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Ho visto cose che voi umani: significato e spiegazione del celebre monologo di Blade Runner

Quando si pensa al meraviglioso film di Ridley Scott, Blade Runner, non si può non pensare al celebre monologo finale. Quello di Blade Runner è uno tra i monologhi più famosi e influenti nella storia del cinema. Uno dei più bei discorsi della storia del cinema, la battuta pronunciata da Rutger Hauer è diventata un fenomeno.

La genesi di un monologo iconico

Chi ha visto Blade Runner saprà quanto sia topico il momento in cui vengono recitate queste parole. Nelle ultime scene che compongono il film Roy Batty, il replicante interpretato da Hauer, salva il cacciatore di androidi Rick Deckard. E prima di morire (visto il termine prestabilito della vita di ciascun replicante) pronuncia queste potenti frasi sotto la pioggia battente. Il destino ha voluto che questa fosse proprio l’ultima scena ad essere girata durante la produzione.

Come molte delle cose più stupefacenti realizzate nel cinema, questo celebre monologo fu un’improvvisazione di Rutger Hauer. Nel documentario Dangerous Days: On the Edge of Blade Runner il regista, così come l’intera troupe, sono stati intervistati dalla BBC in merito alle riprese del film. Oltre ad alcuni interessanti aneddoti, hanno svelato dettagli importanti anche per quanto riguarda questo monologo. Ridley Scott e il produttore hanno confermato che nel copione originale il monologo era molto più lungo.

Come detto fu proprio Hauer a riscrivere la battuta e a voler condensare il tutto in meno frasi. Secondo l’autobiografia dell’attore, egli decise di tagliare parte del monologo e di aggiungere semplicemente “E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”. Questa frase, così come l’intero monologo, sono una sorta di riflessione del personaggio sui suoi simili, i replicanti. Ricordando le sue avventure e il suo passato, Roy Batty vuole far comprendere quanto lui e la sua specie siano ormai più che mai simili agli esseri umani.

Il testo originale del monologo

Forse sarà una sorpresa, ma nella maggior parte dei casi la celebre citazione dal film del 1982 di Ridley Scott viene espressa nel modo sbagliato. Già, perché se chiunque riconosce la frase “Ho visto cose voi umani”, in pochi sapranno che in realtà le parole pronunciate dal replicante Roy Batty (Rutger Hauer, doppiato da Sandro Iovino) sono leggermente differenti. Un classico caso di ricordo collettivo che, man mano che passa di bocca in bocca, di citazione in citazione, si è modificato allontanandosi dalla realtà.

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Ecco il testo originale del monologo:

«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,come lacrime nella pioggia.È tempo di morire.»

A rileggerlo oggi colpisce molto il tono, quella saggia rassegnazione e quella fierezza che si abbinano fin troppo bene al tragico evento della scomparsa dell'attore e attivista olandese. Ma il fatto più interessante in assoluto è quel citare Tannhäuser, un riferimento esplicito al poeta tedesco vissuto nel duecento - e anche forse all'opera di Wagner - che fu voluto proprio da Hauer. La poeticità di quel monologo, oltre che dall'interpretazione magistrale che ne fece Hauer, viene dall'effetto profondo e intimista delle parole dette prima di morire.

Significato e interpretazioni

Una storia di un fascino inenarrabile quella di Blade Runner e di uno dei monologhi più celebri della storia del cinema. Se non credete che questa scena abbia influenzato così tanto l’immaginario comune fate una prova e chiedete a qualcuno di continuare la frase dopo le prime parole. Di origine cinematografica, a differenza di molte altre espressioni divenute famose grazie alla letteratura, la frase “ho visto cose che voi umani” si presenta leggermente diversa nel monologo del personaggio del film doppiato in italiano.

Come anticipato, nel doppiaggio italiano la frase viene pronunciata in una forma leggermente diversa rispetto a quella attualmente in uso nel modo di dire. La frase, al pari di altri modi di dire nati da film o libri particolarmente famosi, viene utilizzata prettamente in conversazioni informali e scherzose col significato di “ho visto cose difficili da credere” oppure “ho assistito ad una situazione inverosimile”.

