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Il Viaggio di Dante Alighieri: Un Percorso di Redenzione e Conoscenza

Dante Alighieri, considerato il padre della lingua italiana e pilastro della letteratura mondiale, nacque a Firenze tra il 21 maggio e il 21 giugno del 1265. La sua opera più importante, la Comedìa, conosciuta come la Divina Commedia e composta tra il 1306 e il 1321, è letta e studiata in tutto il mondo e rappresenta probabilmente la più importante testimonianza della letteratura medievale e del dolce stil novo.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la diretta via era smarrita”. Questi sono i celebri versi con cui si apre la Divina Commedia. Già queste poche parole ci aprono al mondo che Dante incontrerà nel corso del suo viaggio, ma ci dà anche degli indizi su ciò che aveva preceduto il viaggio. Già nel mezzo del cammin di nostra vita ci ricorda che quando Dante scrive la Divina Commedia ha 35 anni, quello che all’epoca poteva essere considerata la mezza età. Infatti, il Sommo Poeta morirà alcuni anni dopo all’età di 56 anni.

La Datazione del Viaggio

In realtà, Dante non collocò mai esplicitamente il suo viaggio nel mondo ultraterreno. O meglio, non inserì mai un giorno, un mese e un anno nei suoi versi. Le stesse parole Nel mezzo del cammin di nostra vita ci forniscono un dato preciso sull’età del poeta: 35 anni. Ma come facciamo a sapere che sono proprio 35 e non, per esempio, 30 o anche solo 36?

Il 1300, in realtà, fu un anno davvero particolare e il riferimento al fatto che la Commedia sia ambientata proprio in quell’anno non si trova solo nel primo verso. Il 1300 fu, infatti, un Anno Santo o Anno del Giubileo, il quale, secondo la tradizione, cade in quegli anni in cui il 25 luglio, giorno di San Giacomo Maggiore, cade di domenica.

Un riferimento preciso a questo avvenimento c’è grazie all’episodio dell’incontro tra Dante e Casella (Purg. II, vv. 76 e ss.) sulla spiaggia del Purgatorio. Il Sommo Poeta, nel vedere l’amico, si fa avanti per abbracciarlo ma, non riuscendovi poiché Casella è uno spirito, dunque impalpabile, gli chiede spiegazioni sulla sua morte. Andando avanti nel discorso, Casella spiega che da tre mesi a quella parte, l’angelo nocchiero fa salire sulla barca tutte le anime che lo chiedono, invece di selezionare solo quelle che prevede il volere divino (l’ingresso in Purgatorio, infatti, è regolato in maniera diversa rispetto agli altri regni celesti non è, infatti, immediato).

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Il riferimento alla cronologia del viaggio dantesco si ha grazie al discorso del diavolo Malacoda, il quale dice proprio a Dante e a Virgilio che sono passati 1266 anni dalla morte di Cristo (Inf. XXI, vv. 112-114). Virgilio aveva già detto a Dante (Inf., XII, 37-45) che il giorno in cui morì Gesù, la Terra fu scossa da un terremoto che provocò la frana all’imbocco del VII Cerchio, quindi Malacoda, che si è rivolto ai due viaggiatori per avvisarli che i ponti erano crollati, si riferisce senza dubbio proprio a quell’evento.

La datazione del 25, tuttavia, continua ad essere preferibile in quanto simbolica. Siamo nell’anno del Giubileo che, come già detto sopra, fa riferimento alla domenica del 25 luglio, giorno di San Giacomo Maggiore. San Giacomo, secondo la dottrina dei Padri della Chiesa, è il simbolo della virtù teologale della speranza (anche ribadito il Pd. XXV, 31-32) e il 25 marzo era, secondo il calendario, il primo giorno dell’anno di Firenze e Pisa e data simbolica del concepimento e della morte di Cristo.

