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Residenza Fiscale, AIRE e Climatizzazione Auto: Una Guida Completa

L’attribuzione della residenza fiscale di una persona fisica da parte di uno Stato comporta il diritto di questo di tassarne tutti i redditi percepiti, ovunque siano stati prodotti (principio della tassazione su base mondiale). Con il venir meno della residenza fiscale, invece, lo Stato può tassare solo i redditi nello stesso prodotti (principio della tassazione dello Stato della fonte).

I requisiti per perdere la residenza fiscale italiana e trasferirla all’estero

Assodato che la residenza fiscale costituisce il criterio in base al quale lo Stato tassa i redditi dei contribuenti a prescindere da dove provengano, vediamo adesso quali sono i requisiti per perdere la residenza fiscale Italiana e, quindi, per essere tassati in Italia solo per i redditi ivi prodotti e non anche per quelli prodotti all’estero.

La disciplina della residenza fiscale, contenuta nell’art. 2 del TUIR, è stata da ultimo oggetto di revisione normativa ad opera dell’art. 1 del D.Lgs. n. 27 dicembre 2023, n. 209 (“Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”), in vigore dal 29 dicembre 2023, il quale ne ha modificato alcuni requisiti.

Iscrizione all’ AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero)

Il primo requisito per perdere la residenza fiscale italiana, di natura formale, è costituito dalla cancellazione dal registro della popolazione residente e conseguente iscrizione all’ AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero).

L'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (A.I.R.E.) è stata istituita con legge 27 ottobre 1988, n. 470 e contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono all'estero per un periodo superiore ai dodici mesi. L'iscrizione all'A.I.R.E. è un diritto-dovere del cittadino (art.

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Tuttavia l’iscrizione all’ AIRE non determina una presunzione di effettivo trasferimento all’estero della propria residenza, in quanto a tale fine devono essere rispettati anche i restanti requisiti, in mancanza dei quali il contribuente continua ad essere considerato fiscalmente residente in Italia (art. 2 del D.P.R. 917/1986 del TUIR).

Prima della riforma di cui al D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, il soggetto non iscritto all’AIRE e che continuasse a risultare iscritto all’Anagrafe della popolazione residente in Italia si considerava ancora fiscalmente residente in Italia per presunzione di legge c.d. assoluta. Invece, a seguito della citata riforma, il cittadino italiano non iscritto all’AIRE, pur continuandosi a presumere fisclamente residente in Italia, ha la possibilità di fornire la prova contraria circa la sua residenza fiscale estera, trattandosi in questo caso di una presunzione di residenza fiscale c.d. relativa.

Residenza civilistica all’estero

Il secondo requisito attualmente previsto per la configurazione della residenza fiscale all’estero, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, è quello del luogo della residenza civilistica, individuata nel luogo in cui il contribuente dimora abitualmente (art. 43 del Codice civile).

Per perdere la residenza fiscale italiana e poter acquisire quella estera è, quindi, anche necessario che il contribuente permanga effettivamente all’estero con l’intenzione di volerci rimanere.

L’Agenzia delle Entrate verifica l’effettiva permanenza del contribuente all’estero sia attraverso le verifiche svolte in Italia sia sulla base dello scambio di informazioni fiscali con lo Stato estero di riferimento.

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Spetta al Fisco dimostrare eventualmente che il contribuente non ha mai abbandonato la residenza fiscale italiana, salvo il caso in cui il trasferimento sia avvenuto in un paradiso fiscale. In questa caso si presume che il contribuente abbia mantenuto la residente fiscale italiana salvo che questi riesca a dimostrare il contrario (art. 2, comma 2-bis, del TUIR).

Domicilio all’estero

Altro fattore per determinare la residenza fiscale delle persone fisiche è costituito dal domicilio che, a seguito della riforma sopra indicata, deve intendersi come inteso come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.

Per abbandonare la residenza fiscale italiana è necessario che il contribuente voglia effettivamente trasferire all’estero il proprio centro delle relazioni personali, in primo luogo gli interessi familiari, sociali e morali.

Presenza fisica all’estero

Precedentemente all’entrata in vigore della riforma della definizione normativa di residenza fiscale l’art.

La sanzione per la mancata iscrizione all’AIRE

Con la Legge di Bilancio 2024 (Legge 30.12.2023, n. 213) è stato introdotto un regime sanzionatorio per i cittadini italiani che, pur trasferendosi all’estero per lunghi periodi, non provvedano alla loro iscrizione all’AIRE.

