Il Grand Tour: Un Viaggio nella Storia, nell'Arte e nella Cultura Italiana
Il viaggio in Italia ha radici lontanissime. Dal Medioevo, epoca in cui l'itinerare fu estremamente congeniale, le strade d'Italia sono state battute da tanti pellegrini, poi da mercanti, da artisti, predicatori, studiosi, oltre che da banditi, nullafacenti e avventurieri, di cui sempre lo spazio è teatro. Il viaggio a Roma, in particolare, anche quando vennero meno i dominanti caratteri penitenziali, restò una tappa fondamentale nella vita di molti nuovi viaggiatori, divenendo occasione mondana e, nel corso del XV secolo, viaggio laico ed erudito. A Roma si affiancarono presto città nuove: Milano, Venezia, Firenze, Bologna.
Altre componenti vennero messe in evidenza sul versante culturale, della curiosità intellettuale e su quello psicologico. Ma, assorti nei libri devozionali o di conto, i viaggiatori spesso guardavano a stento ciò che li circondava e, se lo facevano, davano alla loro testimonianza un carattere pragmatico (un libro di conti, per esempio, che ci informa sulle merci e sui prezzi in vigore) o parziale (una raccolta di mirabilia, per esempio, da cui l'uomo medievale era incline a vedersi circondato): il dato numerico dei viaggiatori non corrisponde ad analogo dato informativo (anche senza voler badare ai pregi letterari delle relazioni). Le lontane radici del viaggio in Italia, dunque, non hanno sempre prodotto la letteratura ragguardevole che i secoli XVII e XVIII avrebbero prodotto, e questo è il primo vistoso elemento che fa riflettere su un fenomeno che ebbe, a quella altezza cronologica, le proporzioni di una vera e propria moda.
Fu quello infatti un momento in cui, nella storia della mentalità collettiva, il viaggio acquistò valore per le sue intrinseche proprietà. Indipendente dalla soddisfazione di questo o quel bisogno, si propose esso stesso come unico e solo fine, in nome di una curiosità fattasi più audace, in nome del sapere e della conoscenza da un lato e del piacere dell'evasione, del puro divertimento dall'altro. Questa idea innovativa cominciò a diffondersi in Europa sul finire del XVI secolo e si incarnò nella voga del 'viaggio in Italia'.
La Nascita del Grand Tour come Istituzione
Il quale dunque, pur praticato da tempo, si configura come istituzione solo alla fine del secolo successivo, quando diventa la tappa privilegiata di un 'giro' che i giovani rampolli dell'aristocrazia europea, gli artisti, gli uomini di cultura, cominciano a intraprendere con regolarità. Il 'giro' presto diventa una moda e ad esso è assegnata anche una dicitura internazionale: il Grand Tour. Con questo nome si indicò il viaggio di istruzione, intrapreso dai rampolli delle case aristocratiche di tutta Europa, che aveva come fine la formazione del giovane gentiluomo attraverso il salutare esercizio del confronto. Il termine tour, che soppianta quello di travel o journey o voyage, chiarisce come la moda di questo viaggio si specifichi in un 'giro' - particolarmente lungo e ampio e senza soluzione di continuità, con partenza e arrivo nello stesso luogo - che può attraversare anche i paesi continentali ma ha come traguardo prediletto e irrinunciabile l'Italia.
Con l'espressione "Grand Tour" viene indicato un viaggio, entrato a far parte delle usanze britanniche già nel 1720, che ogni inglese di buona famiglia doveva compiere in Italia, il più delle volte attraversando la Francia e la Svizzera, in compagnia di una o più guide in grado di mostrargli ciò che era degno di essere visto e di perfezionare la sua educazione. Il Grand Tour, scritto allo stesso modo in inglese, originariamente, era un lungo viaggio in Europa fatto da giovanotti, e molto raramente da ragazze, delle più alte classi della società europea, inglesi, tedesche, ma anche francesi, olandesi, polacche, scandinave, poi russe dal 1760 in poi.
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Le mete principali erano soprattutto l'Italia, ma anche la Francia, l'Olanda, la Germania e la Svizzera. Più tardi, a partire dalla metà del XVIII secolo, alcuni si avventurarono fino in Grecia e nel Vicino Oriente, a volte in Persia. Questi viaggi di solito duravano diversi anni, fino a cinque o sei per le famiglie più ricche, o per i giovani più ambiziosi; erano spesso prevista anche la compagnia di un tutor.
