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Femminicidi Compiuti da Stranieri: Analisi Statistica e Riflessioni

La questione dei femminicidi in Italia è un tema doloroso e complesso, ulteriormente complicato quando si analizza la componente dei reati commessi da stranieri. Questo aspetto solleva preoccupazioni e genera timori crescenti nell'opinione pubblica.

Casi Recenti di Femminicidio

Il caso di Rovereto è solo l’ultimo di una lunga lista di omicidi ai danni di donne che hanno bagnato di sangue l’Italia in questa prima metà del 2023. L’ultimo caso, raccapricciante, è quello di Rovereto. Una donna di 61 anni stava rincasando quando, attraversando il parco cittadino, è stata aggredita da un uomo.

Giù i pantaloni, calati con forza, e buttata a terra. Il tentativo, vano, di resistere. Calci, pugni, ancora calci e sempre più pugni. Spunta un sasso. Le grida e la scena richiamano l’attenzione dei residenti della zona che chiamano le forze dell’ordine e le ambulanze. Per la 61enne non ci sarà nulla da fare, morirà poco dopo essere arrivata in ospedale.

L’uomo, invece, viene fermato. Bloccato con un taser, Nweke Chukwuk nigeriano senzatetto di anni 37, vagava nel quartiere Santa Maria. Indisturbato. L’uomo, se così possiamo definirlo, doveva essere espulso ma si trovava in Italia perché provvisto di “obbligo di dimora”. Uno strumento in pieno contrasto con la sentenza di espulsione e che, addirittura, la annulla.

I dati riportati su femminicidi.it, riportano un numero che inorridisce: 66. Da gennaio a oggi, sessantasei donne hanno perso la vita. Di questi casi, 25 vengono classificati come femminicidi. L’ultimo nella lista è quello di Sofia Castelli, 20 anni, brutalmente uccisa a Cologno Monzese dall’ex compagno, Zakaria Atqaoui, 23 anni.

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Ma continuiamo. 28 giugno. Maria Michelle Causo, 17 anni, detta “Misci”. Uccisa a Primavalle, quartiere di Roma, coetaneo della vittima, originario dello Sri Lanka, ma naturalizzato italiano. L’avrebbe uccisa per un debito di poche decine di euro. Morta per mano di stranieri e dell’ex marito, è anche la 72enne di Conegliano, Margherita Ceschin.

Il 7 maggio perde la vita a Torremaggiore in provincia di Foggia Jessica Malaj, 16 anni. A compiere l’omicidio (in cui è stato ucciso anche il compagno della ragazza) è stato il padre della giovane, Taulant Malaj, albanese di 45 anni, di professione panettiere che, non pago di aver già strappato al mondo due vite, avrebbe tentato di uccidere anche la moglie Tefta.

E ancora, 6 maggio. Danjela Neza, 28 anni, viene uccisa nel corso della notte a Savona. Arezzo, 13 aprile. Brunetta Ridolfi, 76 anni, e la figlia Sara Ruschi, 35 anni vengono uccise da Jawad Hicham, 38 anni, di origini magrebine ma da tempo residente in Italia. Marzo. Zenepe Uruci, 56 anni, viene uccisa il 30 del mese nell’abitazione in cui risiedeva a Terni. A compiere il delitto è stato il marito convivente Xhafer Uruci, albanese.

Arriviamo a febbraio. Yana Malyako, 23 anni e residente a Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova viene uccisa da Dumitru Stratan, 34 anni, originario della Moldavia. Quelli che abbiamo riportato sono solo alcuni dei casi di femminicidio avvenuti in Italia nel 2023 per mano di stranieri.

Dati Statistici: Un Quadro Preoccupante

A dipingere un quadro ancor più raccapricciante è il Primato Nazionale che riporta come “dal 2018 al 2021, in Italia, i femminicidi sono stati 657, dei quali 27 sono ancora senza un colpevole. Dei 630 femminicidi dei quali sono stati arrestati gli autori, 142 erano immigrati, ben il 23 per cento”.

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Di un certo impatto anche i dati di Eurispes secondo cui l’aumento costante dei reati predatori, principalmente commessi da individui stranieri, è un fenomeno rilevante. Nel corso del 2022, la popolazione straniera residente sul suolo nazionale ha rappresentato circa l’8,5% dell’intero totale.

Analizzando le informazioni relative alle azioni di contrasto intraprese dalle Forze di polizia a livello nazionale, emerge che nel corso del 2022 sono state registrate 271.026 segnalazioni riguardanti cittadini stranieri ritenuti responsabili di attività illegali. Questo valore costituisce il 34,1% del totale delle persone denunciate e arrestate. Tale dato presenta un lieve aumento sia in termini assoluti che in termini di incidenza rispetto all’anno precedente. Nel 2021, le segnalazioni erano state 264.864, rappresentando il 31,9% del totale complessivo.

