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Il Cenacolo: Storia e Significato di un'Icona Culturale

Il termine "cenacolo" viene utilizzato generalmente per indicare la stanza dove Gesù consumò l’ultima cena con gli Apostoli. Durante questa cena, Gesù istituì il sacramento dell’Eucarestia e annunciò l’imminenza della sua Passione a causa del tradimento di uno dei dodici.

Il termine viene anche utilizzato per indicare i dipinti che rappresentano l’evento evangelico. Il tema era comunemente raffigurato nella decorazione dei refettori dei maggiori conventi, tanto che "cenacolo" è anche sinonimo di "refettorio".

Le Interpretazioni Artistiche del Cenacolo

I pittori che si sono confrontati con questo tema, hanno dovuto convertire in immagini i testi differenziati, se non addirittura contraddittori, dei quattro Evangelisti. Tuttavia, si trovano d’accordo su alcuni punti salienti:

  • L’annuncio del tradimento di uno dei commensali
  • L’accorata domanda collettiva (“Sono forse io, Signore?”)
  • La risposta di Cristo sull’identificazione del traditore (“colui che intingerà insieme con lui la mano col pane nel catino”)
  • Lo scambio di battute con Giuda
  • La benedizione del pane e del vino simbolo della prima eucarestia

Il Cenacolo di Raffaellino del Colle

In Casentino, un bell’esempio di Cenacolo si trova nel refettorio del santuario di Santa Maria del Sasso; l’opera che occupa tutta la parete di fondo (8,50 x 3 metri) è ricordata dal Vasari nelle Vite (Giunti ed.1568 p.416, attribuita a Raffaellino).

Ciò che emerge chiaramente dai documenti conservati presso l’Archivio del Santuario è la datazione della pittura murale: il 2 settembre 1535 padre F. Zanobi de’ Medici donò “lire 11 e soldi 2 che tanti ne avanzarono a pagare il dipintore del Cenacolo”, ma dell’artista non viene ricordato il nome. Le masse corporee degli apostoli appaiono dilatate e accese e riecheggiano la possanza di Michelangelo, in parte filtrata dai primi manieristi fiorentini.

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Innovativa è la presenza del Male che in forma di figura antropomorfa e diabolica si nasconde sotto lo sgabello nel quale è seduto Giuda. Con ghigno beffardo, volto grottesco, il diavolo con coda serpentinata, stringe tra le mani una lunga corda, strumento che Giuda utilizzerà per impiccarsi all’albero di fico. Nel passo evangelico si ricorda che il diavolo «durante la cena aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradire Gesù» (Giovanni 13,2).

La presenza del gatto che troviamo già raffigurato anche nel Cenacolo di Domenico Ghirlandaio (Museo di San Marco -Firenze) non ha solo funzione decorativa ma assume un significato simbolico rappresentando il Male, rafforzando così la presenza del demonio stesso. Il cane è presentato in fuga dal gatto e dal demonio; nel Medioevo questo animale era diventato simbolo di fedeltà ma non va dimenticato che è anche simbolo dei domenicani stessi. Il nome di Domenico viene associato a un curioso gioco di parole Dominicanus, simile a Domini Canis (I cani del Signore).

Gli apostoli sono caratterizzati da pose ed espressioni che evidenziano i vari stati d’animo dopo le parole pronunciate da Cristo:” In verità, in verità vi dico - uno di voi mi tradirà” : parole chiave tratte dai Vangeli dipinte con lettere dell’alfabeto greco, in alcune tabelle alla base delle nicchie architettoniche sullo sfondo. Le figure degli apostoli esprimono una gamma di sentimenti che vanno dalla sorpresa, allo sconforto, all’angoscia, all’interrogazione reciproca, al dubbio di sé.

Nelle varie interpretazioni offerte dai pittori del Tre e Quattrocento in Firenze soprattutto, si delineano anche i gesti tipici degli apostoli che valgono a caratterizzare il loro temperamento sulla base di modelli riconoscibili: ad esempio a san Tommaso, notoriamente tendente all’incredulità, viene assegnata la posa di chi dubita e così via.

