Un Viaggiatore Sovrappeso in Iran alla Scoperta della Persia
Un racconto di viaggio sulle orme di Marco Polo e dei Re Magi, che mescola ironia e informazioni, storia e scoperte personali. Si intitola Un viaggiatore sovrappeso in Iran. Diario persiano (Zolfo editore), l’ha scritto l’ex manager ghisleriano Bernardo Notarangelo una volta tornato a casa, a Milano, dopo tre mesi passati a scoprire, a piedi, i luoghi dell’antica Persia dove il turismo non arriva. Un lungo viaggio in solitaria che in effetti gli ha permesso di perdere qualche chilo e che, in parallelo, gli ha fatto scoprire il piacere della scrittura.
L'Autore: Bernardo Notarangelo
Bernardo Notarangelo - Nato a Foggia nel 1960, si è laureato in Economia a Pavia per poi trasferirsi a Milano, dove attualmente risiede. Ha insegnato all’Università di Pavia, conseguito un Master in International Public Policy alla Johns Hopkins University e ricoperto importanti incarichi professionali sia in start up di successo che in realtà consolidate quali Mediaset, Rai e «Il Sole 24 Ore». È Fellow della Royal Geographical Society.
Uno Sguardo Nuovo sull'Iran
Una grande ironia nel definirsi sovrappeso, unita alla curiosità del viaggiatore e alla capacità di scrittura del giornalista, fanno di questo libro un reportage dell’Iran che non ti aspetti. Bernardo Notarangelo in questo Un viaggiatore sovrappeso in Iran, pubblicato da Zolfo Editore ha uno sguardo nuovo su un Paese dalla storia millenaria da quasi cinquant’anni sotto il dominio di una gerarchia religiosa integralista, che negli ultimi tempi ha visto sgretolare il suo potere sotto le spinte delle nuove generazioni, formate soprattutto da donne, alla ricerca di una mai avuta libertà.
Sulle orme di Marco Polo e dei Re Magi il Viaggiatore Sovrappeso incontra commercianti di tappeti, studenti, poliziotti, religiosi col turbante e donne che coraggiosamente non portano il velo, sfidando il regime al grido di “donna, vita, libertà”. Dalla meravigliosa Isfahan alla santa Mashhad, Bernardo Notarangelo restituisce un ritratto dell’Iran ricco di riferimenti storici e riflessioni contemporanee: un diario di viaggio per comprendere un Paese dall’immenso passato e dal presente assai problematico. Lo stesso rigore che gli ha fatto mettere le ali ai piedi e affrontare per la terza volta un tutt’altro che facile viaggio in Iran, esattamente sette secoli dopo un altro viaggiatore italiano transitato da quelle parti, Marco Polo incantato sulla Via della Seta.
Un Incontro al Museo dei Tappeti di Teheran
Arrivo al Museo dei Tappeti attraversando il parco Laleh. Come già mi è successo nelle altre città vedo ragazzi e ragazze in atteggiamento tenero. Sarebbe stato impensabile nel mio primo viaggio, nel 1993: allora anche io, visitatore occidentale, portavo camicie rigorosamente con le maniche lunghe. Quelle con le maniche corte sono state sdoganate, credo, da un quindicennio. Allora era impensabile per un ragazzo e una ragazza camminare insieme per la strada, figuriamoci manifestare in pubblico il proprio affetto. Il cambiamento è difficile, ma si vede. Scopro però che in quest’area di Teheran la maggioranza delle ragazze non porta il velo.
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In un angolo del parco si festeggia il compleanno di una bambina. Le madri sono tutte senza velo, tranne una. Chiedo se posso fare una fotografia e faccio gli auguri alla bambina. Mi invitano subito a sedermi con loro - caspita, dall’Italia!, welcome, abbiamo portato dei dolci, mangia con noi, ci fa piacere. Garbatamente rifiuto, dico che devo andare al museo, e poi sono grasso - man chagh hastam. Scoppiano tutte a ridere, anche le bambine. “Dov’è la tua famiglia?” mi chiedono. “In Italia“. E perché non vengono con te?” Me lo hanno chiesto mille volte in questo viaggio. “Mia moglie e mia figlia non verrebbero”. “Perché?” È difficile dire loro che è per via del velo, visto che oltretutto loro non lo portano. L’unica donna velata, che parla un buon inglese, mi dice: “Io ho viaggiato e penso di saperlo. Noi iraniani abbiamo un’immagine terribile: retrogradi, cattivi. Ma non è così”. “Lo so”, dico io, “è il mio terzo viaggio qui. L’Iran è bello, ma se torno qui è anche perché voi siete meravigliosamente ospitali e generosi”.