Il Grand Tour nel XVIII e XIX Secolo
Nel XVIII e XIX secolo, il Grand Tour era appannaggio di appassionati d'arte, collezionisti e scrittori, tra cui Goethe e Alexandre Dumas. La storia dell'espressione "Grand Tour" è complessa: se il termine di origine anglosassone compare nella seconda metà del XVII secolo, è usato raramente dai contemporanei. D'altra parte, ha goduto di una grande fortuna tra gli storici dal 1960 in poi, prima di essere oggetto di un numero crescente di studi. È diventato anche un modo straordinario per promuovere il business, soprattutto nel mondo del turismo.
Già nel Medioevo, gli studenti di famiglie nobili praticavano la peregrinatio academica, una peregrinazione accademica consistente nello "spostarsi" da un'università all'altra. La pratica rinacque a metà del XVI secolo con il nome di Grand Tour, chiamato anche, nei paesi del Sacro Romano Impero, Junkerfahrt o Cavaliertour, inizialmente destinato a perfezionare le discipline umanistiche e la pratica delle arti di corte (arte equestre, scherma, musica, danza) da parte dei giovani dell'aristocrazia. Il viaggio permetteva loro di diventare un "gentiluomo completo". Veniva utilizzato per la formazione politica dei giovani, consentendo loro di confrontare i sistemi politici della Gran Bretagna e degli stati continentali.
La pratica del Grand Tour divenne meno frequente durante la Rivoluzione e l'Impero napoleonico, il Grand Tour diventò meno frequente. Il vicino continente era più o meno proibito, così i giovani si recavano in paesi più lontani, verso la Grecia e il Levante. La scoperta della superstizione presso le popolazioni incontrate rafforzò l'anglicanesimo dei viaggiatori. Fu durante il Grand Tour che i giovani si trovarono fianco a fianco con le lingue vive.
Tuttavia, altre famiglie, soprattutto tedesche e olandesi, facevano accompagnare il figlio da un tutore, assai rigido, per monitorarlo e impedirgli questo tipo di relazione, per paura che il giovane contraesse malattie veneree. Al ritorno, il viaggio aveva una funzione sociale, come elemento di riconoscimento o di avanzamento sociale. Esso dimostrava i mezzi finanziari e la cultura del viaggiatore, prima della sua partenza e al suo ritorno.
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Lo scopo del viaggio non era quello di andare a vedere qualcos'altro, di andare a forgiare una propria cultura, ma di andare a vedere ciò che doveva essere visto, di forgiare una cultura comune. L'importante era poter condividere aneddoti e ricordi sulla via del ritorno. È stato per questo motivo che venivano sempre visitate le stesse attrazioni culturali. Durante i viaggi, i giovani erano soliti opere d'arte e oggetti d'antiquariato secondo e visitarono le antiche rovine romane, così come Pompei ed Ercolano, due città scoperte di recente.
L'Influenza del Grand Tour sull'Arte e l'Architettura
Quindi, questo Grand Tour non corrisponde letteralmente a un tour in Europa ma a un viaggio in alcuni centri artistici e culturali europei (Francia, Paesi Bassi, Germania...). Permetteva di conoscere altri modi di vivere in Europa, ma anche di scoprire i grandi artisti e le opere del patrimonio culturale occidentale. I viaggi in Italia permettevano di "mettere ordine" nell'eredità del Rinascimento italiano. Nel XVII secolo, il soggiorno a Roma divenne un passaggio obbligatorio per la formazione degli artisti francesi.
Sui viaggiatori del Grand Tour, una notevole attrazione era esercitata dal passato. Ercolano e Pompei erano appena state riesumate e artisti come Gavin Hamilton usarono il loro tempo con profitto comprando e vendendo marmi e statue antiche. Il Grand Tour, tuttavia, aveva un valore speciale per artisti e architetti. Era l'occasione dell'impiego come tutori o ciceroni dei gentiluomini inglesi, o il pretesto per ottenere di borse di viaggio per l'Italia. Studiavano maestri del Rinascimento come Raffaello o Michelangelo o artisti più vicini a loro come Caravaggio, Guido Reni e Guercino.