Le Tappe del Viaggio

Di solito, il viaggio si colloca nella settimana che va dal 25 marzo al 31 marzo, come si può leggere in qualsiasi manuale scolastico. Il fatto di datare il viaggio nella settimana che va dal 25 marzo al 31 marzo, in realtà, presenta delle problematiche. Il problema deriva dalle stesse informazioni fornite dal Poeta nel primo canto dell’Inferno e dalle spiegazioni a riguardo fornite da Virgilio nel XX canto dell’Inferno: egli ha infatti spiegato a Dante che egli si è smarrito nella selva oscura la notte tra giovedì e venerdì, poiché c’era la luna tonda (Inf., XX, 127).

Ecco una tabella riassuntiva delle tappe principali del viaggio dantesco:

Giorno Descrizione Canto
Notte tra giovedì e venerdì Dante si smarrisce nella selva oscura canto I
All’alba Dante si ritrova ai piedi del colle che tenta di scalare; incontra le tre fiere, quindi è soccorso da Virgilio che gli preannuncia la venuta del «veltro» e lo esorta a intraprendere il viaggio attraverso Inferno, Purgatorio (sotto la sua guida) e Paradiso (sotto quella di Beatrice). canto II
Al tramonto Dante è colto da dubbi circa il compito che lo attende: Virgilio gli spiega il suo incontro con Beatrice nel Limbo. canto II
Tarda serata I due poeti giungono alla porta dell’Inferno e incontrano gli ignavi e Caronte. canto III
Notte tra venerdì e sabato I due poeti superano l’Acheronte, visitano il Limbo, il II Cerchio dei lussuriosi e il III Cerchio dei golosi.
Prime ore del mattino Dante e Virgilio visitano il V Cerchio, entrano nella città di Dite e sostano sull’orlo del Basso Inferno sino alle tre del mattino; Virgilio spiega la topografia morale del primo regno. canto VIII canti IX-X-XI
Fra le tre e le cinque del mattino I due poeti giungono nel VII Cerchio, in cui visitano il primo girone dei violenti, il secondo girone dei suicidi e scialacquatori e il terzo girone dei violenti contro Dio, dove incontrano tra i bestemmiatori Capaneo. canto XII canti XIII-XIV
All’alba Sempre nel terzo girone incontrano i sodomiti, tra cui Brunetto Latini, incontrano gli usurai e si apprestano a passare nelle Malebolge. canti XV-XVI canto XVII
Fra le sei e le sette del mattino Gerione porta i due poeti sulla groppa e li depone nell’VIII Cerchio delle Malebolge, quindi Dante e Virgilio visitano le prime due Bolge. Poi giungono nella III Bolgia, i simoniaci, quindi nella IV Bolgia (gli indovini). canto XVIII canto XIX canto XX
Sette del mattino Dante e Virgilio arrivano nella V Bolgia (barattieri), dove avviene l’incontro con i Malebranche: il loro capo Malacoda li informa che il ponte roccioso che collega la V alla VI Bolgia è crollato (in realtà lo sono tutti) e fornisce indicazioni per la cronologia del viaggio. canto XXI
Nove del mattino Dopo l’inganno dei diavoli e la fuga, Dante e Virgilio arrivano nella VI Bolgia degli ipocriti. canto XXII canto XXIII
Fra le nove e le undici del mattino I due poeti visitano la VII Bolgia: i ladri. canti XXIV-XXV
Mezzogiorno VIII Bolgia: i consiglieri fraudolenti. canti XXVI-XXVII
Prime ore del pomeriggio I due poeti sono nella IX Bolgia (seminatori di discordie), quindi giungono nella X Bolgia (falsari); successivamente incontrano i giganti, tra cui Anteo che li depone sul ghiaccio di Cocito, il IX Cerchio dei traditori. canti XXVIII-XXIX canto XXX canto XXXI
Tardo pomeriggio Dante e Virgilio incontrano i traditori dei parenti, nella Caina, quelli della patria, nell’Antenora, e quelli degli ospiti, nella Tolomea. canti XXXII-XXXII canto XXXIII
Fra le sei e le sette del pomeriggio I due poeti entrano nella Giudecca e avviene l’incontro con Lucifero, sul il quale si arrampicano per attraversare il centro della Terra e passare nell’emisfero australe: qui, sono ancora le sette e trenta del sabato.

