Ho Visto Maradona: Storia di un Mito a Napoli
La storia del trasferimento di Diego Armando Maradona dal Barcellona al Napoli è stata la trattativa più lunga, sofferta e complessa nella storia del calcio italiano. Questo evento è scolpito nella memoria di ogni napoletano e appassionato di calcio, culminando nei famosi palleggi al San Paolo il 5 luglio 1984.
Per la prima volta, Sky ha ricostruito nel dettaglio la vicenda, offrendo documenti esclusivi, immagini d’archivio e le testimonianze dei protagonisti. Erano trascorsi 123 anni, 3 mesi e 22 giorni dalla caduta dell’ultimo Re: Francesco II di Borbone, detto Franceschiello. Da allora nessuno aveva più dominato su Napoli.
L'Arrivo di un Re a Napoli
Il 5 luglio 1984, 70.000 persone si diedero appuntamento al San Paolo per lui. In quel pomeriggio di sole, immerso in un’estate calda e piena di speranza, sul campo non c’era il concerto di una rock-star come Michael Jackson e nemmeno Papa Karol Woytila, il pontefice che riempiva gli stadi come artefice del cambiamento politico in atto nel mondo. Quel giorno, a volere essere precisi, non c’era neppure una partita di calcio.
Erano serviti 54 giorni per portarlo sin lì, a palleggiare davanti ai tifosi che avevano pagato 1.000 lire per le curve, 2.000 lire per i distinti e 3.000 lire per la tribuna. Sei settimane che erano state le più incredibili, eccitanti, straordinarie, assurde e indimenticabili nella storia del Napoli. Erano il frutto di una trattativa altrettanto complessa, fatta di intrecci e di aperture, di accelerazioni e paure, di slanci e frenate.
Tre anni più tardi, in un altro pomeriggio caldo, il 10 maggio 1987, su questo stesso terreno di gioco il Napoli avrebbe festeggiato - con Maradona capitano - il primo scudetto della storia. Un successo che avrebbe rappresentato il riscatto di un popolo umiliato nei secoli, la rivincita sul Nord sentito sempre come oppressore.
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Diego Armando Maradona: Il Più Grande Calciatore del Mondo
Nel 1984, nonostante in realtà non abbia ancora vinto nulla di davvero importante, Diego Armando Maradona è ritenuto il più grande calciatore del mondo. Diego è nato in questo punto dell’estrema periferia di Buenos Aires il 30 ottobre 1960, tra le baracche, il sudicio e il mito del calcio di ogni argentino. È il quinto degli otto figli di Delma e Diego Maradona senior, umile falegname.
Dopo la prima convocazione di Menotti con l’Argentina 1977, seguita dalla dolorosa esclusione nel Mondiale giocato in casa, nel 1979 Diego ha vinto il Mondiale Under 20. Nel 1980 viene acquistato dal Boca per 6 miliardi di lire. Due anni con la sua squadra del cuore ed ecco l’Europa, ecco il Barcellona, per 14 miliardi.
Il bambino che palleggiava nella miseria delle favelas, grezzo e sublime come un diamante affiorato dalle rocce, nel 1984 ha già affrontato parecchie salite, compresa la rottura della caviglia, tuttavia è ormai un punto fisso della Nazionale argentina. Ha giocato il Mondiale del 1982, dove ha sbattuto contro Claudio Gentile. Al Sarrià, nella gara che ha inaugurato la cavalcata azzurra verso il mundial che per noi italiani resterà quello di Paolo Rossi, di Bearzot e del presidentissimo Pertini, per Diego le soddisfazioni sono state poche.
Gli Anni '80 e Maradona: Un'Epoca di Eccessi
Gli Anni 80 e Maradona sono in effetti fatti per trovarsi e per piacersi. Amano entrambi gli eccessi, la moda, l’edonismo, l’ostentazione sfrenata e la lussuria, che troverà - come unico avversario - la crescente paura dell’Aids. È l’epoca delle provocazioni musicali di Madonna con Like a Virgin, dei graffiti di Haring sui muri di newyorkesi, dei libri di Bret Easton Ellis, fra cui spicca la società schizzata di American Psycho. In Italia, la dimensione è più strapaesana che metropolitana.
Maradona è il nome dei sogni e non può mancare al campionato più bello del mondo. Negli Anni 80, mentre l’Italia vive un miracolo economico più effimero di quello di vent’anni prima, il calcio tricolore è ricco, felice, in espansione come i suoi stadi, presto divorati dalla mangiatoia di Italia 90.