Il Romanticismo, enfatizzando la nostalgia per il passato a scapito dei valori razionali ha influenzato il Grand Tour. Le Alpi, montagne selvagge e pittoresche, ispiravano paura e terrore. Il Grand Tour portò a nuove prospettive estetiche gli artisti britannici e tedeschi, scandinavi e russi.
Dalla Villeggiatura al Turismo di Massa
E’ al Grand Tour che viene fatta risalire l’origine della storia del turismo moderno: l’usanza dei rampolli delle famiglie borghesi di effettuare viaggi di formazione in Europa tra XVII-XVIII sec è infatti identificata come la prima forma di turismo. Un fenomeno che si struttura in Inghilterra: nel 1841 viene fondata la Thomas Cook & Son, la prima agenzia di viaggi al mondo, mentre nello stesso periodo si afferma il cosiddetto turismo dei bagni (con sede a Brighton) e turismo termale (con sede a Bath). Agli inizi del XX secolo l’Italia scopre la sua fondamentale vocazione turistica non solo per quanto poteva offrire sul piano storico, artistico e culturale, ma anche per quanto possedeva in ricchezze naturali e ambientali.
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E’ con l’inizio del Novecento che in Italia si comincia ad occuparsi di turismo. Nel 1919 nasce ENIT, Ente Nazionale del Turismo, che l’anno successivo contribuirà a fondare CIT - Compagnia Italiana del Turismo, nata per promuovere l’Italia all’estero. E’ del 1947 anche l’apertura della prima sede di Alpi, agenzia di viaggi che prenderà poi il nome di Alpitour. Con la fine della guerra e l’aumento della mobilità delle persone si assiste ad un forte sviluppo del turismo in tutto il mondo: l’Italia inizia ad essere considerata un’importante meta dagli stranieri, che prediligono località balneari e montane.
In questo periodo UNWTO, Organizzazione Mondiale del Turismo, inizia la pubblicazione annuale dei dati sul turismo nel mondo: tra 1950-1975 l’Europa è la prima destinazione per arrivi, passando da 16,8 mln a 151,5 mln, seguita da America (USA+Canada) con 47 mln, Pacifico-Asia Minore (6,5 mln), Africa (3,5 mln), Medio Oriente (3 mln).
Negli anni ’70 il turismo in Italia è identificato con la villeggiatura: i soggiorni sono concepiti come lusso e hanno una durata media di 20/30 giorni mentre i flussi risultano fortemente stagionali, e concentrati nel periodo estivo. Le destinazioni preferite sono mare (58,6%), città d’arte (16,4%) e montagna/collina (11,4%). Secondo i dati UNWTO, nel 1970 l’Italia è il primo paese al mondo per turisti: tra 1960-1975 le presenze nel nostro paese passano da 132.336 mln a 291.780 mln, grazie soprattutto agli stranieri.
Se in questi anni Firenze conferma la tendenza generale, arrivando a registrare 4.700 mln di presenze grazie proprio agli stranieri, la Toscana ne registra ben 27.200 mln ma in gran parte grazie al mercato italiano. Nella storia del turismo moderno gli anni ’80 segnano il passaggio dalla villeggiatura alla vacanza organizzata. Non diminuisce la durata complessiva della vacanza ma viene ripartita nel corso dell’anno, variando così la stagionalità dei flussi.
Secondo UNWTO, nel 1985 l’Europa è sempre la prima destinazione al mondo con 203, 2 mln arrivi, seguita da America (72,5 mln), Africa (10,2 mln), Pacifico-Asia Orientale (32,5 mln), Medio Oriente (7,2 mln). In Italia si assiste ad un andamento altalenante degli arrivi degli stranieri ma si registra anche una notevole crescita del mercato interno. Tra 1975-85 le presenze passano da 291.780 mln a 337.402.732 mln proprio grazie agli italiani. Una tendenza confermata anche in Toscana, dove tra 1980-90 si arrivano a toccare oltre 28 mln di presenze, mentre il calo di stranieri condiziona Firenze che in dieci anni passa da 4.700 mln a 4.200 mln.