Il Significato del Viaggio

Attraverso gli interventi degli intervistati il video fornisce un quadro dei significati simbolici e letterari del viaggio dantesco: il bagaglio immaginativo apportato alla cultura occidentale, il suo legame indissolubile con la ricerca della conoscenza, le referenzialità sparse nella Commedia afferenti al viaggio reale, da esule, del Dante autore.

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Il viaggio, inquadrato da una prospettiva archetipica, è notoriamente legato ad un percorso che porta alla purificazione, quasi alla perfezione, come commenta Franco Cardini: Quindi da un lato il sogno come progetto profondo dell`essere umano, dall'altra il viaggio come metafora della vita, e infine appunto la meta, come perfezione alla quale si vuole giungere e non è detto che poi tutti ci si arrivi.

Il Dante personaggio è cosciente del suo viaggio, cosciente fin dal primo verso potremmo dire, cosciente del significato spirituale che questo viaggio assume. Anche Dante si affianca ai grandi viaggiatori - lui sa benissimo che lo sta facendo e lo dice esplicitamente quando dice “Io non sono Enea, non sono San paolo - che è un altro grande viaggiatore lui sta dicendo “Io sono come questi, mi affianco allo stesso tipo di viaggio. È un viaggio appunto - pensiamo ad Enea, pensiamo a San Paolo - che ha due grandi caratteristiche: di essere un viaggio geografico - nella geografia della storia, del visibile - ma è anche un grande viaggio nella geografia dell’invisibile, nella geografia interiore di un uomo.

Il celebre canto di Ulisse e il personaggio Omerico mettono in luce uno dei significati più profondi del viaggio dantesco: la ricerca della conoscenza, come commenta Moni Ovadia: A chi si domandasse perché leggere oggi Dante, basterebbe un solo verso per rispondere, ha la capacità di spiegare la vita più di molte chiacchiere vane. Questo è il verso che Dante mette in bocca ad Ulisse: ‘Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza’. In questo verso Dante sintetizza, con una pregnanza che non ha precendenti, quello che dovrebbe essere il senso della vita: un viaggio conoscitivo.

Questo è il dodicesimo numero della Rubrica di Rivista dal titolo “700 anni con Dante“, finalizzata ad analizzare la figura del Sommo Poeta da diversi punti di osservazione. In realtà il tema della redenzione umana contiene al suo interno due micro-temi: la redenzione di Dante stesso, e da un punto di vista contestuale la redenzione politica e religiosa.

La redenzione di Dante parte da due eventi che hanno profondamente segnato la sua vita prima della stesura della Divina Commedia, ovvero la morte di Beatrice e il suo esilio. La morte di Beatrice, musa ispiratrice per molte opere di Dante, causò una profonda crisi nel poeta. Pare che a seguito della morte dell’amata, Dante si rifugiò nello studio della filosofia che gli darà le basi per la stesura della cantica del Paradiso. Inoltre, in questo periodo scrisse Vita Nova, opera che pareva già contenere al suo interno delle confessioni del Poeta, dimostrazione del percorso di autoanalisi, che in un certo senso egli stava intraprendendo.

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Ma è con l’esilio da Firenze nel 1302 che inizia il periodo più difficile per Dante. La condanna all’esilio fu in realtà una sorta di contrattazione. Dante aveva subito delle accuse politiche a cui seguì una condanna alla pena di morte. Per sfuggire ad essa, l’esilio fu la sola alternativa possibile. Così Dante si ritrova in questi anni difficili ad affrontare due lutti: quello per la morte dell’amata Beatrice e quello per sé stesso, che si ritrova a vivere lontano dalla sua patria. Lo stato psicologico di Dante è evidente nello smarrimento che egli prova all’ingresso della Selva. In questo viaggio è smarrito proprio come egli si sentiva in quel momento della sua vita, dopo aver perso per sempre un amore già travagliato in vita e dopo aver abbandonato la sua città.

