Femminicidi in Italia: Analisi Statistica e Focus sugli Stranieri
Il fenomeno del femminicidio in Italia continua a destare preoccupazione, con dati che evidenziano dinamiche complesse e sfaccettature diverse. Tra il 1 gennaio e il 18 novembre di quest'anno, sono state uccise 99 donne in Italia. Gli omicidi sono avvenuti soprattutto nelle regioni del centro, mentre diminuiscono al nord e soprattutto al sud.
I dati provengono dall'XI Rapporto Eures che registra una forte crescita delle figlie uccise, passate da 5 a 9, generalmente all'interno di "stragi familiari" o in quanto vittime collaterali di una violenza orientata a colpire la coniuge o la ex partner. Sale inoltre il numero di autori under 25 (da 4 a 12), anche se, coerentemente alla dinamica rilevata per le vittime, sono gli autori di oltre 64 anni a registrare l'incidenza più elevata (27 autori, pari al 27,8%).
Vittime Straniere: Un Trend in Crescita
Significativo il dato relativo alle vittime straniere che, in controtendenza rispetto a quelle italiane, risulta in forte crescita, passando da 17 a 24, arrivando a rappresentare un quarto delle vittime totali (24,2%), con un incremento del 41,2% tra il 2023 e i primi 11 mesi del 2024. Diminuisce invece del 21,1% il numero delle vittime italiane, passate da 95 a 75.
L'aumento delle vittime straniere si accompagna ad una forte diminuzione degli autori di femminicidio di nazionalità non italiana, passati da 23 a 16, con un decremento del 30,4%, mentre rimane stabile il numero degli autori italiani (83 nei primi 11 mesi del 2023 e del 2024).
La Dichiarazione di Giorgia Meloni e i Dati Istat
Il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rilasciato un’intervista al settimanale Donna Moderna. Nell’intervista, Meloni ha dichiarato che «c’è un’incidenza maggiore, purtroppo, nei casi di violenza sessuale da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente».
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Secondo i dati Istat più aggiornati e completi, nel 2022 sono state denunciate o arrestate 5.775 persone con l’accusa di violenza sessuale. Di queste persone denunciate arrestate o denunciate, 3.340 erano italiane, 2.435 straniere. Dunque, la maggioranza è composta da cittadini italiani: il 57,8 per cento contro il 42,2 per cento degli stranieri. Nel 2022, però, i cittadini stranieri corrispondevano all’8,7 per cento della popolazione.
A una prima lettura, questi numeri suggeriscono quindi che la tesi di Meloni sia corretta: se gli stranieri sono circa il 9 per cento della popolazione, ma oltre il 40 per cento di violenze sessuali è commesso da stranieri, allora significa che «c’è un’incidenza maggiore nei casi di violenza sessuale da parte di persone immigrate».
Le Limitazioni dei Dati e la Sottodenuncia
Innanzitutto, i dati appena visti non indicano il numero di violenze sessuali commesse, ma gli autori di violenza denunciati o arrestati con l’accusa di aver commesso questo reato. Come ha spiegato Istat più volte, le violenze sessuali e altri reati (tra cui le lesioni o le minacce) «hanno una dimensione sommersa molto elevata». Detto altrimenti, «sono molto pochi» i reati «che sono denunciati dalle vittime»: questo è il fenomeno della cosiddetta “sottodenuncia”.
«Alle violenze sessuali è associata una scarsissima propensione alla denuncia, considerazione che rende i dati desunti dalle denunce presentate alle forze di polizia poco adatti a fornire una stima quantitativa del fenomeno. È inoltre ragionevole pensare che i casi denunciati siano quelli, mediamente, di gravità maggiore», ha sottolineato Istat. «Essenziali per la stima del sommerso della violenza, ovvero la parte non denunciata alla polizia e alle autorità giudiziarie, sono i dati dell’Indagine sulla sicurezza delle donne».