E’ negli anni ’90 che il turismo diventa un bene irrinunciabile, affermandosi veramente come fenomeno di massa a livello globale. Cominciano a diversificarsi le motivazioni di viaggio, e si afferma il concetto di “turismi”. Secondo i dati UNWTO, l’Europa continua ad essere la prima destinazione: nel 1995 gli arrivi toccano quota 310,8 mln ma iniziano a crescere sensibilmente anche le altre destinazioni. In questi anni l’Italia perde il podio delle mete più desiderate, finendo al 4^ posto (oggi occupa il 5^).
Tra 1985-95 le presenze in Italia calano da 337.402.732 a 286.494.792. Sono gli anni della crescita del settore extralberghiero, con il boom del fenomeno degli agriturismi. Continua invece il trend positivo per la Toscana che, tra 1990-2000, arriva a registrare 37.150 mln di presenze. Con il ritorno degli stranieri, torna a crescere anche Firenze che tocca i 6.870 mln di presenze.
L'Italia nel Cuore del Grand Tour
«Chi non è stato in Italia sarà sempre consapevole di una sorta d’inferiorità, per non aver visto ciò che ci si aspetta un uomo debba vedere». Nel XVIII secolo, l’intellettuale britannico Samuel Johnson riassume così lo spirito del Grand tour. Era il viaggio di formazione per eccellenza, destinato a giovani aristocratici e rampolli di famiglie benestanti, desiderosi di completare il proprio percorso di crescita ed affacciarsi al mondo. Può essere considerato una sorta di rito di passaggio, che aveva l’obiettivo di condurli in terre inesplorate per apprendere tutto ciò che sarebbe servito a preparare il proprio ingresso in società.
Tra le mete imprescindibili c’era l’Italia, decantata per la propria storia, per le bellezze artistiche e architettoniche, nonché per il grande fervore economico e culturale delle sue città. Il Grand tour diventa ben presto una moda dominante sopratutto nell’Inghilterra vittoriana, dove la fascinazione romantica per tutto ciò che è esotico e misterioso conduce letterati ed intellettuali oltre i confini noti. Può essere considerato la prima forma di turismo di massa, alimentato dalla curiosità, dal piacere per la scoperta e dal desiderio di comprendere il mondo.
Un Rito di Passaggio
In Voyage of Italy, pubblicato nel 1670 a Parigi, il sacerdote cattolico Richard Lassel usa per la prima volta l’espressione “Grand tour” per riferirsi all’assiduo pellegrinaggio - ben cinque viaggi - effettuato in Italia nel XVII secolo. Descrive le bellezze architettoniche, storiche e artistiche dei luoghi visitati, incoraggiando i giovani lord a fare lo stesso per conoscere meglio la realtà che li circonda. La durata poteva variare da pochi mesi a diversi anni, a seconda delle risorse finanziarie e del tempo a disposizione. Le spese del viaggio erano interamente a carico di genitori e tutori dei partecipanti, che pagavano vitto e alloggio, istruzione e svago. Si trattava di un investimento sulla formazione dei propri figli, che avrebbe permesso loro di acquisire una profonda conoscenza della realtà europea.
Politica, società, economia e cultura erano infatti alcuni dei pilastri fondamentali per la formazione della futura classe dirigente. A questi si aggiungono le lingue straniere, i contatti e le relazioni maturate durante il tour, da mettere a frutto una volta rientrati in patria.
Arte, Cultura, Dolce Vita
Durante il Grand tour i partecipanti svolgevano una serie di attività culturali, educative e di svago. Le giornate trascorrevano tra musei, gallerie d’arte e biblioteche, serate a teatro e occasioni mondane. Parigi era una delle prime tappe: equitazione, scherma e danza erano tra le occupazioni preferite in terra francese, per non parlare di feste e ricevimenti d’élite. Il tour poteva allungarsi fino al mare, dalla Sicilia alla Grecia, per poi risalire nel cuore dell’Europa, toccando città come Vienna, Dresda e Berlino.
Tra le tappe italiane più gettonate non potevano mancare Venezia, dov’era possibile acquistare arte e immergersi nel carnevale, seguita da Firenze, scelta per tuffarsi nella pittura e architettura rinascimentale. L’anima di Napoli conquistava spesso i viaggiatori, che proprio nella prima metà del XVIII secolo potevano assistere ai primi scavi archeologici di Ercolano e Pompei. Dulcis in fundo, Roma.