Non è un caso che a salvarlo arrivi proprio Virgilio, che nella simbologia dell’opera rappresenta la ragione intesa come la parte razionale dell’uomo che cerca le risposte. Non è un caso che Virgilio sia la guida di Dante attraverso l’Inferno e il Purgatorio. Per giungere alla Grazia Divina e completare il suo viaggio sino al Paradiso, l’uomo dovrà affidarsi anche alla Fede e non solo alla razionalità. Anche qui, Dante ha voluto trasmetterci una delle considerazioni alle quali era giunto, a seguito del suo percorso di meditazione. Dopo la condanna all’esilio e la morte di Beatrice, aveva bisogno di passare a un livello successivo per ritrovare la pace.

L'Inferno: Metafora delle Sofferenze Terrene

La cantica dell’Inferno è certamente la più ricca di pathos e di avventura della Commedia. Qui troviamo espressa al pieno tutta la psicologia di Dante che spesso sviene, ma altrettanto spesso nel rapporto con i vari personaggi che incontra, mostra alcune delle caratteristiche che più lo hanno contraddistinto. Spesso non prende posizioni, temporeggia lasciando le spiegazioni al Maestro Virgilio ma spesso si ritrova anche in stati di rabbia che richiamano istinti aggressivi. L’Inferno non è altro che la metafora delle sofferenze e delle tentazioni a cui siamo sottoposti in vita terrena, che Dante stesso ha dovuto fronteggiare.

La rappresentazione dell’Inferno, rappresentato come una voragine, è un’altra metafora della prima cantica dell’opera: è la stessa voragine in cui rischiamo di cadere cedendo ai nostri istinti. Anche i personaggi che Dante incontra nel suo cammino non sono casuali. Ci concentreremo maggiormente ancora una volta su quelli presenti nella cantica dell’Inferno, giacché parliamo di redenzione e peccato. I personaggi che sceglie Dante sono anch’essi personaggi che hanno subito una qualche ingiustizia e che, come lui, hanno sperimentato la via della perdizione. Per questo loro destino comune, gli sono balzati subito alla mente durante la scrittura dell’opera.

Basti pensare ai celebri amanti Paolo e Francesca, condannati ad un’eternità all’Inferno solo perché si amavano. O ancora ai lamenti della selva dei suicidi, quando Dante incontra Pier delle Vigne. Per quanto i vari personaggi dell’Inferno siano effettivamente dei peccatori, la loro psiche è ben argomentata da Dante, che lascia spazio alle loro emozioni e sofferenza. L’incontro con questi personaggi ci porta anche a fronteggiare la loro condanna, la pena che devono subire nell’inferno senza via d’uscita. È la celebre legge del contrappasso: le anime sono condannate ad una pena analoga o contraria al peccato da loro commesso in vita. I temi psicologici che potrebbero aver spinto Dante a questa scelta potrebbero essere raggruppati in due categorie: la giustizia e il senso di esagerazione.

Dante ancora una volta si trova costretto ad affrontare la triste realtà dell’esilio per cui inizia a dubitare e a ricercare un senso di giustizia più grande, che trova nella stesura della Divina Commedia. Il tema dell’esagerazione, dell’amplificazione del peccato diventa necessario in opere di questo genere cosicché si possa tenere agganciato il lettore. Ricordiamo che siamo nel ‘300 e nulla faceva più paura alla gente della Grazia Divina. Questo dà a Dante un potere, un controllo sui suoi lettori che con l’esilio aveva perduto.

