Valutazione dello Studente Straniero: Esempi e Modelli per l'Integrazione Scolastica
I più recenti documenti di programmazione indicano nell’individualizzazione dell’insegnamento la modalità per realizzare l’integrazione degli alunni stranieri nella scuola. L’esame della normativa ci mostra come nella scuola italiana convivano due modelli di individualizzazione per cui non è sempre facile per gli insegnanti progettare percorsi educativi per gli alunni stranieri. Per quanto riguarda gli strumenti per l’individualizzazione la normativa lascia ampia libertà decisionale e attuativa alle scuole.
1. Quadro Normativo e Modello Inclusivo Italiano
Il diritto d’accesso a scuola dei minori stranieri è tutelato dalla legge sull’immigrazione n. 40 del 6 marzo 1998 e dal D.Lgs. del 25 luglio 1998 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” in cui, nell’Art. 38 (Istruzione degli stranieri. 1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.2. L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi e iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.3. Secondo il DPR 394/99, art.
Come evidenziato dalla normativa e ribadito nei documenti di programmazione ministeriali Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (2006) e La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri (2007) il modello educativo scelto dall’Italia è di tipo inclusivo e di valorizzazione delle differenze: nel nostro paese non esistono “classi speciali” di nessun tipo e tutti gli studenti, compresi gli stranieri, vengono inseriti direttamente nelle classi insieme ai coetanei, promuovendo in questo modo “ (…) la piena integrazione di tutti nella scuola e l’integrazione culturale come orizzonte culturale.” Tale modello non solo considera “le diversità” un elemento fondamentale dal punto di vista educativo quale base per lo scambio culturale e la convivenza civile, ma pone l’accento anche sulle potenzialità formative delle diversità come fonti di costruzione e incremento delle conoscenze.
Il gruppo classe socialmente e culturalmente eterogeneo, proprio della scuola pubblica italiana, le esperienze di integrazione degli alunni “diversamente abili” avvenute a partire dagli anni settanta, rappresentano alcune delle declinazioni pratiche del modello, da cui attingere per affrontare la sfida che si presenta alla scuola oggi: progettare e realizzare l’accoglienza e l’inserimento degli alunni stranieri.
2. Flessibilità dell'Insegnamento e Individualizzazione
Parallelamente al processo di democratizzazione della scuola si è sviluppato in Italia il tema della flessibilità dell’insegnamento. E’ considerato fondamentale in questo senso il passaggio dal concetto di “programma” a quello di “programmazione”, sancito per la scuola media nei programmi del 1979, grazie ai quali, fatti salvi determinati obiettivi complessivi, il docente ha la possibilità di progettare la sua azione didattica tenendo conto del contesto reale. Per rispondere ai bisogni di alunni con un retroterra culturale e sociale differenziato vengono proposte metodologie quali l’insegnamento individualizzato, il lavoro di gruppo, le classi aperte, la metodologia della ricerca come sostitutiva della lezione frontale. Nonostante siano passati quasi trent’anni le istanze di individualizzazione dell’insegnamento non si sono affatto esaurite.
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“Le trasmissioni standardizzate e normative delle conoscenze, che comunicano contenuti invariati pensati per individui medi, non sono più adeguate. Per quanto riguarda gli studenti stranieri il DPR 394/99 art. “Il Collegio dei Docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento, allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni, per facilitare l’apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola.
Tale necessità viene ribadita nella nota n. 5695 del 31 maggio 2007 che ha come oggetto ulteriori specificazione sulla Circolare Ministeriale n. 28 del 15 marzo 2007 sull’Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, confermata per l’anno scolastico 2007/08 dalla C.M. 32 del 14 marzo 2008. “Si conferma l’opportunità che le sottocommissioni esaminatrici adottino particolari misure di valutazione, soprattutto in sede di colloquio pluridisciplinare, nei confronti di quegli alunni con cittadinanza non italiana di recente scolarizzazione che non hanno potuto conseguire le competenze linguistiche attese.
