Germania Sospende Schengen: Chiusura delle Frontiere e Implicazioni Politiche
In Germania, il governo di centro-sinistra sta chiudendo i propri confini di terra nel tentativo di limitare l’immigrazione irregolare proveniente dagli altri Stati membri dell’Ue. La ministra dell’Interno di Berlino, Nancy Faeser, ha annunciato che a partire dal 16 settembre verranno istituiti dei controlli lungo tutti i confini terrestri del Paese per un periodo di sei mesi.
L’obiettivo dichiarato dal governo è quello di contrastare più efficacemente i flussi migratori irregolari per proteggere la popolazione da un’ondata di “estremismo islamico” che si ritiene sia all’origine di una serie di attentati. Faeser ha sottolineato che “questi controlli consentiranno anche un efficace respingimento” dei migranti verso i Paesi da cui hanno varcato i confini tedeschi.
La titolare degli Interni ha aggiunto che sia la Commissione che i partner europei sono stati informati in anticipo della decisione. Lunedì stesso, il ministro dell’Interno austriaco Gerhard Karner ha fatto sapere che Vienna non intende accogliere i migranti respinti da Berlino, facendo eco a proteste analoghe sollevate da Bruxelles, Lussemburgo, Praga e Varsavia.
In realtà, si tratta dell’estensione su scala nazionale di una serie di controlli già in atto su alcune frontiere: Austria (in vigore fino al prossimo novembre), Cechia, Polonia e Svizzera (fino a dicembre). Le misure già in vigore verranno dunque prorogate, anche dopo la loro scadenza originale, e coordinate per finire insieme a quelle imposte sui rimanenti cinque Stati che confinano con la Germania: Belgio, Danimarca, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
Si tratta dell’ennesima sospensione unilaterale delle regole dello spazio Schengen, che pure è prevista dai trattati in casi di minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna degli Stati membri. Ma soprattutto, si tratta di una partita politica di enorme rilevanza in Germania, dove l’anno prossimo i cittadini torneranno a votare per eleggere il Parlamento e dunque il governo.
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Il successo dell’estrema destra xenofoba di Alternative für Deutschland (AfD) alle recenti elezioni regionali sta spingendo tutti i partiti tradizionali su posizioni progressivamente più rigide in tema di migrazioni. Del resto, quella della chiusura totale dei confini, e di misure per il respingimento “completo” dei migranti, è una richiesta che lo stesso leader della Cdu, Friedrich Merz, avanza da tempo.
Un terremoto politico, insomma, da cui non è rimasto immune nemmeno l’Spd, il partito socialdemocratico del cancelliere Olaf Scholz, arrivato a proporre la chiusura totale - seppur temporanea - dei confini. Non sono passate neanche due settimane da quando il leader della Cdu Friedrich Merz ha evocato lo stato d’emergenza immigrati in Germania lanciando un ultimatum al cancelliere Olaf Scholz e, allo stesso tempo, ai vertici dell’Unione europea.
«E’ assolutamente necessario proteggere le frontiere esterne dell’Europa», aveva scandito il capo dell’opposizione tedesca. Solo quattro giorni dopo quell’avvertimento, il 1 settembre, l’estrema destra dell’Afd, anche soffiando sull’immigrazione, ha fatto man bassa di voti in Sassonia e Turingia facendo tremare sia Berlino che Bruxelles. La risposta dell’esecutivo tedesco è arrivata ed è in linea con quanto richiesto dalla Cdu.
Da lunedì prossimo, 16 settembre, la Germania sospenderà Schengen ripristinando e intensificando per sei mesi i controlli a tutte le sue frontiere. Allo stesso tempo verranno adottate misure restrittive nei confronti dei rifugiati e intensificate le procedure per rispedire verso i paesi di primo approdo i cosiddetti dublinanti.
Ad annunciare le nuove e più severe misure è stata la ministra dell’Interno Nancy Faeser (Spd) spiegando di aver già avvisato la Commissione europea della volontà di sospendere il Trattato sulla libera circolazione per fermare l’immigrazione irregolare e tutelare la sicurezza interna dalle minacce del terrorismo islamico. Una decisione presa dopo l’attentato jihadista di Solingen, dove un rifugiato siriano che avrebbe dovuto essere espulso ha ucciso tre persone, ma adottata sotto la pressione del successo elettorale dell’Afd, anche in vista delle elezioni federali che si terranno tra un anno.