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A tal proposito si ricorda che la richiesta di iscrizione all’AIRE deve essere presentata dal contribuente all’Ufficio Consolare competente entro 90 giorni dall’arrivo nella circoscrizione Consolare.

L’omissione della dichiarazione di trasferimento di residenza all’estero, ai sensi dell’art. 1, comma 242, della Legge di Bilancio 2024, è soggetta alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro per ciascun anno in cui perdura l’omissione.

Se la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza, la sanzione è ridotta ad un decimo del minimo di quella prevista, qualora la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a novanta giorni.

Il comune nella cui anagrafe è iscritto il contribuente trasgressore si occupa dell’accertamento e dell’irrogazione della sanzione (applicandosi il procedimento di cui alla Legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l’obbligo anagrafico non risulta adempiuto o la dichiarazione risulta omessa. I proventi delle sanzioni di cui al presente articolo sono acquisiti al bilancio del comune che ha irrogato la sanzione.

Il problema della doppia residenza fiscale

Spesso capita di sentir dire che acquisendo la residenza fiscale di uno Stato estero si perde quella Italiana, ma ciò non è affatto vero se in Italia non si rispettano i citati requisiti.

E’ ben possibile, infatti, essere considerati fiscalmente residenti in due diversi Stati in applicazione delle rispettive normative interne.

Sorge quindi il problema di poter essere chiamati a pagare le imposte, su tutti i redditi percepiti, in ognuno dei due Stati, con l’effetto di essere tassati due volte sugli stessi redditi (cd. doppia imposizione fiscale).

In questi casi i problemi di doppia tassazione vengono risolti attraverso delle specifiche regole (“tie breaker rules”) contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dagli Stati in questione, le quali consentono di attribuire solo ad uno dei due Stati il potere di tassare la totalità dei redditi (principio della tassazione su base mondiale), lasciando all’altro Stato la potestà di tassare solo i redditi ivi prodotti (principio della tassazione dello Stato della fonte).

Residenza fiscale all’estero: la posizione dell’Agenzia delle Entrate

Le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate a seguito della riforma

Con la Circolare 4 novembre 2024, n. 20/E, l’Agenzia delle Entrate, pur osservando che la determinazione della residenza fiscale presuppone un’attenta analisi degli elementi di ciascun caso concreto, offre un’interpretazione particolarmente restrittiva soprattutto del concetto di residenza fiscale emergente dalla riforma fiscale.

ATTENZIONE. Secondo il Fisco, a determinate condizioni, le seguenti circostanze sarebbero idonee a far scattare la residenza fiscale italiana:

  • l’iscrizione in Italia a un circolo culturale e sportivo;
  • le condotte con le quali una persona manifesti con atti concreti la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano;
  • il mantenimento a propria disposizione, a qualunque titolo, di una casa in Italia;
  • la presenza di legami affettivi in Italia, come coniuge, figli, soggetti legati da unioni civili e conviventi;
  • la presenza fisica in Italia per lunghi periodi, anche in maniera interrotta;
  • lo svolgimento in Italia di attività di lavoro smart working;
  • la presenza nel territorio italiano per un determinato periodo, pur svolgendo attività di smart working all’estero;
  • in caso di trasferimento in un paradiso fiscale, la presenza di qualsiasi significativo collegamento con il territorio italiano.

Di fronte a detti collegamenti particolarmente stringenti determinati dal Fisco, il contribuente non può sottovalutare attentamente se la propria posizione concreta, alla luce di tutti i dettagli del caso, può far scaturire la propria residenza fiscale in Italia.

Infatti, le conseguenze della configurazione della residenza fiscale in Italia sono tutt’altro che trascurabili.

Ad esempio, un contribuente che viva all’estero e che lavori all’estero in smart working, dovrà assoggettare a tassazione in Italia tutti i propri redditi ovunque prodotti (sia in Italia sia all’estero) in caso di configurazione di un elemento di collegamento con il territorio italiano che faccia scattare la residenza fiscale in Italia.

I Requisiti per la residenza fiscale estera

Con la Risposta ad Interpello n. 203 del 2019 l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di esprimersi in merito ai requisiti necessari per la configurazione della residenza fiscale all’estero.