La descrizione minuziosa della tavola apparecchiata dove si allineano coltelli, ampolle, ciotole, permette di conoscere una mensa cinquecentesca sulla quale è presente un calice e un vassoio sul quale è posto l’agnello pasquale, pane e ciliegie (la polpa rossa della ciliegia che nasconde il nocciolo legnoso, è segno del sacrificio di Cristo: prendendo su di sé il legno della croce egli ci ha dato in cibo la sua carne, antidoto contro i morsi del maligno e salvezza per i fedeli).

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L’autore di questa importante opera d’arte, Raffaello di Michelangelo di Francesco, detto Raffaellino del Colle (Sansepolcro, 1496 circa-1566) fu uno degli ultimi allievi diretti di Raffaello, con il quale collaborò alla Villa Farnesina e dopo la morte di Raffaello (1520) con Giulio Romano nella Sala di Costantino in Vaticano ed a Mantova in Palazzo Te. Artista colto e raffinato, il pittore biturgense elaborò una delle più originali ed autentiche espressioni del manierismo italiano.

Il Cenacolo come Metafora di Incontri Culturali

In Emilia Romagna si torna a parlare del rapporto dei Grandi personaggi con la cucina, con la presentazione del volume "A tavola con i grandi.Ricette e curiosità dei personaggi illustri Italiani" (2021), a cura dell’Associazione Nazionale Case della Memoria.

Villa Silvia, Casa della Memoria legata a Giosuè Carducci, fu proprietà della contessa Silvia Pasolini Zanelli, che ne fece un importante cenacolo della cultura romagnola. Carducci vi trascorse numerosi soggiorni fra il 1897 e il 1906, e proprio qui fu ispirato a comporre la famosa Ode alla Chiesa di Polenta.

Come si legge in “A tavola con i grandi”: “Qui Giosuè apprezzò i piatti della cucina romagnola, fatta spesso con prodotti poveri che venivano rivisitati e arricchiti nelle cucine dei possidenti.

Il volume, a cura di Marco Capaccioli e Adriano Rigoli e con i contributi degli chef Cristina Bowerman e Igles Corelli, e postfazione di Alberto Capatti direttore scientifico di Casa Artusi, offre una nuova chiave di lettura per conoscere i grandi personaggi che compongono il grande mosaico dell’Associazione Nazionale Case della Memoria. Una realtà che riunisce le case (oggi case-museo) dove vissero personaggi illustri in ogni campo del sapere, dell’arte, della letteratura, della scienza, della storia.

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Un percorso tra ricette e curiosità, ispirato dal bicentenario della nascita di pellegrino Artusi (1820-2020) scrittore e gastronomo, padre della cucina domestica italiana, la cui casa natale fa parte del circuito delle Case della Memoria. Ma si spinge ben oltre, per tracciare un ricettario che travalica lo spazio e il tempo, riunendo nomi celebri come Leonardo Da Vinci, Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi, Luciano Pavarotti, Enzo Ferrari, Enrico Caruso, Giuseppe Garibaldi, Giovanni Pascoli, Michelangelo, Ugo Tognazzi e moltissimi altri. Per immaginarli in una veste diversa da quella in cui siamo abituati a pensarli.

Il Cenacolo e la Letteratura Siciliana

’ISOLA VISTA ATTRAVERSO UN INTERESSANTE ED INEDITO ITINERARIO SULLA STRADA DEI PIU’ GRANDI SCRITTORI SICILIANI CHE INVITA A RIPERCORRERE I LUOGHI VISSUTI, AMATI E DESCRITTI NEI ROMANZI DEI PRINCIPALI AUTORI DEL NOVECENTO. Si tratta di un circuito turistico-culturale che induce il visitatore a godere delle ricchezze artistiche, monumentali, archeologiche e naturalistiche, apprezzandone anche la tradizione enogastronomica.

In pochi chilometri si concretizza l’emozione di rivedere e soprattutto vivere, i luoghi che hanno ispirato alcune delle opere più importanti del novecento italiano, con gli occhi di chi li ha vissuti e descritto l’incantevole bellezza dei tesori che essi nascondono.