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Oltre ai controlli alle frontiere (misura per altro non nuova visto che da ottobre del 2023 sono applicati ai confini con Polonia, Repubblica ceca e da settembre 2015 a quello con l’Austria) la stretta prevede un taglio agli aiuti economici destinati a quei richiedenti asilo che si trovano in Germania pur essendo di competenza di altri paesi. Espulsioni più facili sono invece previste per quanti dovessero commettere reati o venissero trovati in possesso di armi e oggetti pericolosi.
Da diverso tempo non si registravano tensioni così alte sui migranti tra gli Stati membri. A peggiorare la situazione c’è poi la provocazione dell’Ungheria che dopo aver minacciato nei giorni scorsi di voler trasportare a Bruxelles i migranti che si trovano al confine meridionale con la Serbia come ritorsione alla multa di 200 milioni di euro inflittale a giugno dalla Corte di giustizia dell’Ue per il mancato rispetto dei trattati sul diritto di asilo, ieri alle parole ha fatto seguire i fatti organizzando i primi pullman.
Ieri, i paesi Ue hanno varato l’accordo definitivo per l’entrata della Romania e della Bulgaria nello spazio Schengen. «Momento storico» per Bucarest e Sofia, persino l’Ungheria, che ha ancora per due settimane la presidenza del Consiglio Ue, ha espresso soddisfazione.
Per l’economia, è una tappa importante, non ci saranno più controlli alle frontiere per persone e merci, almeno sulla carta, perché sono stati negoziati dei freni. Nel 2023, c’era stata una prima decisione positiva, erano stati integrati alla libera circolazione aeroporti e porti marittimi di Romania e Bulgaria.
La buona notizia dell’integrazione di due paesi nello spazio Schengen, sembra però quasi uno scherzo del destino. Arriva difatti in un momento in cui c’è una corsa tra i paesi Ue a “sospendere” Schengen. La paura dell’immigrazione, la diffidenza verso gli altri stati membri, stanno distruggendo Schengen. Intanto, la metà dei paesi di Schengen, tra cui Italia, Austria, Francia, Germania e Polonia hanno sospeso la libera circolazione in questi mesi.
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Per sospendere Schengen ci sono comunque delle regole: una minaccia grave all’ordine pubblico o alla sicurezza interna. Il paese che intende sospendere la libera circolazione deve notificare la sua scelta alla Commissione, al Parlamento europeo e agli altri stati membri.
Il Ministero federale dell'Interno e della Comunità tedesco ha informato la Commissione europea di aver ordinato il ripristino temporaneo dei controlli di frontiera alle frontiere terrestri della Germania con Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Belgio e Danimarca per sei mesi, a partire dal 16 settembre 2024. Ciò significa che i controlli di frontiera saranno possibili a tutti i confini terrestri della Germania a partire da quella data, da momento che il governo aveva già ripristinato i controlli ai confini con l'Austria, la Svizzera, la Repubblica di Polonia e la Repubblica Ceca.
Sarà applicato l'intero pacchetto di misure di polizia di frontiera fisse e mobili, compresa la possibilità di rifiutare l'ingresso al confine, come consentito dalla legislazione nazionale e dell'UE. L'ordine temporaneo di controllo alle frontiere interne di Schengen si basa sull'articolo 25 e successivi del Codice frontiere Schengen.
Queste disposizioni del diritto dell'UE richiedono sempre una grave minaccia all'ordine pubblico o alla sicurezza e consentono il ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne solo per un periodo di tempo limitato e come ultima risorsa.
"I motivi per ordinare il controllo temporaneo delle frontiere - si legge in una nota del Ministero federale dell'Interno e della Comunità tedesco - sono la necessità di limitare ulteriormente l'immigrazione irregolare e di proteggere la sicurezza interna della Germania. Per quanto riguarda la migrazione irregolare, si deve tenere conto dell'onere complessivo della Germania, in particolare della limitata capacità dei comuni di fornire alloggi, istruzione e servizi di integrazione, dopo aver accolto 1,2 milioni di rifugiati dalla guerra in Ucraina e un gran numero di richiedenti asilo negli ultimi anni.