3. Individualizzazione vs. Personalizzazione
Attualmente nella scuola italiana convivono e spesso si confondono due modelli che si ispirano a sfumature differenti del concetto di individualizzazione: l’individualizzazione vera e propria e la personalizzazione. Per Baldacci (2006: 11) l’individualizzazione “si riferisce alle strategie didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, attraverso una diversificazione dei percorsi di insegnamento”. La personalizzazione “indica invece le strategie didattiche finalizzate a garantire ad ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive”. L’individualizzazione, praticata ad esempio dal Mastery Learning, e a cui si ispirano gli obiettivi di apprendimento e i traguardi per lo sviluppo delle competenze presenti nelle Indicazioni per il curricolo, la prova nazionale prevista per il 2008 nell’esame di Stato a conclusione del primo ciclo di istruzione, il sistema dei debiti e i corsi di recupero della scuola media superiore, si basa quindi sull’assunto ideale, difficilmente riscontrabile in una classe plurilingue ad abilità differenziate, che tutti, con i dovuti accorgimenti, possano raggiungere obiettivi uguali; la personalizzazione prevede invece un adattamento degli obiettivi e dei contenuti calibrato sulle effettive capacità o esigenze individuali, siano esse eccellenze o deficit.
Per identificare il modello di individualizzazione più idoneo a favorire l’integrazione degli alunni stranieri credo sia importante partire dai loro particolari bisogni e dagli obiettivi che si intendono raggiungere. Le Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (2007: 17), riprendendo la distinzione di Cummings tra BICS (Basic Interpersonal Communication Skills) e CALP (Cognitive Academic Language Proficiency), identificano come priorità l’acquisizione della lingua italiana nei due aspetti di lingua per comunicare e lingua dello studio. La competenza linguistica viene considerata un prerequisito indispensabile sia per l’inclusione sociale sia per il successo scolastico, concetto complesso quest’ultimo, che però non può prescindere dall’acquisizione di conoscenze e competenze afferenti alle varie discipline, soprattutto ai livelli più alti di scolarità.
Per quanto riguarda la competenza linguistica, gli studi di glottodidattica hanno messo in luce come siano in media necessari dai 6 mesi ai 2 anni di esposizione alla lingua per apprendere l’italiano della comunicazione (BICS) e fino a 5/7 anni di studio ed esposizione alla lingua della scuola per raggiungere il livello di uno studente italiano nella lingua per lo studio (CALP). E’ quindi evidente che, per una parte consistente del percorso scolastico obbligatorio, un alunno straniero si troverà svantaggiato rispetto ai coetanei italiani per motivi linguistici, con rischi di abbandono, demotivazione e percorsi di istruzione al di sotto delle effettive capacità come sta accadendo attualmente.
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Il concetto di individualizzazione intesa come diversificazione delle strategie didattiche per raggiungere obiettivi standard minimi fa parte dei principi che hanno guidato il processo di democratizzazione della scuola, ma non appare adeguato per le classi ad abilità differenziate, perché gli obiettivi standard non corrispondono ai bisogni educativi di tutti gli alunni come, ad esempio, gli stranieri. Il raggiungimento di standard minimi, infatti, soprattutto ai livelli più alti di istruzione, richiede comunque prerequisiti come la padronanza linguistica, che non tutti gli studenti della scuola italiana hanno, anche se solo in via transitoria, e rende necessaria di conseguenza l’introduzione di “correttivi” in sede di valutazione, rinunciando nei fatti a riconoscere le competenze raggiunte e a valorizzare il percorso formativo effettivamente svolto.
Il concetto di personalizzazione appare invece in grado di eliminare la connotazione negativa legata al concetto di differenza, unendo in maniera più diretta il binomio obiettivo/apprendente, slegandolo da quello di standard minimo, che risulta riduttivo per coloro in grado di superarlo e privo di senso per coloro che non hanno la possibilità di raggiungerlo o per i quali non è significativo. La personalizzazione, inoltre, prevedendo percorsi didattici diversificati per raggiungere obiettivi personali, può garantire, anche ai ragazzi stranieri appena arrivati, l’esercizio, fin dal primo momento, delle competenze personali, ad esempio attraverso la possibilità di frequentare, per un maggior numero di ore, lezioni in cui vengono valorizzati mezzi espressivi alternativi alla lingua italiana, come disegno, musica, lingue straniere, educazione motoria, con ricadute positive sul proprio senso di autoefficacia e motivazione.
Occorre però un grande esercizio di responsabilità da parte dei docenti, infatti adottare la personalizzazione può portare, come denuncia Vertecchi (2003), a rinunciare troppo facilmente a raggiungere e superare lo standard minimo anche dove questo sarebbe possibile e soprattutto significativo per il percorso educativo e formativo del singolo studente.
