Fasi e Ciclo di Vita di una Destinazione Turistica
La destinazione turistica rappresenta l’unità di analisi fondamentale nello studio delle scelte di gestione e organizzazione dei sistemi turistici: oltre ad essere il luogo (fisico ed emotivo) che attrae e motiva il turista, essa rappresenta e comprende la value chain di produzione del prodotto turistico e dell’esperienza del turista (Pike 2008; Candela e Figini, 2012; Fyall et al., 2012).
Lo studio delle dinamiche e dei fenomeni che hanno luogo nella destinazione turistica è intrinsecamente multidisciplinare, coinvolgendo in modo particolare gli studi organizzativi, il management e il marketing, la politica economica, le scienze della pubblica amministrazione, il diritto, la sociologia, la geografia.
Definizione e Prospettive Teoriche
Malgrado l’importanza strategica del concetto di destinazione turistica, in letteratura manca una definizione univoca e condivisa. Al contrario, esiste un ampio dibattito sui suoi contenuti e sulle dimensioni rilevanti.
Le conseguenze di questo disordine concettuale non sono di poco conto e hanno importanti conseguenze applicative: queste riguardano ad esempio il livello geografico e amministrativo al quale vada identificata la destinazione, l’opportunità/necessità dell’intervento di un soggetto pubblico nello sviluppo e nella gestione della destinazione e il conseguente ruolo dell’iniziativa privata, l’utilità di una organizzazione formale (generalmente denominata Destination Management Organization - DMO) che sovrintenda la rete di relazioni interne e curi il coordinamento fra i soggetti coinvolti.
Nella sostanza, due definizioni di destinazione turistica polarizzano la letteratura: destinazione come sistema territoriale progettato e coordinato per offrire uno o più prodotti turistici in grado di soddisfare i complessi bisogni del turista, oppure destinazione come sistema emergente sulla base di significati socialmente creati e istituzionalizzati.
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Effettivamente, tale discussione potrebbe essere ricondotta nell’alveo della letteratura che studia i distretti industriali, considerando nella sostanza la destinazione turistica come un distretto (Smith, 1994; Hjalager, 2000, Jackson e Murphy, 2002). Nei paragrafi successivi, approfondiremo queste tre prospettive teoriche.
La Destinazione come Sistema Progettato
La destinazione è intesa in tali teorie come un amalgama, un sistema composto da alcuni soggetti e servizi locali che devono operare in modo coordinato al fine di soddisfare i complessi bisogni dei turisti (Cooper et. Tutte queste definizioni concordano nell’assegnare un ruolo cruciale alla progettazione e alla successiva gestione della destinazione: la pianificazione diviene il processo fondamentale che caratterizza le destinazioni turistiche (Getz, 1992; Evans et al. 1995; Bærenholdt et al., 2004, Baker e Cameron, 2008).
La DMO rappresenta un elemento imprescindibile della destinazione turistica, per la quale svolge funzioni vitali, quali (Gartrell, 1994; UNWTO, 2007; Bornhost et al. Evidentemente, tanto la competitività della destinazione quanto la sostenibilità delle politiche turistiche rispetto alla comunità locale dipendono dalla capacità di indirizzo strategico e di coordinamento operativo (abbinati alle capacità promozionali) della DMO.
La Destinazione come Sistema Emergente
Come risposta al dirigismo e alla centralizzazione deterministica veicolata dalle teorie precedentemente esposte, è emersa una prospettiva teorica di stampo decisamente contrapposto (Hughes, 1995; Tribe, 2006). In effetti, mentre l’approccio del sistema progettato considera il turista come un soggetto passivo che viene attratto da una destinazione turistica progettata su misura per lui, la prospettiva che ci accingiamo a presentare considera il turista come l’attore principale e l’attivatore della destinazione.
Tale prospettiva muove dall’assunto che una destinazione turistica sia semplicemente un luogo dove i turisti vanno (Leiper, 1995). Al di là delle attività progettuali e di pianificazione, questa prospettiva riconosce nel comportamento del turista l’elemento fondativo della destinazione. Framke (2002) definisce la destinazione turistica come un insieme di immagini e strutture risultanti da pratiche sociali.
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La destinazione turistica non è oggettivamente esistente, non ha confini e relazioni predefinite o predefinibili, ma è continuamente creata e ri-creata attraverso processi sociali di costruzione della realtà e di definizione di significati. La destinazione turistica può essere quindi identificata solamente a posteriori, andando a riconoscere le attribuzioni di significato che si sono venute a creare.