Sete di Avventura
Dai numerosi diari lasciati dai giovani viaggiatori britannici emerge uno spiccato gusto per l’avventura. Le sfide dell’ignoto, i misteri alimentati da leggende e credenze popolari trovano corpo nelle imprese ai confini dell’Europa. Al di là dell’immaginario collettivo, durante il tragitto non mancavano pericoli concreti. Il viaggio si svolgeva principalmente in carrozza trainata da cavalli, con tutte le difficoltà del caso: spesso le strade erano accidentate e non tracciate, rese inagibili dal meteo sfavorevole, con ritardi e imprevisti parecchio costosi.
I viaggiatori potevano essere preda di banditi e pirati, contrarre malattie infettive come il vaiolo o la malaria, sperimentare condizioni climatiche avverse o imbattersi in conflitti, con rischio di essere arrestati o sequestrati. Anche le barriere linguistiche e culturali potevano causare incomprensioni, truffe e baruffe più o meno pericolose. Per questo era fondamentale essere ben accompagnati: ogni viaggiatore poteva contare su una guida, detta “cicerone”, a disposizione dei padroni benestanti per fornire informazioni affidabili e rendere il viaggio più semplice e sicuro. Spesso si trattava di studenti di materie classiche che non potevano permettersi di partire, oppure artisti assoldati per documentare il viaggio del padrone.
Globetrotters e Turisti
Il Grand tour si affermò fino a diventare una moda, appannaggio d’intellettuali e celebrità dell’epoca. Tra questi, lo scrittore Johann Wolfgang von Goethe, che in Italia trascorse alcuni tra gli anni più felici della propria vita. Sulle rive del lago di Como l’autrice Mary Shelley trovò ispirazione per ambientare alcuni passaggi del celebre romanzo Frankenstein. Tra gli estimatori del viaggio attraverso l’Europa non poteva mancare Lord George Gordon Byron, che amava profondamente l’Italia, la sua storia e le meraviglie custodite dal tempo. L’incremento del turismo portò con sé anche un discreto disordine, soprattutto in territori non abituati ad accogliere stranieri.
Durante una tappa in Svizzera, fu lo stesso Byron a lamentare il contatto con i troppi turisti inglesi, che con la loro presenza e il loro vociare «inquinano il paesaggio». Chiasso, sporcizia e invadenza erano però ben compensati dal beneficio economico: i turisti portavano soldi, finanziando l’attività di locande e punti di ristoro, che iniziarono a moltiplicarsi nei luoghi più gettonati. Tra i risvolti più curiosi del turismo di massa, l’acquisto dei primi souvenir, tra cui le opere d’arte, che soprattutto a Venezia alimentò il mercato dei falsi d’autore.
La Risacca del Turismo
Nel 1789 la Rivoluzione francese mise in pausa il Grand tour, che riprese solo all’inizio del XVIII secolo, con la Restaurazione. Nel frattempo però l’Europa aveva cambiato fisionomia politica e sociale, ampliando la fascia dei potenziali viaggiatori: partire non era più un sogno aristocratico, ma un’esperienza accessibile alla classe media. Risale infatti a questo periodo la pubblicazione delle prime guide turistiche, dei racconti di viaggio e dei trattati di architettura, dove l’esperienza all’estero genera nuove idee e contaminazioni culturali. La fisionomia delle città inglesi inizia a cambiare, integrando l’estetica e i gusti dei Paesi visitati. Dall’altra parte, le destinazioni svilupperanno una forte economia basata sul turismo, che le modificherà profondamente. Il turismo inteso in senso moderno ha preso forma nel corso del Settecento.
Il Grand Tour e la Salute
Al momento di pianificare il Grand Tour, non erano questioni secondarie nemmeno le preoccupazioni per la propria salute. Tanto per cominciare, in parte proprio per ragioni sanitarie, il Grand Tour aveva un suo calendario ideale: si arrivava in Italia verso la fine dell’estate, e si cercava di scendere verso sud con l’arrivo dell’inverno. Per fortuna non per tutti l’Italia significava brutte malattie, per molti, al contrario, la penisola era una specie di meraviglioso sanatorio dove curare problemi polmonari e non solo. Anche in questo caso, le guide di viaggio si raccomandavano. Una, seguitissima, era quella di Mariana Starke (1762-1838), una signora inglese i cui consigli di viaggio valevano oro.