Un esempio di questo percorso è una passeggiata letteraria, di circa due ore e mezza, sulle orme del Gattopardo, a partire dall’ex albergo Trinacria, dove ricorderemo la scena della morte del Principe ed alcune delle sue riflessioni politiche finali. Si attraverseranno i luoghi che nella memorabile mattina del 27 maggio 1860 furono teatro della battaglia garibaldina e in cui, poco più di cento anni dopo, Visconti avrebbe girato gran parte delle scene che quei fatti volevano rievocare. Ricordando qualche episodio della battaglia e alcune scene del film, arriveremo a Piazza Rivoluzione, luogo simbolo della Palermo risorgimentale, dove campeggia la statua del Genio simbolo della città e si trova Palazzo Trigona-Scavuzzo, legato ad una delle esperienze più tragiche dell’infanzia di Giuseppe Tomasi.

Da Piazza Rivoluzione a Piazza Croce dei Vespri il passo è breve, ma il salto nella memoria storica è di quasi seicento anni: un’altra rivoluzione, quella dei Vespri, che, come quella del 1860, avrebbe cambiato per sempre il destino della Sicilia. Ma più che alla piazza in sé il nostro interesse sarà rivolto al grande palazzo che la chiude da due lati a angolo retto: Palazzo Gangi, dove Luchino Visconti nel 1962 ricostruì l’ambientazione del palazzo Ponteleone del romanzo e girò l’indimenticabile lunga sequenza del ballo.

Un’altra tappa di questo itinerario è la visita alla cittadina di Palma di Montechiaro, fondata nel Seicento dalla famiglia Lampedusa, insieme alla guida Totò Costantino che ci farà rivivere le ambientazioni d’epoca e la storia di questa città che deve alla famiglia Tomasi la sua nascita e buona parte della sua fama nel mondo. Visiteremo il Palazzo Ducale, l’antico Monastero Benedettino e la maestosa Chiesa Madre, oltre ad avere la possibilità di girare per le storiche vie del paese il quale è considerato uno degli ultimi pezzi di Sicilia autentica.

Nel pomeriggio visita al borgo marinaro di Porto Empedocle - la vera “Vigata letteraria di Andrea Camilleri”, luogo di nascita sia di Luigi Pirandello che del papà del Commissario Montalbano. Inizieremo visitando la Casa Natale del premio Nobel per la Letteratura 1934 nella Contrada del Caos, proseguiremo fino alla Vecchia Marina di Girgenti, la vera Vigata dei romanzi di Montalbano, per rivivere le ambientazioni e le suggestioni che hanno reso Porto Empedocle famosa nel mondo grazie ai libri di Montalbano.

Passeggiando lungo la Via Roma scopriremo i vicoli e i cortili della città vecchia fonte d’ispirazione narrativa per questi due grandi maestri della letteratura italiana del Novecento. Il percorso trasformerà i luoghi nella “Città teatro della vera Vigata letteraria di Andrea Camilleri” con attori di una compagnia locale che rievocheranno, insieme agli abitanti di alcuni cortili, momenti dei libri e della serie televisiva del Commissario Montalbano.

Il percorso si chiuderà di fronte la maestosa Torre Carlo V a cui Camilleri ha dedicato il romanzo storico La strage dimenticata. Prima del rientro in hotel ammireremo la straordinaria Scala dei Turchi da un meraviglioso punto panoramico.

Dopo la prima colazione in hotel trasferimento nella parte più alta della collina di Girgenti per scoprire la città storica del premio Nobel per la letteratura. Il percorso inizierà dalla Cattedrale per finire poi nell’agorà agrigentina la Via Atenea cuore pulsante della città.

Il Centro Storico di Agrigento è un dedalo meraviglioso di vicoli e cortili che si intersecano come se fosse una medina mediorientale. È dall’ispirazione di questo scrigno incantevole di viuzze e stradine, le prime fondamenta risalgono al IX secolo con l’arrivo degli Arabi poi i Normanni dal XII secolo lo fortificarono con le mura che ressero fino al 1949, che Luigi Pirandello trovò ispirazione per le sue opere, tra cui il capolavoro I vecchi e i giovani considerato uno dei più importanti testi per comprendere il Risorgimento italiano.

Vedremo i luoghi simbolo del centro storico e dell’opera pirandelliana: la Casa del Granella, la maestosa Cattedrale di San Gerlando, la solenne Biblioteca Lucchesiana del 1765, la Chiesa di Santa Maria dei Greci (dall’esterno), oltre a rivisitazioni di alcuni dei più bei cortili e vicoli della città vecchia ove, prima dell’avvento della modernità, viveva la comunità agrigentina.

