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Escursione al Rifugio Chabod: Un'Avventura nel Cuore del Gran Paradiso

L'escursione al Rifugio Chabod è un'esperienza indimenticabile nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Si tratta di un itinerario unico, con un paesaggio ogni volta diverso: boschi, praterie, pietraie, cascate e ruscelli. Sarà impossibile non rimanere estasiati di fronte a così tanta bellezza!

Preparazione e Partenza

Per l’escursione ci spostiamo in Valsavaranche. Parcheggiamo appena prima di Pont, in località Pravieux. Nota bene che in estate questo tratto di Valsavarenche è decisamente frequentato, per cui potresti dover parcheggiare a qualche distanza da questo punto.

Per la partenza del tour ci sono due possibilità, all’interno della Valsavarenche:

  • Parcheggiare in località Pravieux, in prossimità del “Campeggio Gran Paradiso”, dove terminerà l’escursione.
  • Lasciare la macchina in località Pravieux, in prossimità del “Campeggio Gran Paradiso”, dove terminerà l’escursione.

Individuiamo, verso ovest, il segnavia che cerchiamo, un ponte sul torrente, una graditissima fontanella di recente costruzione e l’attacco del sentiero 5.

Il Sentiero Reale

Attraversiamo il ponte in legno sul fiume Savara e imbocchiamo il sentiero N. Si tratta di uno dei diversi sentieri che il Re Vittorio Emanuele II a metà dell’800 fece costruire per la sua Riserva privata di caccia, oggi Parco Nazionale del Gran Paradiso.

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Sentiero che per la prima parte è una bella mulattiera selciata nel fitto del bosco: si tratta di una delle tantissime Strade Reali volute da Vittorio Emanuele II, che servivano al re cacciatore per raggiungere con comodità case di caccia e appostamenti fissi.

Nel primo pezzo il sentiero si sviluppa completamente nel bosco salendo a zig zag e mi fa guadagnare velocemente quota. Sembra quasi un serpente arrotolato su sè stesso. Paziente, tornante dopo tornante, la mulattiera sale guadagnando il versante fino ai 2130 m.

Questo primo pezzo di percorso si sviluppa totalmente nel bosco di larici e abeti. È un sentiero chiuso ad eccezione di qualche finestra panoramica su Pont e la valle sottostante.

In alcuni punti ci sono delle evidenti scorciatoie che permettono di tagliare le curve ma il dislivello aumenterebbe ancora di più. Preferisco seguire il tracciato ufficiale, visto che sono appena partita e devo ancora scaldare le gambe e spezzare il fiato.

Arriviamo ad un balconcino panoramico che regala una bellissima vista su Pont.

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L'Alpeggio di Lavassey

Approdiamo a Lavassey (2200 m), piccolo gruppo di case in parte diroccato. Dopo circa un’ora di cammino arriviamo all’alpeggio di Lavassey (2.194 mt), ora punto di appoggio e casotto dei Guardiaparco del Gran Paradiso.

A proposito, una curiosità: lo sapevi che quello del Gran Paradiso è il parco naturale più antico d’Italia, essendo stato istituito nel dicembre 1922?

Poco oltre il casotto dei Guardia Parco, raggiunta la quota di 2.300 mt la vegetazione ad alto fusto inizia a diradarsi lasciando posto unicamente a cespugli, tra cui rododendro, mirtillo, ginepro.

Man a mano che si sale la vista si apre e si iniziano ad intravedere le teste del ghiacciaio del Gran Paradiso, anche se quest’anno purtroppo c’è più roccia che ghiaccio. Fa davvero male vederlo così sofferente.

Avvicinamento al Rifugio Chabod

Lo stile del percorso è ancora quello degli zigzag (a guardare l’app, se la si usa per tracciare, si vedrà un dente di sega in evoluzione), ma il versante gradualmente si apre dapprima in vegetazione arbustiva, poi in pratoni punteggiati da rocce.

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La vista si allarga alle nostre spalle mentre sopra di noi, oltre il profilo verso il quale siamo diretti, compaiono le masse rocciose del Gran Paradiso, il bianco dei ghiacciai esposti ad ovest.

Costeggiando il fiume, ho quasi raggiunto il ponticello in legno dove si trova il bivio che porta al Vittorio Emanuele. Dal ponticello, lo Chabod si raggiunge in 10 minuti.

Facciamo così una inversione a U e saliamo i cinquanta metri di dislivello del versante sopra al quale ci aspetta il Rifugio Chabod (2710 mslm).

Il Rifugio Chabod

Inaugurato nel 1985, dopo un iter durato quasi vent’anni (difficile ottenere i permessi da un parco naturale) oggi, dopo vari ampliamenti, il rifugio può ospitare 85 persone. Le camerate, che hanno nomi di montagne, sono spartane ma comode, lo spogliatoio dove all’alba ci si attrezza è una fiera delle gomitate - non scherzo! - il ristorante è buono e il bar pure.