Lei traduce, le donne sono quasi commosse. Io allora, approfittando del clima creatosi, chiedo alla donna col velo: “Lei è qui col velo, le sue amiche non lo portano. Per quale motivo? Cosa ne pensa?” Ma sua la risposta è per me inaspettata. “Io purtroppo il velo devo portarlo per forza. Sono molto religiosa, ma il velo non lo porterei. Però sono una dipendente pubblica, una insegnante, e se mi vedono senza velo posso avere problemi molto seri, per il mio lavoro. Per cui, cosa posso dire alle mie amiche? Loro fanno ciò che vorrei fare anche io”.
Le saluto, mi salutano. Poco distante vedo un’immagine che non dimenticherò: una madre, col velo, che accarezza i capelli della figlia che è a capo scoperto. In quello sguardo, in quella carezza, tutto l’amore di una madre. E in quell’immagine, la libertà a cui qui le donne aspirano.
Entro nel museo e vedo un una ventina di persone che sta ascoltando un uomo. Dai gesti di questo si capisce che sta illustrando al gruppo un tappeto. L’uomo non è alto, ma dal suo corpo, che si sposta da un capo all’altro del tappeto, dalle sue mani, che indicano i particolari, sprigiona un’energia magnetica. Scopro che è un professore, e che coloro che lo seguono stanno conseguendo il diploma di guida turistica. Le sue spiegazioni, molto par- tecipate, con numerose domande e risposte, sono in farsi, ma le guide parlano inglese, una parla perfino italiano! Così le seguo e mi si apre un mondo. Anche perché i tap- peti di questo museo sono di una bellezza straordinaria. Accanto a ciascuno di essi c’è un biglietto che - anche in inglese - descrive l’area, l’anno presunto di produzione, i materiali, l’ampiezza, la densità dei nodi e il loro tipo (se simmetrico o asimmetrico).
Confesso una mia predilezione iconoclasta: io amo i tappeti puramente geometrici, o anche (ma è un “anche” titubante, il mio) quelli in cui la geometria è espressa at- traverso alberi e uccelli. L’albero della vita, i cipressi della libertà, gli uccelli simboli del Paradiso che qui, secondo la tradizione, è un giardino, forse immagine dell’Eden perduto. Ma oggi questa mia preferenza viene incrinata alla vista di alcuni tappeti figurativi di grande bellezza. Uno poi è davvero particolare: ritrae decine di persone, ciascuna contrassegnata da un numero. Intorno, come bordo, c’è scritto il nome di ciascuno. Si possono vedere Luigi XVI, Napoleone e, in alto, Gesù (Issa), insieme ad altri profeti, sapienti, santi.
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Al termine, pranzo con due delle aspiranti guide, Ahmed e Fatemeh. Si parla un po’ di tutto: del futuro di questo Paese e oltre. Mi dicono che il Museo delle Porcellane e dei Vetri è meraviglioso, ma troppo c’è da vedere in questa Teheran che ho scoperto in questo mio terzo viaggio. Vorrei visitare la sinagoga. Ahmed è di Teheran e mi dice che ha già organizzato, su richiesta di qualche visitatore, un “tour di Teheran ebraica”. Fatemeh invece viene da Rasht, una città nel Nord del Paese. È religiosa, lo si deduce da come porta il velo, stretto a coprire davvero tutti i capelli. Parla un inglese impeccabile, si è laureata con una tesi sull’Ode di Wordsworth. Famiglia di credenti, lei molto assertiva. Affascinante per questo contrasto.
Un Diario di Viaggio Oltre la Realtà Quotidiana
E se un diario di viaggio superasse il racconto quotidiano della realtà? Dopo aver letto Un viaggiatore sovrappeso in Iran (Zolfo) di Bernardo Notarangelo non riusciamo più a leggere o ascoltare servizi giornalistici sull’Iran senza pensare ai dettagli minuti, all’esplorazione sincera di questo peregrinare dell’autore da flaneur benjaminiano tra Isfahan, Tabriz, Teheran, Mashhad. Intanto la cifra di questo diario, articolata nel giorno per giorno per circa un mese e mezzo, è modulata su una curiosa, sincopata, soggiacente (auto)ironia che ha come puntello la trovata di una presunta obesità dell’autore da smaltire viaggiando, qualcosina in più di una naturale abbondante pancetta dovuta all’età - l’autore all’epoca del viaggio aveva 63 anni -, molto di meno dell’impedimento serio al macinare qualche chilometro al giorno per visitare luoghi e spazi persiani.
