Il Fenomeno dei Combattenti Stranieri nella Guerra Civile Siriana
Il fenomeno dei foreign fighters, tutt’altro che recente, ha subito una brusca accelerata con l’acuirsi del conflitto siro-iracheno. Sebbene solo di recente sia stato identificato con tale nome, il fenomeno dei cosiddetti foreign fighters è tutt’altro che recente.
Radici Storiche e Motivazioni
La dottrina elaborata nei primi anni Ottanta dallo stratega del jihad moderno, il giordano-palestinese Abdullah Azzam, ha portato decine di migliaia di musulmani da tutto il mondo a combattere conflitti in cui non erano direttamente coinvolti: secondo il movimento jihadista globale, infatti, qualora vi siano musulmani oppressi o in pericolo è obbligatorio per ogni credente intervenire in loro soccorso.
Il primo conflitto che vide una mobilitazione di massa del movimento jihadista internazionale fu la guerra in Afghanistan contro le truppe sovietiche di occupazione. Negli ultimi tempi il fenomeno dei foreign fighters è stato largamente caratterizzato dal volontarismo di matrice jihadista.
L'Accelerazione del Fenomeno in Siria e Iraq
Il fenomeno pare aver ricevuto una brusca accelerata negli ultimi 3 anni con l’acuirsi del conflitto civile siriano prima e iracheno poi. Secondo dati diffusi dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel maggio 2015, quasi 30.000 foreign fighters si sarebbero uniti all’IS. Nonostante le difficoltà nell’ottenere cifre accurate, si stima che decine di migliaia di combattenti stranieri si siano uniti a vari gruppi e milizie operanti nei 2 paesi.
Molti foreign fighters, inclusi alcuni occidentali, sono confluiti in gruppi sciiti, curdi e cristiani.
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Rimanendo in ambito jihadista, il fenomeno dei combattenti stranieri ha conosciuto di recente un forte balzo di notorietà anche a causa di alcune particolari caratteristiche di cui godono il jihad siro-iracheno in generale e il gruppo IS in particolare.
Caratteristiche e Profili dei Combattenti
Le statistiche relative al caso del jihad siro-iracheno mostrano che il range di età più comune per i combattenti occidentali sia quello fra i 18 e i 29 anni, suggerendo un abbassamento generale della loro età rispetto al passato. Le donne che partono dall’Europa sarebbero circa il 15% del totale: secondo gli ultimi studi si tratta di una tendenza in crescita, unitamente a un maggior numero di partenze su base (semi)familiare in generale.
Tuttavia, all’infuori di un livello puramente biologico, risulta pressoché impossibile definire per sommi capi il profilo del foreign fighter medio: la natura dei combattenti è estremamente varia, così come il loro processo di radicalizzazione e il particolare vissuto che ha portato alla scelta della militanza.
Per questo motivo si tende a utilizzare un approccio psicologico, più che sociologico, nell’analizzare la tipologia dei combattenti. Povertà e altri indicatori economici raramente risultano essere di per sé elementi sufficienti alla militanza internazionale, soprattutto in relazione ai combattenti occidentali.
Modelli Motivazionali
- Rivincita personale: l’uso della violenza e l’adozione di dinamiche di gangsterismo sarebbero quindi connessi a meccanismi di rivalsa sociale, innalzamento del proprio status e vendetta rispetto a un vissuto avvertito come ingiusto.
- Riduzione dell’incertezza: in questo caso la militanza, percepita come un sistema di vita altamente organizzato, permette ai combattenti di vivere secondo valori ben chiari e di seguire un percorso rigido e definito.
È chiaro che nella pratica non esiste una netta distinzione fra i modelli motivazionali esposti, generandosi anzi proprio dalla loro intersezione le singole fattispecie.
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Il Ruolo dei Social Media
Nel teatro di guerra siro-iracheno, i foreign fighters che si sono uniti alla causa jihadista sono ormai diverse migliaia, e con l’affermazione dello Stato Islamico il fenomeno ha assunto proporzioni ancora più preoccupanti. Sotto il profilo organizzativo e delle capacità di reclutamento l’IS ha infatti dimostrato notevole abilità, trasmettendo - per lo meno sotto il profilo mediatico - un messaggio di più ampio respiro e con un’impronta più ‘internazionale’ rispetto ai gruppi armati siriani, maggiormente focalizzati sul fronte ‘domestico’: dunque, un messaggio tendenzialmente più attrattivo per i combattenti stranieri, soprattutto occidentali.