Tavoloni e panche ci allettano per una birra; alpinisti riposano su zaini carichi di corde; quel feeling dell’avventura: sì, fare un salto qui merita, indipendentemente che tu voglia affrontare i ghiacciai e le vette o semplicemente farti un’escursione in giornata.

Altro punto focale del rifugio è la reception, dove la stampa di una fotografia riporta, a pennarello ed evidenziatore, la via di salita in uso: quella cioè che evita i più recenti crepacci del ghiacciaio. Grandi casse contengono gli oggetti abbandonati o dimenticati dagli alpinisti, ben ordinati per categoria - bastoncini da trekking e guanti in prima fila.

“Che non ci stanno in rifugio”: questo è un tema. Lo Chabod è preso d’assalto, durante l’estate, proprio al fine di fare da campo base per gli alpinisti.

Un trucco da professionisti: dato che la cena viene servita alle 19, dalle 18 il bar chiude (davvero).

Traversata al Rifugio Vittorio Emanuele II

Per proseguire il trekking e raggiungere così il Rifugio Chabod bisogna percorrere il sentiero 1A per 1 ora e mezza circa, il cui bivio è posto poco più in basso. Il sentiero attraversa verdissimi prati, potenti ruscelli e cascate ma anche estese pietraie, ed è perciò consigliabile affrontarlo con un medio allenamento.

Sarà comunque sufficiente alzare gli occhi e la fatica sarà sicuramente compensata: la vista del Gran Paradiso al cospetto dei ghiacciai e delle vette circostanti, è veramente impagabile.

Dopo un ottimo piatto di tagliatelle speck e radicchio, ritorno sui miei passi. L’obiettivo è raggiungere il Vittorio per la merenda! Questa sarà una parte di percorso per me totalmente nuova.

La approccio con quell’entusiasmo che mi anima quando mi accingo a calpestare nuovi sentieri.

Il Percorso ad Anello

Ancora non ho capito se il giro nel senso in cui lo sto affrontando è quello migliore o che consiglierei. Ho incontrato diverse persone procedere nel senso opposto e questo mi ha insinuato qualche dubbio. Da un punto di vista fotografico forse hanno ragione, io sono sempre controsole. Dal punto di vista prettamente tecnico e di dislivello/fatica credo sia equivalente ma vi darò un giudizio finale a fine escursione.

Dopo una prima pietraia mi trovo ad attraversare un torrente con l’acqua che scende direttamente dal ghiacciaio.

Attraverso una seconda pietraia, trovo omini in pietra e frecce gialle in abbondanza. Questo mi facilita parecchio, mi sento guidata passo a passo. Lo Chabod è diventato un puntino lontano lontano.

Si apre un bellissimo scorcio su tutta la valle sottostante. Il sentiero procede con diversi sali scendi, caratteristica abbastanza comune dei lunghi traversi.

Il ritorno avviene utilizzando il sentiero nr.

Informazioni Utili

Si sale bene anche se il dislivello non è da sottovalutare, mi rivolgo soprattutto ai meno allenati.

Come indicano diversi cartelli dislocati lungo il percorso su questo sentiero i cani non possono transitare, nemmeno al guinzaglio. Vi ricordo che siamo all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso e per tutelare gli animali che lo abitano i cani possono transitare, sempre al guinzaglio, solo su percorsi specifici e solo in determinati periodi dell’anno. Per maggiori info e per evitarvi multe salate vi consiglio di consultare il sito del parco prima di mettervi in cammino.

Attraverso un ambiente prevalentemente sassoso, selvaggio ed incontaminato.

Ogni volta che vengo in queste zone respiro un’aria effervescente, carica di aspettative. E’ un’atmosfera che mi carica e mi verrebbe voglia di tentare imprese più impegnative ma questo non è l’anno giusto per scalare ghiacciai. Ha fatto molto caldo e la neve è quasi inesistente. I ghiacciai presentano grandi seracchi e sono notevolmente sofferenti. Tuttavia, incrocio un sacco di persone che salgono/scendono attrezzati con corde e ramponi, questo è davvero il paradiso degli escursionisti ed è un qualcosa che si respira, è molto tangibile.

Si apre una finestra sul fondovalle, vedo il fiume Savara, la strada regionale che lo costeggia e in fondo la frazione di Pont, dove arriverò questo pomeriggio. Per recuperare l’auto mi aspetta quindi anche un pezzetto di strada asfaltata, circa 2 km. Mi sono domandata più volte se era meglio percorre l’anello in questo senso o al contrario. Alla fine, ho seguito l’istinto.

Ricordo la prima volta che sono salita a questo rifugio, erano le mie prime escursioni in montagna in assoluto e le mie prime escursioni in Valle d’Aosta.

Dopo aver rigenerato anima e corpo al rifugio Chabod, si rientra alla base seguendo il panoramico sentiero 5a. Saltellando qua e là, in circa 1 ora e mezza si ritorna a valle; con le gambe stanche ma il cuore gonfio.

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