Nel panorama europeo della gestione dell’’immigrazione e della - non più - libera circolazione all’interno dello spazio Schengen, la Germania ha impresso una significativa svolta restrittiva con l’implementazione di una politica di respingimenti sistematici alle proprie frontiere interne. Questa politica è, in realtà, la prosecuzione di strategie di contenimento agli ingressi già sviluppate da governi precedenti. Dal 2015 (come primo Paese in Europa), l’allora “governo Merkel” aveva già reintrodotto i controlli di frontiera al confine interno dell’UE tra Germania e Austria.
Nel 2024, l’ultimo governo tedesco di Olaf Scholz ha rafforzato ulteriormente queste misure dopo le notevoli pressioni esercitate dall’opposizione e ha ripristinato i controlli di frontiera a tutti i confini interni tedeschi dell’UE. Secondo il ministero, nel periodo dall’8 al 4 giugno 2025 la polizia federale ha respinto alle frontiere tedesche un totale di 3.279 persone (tra cui 160 richiedenti asilo).
Il Tribunale Amministrativo di Berlino ha emesso una pronuncia di particolare rilevanza che rappresenta un attacco frontale alla legittimità dei respingimenti tedeschi. La decisione ha stabilito che i controlli di frontiera del 2022 alla frontiera austro-tedesca erano illegittimi, insieme alle relative misure di identificazione adottate.
Il Codice frontiere Schengen delinea parametri rigorosi per la reintroduzione/proroga dei controlli alle frontiere interne, limitandone l’applicazione esclusivamente a situazioni caratterizzate da minacce gravi all’ordine pubblico e circoscrivendone la durata a periodi temporalmente definiti. L’articolo 72 del TFUE, invocato dal governo tedesco quale giustificazione normativa per la gestione di situazioni emergenziali attraverso la temporanea sospensione dell’applicazione del diritto dell’UE, ha ricevuto dalla Corte di giustizia un’interpretazione significativamente restrittiva, che non ha mai riconosciuto deroghe fondate su tale disposizione.
L’implementazione di queste misure di respingimento sistematico si scontra con ostacoli operativi che ne compromettono gravemente la sostenibilità a lungo termine. In questo senso, il sindacato di polizia tedesca ha infatti evidenziato come l’intensificazione dei controlli alle frontiere possa essere mantenuta esclusivamente per periodi limitati, non superiori ad alcune settimane, rivelando l’insufficienza delle risorse disponibili per sostenere un simile sforzo organizzativo.
Parallelamente, la mancanza di cooperazione degli Stati confinanti emerge quale ostacolo strutturale pressoché insormontabile: il rifiuto da parte della Polonia di riprendere in carico i richiedenti asilo respinti dalla Germania dimostra come questa strategia unilaterale rischi di generare significative tensioni diplomatiche.
Martedì il primo ministro polacco Donald Tusk ha condannato la decisione del governo tedesco, definendola “inaccettabile”. Parlando a un incontro con i diplomatici polacchi, Tusk ha affermato di voler contattare “gli altri Paesi interessati dalla decisione di Berlino per consultazioni urgenti su come agire nel forum dell’UE su questo tema”.
In una dichiarazione rilasciata al quotidiano Bild, il ministro degli Esteri austriaco Gerhard Karner ha dichiarato che il suo Paese non accoglierà alcun migrante respinto dalla Germania alla frontiera. “Non c’è margine di manovra in questo caso”, ha affermato.
Nonostante gli entusiasmi dell’estrema destra, la decisione di Berlino preoccupa molti settori dei Paesi Bassi che potrebbero avere già da lunedì un impatto diretto dalle misure tedesche. L’associazione di categoria Transport and Logistics Netherlands (TLN) si è detta molto preoccupata per le conseguenze di questi controlli alle frontiere.