Un viaggiatore che si appoggia ad un corso di lingua del luogo per ottenere un visto con maggiore facilità, che gira con una manciata di euro trasformata in riyal, uno zaino e niente più, e che comunque mangia, anzi cerca proprio il ristorante più autentico (tanta troppa carne Bernardo, sempre se si vuole dimagrire) per poi farne puntuali recensioni “a la” tripadvisor. Dice Notarangelo del suo sapere: “Anche se negli anni l’interesse per queste terre mi ha portato a leggere molto, la mia rimane fondamentalmente una cultura da Settimana Enigmistica: votata al dettaglio e al tempo stesso irrimediabilmente approssimativa”.
Perché se c’è qualcosa di stuzzicante e accattivante nella diaristica di viaggio è proprio questo taglio naturalmente e soggettivamente impreciso, tutto volto a farsi e ricomporsi nel momento in cui le occasioni, gli incontri, gli squarci visivi si mostrano nella loro inattesa e improvvisa presenza. C’è un disegno a grandi linee dei desideri sulla lista da depennare, ma ogni giorno, letteralmente, Notarangelo decide il da farsi. In questo modo la visita turistica si plasma continuamente attorno all’idea di un luogo da abitare, anche se fugacemente, per respirarne umori e sentimenti oltre la visione totocutugnesca dell’italiano all’estero. I caffè diventano così cornucopia antropologica spicciola della direzione che un paese prende ben oltre i panegirici dei cosiddetti esperti occidentali in loco. L’autore osserva, incontra, cataloga, riflette.
Il tema del velo sul viso delle donne (sorpresa: molte lo tengono sulle spalle), l’idea latente della polizia oppressiva, l’arrembante presenza dei nuovi ricchi cinesi (e della tradizione artigianale dei tappeti che rischia di perdersi), la fuga dei giovani laureati verso l’estero. E poi quell’umanità diversificata nelle etnie (l’Iran respira il turco armeno curdo ad ovest e l’afgano ad est) che si riassume nell’antica idea di ospitalità concreta e reale (“mai confondere il popolo con il governo”) che nessun viaggio in Occidente offre più da tempo.
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Notarangelo va avanti a piccoli e grandi passi, si appoggia a taxi e corriere, si immerge nell’altopiano desertico, esplora perfino incongruenze storiche, qui rispetto alla leggenda delle spoglie dei Re Magi, mostrando che il diario di viaggio nella sua culturale semplicità è anche motivo di interrogativi ed analisi, di stimolo verso alterità e conoscenza ancora da mettere definitivamente in ordine.
Al suo interno c’è tutta la sincera passione di quelle persone che tra i grigi inverni europei anelano l’intramontabile sole del viaggio lontano per illuminare anima e cuore. Alla fine di ogni capitolo la liana dell’interattività attraverso un QrCode vi mostra le foto del viaggio, anche se il consiglio è lasciare che la vostra fantasia ricomponga autonomamente ambienti, visi e colori, proprio come una volta.
L'Iran: Un Paese di Sfumature
Questo è il racconto di chi lo ha conosciuto. In questo diario di viaggio, Bernardo Notarangelo ci porta con lui attraverso un Paese dalle mille sfaccettature, aiutandoci a comprenderne il passato glorioso e il presente problematico. Sulle orme di Marco Polo e dei Re Magi, dalla meravigliosa Isfahan alla santa Mashhad, l'autore racconta i suoi incontri con commercianti di tappeti, studenti, poliziotti, religiosi col turbante e ragazze che sfidano il regime al grido di "donna, vita, libertà". Ne esce un ritratto vivo e vibrante, ricco di aneddoti e di riferimenti storici e di attualità, che ha già affascinato e conquistato migliaia di lettori.
L’autore spiega molto bene il suo desiderio di avventura, alla scoperta di terre nuove, perché è affascinato dalla bellezza dell’arte e della cultura persiana. È già stato altre volte in Iran in passato. Adora Isfahan, un po’ meno Teheran ( che lì pronunciano tehran) troppo in fretta cresciuta in numero di abitanti, più caotica, più inquinata. Ha studiato per un corso di persiano che trova difficilissimo. Ha visitato molti luoghi e città come Orumyieh, Tabriz ,Takht e Soleyman, Sanandaj, Hamadan, poi il Sud, Shushtar, Shush, Gambad e Javus, e gli scavi di Susa e Persepolis.
In questo suo terzo viaggio in Iran scopre con dispiacere che è diventato più pericoloso. Se ci torna più volte è perché ne è affascinato, la gente è generosa e ospitale, la incontra per strada ed è e subito affabile. Alcune donne portano il velo, altre no. Quando chiede il perché, una di loro gli dice che deve portarlo perché ha contatti con il pubblico, è un’insegnante e se non lo fa, rischia di perdere il posto di lavoro. Giacca e cravatta vengono considerate simbolo della decadenza occidentale.