La maggioranza delle vittime coinvolte è di genere femminile, con una percentuale compresa tra il 74% e il 76% per quanto riguarda gli atti persecutori. Nei casi di maltrattamenti all’interno del contesto familiare e conviviale, la prevalenza femminile varia tra l’81% e l’83%, mentre per le violenze sessuali, tale predominanza raggiunge percentuali che oscillano tra il 91% e il 93%.

Secondo i dati Istat più aggiornati e completi, nel 2022 sono state denunciate o arrestate 5.775 persone con l’accusa di violenza sessuale. In quest’ultima categoria rientrano atti molto diversi tra loro, dalle molestie allo stupro. Di queste persone denunciate arrestate o denunciate, 3.340 erano italiane, 2.435 straniere. Dunque, la maggioranza è composta da cittadini italiani: il 57,8 per cento contro il 42,2 per cento degli stranieri.

Nel 2022, però, i cittadini stranieri corrispondevano all’8,7 per cento della popolazione. A una prima lettura, questi numeri suggeriscono quindi che la tesi di Meloni sia corretta: se gli stranieri sono circa il 9 per cento della popolazione, ma oltre il 40 per cento di violenze sessuali è commesso da stranieri, allora significa che «c’è un’incidenza maggiore nei casi di violenza sessuale da parte di persone immigrate».

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Ricapitolando: sulla base dei dati Istat, è possibile dire che è straniero circa il 40 per cento delle persone denunciate o arrestate in Italia con l’accusa di aver commesso una violenza sessuale. Questo non significa necessariamente che quattro violenze sessuali su dieci siano commesse da stranieri, perché i dati che abbiamo a disposizione riguardano le denunce, e non tutte le violenze sessuali davvero commesse.

I dati che confermano il legame tra l’immigrazione illegale, incontrollata, e le violenze sulle donne esiste. Parlano i numeri. Gli stranieri sono il 9% della popolazione residente in Italia. Da gennaio a settembre del 2024 si sono contati 118 omicidi volontari con vittime donne: gran parte saranno classificati come «femminicidi». Di essi, in 29 casi il «presunto autore» risulta essere straniero. L’incidenza degli immigrati sul totale di questi reati è pari quindi al 25%: più che doppia rispetto alla loro presenza. Percentuale simile a quella registrata nel 2023: 27%.

Per quanto riguarda i dati dei maltrattamenti contro familiari e conviventi nei quali la vittima è una donna: “in questo caso la percentuale di autori stranieri si avvicina al 30% sia nel primo semestre del 2023 (28%) che in quello del 2024 (29%)”, riporta Libero in una tabella.

Stalking, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenze sessuali sono i cosiddetti “reati spia”. I loro autori risultano essere stranieri nel 28% dei casi scoperti. Sono soprattutto romeni, cui si deve il 14% dei reati spia commessi dagli immigrati; seguiti da marocchini (13%), albanesi (9%) e tunisini (6%).

Questi dati si aggiungono a quelli sul “Codice rosso” che la Polizia ha resi noti: nel 2023 risultano avere «presunti autori» stranieri 25 reati di «costrizione o induzione al matrimonio» su 33 (il 76%); 56 reati di «Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso» su un totale di 128 (il 44%); 215 reati di «Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti» su 683 (il 31%); 547 violazioni del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa su 2.497 provvedimenti emessi (il 22%).

Tabella: Dati Significativi sui Reati Commessi da Stranieri (2023)

Reato Autori Stranieri (Numero) Autori Stranieri (Percentuale) Totale Reati
Costrizione o Induzione al Matrimonio 25 76% 33
Deformazione dell’Aspetto della Persona 56 44% 128
Diffusione Illecita di Immagini o Video Sessualmente Espliciti 215 31% 683
Violazioni del Divieto di Avvicinamento 547 22% 2497

Interpretazione dei Dati e Complessità del Fenomeno

Innanzitutto, i dati appena visti non indicano il numero di violenze sessuali commesse, ma gli autori di violenza denunciati o arrestati con l’accusa di aver commesso questo reato. Come ha spiegato Istat più volte, le violenze sessuali e altri reati (tra cui le lesioni o le minacce) «hanno una dimensione sommersa molto elevata».