L’Amministrazione finanziaria ha quindi precisato che l’art. 3 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986) prevede che per le persone residenti in Italia l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi qui prodotti.

Altresì, per individuare la nozione di residenza fiscale valida ai fini dell’applicazione delle disposizioni delle Convenzioni contro le doppie imposizioni è necessario fare riferimento alla legislazione interna degli Stati contraenti.

Prosegue l’Agenzia delle Entrate osservando che l’articolo 2, comma 1, del TUIR dispone che sono soggetti passivi d’imposta tutte le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza.

Il comma 2 del medesimo articolo (nella versione ante riforma) considera residenti in Italia “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.

Per cui, quando un soggetto è considerato fiscalmente residente in Italia secondo i predetti criteri, ai sensi del citato art. 3, comma 1, del TUIR, tutti i redditi percepiti sono tassati in Italia dovunque siano stati prodotti.

Tuttavia, nel caso in cui il contribuente, in base alla normativa del Paese estero, possa qualificarsi come soggetto ivi residente si configurerebbe un conflitto normativo che dovrebbe essere risolto secondo i criteri stabiliti all’art. 4 (c.d. Tie-Breaker Rules) del Modello OCSE Convenzione contro le doppie imposizioni (riprodotto nella maggior parte delle Convenzioni stipulate dall’Italia con i Paesi esteri).

Il Fisco osserva, infatti, che la Convenzione stabilisce, all’articolo 4, paragrafo 1, che l’espressione “residente di uno Stato contraente” ”designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza(…) o di ogni altro criterio di natura analoga”.

La stessa Convenzione precisa poi, all’articolo 4, paragrafo 2, che, nel caso in cui, in base alle disposizioni del citato paragrafo 1, una persona fisica sia residente di entrambi gli Stati contraenti, il contribuente è considerato, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica è determinata secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:

  • ubicazione del centro degli interessi vitali (la persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette);
  • dimora abituale (ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente);
  • nazionalità della persona fisica (quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente sarà considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità);
  • quando, infine, una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.

Lavoro all’estero e famiglia in Italia

Con la risposta all’interpello n. 25 de...

Pensionati AIRE e Agevolazioni Fiscali

E' opportuno far presente che AIRE e pensionati all'estero sono due condizioni differenti. E che dal 2021 solo per i pensionati residenti all'estero titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia è riconosciuta una agevolazione su un unico immobile non locato o dato in comodato.

LEGGE 30 dicembre 2020, n. - art. 1 comma 48. A partire dall'anno 2021 per una sola unità immobiliare a uso abitativo, non locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia, residenti in uno Stato di assicurazione diverso dall'Italia, l'imposta municipale propria di cui all'articolo 1, commi da 739 a 783, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è applicata nella misura della metà e la tassa sui rifiuti avente natura di tributo o la tariffa sui rifiuti avente natura di corrispettivo, di cui, rispettivamente, al comma 639 e al comma 668 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n.

E quindi, se non rientrano nelle condizioni viste sopra, nessuna agevolazione di legge è prevista per i pensionati AIRE, come stabilito dal 2020.

Dal 2020, con la Legge di bilancio 2020, Art. 1 commi 738/787 - Legge27 dicembre 2019, n. 160, non è più prevista la possibilità di assimilare un immobile ad abitazione principale.

L'abolizione dell'esenzione è conseguenza della procedura di infrazione 2018/4141 avviata dall'UE nei confronti dell'Italia, per violazione del principio di non discriminazione in materia di agevolazioni fiscali.

Dal 2020, con la Legge di bilancio 2020, Art. 1 commi 738/787 - Legge27 dicembre 2019, n. 160, non è più prevista la possibilità di assimilare un immobile ad abitazione principale per i pensionati come sopra specificato.

Per i residenti all'estero che possiedono immobili in Italia e che non possono pagare con F24, il versamento dell'imposta va effettuato con Bonifico Bancario al Comune dove sono ubicati gli immobili. In generale è buona norma inserire nella causale del versamento gli stessi dati contenuti nel Modello F24, ovvero Codice fiscale o partita IVA del contribuente, indicazione dell'imposta versata (IMU/TASI/TARI), l'anno di riferimento, indicare se si tratta di "Acconto" o "Saldo".

MEF -Risoluzione 10/DF 2015 - Art. 9-bis del D. L. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni dalla legge 23 maggio 2014, n. 80.

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