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L’inversione è avvenuta nel 1980, con la comparsa degli sponsor sulle maglie, i primi diritti tv e la riapertura delle frontiere agli stranieri, chiuse nel 1966 dopo la sconfitta contro la Corea. Falcao alla Roma, Brady alla Juventus, Prohaska all’Inter, Bertoni alla Fiorentina. Sarà l’argentino, campione del mondo del 1978, a segnare il primo gol straniero dopo la riapertura e sarà lui il compagno del primo Maradona nel Napoli 1984-85. All’ondata iniziale, dentro alla quale sono finiti parecchi bidoni, si sono aggiunte via via tutte le stelle del pianeta.
L'Estate del 1984: Maradona Arriva in Italia
Nell’82, all’indomani del Mondiale, la Juventus ha acquistato Michel Platini, tre volte dominatore dei marcatori in Serie A e vincitore, sempre per tre volte, del Pallone d’Oro. Platini è anche il grande protagonista dell’estate ‘84, visto che ha appena vinto il secondo scudetto bianconero di fila e ha conquistato - da capitano, leader e simbolo - l’Europeo con la Francia. È lui a invitare Maradona in Italia: ormai manca solo Diego.
Nell’estate 1984 si completa l’album dei campioni con l’arrivo di Leo Junior al Torino, di Socrates alla Fiorentina, di Rummenigge all’Inter, di Briegel ed Elkjaer al Verona, squadra che nove mesi più tardi Bagnoli condurrà allo scudetto. Il più famoso è arrivato un anno prima, nel 1983, e la storia che stiamo per raccontarvi - relativa a Maradona - passa proprio da lui. Il suo nome è Arthur Antunes Coimbra, ma basta dire Zico.
L’amichevole è fissata per il 7 maggio. Maradona, coinvolto in una furibonda rissa contro l’Athletic Bilbao, residuo di un fallo criminale subìto l’anno prima da Goichoetchea, a Udine non si presenta. Ci sono però il Barcellona e l’allenatore Menotti, una sorta di secondo padre. Fa capire che Diego non è felice in Spagna, preso di mira dagli avversari in campo e dai giornali, i quali continuano a scrivere della vita dissoluta che fa, delle zuffe in discoteca del suo clan, della scarsa professionalità. In aggiunta, c’è stata l’epatite contratta negli ultimi mesi.
La Trattativa per Portare Maradona a Napoli
Menotti, attraverso i giornalisti italiani, informa anche Luis Minguella, agente che lavora a contatto con il Barcellona, e Ricardo Fujca, il quale vanta eccellenti relazioni con i club italiani. Maradona è ufficialmente sul mercato. Il suo nome era stato accostato al Napoli già 6 anni prima. A farlo era stato l’allenatore Gianni Di Marzio.
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Anche la Napoli del 1984 è diversa da quella degli Anni 70. Sempre splendida, incantevole, struggente nella luce del lungomare e nel buio dei vicoli, i celebri bassi affrescati un secolo prima da Matilde Serao. Napoli non è più la città lambita dal terrorismo, e non è più la città del terremoto, bensì è quella della ricostruzione. Dopo il sisma del 1980, si stima che 50mila miliardi di lire siano giunti in Campania, in gran parte fra queste strade e queste piazze. I soldi della ricostruzione gonfiano l’economia sommersa, gli appalti truccati, la corruzione.
Pure in questo Maradona è figlio degli Anni 80. A Napoli la spaccia la Camorra, sconvolta da una stagione di scontro a fuoco. Non si uccide solo a Palermo nella guerra tra Corleonesi e vecchia mafia. Anche la Camorra ha cambiato abiti e abitudini. La Nuova Famiglia ha un’importante alleata nei fratelli Giuliano di Forcella. Il boss è Luigi Giuliano, detto o Re.
I soldi del terremoto li amministra soprattutto la politica. La Democrazia Cristiana napoletana comanda pure a livello nazionale. Da qui arrivano tre ministri potenti: Paolo Cirino Pomicino, Giuseppe Gava e Vincenzo Scotti, l’uomo che da sindaco sta per diventare decisivo nella trattativa Maradona. Oltre al calcio, con la nomenclatura democristiana presente nella tribuna del San Paolo, la Balena Bianca locale ha messo occhi e mani sul Centro direzionale.