Detto altrimenti, «sono molto pochi» i reati «che sono denunciati dalle vittime»: questo è il fenomeno della cosiddetta “sottodenuncia”. «Alle violenze sessuali è associata una scarsissima propensione alla denuncia, considerazione che rende i dati desunti dalle denunce presentate alle forze di polizia poco adatti a fornire una stima quantitativa del fenomeno. È inoltre ragionevole pensare che i casi denunciati siano quelli, mediamente, di gravità maggiore», ha sottolineato Istat.

«Essenziali per la stima del sommerso della violenza, ovvero la parte non denunciata alla polizia e alle autorità giudiziarie, sono i dati dell’Indagine sulla sicurezza delle donne». L’ultima edizione di questa indagine è del 2014. All’epoca Istat aveva rilevato che in Italia solo il 16 per cento delle donne che ha subìto una violenza sessuale l’ha denunciata. In pratica, oltre otto donne su dieci vittime di violenza sessuale non si sono rivolte alle forze dell’ordine.

Oltre alla sottodenuncia, ci sono altri due problemi che non permettono di usare i dati Istat per supportare con certezza la dichiarazione fatta da Meloni. In primo luogo, le statistiche di Istat non permettono di distinguere le violenze sessuali commesse da cittadini stranieri che sono immigrati regolari e irregolari, e nemmeno di distinguere le violenze commesse da stranieri (o italiani) che vivono in condizioni di «degenerazione», per citare la parola usata da Meloni.

In secondo luogo, la propensione a denunciare una violenza sessuale subita cambia a seconda della nazionalità delle vittime. Per esempio, secondo i dati raccolti da Istat, il 4,4 per cento delle donne italiane vittime di stupro ha denunciato il proprio aggressore di nazionalità italiana, quando questo non era un partner o un ex partner. Questa percentuale sale al 24,7 per cento quando l’aggressore era straniero.

Il Ruolo della Cultura e dell'Educazione

Scrive Dacia Maraini: “Troppo spesso si sente dire: ‘l’ha uccisa perché l’amava troppo’, come se si potesse ammazzare per amore. È un controsenso che viene da un’antica cultura, la quale sostiene che l’amore sia possesso… Le persone dovrebbero essere educate al rispetto dell’altro fin dall’infanzia. Bisognerà fare un lavoro sulla cultura. Educare al rispetto fin dalle scuole elementari… C’è bisogno di far capire che non si può possedere nessuno. E che l’amore non giustifica il possesso”.

I maschi, poi, dovrebbero cominciare a guardare bene dentro se stessi: ma non in maniera fugace ed autoassolutoria, basata sulla considerazione che a compiere i femminicidi siano solo psicopatici, squilibrati e reietti della società (il che non è). Dovrebbero, invece, chiedersi, i maschi, se nella loro vita di tutti i giorni non si siano resi responsabili di una complicità passiva, girando la testa dall’altra parte, quando, invece, avrebbero dovuto intervenire; anche modificando propri comportamenti nel rapporto con l’altro sesso, che indulgano a quel senso di possesso o di intolleranza, pur se non a livello patologico.

Già questo potrebbe servire a segnare un’inversione di tendenza culturale, che releghi nel passato l’idea di “possesso” rispetto alla donna, magari sostituendola con una più idonea idea di protezione.

Strumenti Legali e Misure di Prevenzione

Nel 2019 è stata varata la cosiddetta legge del “codice rosso” (n. 69/19), poi ulteriormente modificata (negli ultimi giorni del 2023), con la quale sono state fissate ulteriori modalità procedurali atte a tutelare le donne e a far sì che le relative indagini per fatti di violenza siano attivate il prima possibile.

In particolare, con la legge n. 168/23 si è insistito maggiormente sulla prevenzione, per esempio evitando che i c.d. “reati spia” (lesioni personali, percosse, minacce, violazioni di domicilio, stalking ecc.) possano degenerare in fatti più gravi, e rendendo più efficaci le misure di protezione nei confronti della donna, anche con misure tese ad evitare la reiterazione dei reati (provvedimenti di allontanamento, divieti di avvicinamento anche con braccialetto elettronico, addirittura possibile adozione di misure di prevenzione, di cui al c.d. codice antimafia, ecc.). Va detto, però, che non sempre tali misure raggiungono l’obbiettivo sperato.

In alcune sedi giudiziarie - per esempio a Lecce - sono stati costituiti comitati, composti dai capi degli Uffici e da magistrati dei Tribunali e delle Procure, da funzionari dei servizi sociale e delle ASL, medici del Pronto soccorso, proprio per rendere quanto più efficaci tali disposizioni e prevenire, per quanto possibile, che la violenza, anche quella minima o solo psicologica, sconfini in fatti molto più gravi.

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