Elezioni e voto all'estero: il ruolo del Consolato Brasiliano a Milano
Gli italiani all'estero ci riprovano. Prima esclusi, poi vituperati, a volte sospettati, i connazionali che hanno il diritto di votare anche se lontani da casa avranno fino al 1 marzo per farlo e il loro peso, in un'elezione sospesa come questa, può essere determinante. Specie in considerazione del fatto che dalle ultime elezioni il loro numero è aumentato sensibilmente: da 3,4 a 4,3 milioni. Quelli che votano, però, non arrivano a un milione.
Per loro, il Rosatellum non ha introdotto novità: votano ancora per corrispondenza come prescritto dalla legge Tremaglia del 2001. Le schede arrivano a casa per posta, si vota indicando le preferenze a differenza di quanto succede in Italia e si rispediscono entro il 1 marzo alle 16 alle sedi diplomatiche. Che provvederanno a inviarle su 120 voli verso Castelnuovo di Porto, dove la Farnesina avrà terminato il suo compito: sarà la Corte d'Appello di Roma a garantire lo scrutinio in circa 1.700 seggi.
In palio per l'estero 12 deputati e 6 senatori: un bottino che in passato, in occasione di risultati incerti, ha fatto la differenza.
Quando il parlamentare eletto all'estero ha fatto la differenza
Nel 2006 vinse per un soffio fu l'Unione di Romano Prodi. Cinque anni fa, i voti all'estero furono determinanti per giocarsi il titolo di partito più votato tra Pd e M5S.
I seggi assegnati grazie al voto all'estero:
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- Camera 5 per l'Europa, 4 per il Sud America, 2 per Centro e Nord America, 1 per Africa, Asia, Oceania e Antartide
- Senato 2 per l'Europa, 2 per il Sud America, 1 per Centro e Nord America e 1 per Africa, Asia, Oceania e Antartide
Una storia di brogli e tradimenti
In 12 anni di voto degli italiani all'estero ci sono state denunce, inchieste, servizi tv sui trucchi per taroccare le elezioni. Le schede destinate ai connazionali vengono contraffatte, falsificate, fotocopiate, sottratte ai legittimi proprietari, prestampate con tanto di croce sul candidato, cestinate, bruciate, comprate e rivendute per 5-10 euro ciascuna.
Pre quasi vent'anni Mirko Tremaglia, fece lobbing fino a strappare nel 2001 la legge che porta il suo nome. Il primo a denunciare anomalie fu proprio lui, nelle elezioni politiche nel 2006, vinte da Romano Prodi poi 'tradito' da un senatore italo-argentino: Luigi Pallaro, inizialmente vicino a Berlusconi, poi passato a sinistra e tornato in extremis nel centrodestra. O Antonio Razzi: eletto in Svizzera con Di Pietro, transitò con Scilipoti da Berlusconi all'epoca dei 'responsabili', fino a diventare in un crescendo grande estimatore del leader coreano Kim Jong-un, ancora, Sergio De Gregorio, leader del movimento Italiani nel Mondo che raccontò al pm Henry John Woodcock di essere stato pagato da Berlusconi per far cadere Prodi.
Come funziona all'estero
In Paesi come la Gran Bretagna, scrive EuroNews gli "expats" che vivono all'estero da più di 15 anni perdono il diritto di voto, in Germania dopo 25, in Canada dopo addirittura 5 anni. Nelle Filippine bisogna dichiarare di voler tornare a risiedere sul territorio entro tre anni. Altri, come Israele, Taiwan, El Salvador e la Slovacchia consentono agli espatriati di votare ma solo a condizione che questi tornino fisicamente a mettere la scheda nell'urna.
Il voto via posta è garantito in Italia, ma anche negli Stati Uniti, in Spagna e Portogallo e in alcuni casi anche in Canada e Regno Unito. Polonia, Lituania, Ucraina, Colombia, Venezuela, Peru, Francia, Russia, Svezia, Giappone ed altri stati attrezzano ambasciate e consolati per la tornata elettorale - un po' come succedeva anche da noi. La Francia ha fatto qualche sperimentazione con il voto online.
In una conferenza stampa convocata in fretta e furia dagli eletti all’estero in Sud America, si è parlato dei presunti brogli delle ultime elezioni. Già, anche se di scarso rilievo per la stampa italiana, dopotutto riguarda appena 12 parlamentari in totale, il tema non era mica da poco: si denunciavano brogli e si parlava di schede contraffatte, certificati falsi, buste che vanno a spasso per il Sud America e un clima generale che fa a botte con la maniacale solennità alla quale siamo abituati nel procedimento di voto in Italia.
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Il neo eletto deputato Fabio Porta, in arrivo dal Senato, l’ex senatore argentino Ricardo Merlo, e il neo eletto - sempre in Argentina - del suo partito Maie, Alejandro Borghese, raccontano di aver individuato e denunciate la presenza di 25 mila schede false nei circoscrizioni consolari argentine di Rosario e La Plata.