La pianificazione turistica perde di significato, in quanto essa può al massimo tentare di veicolare significati, immagini e percezioni ai turisti (Urry e Larsen, 2011) e tentare di promuovere lo sviluppo sociale delle comunità locali. Come conseguenza, la DMO è svuotata di attribuzioni, non rilevando le attività pianificazione e coordinamento.
Essa tuttavia non scompare, stante il rilievo assegnato alle attività di marketing della destinazione. In questa prospettiva, infatti, l’attività di promozione della destinazione svolta dalla DMO attraverso la veicolazione di immagini, narrative e significati appare fondamentale per attivare percezioni e stimolare l’esperienza dei potenziali turisti (Framke, 2002; Urry e Larsen, 2011).
Fasi del Ciclo di Vita di una Destinazione Turistica
Le destinazioni turistiche seguono un ciclo evolutivo sulla base di un fattore prezzi (maggiore è l’attrazione esercitata da un’area, maggiore sarà la disponibilità a pagare dei turisti, ma con un probabile fenomeno di inflazione, portando altre destinazioni ad essere valide alternative) e di un fattore tendenziale (legato al mutare delle opinioni sulla fama dell’area considerata e sul suo essere alla moda, all’evoluzione nei gusti e nelle abitudini dei visitatori).
- La fase di esplorazione implica un numero limitato di turisti che si organizzano in modo autonomo e indipendente e viaggiano verso una attrazione (naturale o creata più o meno intenzionalmente dall’uomo) seguendo percorsi e itinerari non predefiniti. Una volta raggiunta la meta, i turisti interagiscono con la comunità locale e sfruttano i servizi disponibili.
- La fase di coinvolgimento si avvia quando il numero di turisti aumenta e assume una qualche regolarità. A livello locale vengono riconosciute le potenzialità turistiche e si iniziano a erogare servizi specificamente diretti ai turisti.
- La fase di sviluppo deriva dal riconoscimento della importanza turistica della località ed è caratterizzata dall’intervento di soggetti economici esterni alla comunità locale. In aggiunta a queste nuove imprese, i policy maker locali, regionali e nazionali intervengono in modo più strutturato, il business turistico diviene importante e il numero di turisti cresce in modo rilevante. La destinazione inizia a essere promossa all’esterno.
Anche in questa prospettiva, il turista assume un ruolo fondamentale poiché, in qualità di fruitore di un’esperienza, “il suo viaggio verso un’attrazione implica necessariamente l’attivazione di un network di interdipendenze. Infatti, la qualità dell’esperienza del turista dipende non solo dalla qualità e dai servizi dell’attrazione che ha motivato il suo viaggio, ma anche dalla qualità e dall’efficienza delle attività complementari” (Porter, 1998, p. Evidentemente, l’attrazione turistica principale (quella che motiva il viaggio del turista) non è mai in grado di controllare autonomamente tutti i fattori che incidono sull’esperienza del visitatore.
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Il turista, attraverso le sue scelte di visita e consumo, crea quindi il proprio prodotto turistico come sommatoria di interazioni con una moltitudine imprese, istituzioni, e persone (sia residenti, sia altri turisti) e attiva così un network di soggetti che andrà a influenzare la sua esperienza turistica. I soggetti coinvolti in tale network possono non in tale fase non avere consapevolezza della loro interdipendenza nella co-creazione dell’esperienza turistica; d’altro canto, nel medio-lungo periodo, essi possono identificare delle regolarità e comprendere l’interdipendenza in atto tra di loro.
A questo stadio di sviluppo (corrispondente alle fasi di esplorazione e coinvolgimento proposte da Butler), si ha una destinazione turistica embrionale e non formalizzata (Barbini e Presutti, 2014). Una simile destinazione può essere interpretata come una organizzazione informale (Barnard, 1938) ossia come un insieme di contatti e interazioni tra soggetti che genera risultati integrati o collettivi in assenza di accordi preliminari sugli obiettivi da raggiungere.
Attraverso reiterate interazioni nell’ambito dell’organizzazione informale, gli operatori turistici acquistano consapevolezza dell’interdipendenza che li lega e sviluppano interesse verso l’adozione di comuni strategie di coordinamento per favorire il loro comportamento interdipendente. In questo frangente, nella transizione tra fase di coinvolgimento e fase di sviluppo proposte da Butler, è plausibile ipotizzare la creazione di una DMO, esplicitamente diretta a coordinare l’azione cooperativa dei soggetti partecipanti alla destinazione turistica (Barbini et al., 2014).
- Lo stadio di maturità (consolidamento).
I motivi per cui alcune destinazioni presentano un calo di flussi turistici non sono solo inerenti al superamento della capacità di carico perché ci sono alcune destinazioni dove la congestione è altissima ma i flussi turistici continuano ad aumentare.