Il Purgatorio: Un Percorso di Purificazione

Attraversata la voragine dell’Inferno e facendosi scivolare lungo il corpo di Lucifero, Dante riemerge sul suolo terrestre: sull’isola del Purgatorio. Volge al termine il primo viaggio nell’inconscio di Dante. Egli lascia l’Inferno perché è finalmente pronto a lasciarsi alle spalle quell’impulsività che lo aveva caratterizzato finora. I temi della Cantica del Purgatorio sono infatti, in generale, più terreni. Le anime non sono condannate ad un’eternità di pena. Bensì, subiscono una punizione transitoria. Attraverso le preghiere, essi possono cambiare il loro status ed eventualmente giungere al Paradiso. Vi è il tema della presa di coscienza: le anime del Purgatorio possono essersi pentiti in punto di morte dei loro peccati, oppure hanno l’occasione di redimersi e di prenderne atto in questo luogo.

Il Purgatorio è rappresentato come una montagna, dunque a differenza dell’Inferno (in cui più i peccati erano gravi più si scendeva nelle viscere della terra) qui si può “scalare” la montagna. Tale rappresentazione riflette la possibilità dell’uomo di riscattarsi anche dopo la morte. È la metafora del processo di crescita che anche Dante compie in questa fase del suo viaggio.

Il Paradiso: L'Ascesa Spirituale e la Fede

A questo punto, Virgilio abbandona Dante in quanto non può più proseguire con lui nel suo viaggio. Questa scelta non è dettata solo dal fatto che Virgilio sia un dannato (ricordiamo che Dante lo colloca nel limbo, ove dimorano i non battezzati). In realtà Virgilio ha rappresentato la ragione per tutto il viaggio attraverso le emozioni e le sofferenze. Ma il semplice ritorno alla vita terrena non è abbastanza per il viaggio di autoanalisi che Dante percorre. Per trovare la pace, come abbiamo già anticipato, ha bisogno di abbandonare totalmente il senso razionale e affidarsi alla fede. E qui, la guida non può essere che Beatrice.

Dante si ricongiunge finalmente all’amata, sebbene si sia trattato di un amore non corrisposto già in vita terrena. Qui Beatrice rappresenta la fede. Già in altre sue opere, Dante aveva descritto Beatrice come un’entità divina, venuta al mondo per permettergli di apprezzarlo di più. Nel Paradiso, questa visione si concretizza e in questo modo Dante stesso può fronteggiare il lutto per la sua perdita. Anche nella cantica del Paradiso il tema della giustizia riemerge. Il Paradiso è rappresentato come una struttura formata di nove cerchi concentrici al cui centro vi è la terra. Ciò che lo caratterizza è che tra i cerchi non ci sono forti differenze di beatitudine. Se all’Inferno vi è una discesa basata sulla gravità del peccato, mentre nel Purgatorio un’ascesa man mano che la gravità del peccato diminuisce, nel Paradiso non c’è chi è meno e chi è più beato. Vi è un senso di giustizia.

Le Peregrinazioni di Dante Durante l'Esilio

Dopo l’ambasceria romana presso Bonifacio VIII non si sa se Dante sia rientrato a Firenze e poi fuggito prima delle condanne del 1302, o se, avendo previsto gli sviluppi della situazione, non abbia più fatto ritorno in patria. Lacunosa è la documentazione sugli anni dell’esilio, che rappresentò però certamente una svolta decisiva nella biografia dell’autore, condizionandone fortemente anche gli sviluppi ideologici.

Fino ai primi mesi del 1304, Dante partecipò alle azioni dei fuoriusciti Bianchi e dei Ghibellini per organizzare una spedizione militare contro i Neri ormai al potere a Firenze. Sottoscrisse, infatti, nel giugno del 1302, a San Godenzo al Mugello, l’impegno a risarcire gli Ubaldini, potenti signori locali, degli eventuali danni che potevano derivargli da una guerra contro Firenze; fu poi, nel 1303, prima a Forlì, ospite di Scarpetta degli Ordelaffi, e poi a Verona da Bartolomeo della Scala per sollecitare appoggi alla causa dei Bianchi. La morte nel 1304 di Bonifacio VIII e l’invio a Firenze come “paciaro” del cardinale Nicolò da Prato, cui Dante spedirà la sua I Epistola, accendono le speranze di una soluzione pacifica, fallita però per l’intransigenza dei Neri. In tale congiuntura si matura la frattura tra Dante, che decide di far “parte per se stesso”, e gli altri fuoriusciti propensi a tentare comunque un’avventurosa soluzione militare, che si tradurrà nella rovinosa Battaglia della Lastra.