Fa poi la visita dell’Imam e del Kohrasan che nel nostro Medioevo è stata un faro di luce, di conoscenza, di civiltà. Mashhad la Santa, cercano Dio. Ne è emozionato e deduce che forse anche lui sta affrontando questo viaggio alla ricerca di Dio. Proseguendo il suo percorso, visita la Moschea di Gohsrsad con la famosa cupola turchese. Visita il Mausoleo del poeta Ferdowsi, che è come Dante per noi italiani. I persiani si stupiscono che un italiano sappia questa cosa. Forse sospettano che sia una spia. Si chiede perché gli iraniani vogliono emigrare, sicuramente per il desiderio di libertà.
Cita Nashipur come uno dei massimi centri di cultura del Medioevo e Attar, il grande poeta ammirato da Borges. Scrive “il linguaggio degli uccelli “. “I mullah ci hanno fottuto la vita” sarà una risposta che riceve, tuttavia dare tutta la colpa alla religione non lo convince. L’Islam ha rappresentato un mondo di scoperte scientifiche e tecnologiche all’avanguardia. Tutto questo si è perso.
Molta responsabilità, ribadisce l’autore, viene data all’influenza di Al- Ghazali, alla sua avversione verso la ragione umana e al principio di causalità. Qualcuno afferma che la giurisprudenza guarda al precedente, quindi al passato. Conclude con il ringraziamento al popolo iraniano, a tutte le persone che lo hanno aiutato, incontrandole per strada e che non l’hanno fatto mai sentire solo. Sembrerebbe che il fascino di questa terra non finisca qui. E ha fatto viaggiare anche me, che non sono mai stata in Iran.
Un Viaggio Oltre le Apparenze
Da quando, verso la fine dell’anno scorso, è uscito in libreria Un viaggiatore sovrappeso in Iran. Forse ricorderete la detenzione di quasi tre settimane della giornalista Cecilia Sala, rilasciata dalle autorità iraniane l’8 gennaio. Se avete seguito gli avvenimenti sui mezzi di comunicazione mainstream - stampa e TV in primis - probabilmente avrete una visione distorta della realtà che, per sua natura, è decisamente più complessa di quanto ce la raccontino. Ma torniamo all’Iran e nel mio caso specifico il verbo tornare va inteso in senso letterale. L’Iran è un mosaico, composto da un incredibile numero di tessere dalle sfumature più varie.
A un bivio della sua carriera Notarangelo ha rimesso lo zaino sulle spalle ed è partito, per alleggerire il corpo e riempire cuore e mente di emozioni e informazioni. Era già stato in due occasioni precedenti in Iran, a distanza di molti anni: la prima nel 1993 e la seconda nel 2012. Confrontando quello che ora vede con quei termini di paragone può verificare quanto - e come - il Paese sia cambiato. È ritornato in Iran con un bagaglio culturale più pesante. Grazie a un codice QR presente alla fine di ogni capitolo il lettore può accompagnare la lettura con un album fotografico pubblicato sul sito del Viaggiatore sovrappeso.
Ma non pensiate che il viaggio di Notarangelo sia un semplice vagabondaggio. E non è tanto la meta (l’Iran) per quanto poco abituale al pubblico italiano e le tappe in cui la declina, a rendere interessante il resoconto, quanto l’approccio inusuale. Quanti di noi vanno a scuola nel Paese che stanno visitando per impararne la lingua? E sostengono un esame, superandolo brillantemente? E fanno conoscenza con personaggi che starebbero bene in un romanzo di Le Carré se già non abitassero le pagine di questo Diario persiano?
Da città a città e di pagina in pagina Notarangelo perde peso, fa incontri interessanti, studia il farsi (tanto da arrivare a proporre una riforma dell’alfabeto persiano!), visita luoghi storici e ristoranti moderni o tradizionali. Non possono mancare i tappeti; i riferimenti alla storia recente o recentissima dell’Iran - dalla contrapposizione con gli USA e dalla diplomazia degli ostaggi alla tragica morte della studentessa curda Mahsa Amini -; i magnifici paesaggi; i rimandi ai caposaldi della cultura persiana. A tutto questo Notarangelo si approccia con curiosità (e laicismo) erodotei: il “tutto il mondo è paese” di pag. 102 potrebbe essere l’estrema sintesi dei nove libri delle Storie.
Città | Descrizione |
---|---|
Isfahan | Meravigliosa, ricca di storia e cultura |
Mashhad | Città santa, meta di pellegrinaggio |
Teheran | Caotica, inquinata, ma in rapida evoluzione |
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