell’atto di matrimonio le parti possano compiere la scelta della legge applicabile al loro regime patrimoniale della famiglia: ai sensi del citato art.
Principi Fondamentali
Alla base del regime patrimoniale della famiglia italiano - legale e convenzionale - vi è il principio di eguaglianza fra uomo e donna, principio posto dalla costituzione italiana (art. 29 Cost.) e da tutte le fonti sovranazionali. La legge 14 marzo 1985, n. 132 ha disposto a suo tempo la ratifica ed esecuzione della convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979.
La discriminazione, ai sensi dell’art. 1, comprende ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o distruggere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, da parte delle donne quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo, su una base di parità tra l'uomo e la donna.
Conviene farne cenno, in quanto l’art. 15, coma terzo, dispone che gli Stati parte convengono che ogni contratto e ogni altro strumento privato, di qualunque tipo esso sia, avente un effetto giuridico diretto a limitare la capacità giuridica della donna, deve essere considerato nullo.
Ne consegue che i notai non potrebbero ricevere atti che limitino, anche nei loro effetti, la capacità giuridica della donna, e che non potrebbero neanche recepire atti stranieri che abbiano le medesime caratteristiche.
Naturalmente, si tratta dell’esplicazione di una più vasta filosofia, ed è quasi un’ovvietà rammentare che il principio di eguaglianza è codificato anche dall’art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e che la Dichiarazione Universale dei diritti umani esordisce stabilendo che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Aspetti Procedurali
Tra le novità più importanti introdotte dal regolamento c’è la possibilità per i coniugi di scegliere di comune accordo la legge da applicare al loro regime patrimoniale. I coniugi possono scegliere la legge da applicare al proprio regime patrimoniale. Per fare ciò i coniugi devono mettere per iscritto l’accordo con l’indicazione della data dell’incontro delle loro volontà e la firma di ciascuno dei coniugi.
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