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Angelo Branduardi: Il Viaggiatore nel Tempo e nello Spazio Musicale

Angelo Branduardi, nato il 12 febbraio 1950 a Cuggiono, è una figura emblematica nel panorama musicale italiano e non solo. Lirica greca, ballate medievali, poesia e leggende caratterizzano e arricchiscono il repertorio di uno dei cantautori italiani più amati. Cinquant’anni di carriera e stimoli antichi sempre rinnovati per un fare musica fuori dall’ordinario.

Cresciuto in un ambiente familiare dove la musica aveva un ruolo predominante, Branduardi si trasferì a Genova in tenera età, dove la vita nel quartiere pittoresco dell’angiporto ha influito non poco sulle sue prime esperienze musicali. L’incontro con personalità come Paul Buckmaster e Maurizio Fabrizio ha segnato le prime tappe della sua carriera discografica, portando alla realizzazione di album che hanno lasciato un segno indelebile nella musica italiana e internazionale.

Come se il viaggiatore curioso avvertisse l’urgenza di fermarsi, sostare e raccontare una storia a chi avrà la bontà di ascoltarla. “Io sono il trovatore e sempre vado per paesi e città. Ora che sono arrivato fin qui, lasciate che prima di partire io canti”. Angelo Branduardi è solito aprire i suoi concerti con questa vera e propria dichiarazione programmatica.

Ma cosa racconta il trovatore? Imbracciando il proprio violino, Branduardi veste i panni del menestrello e narra storie che affondano le radici in un passato tanto remoto quanto più vicino a noi. Un passato che ha conosciuto occhi, mente e bocca dei grandi autori della letteratura antica e che con il musicista di Oggiono tornano a splendere a nuova suggestiva vita.

Gran parte della produzione di Branduardi vive, infatti, del recupero di poesie, racconti, miti e leggende ereditati dalla tradizione antica di moltissimi - e molto variegati - luoghi della Terra. L’intervento del musicista sensibile aggiunge poi alla parola quel naturale accompagnamento di suoni e melodie attinti alla tradizione medievale, celtica, rinascimentale o successiva.

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La continua ricerca letteraria del cantautore lombardo lo ha condotto lungo sentieri inesplorati le cui potenzialità aumentano quando il testo abbraccia il suono in un accostamento inedito. Già il suo secondo album, La luna, pubblicato nel 1975, è significativo in tal senso. Se l’album contiene la celeberrima Confessioni di un malandrino, l’orecchio è attratto anche da brani come Notturno, la versione che Branduardi fa del componimento tratto dal frammento 49 Garzya del lirico greco Alcmane.

Il testo del poeta greco del VII secolo a.C. è stato sottoposto a diverse traduzioni nel corso dei decenni. Illustri studiosi e poeti hanno fornito una traduzione in italiano del Notturno, seppur non deve essere stata pratica agevole quella di trasmettere nella nostra lingua l’essenzialità del dettato alcmaneo. Nel brano, Angelo Branduardi costruisce per i versi di Alcmane un’atmosfera placida e rarefatta che ben partecipa della distensione dei sensi praticata da tutti gli elementi naturali.

Unica licenza rispetto al lirico greco, l’anafora del verbo “dormono” ripetuta per tre volte. Notturno evolve poi in un testo fresco che presenta una nuova anafora, quella del verso “Con il resto dei tuoi sogni”.

La letteratura classica ritorna anche in Altro ed altrove, album del 2003. Settima traccia di questo lavoro è Ille mi par esse Deo - Un Dio mi pare. Qui Branduardi canta il famoso Carme 51 di Catullo, in una versione in latino e parzialmente in italiano. Il poeta latino ha tradotto e rielaborato i versi di Saffo, la grande poetessa greca che già aveva offerto un saggio inarrivabile sul tema amore-gelosia.

Catullo sostituisce la ragazza amata da Saffo con la sua Lesbia pur mantenendo intatto il metro saffico del componimento. Profondamente musicale, il carme di Catullo trova a mio parere nella sperimentazione di Branduardi il miglior canale comunicativo possibile. Ad un primo ascolto, può risultare sorprendente l’accostamento della poesia alla base elettronica.

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Eppure la melodia gode di una certa efficacia e ciò che ne risulta è, se possibile, un canto ancor più struggente e sentito. Davvero il protagonista sprofonda nell’abisso senza uscita del tormento interiore che segue alla visione della donna amata tra le braccia di un altro.

Branduardi mette in musica anche grandi poesie della letteratura italiana. Non può mancare l’omaggio a Dante con il Canto XI del Paradiso, o ancora il Cantico delle Creature di San Francesco o La Canzona di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico.

Negli anni ’70 e ’80, Branduardi ha visto il suo successo crescere, consolidandosi con album come “Alla fiera dell’est” e “La pulce d’acqua”. Non solo cantautore, Branduardi ha dimostrato le sue doti anche come compositore di colonne sonore, vincendo premi prestigiosi come il David di Donatello e il Nastro d’argento per le sue composizioni cinematografiche.

Negli anni ’90 e oltre, Branduardi ha continuato a sperimentare e a evolversi, senza mai perdere quel tocco distintivo che lo contraddistingue. La sua musica, che trae ispirazione dal vasto repertorio antico e popolare, continua a parlare a un pubblico trasversale, unendo generazioni e culture diverse.

Quando Angelo Branduardi, verso la metà degli anni ’70, propose a un produttore discografico la canzone Alla fiera dell’est, si sentì rispondere che avrebbe fatto meglio a riscriverla tutta, utilizzando parole come «operaio» o «fabbrica occupata». Eppure, proprio in quel periodo di politicizzazione estrema, la sua musica così poco politica, ispirata a testi e melodie di altri tempi, fece di Branduardi uno dei più amati cantautori italiani, riconosciuto e apprezzato anche a livello internazionale.

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