4. Strumenti per l'Individualizzazione e l'Integrazione
Nelle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, nonostante venga evidenziata la necessità di realizzare forme di individualizzazione dell’insegnamento, non compaiono riferimenti ad alcun strumento di attuazione. Cercando però tra le esperienze scolastiche di integrazione più recenti e significative si può far riferimento all’inserimento degli allievi disabili, regolato attualmente dalla legge 104/92, che può essere considerato fondamentale dal punto di vista della sperimentazione di metodologie e strumenti legati all’individualizzazione dell’insegnamento. Si pensi ad esempio all’unicità nel panorama degli ordinamenti scolastici più avanzati della figura dell’insegnante di sostegno o all’obbligatorietà di progettare e realizzare un Piano Educativo Individualizzato con il contesto classe come punto di riferimento. E’ possibile utilizzare questi strumenti ai fini dell’integrazione degli studenti stranieri e con quali modalità? Esistono altri strumenti già in uso all’interno della scuola che possano essere adattati per far si che rispondano anche ai bisogni educativi di questa nuova tipologia di utenza?
Il Piano dell’Offerta Formativa (POF)
Il Piano dell’Offerta Formativa comunemente chiamato POF è il documento che sintetizza la progettualità educativa propria di ogni istituzione scolastica: esso presenta, oltre agli obiettivi generali, le opportunità formative in termini di discipline, attività, progetti, obbligatori o opzionali, disponibili per gli studenti. E’ possibile prevedere per gli stranieri percorsi di accoglienza, laboratori di italiano L2, moduli di recupero disciplinare, progetti di intercultura ecc…
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Nelle realtà più avanzate tutte le iniziative che riguardano gli alunni stranieri vengono progettate e gestite da una Commissione Accoglienza, emanazione del Collegio dei Docenti, e sintetizzate in un Protocollo di Accoglienza per gli alunni stranieri2 che descrive in maniera analitica le procedure che l’istituto mette in atto dai momenti dell’informazione e dell’iscrizione degli alunni stranieri al momento dell’uscita. A volte però una ricca progettualità a livello di offerta formativa non si accompagna ad un’analoga capacità di creare identità o almeno un coordinamento tra le iniziative legate ai bisogni educativi creati dalla presenza degli alunni stranieri e le attività didattiche ordinarie, e di operare un monitoraggio continuo e complessivo della ricaduta di esse sui singoli studenti per cogliere in itinere i cambiamenti in termini di progresso e necessità educative.
Il Piano Educativo Personalizzato/Individualizzato
Il Piano Educativo Personalizzato/Individualizzato3, che si ispira al documento previsto dalla Legge 104/92 per gli alunni disabili, costituisce il documento di programmazione preventiva riferito all’alunno straniero: esso descrive e formalizza gli interventi predisposti per l’alunno in un determinato periodo di tempo, costituito generalmente dall’anno scolastico, per la realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione. Può ricalcare, esplicitandone le fasi, il processo messo in atto dall’insegnante in maniera spesso automatica e globale rispetto all’alunno e alla classe per arrivare alla programmazione; è finalizzato cioè ad indagare e documentare attraverso una procedura analitica: chi è l’alunno, che cosa sa e sa fare, come lo fa, cosa può realisticamente imparare, come lo può imparare, come valutare gli apprendimenti. Esso può essere suddiviso in tre sezioni principali: il profilo dell’alunno, la programmazione comune e disciplinare, la valutazione.
La descrizione del profilo dell’allievo merita un’attenzione particolare in quanto costituisce la base sulla quale costruire il progetto educativo personale. Lo studente straniero in ingresso nella scuola italiana corre infatti il rischio di vedersi negata la sua “identità plurale”4 o comunque di vederne ridotta la complessità a causa dell’adozione di stereotipi spesso inconsapevoli che possono condizionarne anche le modalità di osservazione e di rilevazione delle competenze. Se fino ad ora si è focalizzata l’attenzione soprattutto sul problema lingua e sulla diversità culturale creando strumenti per rilevare e conoscere i dati biografici, il profilo culturale generale, le competenze in ingresso, adeguati a fronteggiare una fase di emergenza dell’accoglienza, occorre ora ripensare questi strumenti all’interno del concetto di “speciale normalità” proposto da Ianes prendendo atto del fatto che la presenza degli alunni stranieri in classe è un fenomeno strutturale e permanente. E’ quindi fondamentale che la descrizione dell’alunno straniero sia completa, non riguardi esclusivamente le tematiche relative alla sfera culturale, ma comprenda anche gli aspetti affettivo/relazionali e cognitivi che stanno alla base del processo di apprendimento e che potrebbero, nei casi peggiori, provocarne l’inibizione. Occorre pertanto evitare che il Piano Educativo sia un documento che rispecchia solamente il punto di vista dell’istituzione scolastica formalizzando “ciò che manca per essere uguale a un...
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