Architettura e Turismo: Un Rapporto Sostenibile
Architettura, agricoltura e cultura alimentare non erano mai state così interconnesse come nel momento storico attuale, in cui il raggiungimento di una sostenibilità ambientale è diventato di primaria importanza.
Nell’Italia disseminata di patrimoni naturali e temporali, meta di turismo internazionale imprescindibile nei sogni vacanzieri di mezzo mondo, la facoltà delle istituzioni e del mondo privato di integrare processi di sviluppo virtuoso tra natura e mano dell’uomo, in ottica di sostenibilità economica e sociale, è una delle occasioni fondamentali da cogliere prima che le conseguenze del cambiamento climatico siano irrecuperabili.
Un trittico di scienze, architettura, agricoltura e gastronomia, che si sono slegate nel tempo lasciando che, talvolta, l’impatto ambientale del contesto edilizio sia diventato insostenibile; oppure, ad esempio, nel caso della rete stradale non adeguata al flusso del traffico, è successo che si sia generato un inquinamento da polveri sottili dei mezzi di trasporto insostenibile per i verdi paesaggi del Belpaese.
Ora come non mai nell’epoca moderna è richiesto a mondi differenti di parlarsi ed integrarsi, parlando la stessa lingua. Gli architetti, gli agricoltori, i gastronomi, ed anche gli opinion leader, sono chiamati ad accompagnare il percorso di consapevolezza che la società dovrà affrontare per riuscire a raggiungere una drastica riduzione delle emissioni e del consumo energetico.
Dunque, “l’Architettura del Turismo Sostenibile”, secondo Hani Rashid, fondatore di Asymptote Architecture (insieme con la moglie Lise Anne Couture), studio di architettura e design di New York, nonché professore della University of Applied Arts di Vienna, passa dall’integrazione tra gli elementi abitativi e la natura: “i fondamenti dell’architettura e il turismo sostenibile in relazione al cambiamento climatico passano direttamente dalla luce.
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Uno spazio, un edificio o un intero quartiere, illuminati creano un benessere diffuso per chi vi abita. Inoltre, sempre in termini di luce, la tecnologia dei pannelli solari è diventata molto importante.
L’architettura del futuro dovrà passare anche dal ripensare l’utilizzo di materiali primari, come il cemento e l’asfalto, e sostituirli con alternative ecologiche.
Ma il termine architettura può trascendere dal significato puramente legato alla costruzione di edifici ed assumere un connotato di riferimento temporale agli schemi fondamentali della società.
In questo senso, uno dei pilastri dell’architettura di una società è l’approccio al cibo. Abitudini alimentari, occasioni di consumo e propensione alla fame sono elementi costitutivi del patrimonio antropologico culturale di una società.
Secondo il Professor Zeffiro Ciuffoletti, storico esperto, tra le altre, anche di cultura alimentare e membro dell’Accademia dei Georgofili, l’azione fondamentale per ripristinare la sostenibilità nel contesto della cultura gastronomica italiana è quella di riportare al centro delle abitudini di consumo le virtù fondamentali: temperanza, sapienza, giustizia e fortezza.
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“Abbiamo perso un certo senso della misura a tavola che si è sempre trovato nella cultura italiana. In Toscana, questo è evidente nella letteratura, alta o bassa che sia.
Ad esempio, nella “Divina Commedia” si trova Ciacco che viene collocato da Dante all’Inferno nel “terzo girone” in quanto goloso.
Oppure, si trovano riferimenti ad un consumo di cibo parco e razionale nel “Pinocchio” di Collodi.
Penso che i tre elementi fondamentali della gastronomia secolare toscana, ovvero pane, olio e vino rappresentano il trittico fondamentale che sta alla base di una dieta equilibrata sia nei suoi valori nutrizionali che in quelli filosofici.
Questi tre ingredienti base, non a caso, assumono un connotato fondamentale nel rappresentare i valori della Trinità Cristiana e sono presenti nelle scritture sacre come simboli di vita. Il mondo contemporaneo, perdendo la connessione con le virtù fondamentali ed inseguendo la velocità, rischia di perdere il senso della misura che è una chiave fondamentale della sostenibilità”.
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La tavola e le specialità enogastronomiche, declinate all’incredibile mole di varietà locali di cui l’Italia è ricca, rappresentano, pertanto, uno dei richiami primari per i turisti di tutto il mondo.
I food & wine lovers arrivano ad oggi principalmente in Italia dall’Europa settentrionale con qualche segnale di ripresa dagli Usa con speranze di ritornare a quote di normalità nel 2022.
Da questo punto di vista, un altro tassello che compone l’architettura del turismo sostenibile è proprio la mobilità.
Stefano Maggi, docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Siena, ha definito, citando esempi, la situazione di alcuni luoghi di forte attrattiva ma con una capacità di accoglienza di turisti non proporzionata al flusso di incoming.
“Per rendere il turismo sostenibile bisogna considerare la mobilità come un elemento determinante.
Al giorno d’oggi, è necessario introdurre sempre di più la pedonalizzazione, l’introduzione di piste ciclabili con percorsi che colleghino ampi tratti delle zone a vocazione enoturistica.