Come ricordato dall’associazione in una dichiarazione al sito olandese NOS erano sorti grossi problemi quando la Germania ha implementato i controlli dei passaporti durante il campionato europeo di calcio la scorsa estate e durante la pandemia di coronavirus. TLN teme situazioni simili a quelle che si sono verificate quando la Brexit è entrata in vigore per la prima volta, con prodotti che arrivano troppo tardi e le conseguenti conseguenze per il commercio.
“In base a Schengen, i Paesi membri possono reintrodurre i controlli alle frontiere interne” quando vi siano “gravi minacce per la sicurezza interna”. La Germania mantiene da tempo controlli alle frontiere con Austria, Repubblica Ceca, Polonia e Svizzera. Inizialmente le misure erano previste per un breve periodo di tempo.
Italia, Francia, Germania, Austria, Svezia, Danimarca, Norvegia, Slovenia e Paesi bassi hanno reintrodotto i controlli alle frontiere. Corrono tempi duri per lo spazio Schengen, l’area di libera circolazione di merci e persone che consente di attraversare senza controlli le frontiere dei Paesi europei. Si tratta di uno dei capisaldi dell’integrazione comunitaria, ma in tempi di crisi e conflitti, i Paesi aderenti possono optare per la sospensione temporanea del trattato e per la reintroduzione di barriere all’ingresso.
In caso di grave minaccia all'ordine pubblico o alla sicurezza interna, il Codice dei confini Schengen consente di reintrodurre i controlli alle dogane. Si può ricorrere a questo strumento solo temporaneamente e come misura di ultima istanza, rispettando il principio di proporzionalità.
Ecco perché la Commissione europea tiene il conto di tutti i Paesi che hanno sospeso la libera circolazione, le loro ragioni e la durata delle misure: l’Italia, ad esempio, ha reintrodotto i controlli da giugno a dicembre 2024, adducendo motivi legati al G7, all’immigrazione illegale dalla Slovenia, ai rischi di terrorismo e alla guerra in Medioriente e in Ucraina. Gli ultimi a dare seguito alla sospensione, i Paesi Bassi, da dicembre a giugno hanno chiuso la libera circolazione a causa della “elevata e cumulativa pressione sul sistema migratorio” e per un “aumento degli incidenti criminali nei centri di accoglienza”.
Ragioni simili sono state invocate da Germania, Francia, Austria. La Norvegia, invece, ha parlato di “minacce generali rivolta al settore energetico” e “minacce di sabotaggio da parte dei servizi segreti russi”. Anche per la Danimarca la guerra russa in Ucraina è stata determinante per la chiusura delle frontiere, mentre la Svezia si è riferita in generale alle minacce alla sicurezza nazionale causate dai conflitti in corso.
La crisi di Schengen non è una buona notizia per l’integrazione europea. L'accordo del 1985 ha dato vita a uno spazio inedito in cui merci e persone potevano spostarsi liberamente da un Paese all’altro dell’Europa. È nato su impulso del primo nucleo di Paesi pionieri: Lussemburgo, Belgio, Olanda, Francia e l'allora Germania Ovest. L'Italia vi ha aderito nel 1990. Oggi l'area conta 27 Paesi europei: 23 membri dell'Ue e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Non partecipano Irlanda, Cipro, Bulgaria e Romania. Finora è stato sospeso 387 volte. Nel 2020, l'emergenza coronavirus ha portato diversi Paesi a ripristinare i controlli ma negli ultimi anni la maggior parte delle sospensioni sono state legate al terrorismo e alla crisi migratoria.
MILANO - La Germania sospende il trattato di Schengen. Da oggi 26 maggio al 15 giugno alle frontiere tedesche saranno ripristinati gli stessi controlli che si effettuavano prima della nascita dell'Unione europea. In particolare, la frontiera calda sarà quella con l'Austria. Motivo della sospensione il G7 che si terrà nel castello di Elmau, in Baviera, il 7 e l'8 giugno: la Germania teme l'arrivo dei black bloc per la contestazione del vertice.
La Germania ha reintrodotto temporaneamente i controlli alle frontiere con i nove paesi con cui confina, ufficialmente come mezzo per contrastare l’immigrazione irregolare e prevenire minacce terroristiche. Il provvedimento ha provocato critiche in alcuni paesi vicini e soddisfazione da parte dell’estrema destra.
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