A proposito di Diego, la trattativa parte ufficialmente il 22 maggio, quando Jorge Cysterpiller, agente di Maradona, invita a Barcellona Antonio Juliano, direttore sportivo del Napoli. È il primo atto sostanziale. Totonno, come lo chiamano con affetto i napoletani, è stata una grande bandiera. Ha vestito la maglia del Napoli per 16 anni e ben 394 gare. Una fedeltà eccezionale, sulla quale fa affidamento Corrado Ferlaino.
La Città Crede nel Sogno Maradona
Il grande sogno Maradona richiede mezzi enormi. Ma Ferlaino non possiede la ricchezza dei club del nord. L’anno prima ha chiuso al dodicesimo posto. Eppure a Napoli basta poco per accendere i sogni e iniziano a crederci tutti dopo le prime voci. La città si mobilita, la trattativa diventa quella di ciascun tifoso. I capannelli davanti alla sede del club, in piazza dei Martiri, si incrociano con le file all’edicola della Riviera di Chiaia per i giornali della notte, assieme ai caroselli in auto davanti alla case di Ferlaino e Juliano. I due non sono più emissari di un club, ma ambasciatori di una città.
Il 25 maggio il Consiglio direttivo del Barcellona si riunisce e vota: 15 voti favorevoli alla cessione, 4 contrari. L’operazione sembra fatta, ma è appena l’antipasto. Ecco in rapida sequenza cosa accade nei giorni seguenti: il 27 maggio l’affare è dato per concluso e il giorno successivo Diego professa il suo amore per quella che diventerà in effetti l’altra città della sua vita assieme a Buenos Aires. Ma il 30 maggio, nelle ore in cui Ferlaino ha ottenuto l’appoggio del presidente della Federcalcio Sordillo, arriva la nuova frenata del Barcellona.
Nel frattempo, altri tasselli vanno a comporre un rompicapo complicatissimo. Maradona, da New York, dove si trova per una serie di amichevoli con l’Argentina, accusa i dirigenti del Barça. Il 6 giugno si sfoga: “Questa attesa mi sta uccidendo”. Il 9 rincara la dose. Vuole il Napoli e questo fornisce l’innesco per un’iniziativa del Guerin Sportivo, che invia all’hotel Sheraton, nel ritiro del New Jersey, una maglia azzurra. Maradona la mostra compiaciuto sulla copertina del settimanale che fu bolognese.
Le Garanzie Economiche e il Ruolo delle Banche
Mentre la città vive con il fiato sospeso e mentre Juliano e Celentano sono costantemente in volo tra Napoli e la Spagna, faticando a seminare i cronisti, il Barcellona chiede garanzie economiche per portare avanti l’operazione. Le pretende soprattutto il tesoriere, il quale fa capire a Cysterpiller e a Ferlaino che la certezza dei soldi può sbloccare tutto. Non è un passaggio facile: la legge vieta il trasferimento di valuta all’estero in assenza di un contratto. E qui non c’è nulla di firmato.
Il primo miliardo diretto alla Banca Mas Sardà del Banco di Bilbao, sul cui conto lavora il Barcellona, arriva dal Banco di Roma, che ha uno sportello in Catalogna. I successivi 4 miliardi, dei 13 e mezzo totali richiesti dal club blaugrana, vengono messi a disposizione dalla Banca della Provincia. È l’istituto di credito più antico, influente, ascoltato e importante della città. A guidarlo è un grande esponente del mondo bancario italiano, Ferdinando Ventriglia, prima direttore e poi presidente. Entro poco sarà lui a sbloccare la situazione con il bonifico finale che porterà Maradona a Napoli.
Negli uffici del Banco di Napoli, nella centralissima via Toledo, arriva in pratico quello che suona molto come un ordine del sindaco Vincenzo Scotti, a capo della giunta dei cento giorni. L’hanno chiamata così perché è il tempo che si è data come durata del mandato, la cui scadenza è prevista per i primi di luglio.
L'Impatto di Maradona su Napoli: Oltre il Calcio
La presenza di Diego Armando Maradona a Napoli è pervasiva; probabilmente, perché in nessun altro luogo l’identificazione tra squadra di calcio e città raggiunge una pari intensità. Napoli e le sue periferie traboccano di riferimenti a Maradona, che rivive sia in elementi visibili - come murales, edicole votive e mosaici a lui dedicati - sia in narrazioni depositate nella memoria collettiva della città. Il nome e la figura di Maradona sono penetrati capillarmente nella vita della comunità, impastandosi nella storia e nel tessuto della città. È presente finanche nelle interazioni quotidiane, come termine di paragone (“Ma chi sei, Maradona?”), o nei nomi delle persone, se si pensa che, solamente durante i sette anni che trascorse a Napoli (1984-1991), ben 515 bambini furono chiamati Diego, 12 Diego Armando e uno Diego Armando Maradona.
