Estranei: Un Viaggio nell'Anima e nel Rimpianto
Estranei è un film che sfugge alle facili classificazioni, una parabola delicatissima sul rimpianto e la difficoltà di venire a patti con i traumi del proprio passato e le proprie personali insicurezze.
Basato sul romanzo "Strangers" dello scrittore giapponese Taichi Yamada, Estranei si muove lungo il confine labile della realtà senza essere un vero e proprio ghost movie.
Adam è uno sceneggiatore quarantenne gay che abita in un complesso di appartamenti londinese.
Una notte Adam ha un incontro casuale con un misterioso vicino di casa che spezza il ritmo della sua vita quotidiana.
Un giorno bussa alla sua porta Harry, giovane uomo esuberante che gli si propone con grande disinvoltura sentimentale e sessuale, ma inizialmente Adam è troppo riservato e solitario per concedersi il piacere di questa nuova scoperta.
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Andando in visita alla casa della propria infanzia l'uomo incontra i fantasmi dei suoi genitori, scomparsi quando lui era appena dodicenne, e all'epoca incapaci di accettare la sua emergente omosessualità.
I genitori gli appaiono come suoi coetanei e come presenze molto reali, con cui confrontarsi per riallacciare i fili di un passato bruscamente interrotto dall'incidente del quale mamma e papà sono stati vittime.
Ma confrontarsi con i propri fantasmi non è facile per un uomo che ha fatto tutto il possibile per evitarli, così come ora sta facendo il possibile per evitare il contatto con una nuova possibilità di amore.
Haigh, sia in sceneggiatura che in regia, si muove come un equilibrista sul filo teso fra realtà e immaginazione, fantasia e memoria, pragmatica presa d'atto e immateriale struggimento.
Chiunque abbia amato e perduto, così come chiunque abbia temuto di non essere accettato dalle persone care, conosce bene lo strazio di Adam.
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Andrew Scott è perfetto nell'incarnare le mille espressioni della sensibilità ferita del protagonista, che non a caso ha il nome del primo uomo, ovvero del maschile archetipale.
Ma a rubare la scena è (ancora una volta) Paul Mescal nei panni del vagabondo dalla sensualità irresistibile e la ruvida dolcezza, (forse solo apparentemente) capace del coraggio affettivo che sembra mancare ad Adam, o meglio, che Adam ha tenuto per troppo tempo sotto chiave per paura del giudizio degli altri.
L'altro gigante recitativo in scena è Jamie Bell nei panni del padre di Adam: un uomo del suo tempo, apparentemente fine anni Cinquanta, abituato ad un concetto tradizionale di mascolinità e dunque impreparato ad accettare l'alterità del figlio, ma non per questo privo di genuino amore verso di lui.
La fotografia di Jamie D. Ramsey, sotto la regia ispirata di Haigh, riesce miracolosamente a ricreare quella dimensione onirica della storia che aiuta a sospendere la nostra incredulità e riesce ad evocare la potenza del nostro desiderio di reincontrare chi abbiamo perduto, e dire loro ciò che non siamo stati in grado (o non abbiamo avuto la possibilità) di dire quando erano in vita.
In questo senso è un film doloroso, ma di un dolore che rimargina, ricongiunge e assolve, e ci aiuta a riappropriarci del rimpianto e a ricercare la dolcezza della riconciliazione, con noi stessi e con il microcosmo dei nostri affetti, passati e presenti.
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Estranei ha una grazia leggera e profonda nel raccontare le difficoltà di un uomo ad accettare l'inevitabile e ad accettarsi nel riflesso dello sguardo delle persone più amate, che non sempre gli restituiscono la sua immagine più autentica, e non sempre ricevono l'invito ad entrare nella sua intimità: perché anche le persone più vicine possono trattarsi come estranei, quantomeno a quella parte di sé che ognuno tiene ben nascosta.
Il film è stato girato in gran parte nella casa in cui è cresciuto il regista, il che esplicita l'elemento autobiografico della storia che porta sullo schermo e la vicinanza dei temi trattati alla propria esperienza di artista omosessuale.
Il risultato è un percorso davvero commovente sull'elaborazione del lutto, non solo concreto ma anche metaforico, e sulla pacificazione, nonché un omaggio al potere salvifico dell'amore ("The Power of Love" dei Frankie Goes To Hollywood è la canzone simbolo del film).