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L’incipit, passato alla storia come un vero e proprio modo di dire, marca la distanza tra i replicanti e gli uomini: “Ho visto cose, che voi umani…”. In effetti le imprese eroiche passate in rassegna da Roy sono davvero sovrumane. Gesta memorabili, che spariranno insieme a lui. I ricordi delle porte di Tannhauser e delle navi al largo di Orione non gli sopravvivranno. E in questa consapevolezza che il replicante si abbandona alla memoria, alla dolce reminiscenza delle sue esperienze.

L'umanizzazione di Roy Batty

Assistiamo così all’umanizzazione di Roy. Le sue lacrime, lavate dalla pioggia, spariscono come i suoi ricordi nel momento della sua morte. È tempo di morire, conclude infatti l’umanoide. La morte è il punto di contatto tra il guerriero dell’extramondo e l’uomo. Ciò che lo rendeva superiore agli umani sparirà nella fine più naturale ed umana di tutte. E in procinto di scomparire, decide di risparmiare Rick, innalzando la sua vita ad un significato più alto. Si azzera così la distanza tra l’uomo e il robot, quando quest’ultimo riesce a riconoscere se stesso negli occhi di chi gli è di fronte. Il guerriero perfetto e invincibile muore da uomo, muore da eroe.

Un soliloquio breve ed intensissimo. Narrativamente Blade Runner ha quindi l’enorme pregio di essere riuscito a spingere fino alla conclusione la spannung del film, in questo meraviglioso colpo di scena. Persino durante le riprese la troupe non resistette alla commozione quando Rutger Hauer recitò il suo monologo. In pochissime righe è riuscito a stravolgere i risvolti principali del film, rivelando la natura profonda del suo personaggio.

L'eredità di Blade Runner

Chi di noi non ha mai sentito dire: "ho visto cose che voi umani..."? La frase è così celebre che è diventata di uso comune, moltissimi la citano e la usano addirittura senza mai aver visto Blade Runner, il film da cui è tratta. Nella storica pellicola di Ridley Scott quella frase viene pronunciata verso la fine, in un monologo diventato parte integrante della storia del cinema. Certo, il protagonista fu interpretato da Harrison Ford, eppure la parte più iconica e memorabile di tutto il film è probabilmente proprio quel monologo pronunciato da Rutger Hauer, da poco scomparso.

La densità di significato del finale di Blade Runner, a mio parere, ha una ricaduta ancora più importante oggi. Ci troviamo, infatti, in un momento storico in cui l’applicazione e l’utilizzo di intelligenze artificiali sta diventando prassi quotidiana. Anche gli studi nell’ambito della robotica stanno facendo passi da gigante e, inevitabilmente, in molti stanno cominciando a porsi quesiti di natura morale (come fanno altri prodotti che trattano il tema). Non ci è dato sapere cosa sia successo al largo dei bastioni di Orione, oppure cosa siano i raggi B. Sappiamo soltanto che quei ricordi, così vivi nella mente di Roy, con la sua morte, andranno perduti, come lacrime nella pioggia.

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In maniera non troppo velata, il testo del monologo di Blade Runner fa sicuramente riferimento al passato da replicante di Roy, al tempo in cui ha militato nei corpi speciali extramondo. Ciò, sebbene, la pellicola non faccia alcun riferimento temporale o a fatti che ci aiutino a comprendere cosa possano essere i raggi B o le porte di Tannhäuser", lasciando tutto alla fantasia e alla libera interpretazione degli spettatori. L'influenza del monologo, nel cinema come nella cultura, può essere notata in innumerevoli riferimenti e tributi. Vale la pena di ricordare come nel film di Tony Scott Domino del 2005, il personaggio di Keira Knightley abbia un tatuaggio dietro al collo con la scritta "Tears in the Rain (lacrime nella pioggia)".

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