Dalla seconda metà del 1304 cominciano le peregrinazioni di Dante attraverso le corti dell’Italia centro-settentrionale: fu prima a Treviso, ospite di Gherardo da Camino, poi nel 1305 a Bologna, nel 1306 a Padova, a Venezia, nella marca Trevigiana, per approdare alla fine dello stesso anno in Lunigiana dai conti Malaspina. Ospite di Guido da Battifolle nel Casentino, durante il 1307, passerà poi a Lucca, ospite forse di una Gentucca, ricordata in Purg., XXIV 37.

Data di Composizione e Struttura dell'Opera

Stabilire con esattezza l’anno in cui Dante ha cominciato la stesura della Commedia non è ancora stato possibile e, per questo, dobbiamo fare riferimento a quanto si conosce della sua vita e agli elementi interni alla sua opera.

Tra le due date ritenute oggi più probabili, il 1304 e il 1306-7, quest’ultima appare essere la più convincente dal momento che tra il 1304 e il 1306 Dante era occupato a scrivere altre due opere (De vugari eloquentia e Convivio) che furono poi interrotte quando nacque l’impegno della Commedia. Da alcuni riferimenti storici interni alla prima Cantica, è probabile che l’Inferno sia stato scritto entro il 1309, mentre da altre notizie storiche contenute nella seconda possiamo supporre che il Purgatorio sia stato terminato tra il 1313 e il 1314. Nel 1316, Dante dedica a Cangrande della Scala il primo canto del Paradiso la cui stesura lo impegnerà sino agli ultimi anni della vita.

La Commedia è suddivisa in tre Cantiche: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Ogni Cantica, ad eccezione della prima che ne ha 34, è composta da 33 canti così che il poema risulta formato complessivamente da 100 canti.

  • Inferno: Il regno della dannazione è rappresentato come un cono rovesciato la cui base è posta sotto l’emisfero delle terre emerse e il cui vertice giunge al centro della terra. Esso si suddivide in 10 zone: un Antinferno e 9 Cerchi all’interno dei quali le anime sono punite dal peccato meno grave a quello più grave.
  • Purgatorio: Il secondo regno dell’aldilà è rappresentato come una montagna emersa nell’emisfero opposto a quello delle terre emerse. È suddiviso in 3 parti: l’Antipurgatorio, il Purgatorio propriamente detto a sua volta ripartito in 7 Cornici e infine, sulla sommità del monte, il Paradiso terrestre.
  • Paradiso: L’ultimo Regno del poema rispecchia la concezione tolemaica dell’Universo: esso è composto da 10 Cieli, e a ciascuno di essi corrisponde una precisa disciplina.

Dante racconta di aver percorso i tre regni dell’oltretomba durante l’equinozio di Primavera a partire dalla notte tra il 7 e l’8 aprile del 1300, l’anno del primo Giubileo indetto dal papa Bonifacio VIII, e di averlo portato a termine alla mezzanotte del giorno 14 dello stesso mese.

Il viaggio di Dante, dunque può essere interpretato come un viaggio nell’inconscio del Poeta, un’autoanalisi che egli compie su sé stesso nel momento più buio della sua vita. Non è un caso che il Sommo Poeta abbia paragonato il suo viaggio a quello di Ulisse che, anche attraverso svariati imprevisti, dovette ritrovare la retta via verso casa, e verso sé stesso.

Nonostante oltre 700 anni siano passati dalla stesura della Divina Commedia e dall’esistenza di Dante, i temi da lui trattati sono ancora attuali e i tormenti da lui affrontati possono riguardare qualsiasi uomo sulla terra.

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