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Vincenzo Stranieri "Stellina": Ascesa e Caduta di un Boss della SCU

Vincenzo Stranieri, alias "Stellina", è un ex boss della Sacra Corona Unita (SCU) noto per aver trascorso gran parte della sua vita dietro le sbarre e per essere stato uno dei primi a essere sottoposto al regime carcerario del 41 bis.

Primi Anni e Ascesa Criminale

Arrestato per la prima volta l'11 febbraio 1975, Stranieri, soprannominato «stellina» per la stella a cinque punte tatuata sulla fronte, non aveva ancora quindici anni. Non è stato mai un ergastolano, non ha avuto condanne per omicidi neanche come mandante. Si è macchiato di numerosissimi reati contro il patrimonio, traffico di sigarette, armi e droga.

Il Sequestro Fusco e l'Isolamento al 41 Bis

Il reato più pesante per il quale è stato condannato definitivamente, costatogli l’isolamento per 37 anni, è stato quello del sequestro della manduriana Annamaria Fusco, figlia dell’imprenditore del vino, Antonio Fusco, rimasta per sei mesi nelle mani di una banda di sequestratori del Gargano prima di essere rilasciata dopo inenarrabili sofferenze e il pagamento di un ricco riscatto. Per le sentenze Stellina fu il basista e organizzatore di quel rapimento compiuto con l’aiuto di altri malavitosi del posto che hanno pagato pene inferiori ed altri rimasti sconosciuti sui quali il boss non ha mai ammesso l’esistenza negando a sua volta e sino alla sentenza definitiva ogni suo coinvolgimento.

Detenuto per quella condanna, dopo la strage di mafia di Capaci del 1992 in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, lo Stato reagì istituendo il regime di carcere duro (41 bis). Il nome di Vincenzo Stranieri fu inserito nell’elenco dei primi 236 detenuti più pericolosi d’Italia a cui fu applicato quel regime di massimo isolamento dal quale il manduriano si è liberato qualche settimana fa.

La Vita Dopo il Carcere e Nuovi Arresti

Il manduriano Vincenzo Stranieri, è tornato a casa dopo quasi 38 anni di carcere duro del 41bis. Entrato l’ultima volta in carcere quando aveva 24 anni, il temutissimo boss della malavita tarantina ha ora 61 anni e fa il nonno di quattro nipoti in una Manduria che non riconosce più. «C’è molta confusione, troppe macchine, tante cose che non conosco», confida lui indicando il televisore a schermo piatto e lo smartphone sul tavolo della figlia.

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Nonostante la lunga detenzione, Stranieri è tornato a far parlare di sé. Stranieri era sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Manduria dallo scorso 2 marzo. Quel giorno d’estate causò un sinistro nella nota località marina del Leccese mentre era alla guida di un’auto che si scoprì avere il numero di telaio cancellato. Al giudice Angelo Zizzari raccontò di aver violato la misura per errore: avrebbe dovuto incontrare una donna a Torre Colimena (Manduria) e nel seguirla avrebbe sconfinato fuori dal territorio di residenza (località Conti Veteri, il luogo dell’incidente dove la sua Alfa Romeo 159 collise con una Nissa Qashqai).

Per la terza volta in otto mesi e dopo quasi 38 anni continuativi di reclusione, scontati quasi tutti con l’isolamento del 41bis, il manduriano Vincenzo Stranieri è tornato in carcere. Gli agenti al comando della dirigente del commissariato di Manduria, Marinella Martina, avevano già riscontrato da 9 giorni l’assenza ingiustificata del pregiudicato dal proprio domicilio e da allora si erano messi alla sua ricerca. Nel corso delle perlustrazioni nei luoghi di presunta frequentazione di «Stellina», così come viene conosciuto Stranieri per la stella a cinque punte tatuata sulla fronte, i poliziotti lo hanno rintracciato vicino alla sua macchina parcheggiata davanti all’officina di un carrozziere.

A seguito della perquisizione personale, i poliziotti hanno trovato nelle tasche una pistola semiautomatica modello 34 con colpo in canna e caricatore inserito rifornito di 5 proiettili, altri due caricatori pieni e un grosso taglierino, oltre alle banconote. Secondo gli investigatori, l’ex boss era in procinto di darsi alla latitanza.

Il pregiudicato era stato arrestato ad agosto scorso dai carabinieri di Porto Cesareo perché, a seguito di un incidente stradale da lui provocato, era stato sorpreso senza patente e dai controlli successivi si era appurato che aveva violato gli obblighi di sorveglianza speciale per cui non avrebbe dovuto allontanarsi dal suo comune di residenza. Nel corso delle operazioni i militari trovarono la matricola abrasa della macchina che guidava e, all’interno dell’abitacolo, un “piede di porco” e un coltello.

Il Caso dell'Omicidio Bahtijari

Sempre difeso da Iaia, è imputato per rapina pluriaggravata nel processo per la morte del 21enne Natale Naser Batiaijari (di Campi Salentina ma residente a Lecce) che fu ucciso in territorio di Manduria. Stranieri, infine, è stato condannato in primo grado a 8 anni di reclusione perché ritenuto colpevole di rapina e violenza privata nel contesto dell’omicidio del ragazzo rom residente a Lecce, Natale Naser Bahtijari, di 21 anni, ucciso e gettato da un cavalcavia a Manduria per il cui delitto sono stati condannati il nipote di Stellina, Vincenzo Antonio D'Amicis (ergastolo) ed altri due giovani manduriani, Domenico D'Oria Palma (27 anni) e Domenico Doria Palma (25 anni).

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Ucciso perché aveva osato sfidare la famiglia Stranieri, il clan mafioso che da generazioni comanda e impera nel territorio messapico. “Così la comunità manduriana e qualunque avventore del mondo criminale che avesse a che fare con la famiglia Stranieri avrebbe potuto ‘recepire’ un messaggio che doveva arrivare chiaro e forte: nessuno poteva e doveva osare ripetere il gesto di disobbedienza della vittima”.

Il pm De Nozza lo scrive senza mezzi termini: la morte del 21enne è stata un’esecuzione mafiosa necessaria per offrire una dimostrazione plateale della forza del clan. Tutto è cominciato lo scorso 9 febbraio quando D’Amicis, insieme a un complice, si è recato a Lecce per ottenere un carico di cocaina da Suad Bahtijari, 29enne fratello della vittima, che si trovava ai domiciliari perché ritenuto dagli inquirenti un narcotrafficante: il gruppo di Manduria avrebbe dovuto pagare con calma quella partita di stupefacenti, ma il 22 febbraio i leccesi hanno preteso i soldi e per ottenerli hanno inviato Natale Naser Bahtijari.

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