La quantificazione dei flussi, ad esempio, non riesce a tener conto dell’escursionismo perché non si traduce in presenze misurabili ma implica, comunque, conseguenze fortissime in termini di impatto ambientale, di equilibrio territoriale e di vivibilità dei residenti, senza mostrare cenni di diminuzione. lo sviluppo turistico di un’area è sottoposto a un processo di autolimitazione che finisce per manifestarsi per effetto dell’evoluzione dei gusti, delle motivazioni, delle abitudini, del comportamento di spesa dei visitatori.
- La quarta fase è quella della maturità, dove il numero assoluto di visitatori aumenta a tassi sempre più contenuti.
- La quinta fase è quella della stagnazione, nella quale la destinazione ha raggiunto i livelli massimi di visita e non è più percepita come attrazione. A questo punto si può avere il declino, dove i visitatori diminuiscono e la domanda stanziale tende ad essere sostituita dall’escursionismo e dalle visite del fine settimana, oppure il rinnovamento grazie all’opera del pianificatore pubblico che inverte la tendenza con opportune politiche.
Problematiche e Strategie
L’utilizzo del Ciclo di Vita comporta delle difficoltà e le più critiche riguardano:• La natura soggettiva delle indicazioni stesse che non possono essere delineate a priori, indipendentemente dal problema specifico.• Una difficoltà di tipo concettuale nel determinare quale sia effettivamente il livello di saturazione del mercato, in campo industriale e turistico.
La capacità di carico di una località, che definisce la soglia della saturazione, oltre ad essere difficilmente misurabile, implica anche un limite fisso, mentre nella realtà la capacità di un’area cambia al muoversi della località stessa da una fase all’altra del ciclo• Un altro limite consiste nel fatto che il modello appare centrato solo sulle caratteristiche della località e non considera gli effetti dinamici dell’andamento delle località concorrenti.Determinare in quale momento del Ciclo di Vita si trova una determinata area turistica è una questione legata al problema della durata delle varie fasi.
L’applicazione del modello a classi di prodotto, a singoli prodotti, o a marche, ha evidenziato che l’andamento e la lunghezza del ciclo variano al variare del livello di aggregazione e che il modello si presta meglio a descrivere la vita dei prodotti piuttosto che di classi di prodotti.
I confini di una località non sono possono essere definiti in maniera geograficamente corretta e solo nel caso delle isole è possibile una delimitazione esatta; le destinazioni si integrano con i territori limitrofi, i visitatori spesso pernottano al di fuori dei suoi confini amministrativi ed ogni destinazione ha le sue caratteristiche in termini di vincoli di accessibilità, elasticità e capacità di ospitare i turisti che pernottano nei dintorni e possono sfuggire ad una precisa quantificazione.
Per utilizzare al meglio questo modello, allo scopo di pianificare uno sviluppo turistico, è importante procedere con una sorta di disaggregazione del Ciclo di Vita del prodotto.
Infatti, l’evoluzione di un’area turistica è condizionata dalla dinamica delle sub-aree che la compongono e il Ciclo di Vita deve essere analizzato con la consapevolezza che esso è la risultante dei Cicli di Vita delle singole aree identificabili all’interno della destinazione stessa, ognuno dei quali ha il suo andamento.
Per chi si occupa di pianificazione strategica, il vantaggio di uno strumento come il Ciclo di Vita dovrebbe consistere nell’individuare il momento della saturazione, ossia il momento in cui, per una sorta di eccesso di sviluppo, le presenze cominciano a stabilizzarsi o a diminuire.
Esempio delle Isole Baleari
Negli anni ’80, il Governo locale dell’arcipelago e gli operatori privati constatarono che il modello turistico delle Baleari era ormai arrivato al massimo della sua espansione poiché le risorse naturali delle isole esigevano di mettere freno all’aumento quantitativo, per concentrare gli sforzi sugli aspetti qualitativi. Allo stesso tempo si constatava che il “modello balneare” era stato copiato mimeticamente da molti paese del Nord Africa e da altre località turistiche europee mediterranee, dai Caraibi e dall’Estremo Oriente.
Con lo sguardo rivolto al turismo del secolo XXI, le Baleari sanno che la concorrenza turistica si vince sul terreno della qualità dei servizi. Comincia così quella che alcuni osservatori hanno definito come “la rivoluzione della qualità totale”, attraverso cui coinvolgere tutta la popolazione delle isole e tutti i settori turistici (agenzie, trasporti, alberghi, località turistiche, attrattive naturali, formazione professionale, università e pubblico in generale), partendo dalla constatazione che il Prodotto Interno Lordo delle Baleari dipende - quasi al 90% - dall’industria del turismo.