Facendo un bilancio della tornata elettorale fuori dall’Italia, sono diversi gli esposti presentati: in Nord America, in Sud America e in Svizzera e si sollevano sospetti anche sull’Australia. C’è da sorprendersi? Probabilmente non c’è affatto da sorprendersi. D’altronde la posta in gioco alta, il taglio dei parlamentari che ha ristretto la torta e la possibilita’ di taroccare il voto troppo facile: pallottoliere alla mani, i casi anomali, considerando il numero esiguo di seggi in palio, sono davvero troppi.
Ecco, l’ostinazione nel voler difendere questo sistema diabolico, che puzza dalla testa, è assolutamente incomprensibile: non esiste una vera e propria campagna elettorale, non esistono controlli democratici, si usano le preferenze multiple (che avevamo abolito per referendum nel ’93, proprio per contrastare il voto di scambio) e i deputati non hanno giurisdizione nei territori che li eleggono.
Gli italiani all’estero che hanno votato questa volta sono poco più del 26% degli aventi diritto, solo 1 su 4, il minimo storico da quando esiste la circoscrizione. E le percentuali salgono a livelli dignitosi, arrivando al 50% solo laddove si trova la più grande comunità di italiani che non ha mai visto il suo paese o che non lo vede da tempo immemore: gente in Brasile con doppio passaporto oppure vecchie generazioni trapiantate in Argentina o Uruguay, che l’Italia la ricordano a malapena o la conoscono dalle foto dei bisnonni.
Agli italiani della nuova mobilità, soprattutto in Europa, dove vivono quasi 2/3 dei residenti all’Estero, non può importare di meno di votare per il paese che hanno lasciato; oriundi e anziani delle vecchie ondate migratorie stanziali sembrano gli unici interessati. All’estero si parla ancora, genericamente, di “connazionali”, come se le generazioni della diaspora fossero tutte uguali e non, piuttosto, gruppi sociali con valori diversissimi, spesso antitetici.
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Mentre in Italia è iniziato il rush finale dei leader politici in vista del voto di domenica 25 settembre ai seggi elettorali, la campagna elettorale nel resto del mondo è ormai terminata. Gli italiani all’estero hanno già votato per corrispondenza con il proporzionale e le preferenze utilizzando la penna biro o la penna stilografica. Le buste contenenti le schede votate dovranno arrivare per posta improrogabilmente, pena l’annullamento del voto, entro le ore 16 locali del 22 settembre nei Consolati italiani presenti in Europa (compresi i territori asiatici della federazione russa e della Turchia), America settentrionale, centrale e meridionale, Africa, Asia, Oceania e Antartide.
Gli italiani all’estero aventi diritto al voto, come risultano alla data del 31 dicembre 2021, sono 5 milioni 806 mila 68 ed eleggeranno complessivamente 8 deputati e 4 senatori. E’ questa una prima novità conseguente alla riforma costituzionale del 2020, che ha ridotto il numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Invece, nelle ultime elezioni della Circoscrizione Estero del 2018, costate circa 28 milioni di euro, i seggi riservati per Montecitorio erano dodici, mentre sei per palazzo Madama.
Ora la Circoscrizione Europa (3.189.905 italiani) eleggerà 3 deputati e un senatore, mentre la Circoscrizione Sudamerica (1.804.291 italiani) eleggerà 2 deputati e un senatore e la Circoscrizione Centroamerica e Nordamerica (505.567 italiani) eleggerà 2 deputati e un senatore. Infine, la Circoscrizione Asia-Africa-Oceania (306.305 italiani) eleggerà un deputato e un senatore.
Gli italiani all’estero continuano ad aumentare perché ogni anno più di centomila espatriano per andare a vivere in altri Paesi non solo per studio e lavoro, ma anche da pensionati, beneficiando di notevoli vantaggi fiscali previsti da Convenzioni bilaterali internazionali (come, ad esempio, Albania, Bulgaria, Croazia, Grecia, Portogallo, San Marino, Spagna - isole Canarie comprese). Dal 2003 al 2022 gli aventi diritto sono così raddoppiati.
L’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero è regolamentato dalla legge 27 dicembre 2001 n. 459 in parte modificata dal Parlamento pochi mesi fa. Il voto per corrispondenza degli italiani all’estero iniziò con i referendum del 2003. Per le elezioni politiche la prima volta fu nel 2006.
Rischio brogli
Restano, però, molti dubbi sulla legittimità del voto per corrispondenza che non assicura alcuna segretezza e, anzi, può favorire brogli elettorali. Sul punto l’art. 48, secondo comma, della Costituzione è tassativo: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
Il voto per posta consentito agli italiani residenti all’estero nelle elezioni politiche presenta altre due gravi anomalie. Innanzitutto, non vi è alcuna certezza che la busta contenente il voto anche se spedita con largo anticipo dall’elettore italiano residente all’estero venga recapitata per posta al Consolato territorialmente competente entro e non oltre le ore 16 locali del 22 settembre. In secondo luogo, limitatamente ai cittadini italiani residenti nel resto d’Europa, sarebbe consentito loro di votare solo per posta, mentre nelle elezioni Europee essi possono, invece, votare all’interno del proprio Consolato italiano dove è assicurata la segretezza.