Nel continuo rincorrersi tra sacro e profano, D10s è, insieme a san Gennaro, il simbolo di Napoli. Maradona è un simbolo perché è stato un eroe del calcio, il cui virtuosismo ha coniugato i trionfi nello sport - personali e della squadra - con processi di identificazione collettiva che sottendono un forte senso di appartenenza, generato dal rituale della partita di calcio e costantemente rinfocolato dalla «circolazione secondaria» del simbolo stesso, che diventa oggetto delle interazioni quotidiane, delle narrazioni, della memoria e dell’immaginario collettivo, caricandosi di valore coesivo.
L’identificazione con Maradona è resa possibile non solo dai successi sportivi, vissuti come propri dai tifosi, che ne fanno un emblema dell’intera comunità, ma anche dalla separazione tra vita privata e vita calcistica, che consente di isolare gli atteggiamenti riprovevoli dell’uomo e di selezionare gli aspetti, sia biografici che sportivi, che permettono un’identificazione appagante. Così, su Maradona vengono proiettate alcune qualità considerate tipiche della napoletanità, da lui stesso rivendicate. Non di rado, ad esempio, il Pibe de oro viene accostato all’immagine dello scugnizzo, cioè del ragazzo vivace, sfrontato, spesso costretto a vivere di stratagemmi. Più spesso, però, le affinità tra Maradona e la città di Napoli riguardano un complesso di caratteristiche - genialità, generosità, indisciplinatezza e umiltà - che sovente accompagnano le auto- ed etero- rappresentazioni dei napoletani e in cui lo stesso Maradona si riconosce.
I Cori Dedicati a Maradona
Il sentimento di appartenenza che unisce Maradona, il Napoli e Napoli è documentato dai cori a lui dedicati, che possono essere letti come testimonianza di quell’alleanza quasi connaturata all’essere napoletano e ancora integra nella memoria collettiva della città.
Il 5 luglio 1984, Maradona viene accolto nell’allora stadio San Paolo - oggi ribattezzato “Diego Armando Maradona” - da più di 70.000 tifosi che intonano un coro destinato a diventare un vero e proprio inno della squadra. Si tratta di Maradona è megl’ ‘e Pelè, canzone, prima ancora che coro, composta e arrangiata da Emilio Campassi e Bruno Lanza, quando ancora non vi era certezza dell’arrivo di Maradona a(l) Napoli.
Nei primi due versi della prima strofa (“Maradona è meglio ‘e Pelè” / “c’hanno fatto ‘o mazz’ tant pe’ l’ave’!”) vi è il riferimento all’ingente cifra pagata per l’acquisto del calciatore.
Un altro coro significativo è:
O mamma mamma mamma
Sai perché mi batte il corazón?
Ho visto Maradona
Ho visto Maradona
eh/ué mammà, innamorato son
La strofa fatta propria dai tifosi napoletani si presenta in una traduzione italiana che sostituisce al verso “me gusta un bel muchacho” il famoso “ho visto Maradona”. È interessante notare la presenza di un fenomeno tipico della lingua parlata, ossia la commutazione di codice intrafrasale che, emblematicamente, riguarda una singola parola: corazón.
Olè olè olè, Diego, Diego. Un coro breve, all’apparenza privo di creatività, ma che in realtà racconta cosa abbia davvero significato Maradona per Napoli. L’eroe del calcio, che racchiude in sé la verticalità che dal divino degrada verso l’umano. Il passaggio da Diego Armando Maradona a Diego sancisce, poi, il primato del calciatore nel suo mondo di riferimento, in cui non ha rivali.
Daniel Pennac: Ho visto Maradona!
“Daniel Pennac: Ho visto Maradona!” è la storia dell’indagine creativa e surreale di Daniel Pennac sul mito di Diego Armando Maradona. Al grande scrittore francese interessa l’effetto Maradona: l’icona, l’anti-eroe, il capro espiatorio, attraverso l’impatto che il campione ha avuto sulla vita e le storie di gente comune e di scrittori come Roberto Saviano e Maurizio De Giovanni.
Pennac racconta Il Dio, il santo, l’icona, l’anti-eroe ed il capro espiatorio, “San Diego” e l’ultimo dei Malaussène, unicamente attraverso l’impatto che il campione ha avuto sulla vita e sulle storie di persone comuni e maradoniani doc.
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