Ci trasferiremo a Racalmuto, la “Regalpetra del Maestro Leonardo Sciascia” uno dei più grandi intellettuali d’Europa che qui nacque e visse buona parte della sua vita fino alla sua dipartita nel 1989. Accompagnati dallo scrittore Salvatore Picone, uno degli allievi e discepoli di Sciascia autore a sua volta del libro, “Dalle parti di Leonardo Sciascia”, andremo a scoprire la geografia sciasciana sui luoghi che maggiormente hanno influenzato la sua opera e, possiamo dirlo con onore, quasi cinquant’anni di vita intellettuale italiana: dalla Fondazione Sciascia, luogo simbolo della sua eredità, alle Scuole Elementari Macaluso, che frequentò e dove iniziò la sua professione di maestro elementare e dove è stata allestita un “aula museo” in suo onore.

Si proseguirà con la visita di “Casa Sciascia”, la casa museo dove il Maestro di Regalpetra è cresciuto con le zie, per poi visitare il Circolo Zolfatai e quello Unione.

Il Cenacolo di Worpswede: Un Fallimento Comune

Forse il titolo più adatto all’ultimo romanzo di Klaus Modick potrebbe essere Settantadue ore nella vita di un pittore, se non fosse già gravato da quello assai contorto di Concerto di una sera d’estate senza poeta (traduzione di Riccardo Cravero, Neri Pozza, pp.

Una consacrazione apparentemente definitiva per il pittore che, in realtà, coincide con una profondissima crisi d’ispirazione: il matrimonio di Vogeler con l’ex musa Martha è ormai finito, l’affinità spirituale con Rilke, «proclamata in maniera troppo frettolosa» si è trasformata in «rigida cortesia» e non resta più niente dei giorni felici in cui Worpswede, da remoto villaggio sprofondato nelle paludi, era diventato, d’un tratto, crogiolo di anime elette dedite all’arte.

Lo sta a testimoniare lo stesso Concerto, quel quadro «riuscito così compiutamente male», dove i componenti del cenacolo - gli artisti Otto Modersohn, Clara Westhoff e Paula Modersohn-Becker - sono disposti nel giardino del Barkenhoff intorno alla figura assente del poeta Rilke, cancellata da Vogeler in un impeto di stizza. La mestizia dei loro volti insistentemente ritoccati, la fissità dei loro sguardi dolenti sembrano alludere, pur nel loro mutismo, a un fallimento comune.

Eppure, l’utopia agreste di Worpswede è esistita davvero, e le pagine più riuscite del romanzo sono quelle in cui Modick, grazie a una vertiginosa successione di analessi, riesce attraverso le riflessioni malinconiche di Vogeler a illuminare le motivazioni ideali della fuga dalla città compiuta dal protagonista e dai suoi amici negli ultimi anni del XIX secolo.

Andarsene da Brema per rifugiarsi nel Teufelsmoor, la «palude del Diavolo» situata a nord-est della città anseatica, significava innanzitutto rifiutare l’asfittica mentalità della borghesia mercantile dedita all’importazione di beni coloniali, e ricercare nuove forme di confronto sia con l’altro sesso, sia con la locale popolazione contadina.

«C’è così tanto che non è stato dipinto, forse tutto», sempre più insistente risuona al suo orecchio l’ammonimento dell’ex amico Rilke, che dopo aver fatto scandalo a Worpswede con la sua camicia contadina russa e le sue relazioni amorose con le artiste Clara Westhoff e Paula Becker, si è dileguato a caccia di nuovi stimoli creativi.

Di lì a breve sarà lo stesso Vogeler a riprendere inaspettatamente la ricerca, sempre meno disposto a essere «un artista come lo desideravano la nobiltà e la borghesia che pagava e collezionava l’arte». Un senso crescente di insoddisfazione condurrà in seguito il pittore a Ceylon - dove resterà colpito dalla spietatezza dello sfruttamento coloniale - e poi nella Russia bolscevica, in cui intraprenderà una nuova strada di artista impegnato, fino alla morte avvenuta nel 1942, dopo essere stato deportato in quanto tedesco in Kazachstan.

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