Nel 2018 Adriano Cario fu eletto con l’Usei nella circoscrizione Senato Sudamerica. Il 2 dicembre 2021 l’aula del Senato votò, a scrutinio segreto, un ordine del giorno che chiedeva la mancata convalida dell’elezione di Cario a causa di voti contraffatti. La votazione si concluse a strettissima maggioranza con 132 favorevoli, 126 contrari e 6 astenuti e, di conseguenza, Cario decadde e gli subentrò Fabio Porta, esponente del Pd.
Voto con la penna biro. Ma si può?
Un’altra singolarità è rappresentata dall’uso della penna biro o della penna stilografica nel voto per posta. Viceversa il secondo comma dell’articolo 58 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957 n. 361, come modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera d), della legge 4 agosto 1993 n. 277, e dall’articolo 2, comma 1, lettera e) n. 2, del decreto legislativo 20 dicembre 1993 n. 534, nel dettare le norme sulle modalità di espressione del voto, dispone testualmente che l’elettore vota “tracciando, con la matita, sulla scheda per l’elezione del candidato nel collegio uninominale, un segno sul cognome e nome del candidato preferito o comunque nel rettangolo che lo contiene e, sulla scheda per la scelta della lista, un segno sul contrassegno corrispondente alla lista da lui prescelta o comunque nel rettangolo che lo contiene. Sono vietati altri segni o indicazioni”.
La diversità delle modalità di espressione del voto ingenerò, in occasione delle elezioni politiche del 27 marzo 1994, confusione e disorientamento nel corpo elettorale, con conseguenti ripercussioni di segno negativo, in sede di scrutinio, in merito all’accertamento della validità del voto espresso.
Le matite copiative fuorilegge perché tossiche?
Ma non è finita perché nelle elezioni del 13 maggio 2001 si apprese che il ministero della Sanità aveva da tempo vietato la produzione in Italia delle matite copiative. Motivo: il blu di metilene, essenziale per conseguire proprio l’effetto copiativo, era considerato tossico. Di conseguenza, essendo obbligatorio per legge, nel voto ai seggi elettorali in Italia l’uso della matita copiativa, il ministero dell’Interno era stato costretto ad acquistare per ogni elezione - referendum compresi - centinaia di migliaia di matite copiative prodotte in India, Pakistan e Brasile con un costo di vari milioni di euro. Non è quindi singolare che per le elezioni del 25 settembre un italiano all’estero ha già votato con la penna biro o con la penna stilografica, mentre un italiano che voterà domenica ai seggi dovrà usare ancora la matita copiativa?
Le novità non finiscono qui
Un’altra importante novità è costituita dallo spoglio delle schede provenienti dalla circoscrizione Estero che non avverrà più in esclusiva, come in passato, presso il Centro Polifunzionale della Protezione Civile nelle vicinanze del casello autostradale dell’A/1 di Castelnuovo di Porto (Roma), ma anche in altre quattro città italiane (Milano, Bologna, Firenze e Napoli), come previsto dall’art. 7 della legge 30 giugno 2022 n. 84 e dal successivo decreto del 28 luglio 2022 della ministra dell’Interno Lamorgese di concerto con il ministro degli Esteri Di Maio e con la ministra della Giustizia Cartabia, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 agosto scorso.
Questa è la nuova dislocazione logistica dove il 25 settembre saranno scrutinate le schede provenienti dai Consolati esteri:
- ufficio centrale di Castelnuovo di Porto (Roma): America meridionale;
- ufficio decentrato di Milano: Albania, Andorra, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Spagna e Ucraina;
- ufficio decentrato di Bologna: Belgio, Bulgaria, Federazione Russa, Islanda, Kosovo, Liechtenstein, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Malta, Norvegia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, San Marino, Serbia, Svizzera e Turchia;
- ufficio decentrato di Firenze: Austria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Lituania, Moldova, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Stato della Città del Vaticano, Svezia e Ungheria;
- ufficio decentrato di Napoli: America settentrionale e centrale, nonché Africa, Asia, Oceania e Antartide.
Si ricorda che non hanno potuto votare per corrispondenza gli elettori italiani residenti in Stati con i quali il Governo italiano non ha potuto concludere accordi per garantire che il diritto di voto si svolga in condizioni di eguaglianza, di libertà e di segretezza, oppure in Stati la cui situazione politica o sociale non garantisce, anche temporaneamente, l’esercizio del diritto di voto secondo tali condizioni. In situazioni come queste che non consentono l’esercizio del voto per corrispondenza, sono state comunque adottate le misure organizzative per dare la possibilità ai cittadini italiani residenti in tali Stati di votare in Italia.