"Estranei" è un film dal sapore dolce amaro, un viaggio interiore e un'esperienza umana che tocca corde profonde, anzi profondissime, del vissuto.
Lo fa con molta delicatezza, senza retorica, grazie a una sceneggiatura solida e una fotografia che riflette i toni chiaroscuri dell'anima.
Film struggente che ci conduce dentro la nostalgia dei rapporti non vissuti o che avremmo potuto vivere in modo più profondo e autentico.
Rimpianto per le occasioni in cui ci siamo rifiutati all’altro, al suo ascolto, trattenuti da mille timori che ci hanno resi estranei anche a noi stessi.
«Estranei» è il film più struggente dell'anno e innalza Andrew Haigh all'Olimpo dei registi.
Partendo dal romanzo dello giapponese Taichi Yamada, scritto nel 1987, Andrew Haigh fa sua la storia e la trasforma nella rappresentazione del suo dolore.
Non è uno spazio astratto, quello che crea Andrew Haigh nei suoi film, e non è nemmeno uno spazio mentale.
Il quarantenne Adam vive a Londra in un palazzo altissimo dai mille appartamenti.
A quanto sembra, oltre a lui c'è un solo altro condomino, tale Harry, che una sera gli suona alla porta; già brillo, costui si propone di entrare per condividere una bottiglia di whisky e magari per iniziare una relazione gay.
Estranei, titoli di testa.
Il profilo di Adam emerge lentamente, il suo volto, i suoi occhi, suoi colori sono giustapposti a quelli della città che si risveglia.
La somma di due solitudini può dare come risultato una storia d'amore.
Adam e Harry vivono la loro come una rinascita.
Pressoché unici abitanti di un grande palazzo alla periferia di Londra, vedono timidamente l'uno nell'altro l'occasione d'una vita nuova, forse finalmente un rifugio, dopo tanta discriminazione.
Alla soglia tra la veglia e il sonno, là dove si fondono e si confondono vita e sogno, a questo luogo liminare Andrew Haig dice di aver voluto somigliasse Estranei (All of Us Strangers, Gran Bretagna e Usa, 2023, 105').
Tra un lussuoso appartamento in un grattacielo londinese con ampie finestre con vista e il villaggio di campagna d'infanzia.
Chi ha visto i precedenti di Andrew Haigh, raffinato autore britannico classe 1976, sa quanto l'amore, ovvero frammenti e complicazioni di relazione, sia centrale nella sua poetica.
Nel palazzo londinese quasi del tutto disabitato, Adam lavora alla nuova sceneggiatura.
La prima riga: «Esterno, villetta di periferia, 1987».
La seconda non riesce a scriverla.
Suonano alla porta.
Harry, forse l'unico altro inquilino, una bottiglia in mano: «Mi fai entrare? Se non sono il tuo tipo, non importa. Parliamo e basta, beviamo questa».
Ci sono pochi registi che sanno portare lo spettatore sul crinale della lacrima, senza diventare patetici, retorici, annoianti: Andrew Haigh è senz'altro uno di questi.
Il bellissimo e misterioso film sentimentale di Andrew Haigh è una fantasia sovrannaturale sulla solitudine e l'amore.
Un'incredibile modo di parlare d'amore, è quello che ha trovato Andrew Haigh, il regista del film Estranei, che arriva in sala in Italia giovedì 29 febbraio.
Il tempo è, ancora, una volta, una delle colonne portanti del cinema di Andrew Haigh.
Adam è uno sceneggiatore quarantenne.
È gay ma sembra non ammetterlo nemmeno a se stesso.
Finché un giorno bussa alla porta Harry che gli si propone in ogni veste.
Non ho mai fatto coming out in famiglia.
Lo faccio adesso, che sono adulto e che i miei genitori sono morti.
Una notte, nel suo anonimo appartamento in un impersonale condominio di West London, il solitario quarantenne sceneggiatore Adam (Andrew Scott) incontra per caso quello che sembra essere l'unico, misterioso e sensuale vicino Harry (Paul Mescal).
Dopo l'anteprima alla 21esima edizione di Alice nella città, in occasione della Festa del Cinema di Roma 2023, la Walt Disney distribuisce al cinema - dal 29 febbraio - il film scritto e diretto da Andrew Haigh ispirato al romanzo omonimo di Taichi Yamada, Estranei (All of Us Strangers).
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