Le Tappe del Grand Tour in Italia
Possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che l’Italia (che in realtà politicamente non esisteva ancora) fosse la meta per eccellenza del Grand Tour. In effetti, per molto tempo, quasi nessuno si era spinto a scendere oltre Roma. Napoli comincia ad attirare solo quando riemergono Ercolano (nel 1738) e Pompei (nel 1748) e, nonostante i panorami mozzafiato, il Vesuvio e il mare… ci mette un po’ a fare innamorare di sé.
Una volta giunti nella penisola italiana, i Grand Touristi, più o meno coraggiosi che fossero, si spostavano di città in città fermandosi abbastanza per poter visitare le bellezze artistiche, architettoniche e naturali, e per poter comprendere gli usi e i costumi locali. Alcuni viaggiatori hanno scritto diari, quasi tutti hanno raccolto oggetti da esporre in salotto una volta rientrati a casa. Non oggetti qualunque, al contrario, solo cose pensate per lasciare un segno, per suscitare ammirazione (e possibilmente un po’ d’invidia).
Roma: Caput Mundi
“Sì, sono arrivato finalmente in questa capitale del mondo! Se l’avessi visitata quindici anni or sono, in buona compagnia, sotto la scorta di un uomo davvero intelligente, mi stimerei certo fortunato. Ma poiché dovevo visitarla da solo, e vederla coi miei occhi soltanto, è bene che tanta gioia mi sia stata concessa così tardi”. Anche Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, racconta le aspettative, lo stupore e la passione che Roma suscita nel suo cuore. Le rovine che attestano la ricchezza dell’Impero Romano, le chiese dalla bellezza stupefacente, le opere d’arte… Tutto a Roma contribuiva a stregare i giovani intellettuali e aristocratici europei che vi si recavano per la prima volta.
Napoli e la Sicilia
“Oggi ci siamo dati alla pazza gioia e abbiamo dedicato il nostro tempo a contemplare meravigliose bellezze. Si dica o racconti o dipinga quel che si vuole, ma qui ogni attesa è superata. Al tramonto andammo a visitare la Grotta di Posillipo, nel momento in cui dall’altro lato entravano i raggi del sole declinante. Siano perdonati tutti coloro che a Napoli escono di senno! Ricordai pure con commozione mio padre, cui proprio le cose da me vedute oggi per la prima volta avevano lasciato un’impressione incancellabile”. Goethe dedica delle pagine interessanti alla visita a Napoli. Racconta di un luogo soleggiato, in cui lo svago è all’ordine del giorno e si mescola con lo stupore generato da bellezze naturali e architettoniche.
“La Sicilia è un preannuncio dell’Asia e dell’Africa, e trovarsi in persona nel centro prodigioso cui convergono tanti raggi della storia del mondo non è cosa da poco”. Per Goethe, la Sicilia è una rivelazione. I motivi sono molteplici ma riguardano soprattutto il richiamo esotico che l’isola esercita con il suo passato che si perde fra le numerose dominazioni e le influenze che esse hanno lasciato sulle città.
Venezia: Un Sogno Romantico
“Oggi mi sono fatta un’idea ancora più approfondita di Venezia, acquistandone la pianta. Era circa mezzogiorno e il sole splendeva luminoso, tanto che non ebbi bisogno del cannocchiale per distinguere esattamente cose vicine e lontane. La marea copriva la laguna, e quando mi volsi a guardare il cosiddetto Lido […] vidi per la prima volta il mare e su di esso alcune vele”. Venezia è tuttora una delle mete turistiche più ambite al mondo. Ai giovani aristocratici europei Venezia doveva sembrare un anello di congiunzione fra occidente e oriente ma, soprattutto, una città in cui le emozioni fluiscono liberamente. Un luogo romantico nel senso pregnante del termine.
Tabella: Arrivi Turistici in Europa (1950-1995)
Anno | Europa (milioni) | America (milioni) | Pacifico-Asia Minore (milioni) | Africa (milioni) | Medio Oriente (milioni) |
---|---|---|---|---|---|
1950 | 16.8 | N/A | N/A | N/A | N/A |
1975 | 151.5 | N/A | N/A | N/A | N/A |
1985 | 203.2 | 72.5 | 32.5 | 10.2 | 7.2 |
1995 | 310.8 | N/A | N/A | N/A | N/A |
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