L’evidenza dell’assenza di una sostenibilità ricettiva si trova negli esempi della Fioritura di Castelluccio di Norcia oppure della Costiera Amalfitana.
Entrambi, nelle loro accezioni differenti, rappresentano una vera attrattiva per i turisti locali e internazionali che arrivano con i propri mezzi e intasano il traffico creando problemi alla viabilità e all’ambiente.
La via per evitare danni dalla sovrabbondanza di mezzi individuali di trasporto è quella di introdurre il concetto di “mobilità dolce”.
Osservando il corso della storia dal secolo della Rivoluzione Industriale ad oggi si può risalire alle cause, in nuce, del cambiamento climatico.
La perdita di connessioni col mondo naturale e del rapporto diretto col cibo a fronte di trasformazioni sempre più entranti, dalla farina raffinata all’olio industriale, è al centro di quella che Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, definisce come una vera e propria “crisi antropica”: “una crisi di sistema è in corso.
Il nostro mondo consuma cento per produrre novanta questo è senza dubbio un meccanismo drammatico.
La necessità attuale è quella di ripensare modelli economici sociali e culturali con nuovi paradigmi complessi e complicati nel nome dell’etica e della sostenibilità.
Non possiamo correre il rischio di perdere la biodiversità.
Essa rappresenta il valore fondamentale non solo per avere del cibo di qualità che proviene da un ambiente sano ma anche per mantenere l’idea di paesaggio.
Il paesaggio, le virtù, l’interazione tra architettura e natura, la mobilità sostenibile e l’etica sono gli elementi, dunque, dell’architettura sostenibile, interconnessa tra più discipline e regolamentata da un qualcosa che esiste da sempre nell’inconscio collettivo italiano e nelle sue tangibili e concrete tracce nelle ars che hanno lasciato opere che ancora oggi esistono.
Alle Ville Palladiane dell’area veneta e vicentina, esempio di grazia e luce architettonica in grado di assestarsi con il paesaggio; fino alle moderne aziende vinicole, dalle big alle small, che sono in grado di unire i tre aspetti fondamentali della sostenibilità: ambientale, sociale ed economica.
“Per realizzare una sostenibilità concreta si devono coniugare le esigenze economiche con quelle ambientali: solo in questa maniera potremo dire che un progetto è capace di mantenere benefici di lungo termine”, ha dichiarato in apertura dei lavori Iacopo Lisi, imprenditore fiorentino, tra gli ideatori di Hospitaliter e anima del progetto.
Il convegno, del 23 novembre e tenutosi alla Fondazione Zeffirelli a Firenze, ha visto susseguirsi personalità e professionisti.
Tra questi ha spiccato in primis l’architetto Hani Rashid, fondatore di Asymptote Architecture, studio di architettura e design di New York, nonché professore della University of Applied Arts di Vienna.
Punto focale del suo intervento, il rapporto tra architettura e sostenibilità che secondo il professionista si può realizzare “portando la natura negli spazi interni”, perché “gli edifici non devono essere in opposizione alla natura”.
Altri concetti snocciolati da Rahid sono stati: la luce naturale, l’uso di materiali sostenibili e eco-intelligenti, la predilezione per metodi e mezzi di produzione locali.
Sostanzialmente si è tentato di dimostrare come l’economia circolare, con prefabbricazione e riutilizzo dei materiali sia una strada perseguibile e necessaria.
Ad affrontare invece i tre pilastri che potrebbero favorire una sostenibilità concreta ci ha pensato Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Come anticipato sono tre le variabili prese in considerazione: Perdita, Rispetto e Rigenerazione.
Quando si parla di perdita, Barbero identifica la sempre più scarsità di biodiversità animale e vegetale ma anche della fertilità dei terreni, a causa dei prodotti chimici utilizzati.
Quando invece si riferisce a rispetto, si intende la necessità di preservare la naturalità dei luoghi e delle produzioni.
Infine la rigenerazione significa guardare alla transizione ecologica con una logica non distruttiva ma rigeneratrice.
Ultimo ma non meno importante il punto del prof. Francesco Causone del Dipartimento Energia del Politecnico di Milano che ha affrontato la questione energetica e la conseguente crisi climatica correlata.
Due, secondo Causone, le vie per rispondere alla situazione: una “via dolce”, con diminuzione della domanda energetica e creazione di comunità energetiche, e una “via dura”, con grossi impianti di generazione concentrati.
Direi che definire l’architettura oggi in modo univoco è abbastanza impossibile, oltre che sbagliato.
La cosa importante è non giudicare migliore o peggiore questa o quella modalità di intendere e di praticare l’architettura: le città sono processi dinamici, dove interessi individuali e diversi magicamente si trasformano in benessere collettivo.
Anche qui l’attitudine giustamente varia molto da luogo a luogo, da cultura a cultura, da sistema economico a sistema economico.
Esistendo ormai una serie di “Architetture” diverse, intese come differenti approcci disciplinari anche contradditori, cambiano anche gli approcci in atto.
Viviamo in un’epoca segnata da due grandi problemi: il terrorismo e il cambiamento climatico.
Direi che in questo caso tanto si parla e si scrive e poco si produce.
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