In questo complesso network, hanno assunto un ruolo di particolare rilevanza alcune figure spirituali di spicco del jihadismo occidentale, come Ahmad Musa Jibril - che predica dagli Stati Uniti - o Musa Cerantonio, che opera dall’Australia; ma, secondo una ricerca di Jytte Klausen della Brandeis University (Massachusset), nella disseminazione dei contenuti hanno notevole importanza anche diversi account gestiti da donne.
Così tra link, tweet, video, foto e hashtag prende forma la social media jihad, assai più sfuggente e meno controllabile delle altre forme di comunicazione, perché atomizzata e dalla grande potenza rigeneratrice: una volta che le autorità impegnate nella lotta al terrorismo chiudono un account, dopo pochi minuti ne viene aperto un altro.
Minacce e Contromisure
Il principale motivo di allarme per i governi relativamente al fenomeno esposto è legato all’eventuale uso della forza da parte dei foreign fighters al loro rientro in patria: si stima che un veterano su 9 tenti il ricorso a pratiche violente nel suo Stato di origine.
In generale, si tende a riconoscere anche il carattere di retroalimentazione del fenomeno foreign fighters: ogni generazione rientrata, infatti, pone le basi per la partenza di quella successiva, facilitandole l’ingresso nelle reti di collegamento.
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Contro queste minacce i governi occidentali non hanno preso provvedimenti univoci. Se da un lato viene caldeggiata l’ipotesi di revocare la cittadinanza ai combattenti partiti, dall’altro si tende a riconoscere ai servizi segreti la competenza esclusiva di monitoraggio e intervento sui veterani e i combattenti prossimi alla partenza.
La via della prevenzione, tramite l’implementazione di programmi di contro-radicalizzazione, è stata finora accolta da pochi paesi, in maniera più determinata da Belgio, Regno Unito e Danimarca.
Il Ruolo di Hayat Tahrir al-Sham (HTS)
A guidare la rivolta contro il regime di Assad è Hayat Tahrir al-Sham (Organizzazione per la Liberazione del Levante), una delle principali fazioni jihadiste protagoniste della guerra di 13 anni fa. Le origini di Hts - l’acronimo con cui è conosciuta - derivano da Jabhat al-Nusra, formazione allineata ad al-Qaeda creata alla fine del 2011 dal siriano Abu Muhammad al-Jawlani su richiesta dell’allora leader dell’Is, Abu Bakr al-Baghdadi.
A luglio 2016 l’organizzazione cambiò il suo nome in Jabhat Fatah al-Sham (Jfs), annunciando la fine dell’affiliazione con al-Qaeda. Nel gennaio 2017 ci fu una seconda riorganizzazione e Jfs si fuse con altri gruppi siriani di opposizione come Ansar al-Din, Jaysh al-Sunna, and Nour al-Din al-Zenki dando origine a Hts.
La leadership storica di Hts era composta da islamisti siriani e stranieri, di confessione sunnita e con legami con il sedicente Stato islamico (Isis) ed al-Qaeda. Tuttavia, l’identità attuale del gruppo è in gran parte islamista siriana e riflette un cambiamento pragmatico nei suoi obiettivi strategici, il principale dei quali è sostituire il regime di Assad con un califfato islamico.
Hts è probabilmente guidata da un Consiglio della Shura e vede ancora al-Jawlani come leader. Negli anni quest’ultimo ha cercato di guidare una transizione da gruppo insorgente a forza paramilitare organizzata fino ad autorità civile, ripulendo l’ex gruppo salafita-jihadista transnazionale dall’ideologia più estremista.
Come spiega l’Ispi, Hts ha creato un’istituzione formata da esponenti non militari, il Governo di salvezza nazionale, allo scopo di legittimarsi sia a livello locale che internazionale, presentandosi come attore moderato con cui poter intavolare negoziati e avviare processi diplomatici.
Tabella Riassuntiva degli Attori Chiave
Attore | Obiettivi Principali | Sostegno Esterno |
---|---|---|
Hayat Tahrir al-Sham (HTS) | Sostituire il regime di Assad con un califfato islamico | Sostegno locale e, in passato, legami con Al-Qaeda |
Esercito Arabo Siriano (Governo Assad) | Mantenere il controllo del paese | Russia, Iran, Hezbollah |
Forze Democratiche Siriane (SDF) | Autonomia curda, lotta contro lo Stato Islamico | Stati Uniti |
Turchia | Proteggere le popolazioni turcomanne, prevenire la nascita di uno stato curdo autonomo | Esercito Nazionale Siriano (SNA) |
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