L’ultima edizione di questa indagine è del 2014. All’epoca Istat aveva rilevato che in Italia solo il 16 per cento delle donne che ha subìto una violenza sessuale l’ha denunciata. In pratica, oltre otto donne su dieci vittime di violenza sessuale non si sono rivolte alle forze dell’ordine.
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Ulteriori Considerazioni sui Dati Istat
Oltre alla sottodenuncia, ci sono altri due problemi che non permettono di usare i dati Istat per supportare con certezza la dichiarazione fatta da Meloni. In primo luogo, le statistiche di Istat non permettono di distinguere le violenze sessuali commesse da cittadini stranieri che sono immigrati regolari e irregolari, e nemmeno di distinguere le violenze commesse da stranieri (o italiani) che vivono in condizioni di «degenerazione», per citare la parola usata da Meloni.
In secondo luogo, la propensione a denunciare una violenza sessuale subita cambia a seconda della nazionalità delle vittime. Per esempio, secondo i dati raccolti da Istat, il 4,4 per cento delle donne italiane vittime di stupro ha denunciato il proprio aggressore di nazionalità italiana, quando questo non era un partner o un ex partner. Questa percentuale sale al 24,7 per cento quando l’aggressore era straniero. Queste percentuali scendono rispettivamente al 2,2 per cento e al 17,8 per cento per il tentato stupro.
Ricapitolando: sulla base dei dati Istat, è possibile dire che è straniero circa il 40 per cento delle persone denunciate o arrestate in Italia con l’accusa di aver commesso una violenza sessuale. Questo non significa necessariamente che quattro violenze sessuali su dieci siano commesse da stranieri, perché i dati che abbiamo a disposizione riguardano le denunce, e non tutte le violenze sessuali davvero commesse.
In più, i dati Istat non permettono di distinguere tra le violenze commesse dagli stranieri e quelle commesse da stranieri regolari o irregolari, o che vivono in specifiche condizioni di marginalità.
La Necessità di Dati Complessivi e Politiche Culturali
L’assenza di dati complessivi in grado di inquadrare il fenomeno nella sua entità e nelle sue diverse manifestazioni (e per restare nella scia delle polemiche più recenti, di fotografare la sua diffusione presso le diverse componenti, anche etniche, della nostra società) a noi sembra già oltremodo significativa, e non certo incoraggiante.
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Ci sembra di per sé la notizia da cui incominciare a ragionare: perché non è pensabile una seria opera di contrasto da parte delle Istituzioni se non a partire da una conoscenza quanto più oggettiva e completa su di un fenomeno così pervasivo e mutevole, che si può pensare di sconfiggere solo mettendo in atto politiche culturali prima che legislative in grado di raggiungere tutti i diversi strati sociali in cui si annida.
Leggerne solo una parte, magari anche la più drammatica, quale il capitolo dei femminicidi, e da essa volendo “puntare” solo al dato della nazionalità degli autori, peraltro travisandone l’effettiva consistenza con la ingannevole equazione “straniero=illegale” suona innanzitutto come una rinuncia, una abdicazione al dovere di contrastarlo in ogni modo, nei confronti di chicchessia, sempre e ovunque.
Suona come l’ennesima strumentalizzazione a fini di propaganda di un fenomeno, in luogo della sua seria considerazione per tentarne la soluzione o quantomeno la riduzione.
L’ISTAT indica quale risultato complessivo della sua indagine il dato, sicuramente sensazionale, secondo cui il 31,5% delle 16-70enni ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: distingue poi all’interno di questa larga platea tra diverse tipologie di violenza, e analizza anche l’ambiente in cui è essa maturata, confermando che quello privilegiato è l’ambiente familiare, essendone autore in grande prevalenza il partner (o l’ex partner).
La stessa evidenza emerge dalle analisi, anche più recenti, in tema di femminicidi, da cui appunto risulta che la famiglia o, meglio, la coppia, è l’humus in cui la determinazione della soppressione della partner o ex partner si concretizza.