Implica che tutti gli edifici destinati ad alloggio turistico, costruiti prima del 1984, dovranno essere sottoposti a una ispezione tecnica per vedere se hanno bisogno di rinnovare gli impianti per adeguarsi ai “requisiti di qualità” della nuova offerta: interessa 1.200 edifici e circa 200.000 posti letto, tanto di alberghi che di appartamenti . L’ispezione che viene condotta è molto accurata soprattutto quanto a sicurezza, prevenzione incendi, qualità dei servizi, arredi e norme di igiene alimentare.
I lavori di riqualificazione decisi dalla Commissione tecnica dovranno essere realizzati in un termine massimo di tre anni e gli alberghi che non si metteranno in regola dovranno uscire dal mercato, perché ad essi non sarà rinnovata la licenza di esercizio.
Per quanto riguarda i servizi complementari, l’obbiettivo è quello di migliorare la competitività e la qualità dei ristoranti, bar e locali pubblici: il termine per adeguarsi alla nuova normativa è di due anni. Affinché tutta l’acqua che si riversa in mare passi per un procedimento biologico che elimini l’inquinamento è stato creato nel 1989 l’Instituto Balear de Sancamiento. Oggi le Baleari non versano in mare nemmeno un litro d’acqua non depurata e, grazie a questo, la U.E.
Approvato recentemente dal Governo delle Isole Baleari, è entrato in vigore nell’anno ’94. Vuole migliorare le zone turistiche con una cintura verde che ne eviti lo sviluppo incontrollato. Prevede la demolizione di edifici vetusti per creare nuove aree senza cemento.
ECOMOST
ECOMOST è l’anacronismo di Europan Community Models of SoustainableTourism (Modelli di turismo sostenibile della Comunità Europea), uno studio sollecitato dall’IFTO (l’associazione che riunisce i grandi Tour Operators) alla U.E.
Nella elaborazione delle griglie di valutazioni di ECOMOST , la ricerca è stata condotta su un’area che ha valore quasi simbolico come meta del turismo di massa. Ma il progetto ECOMOST non rappresenta solo un insieme coordinato di tecniche diagnostiche: si qualifica soprattutto come studio utile per definire gli interventi, per progettare, quando occorra, una revisione del sistema turistico locale, indicando le linee di intervento più adeguate.
Ciò, soprattutto per impedire che la crescita tumultuosa dei flussi turistici prevista per la fine del decennio possa trasformarsi, da opportunità positiva, in un percorso critico non solo per l’equilibrio socio-culturale e ambientale, ma soprattutto per l’economia. Ben sapendo che l’implicazione degli aspetti economici costituisce il deterrente più immediato, la motivazione più concreta delle politiche di intervento.
Ecco perché l’iniziativa della CIT ci è sembrata particolarmente importanti per un paese come l’Italia che tende a diffondere e ad omologare, su tutto il territorio, un modello di sviluppo turistico che potrebbe mostrare segni di decadenza prima di quanto non si pensi. Come abbiamo scritto altre volte, alle nobili ragioni dell’ecologia preferiamo le più prosaiche e fredde ragioni dell’economia.
Valutazione della Capacità di Carico Turistica
Per rispondere alla necessità di costruire di un modello di sviluppo adattabile a tutte le realtà ambientali, l UNEP ha elaborato nel 1997 attraverso il Programma di Azioni Prioritarie, una Valutazione della Capacità di Carico Turistica.
Si tratta di uno strumento di analisi flessibile, ottimale per ogni località considerata, che può divenire parte integrante del processo di pianificazione e gestione del turismo. La capacità di carico turistica è definita dal WTO come il numero massimo di persone che visitano, nello stesso periodo, una località turistica senza comprometterne l ambiente fisico, economico e socio-culturale, e senza ridurre la soddisfazione dei turisti .
Omogeneità e Disomogeneità dei Territori
Primo punto sul quale riflettere sono le omogeneità e disomogeneità dei territori intesi in senso storico. Portatore di elementi rilevanti e condivisi al suo interno.
Il tessuto connettivo di un territorio deve essere conosciuto nelle sue fondamenta. Questi elementi rappresentano altrettante connessioni e punti di partenza in grado di permettere la definizione di specifici interventi per lo sviluppo turistico compatibili e sostenibili. Il raggiungimento di una pianificazione turistica sostenibile dovrà essere il risultato di un processo concordato tra le varie parti interessate e sarà specifica per la località considerata.