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INPS: Pensioni per Stranieri - Requisiti e Calcolo

Gli stranieri pensionati in Italia rappresentano una minoranza. Su 16 milioni di pensionati, gli stranieri sono circa 130.000, meno dell’1% del totale, con una spesa complessiva di circa 700 milioni di euro (dato del 2015). Di queste, 80.000 sono pensioni di tipo contributivo mentre 50.000 sono di tipo assistenziale.

Per quanto riguarda i contributi previdenziali, è importante ricordare che i 2,4 milioni di lavoratori stranieri versano all’INPS oltre 10,9 miliardi di euro l’anno.

Fattori che influenzano il sistema pensionistico

La spiegazione di questo risultato risiede in diversi fattori. Innanzitutto, gli stranieri sono generalmente più giovani, con un'età media di 33 anni rispetto ai 45 anni degli italiani. Questo significa che lavoreranno più a lungo e verseranno più contributi prima di ricevere la pensione.

Come è noto, la sostenibilità dei sistemi pensionistici dipende in modo molto significativo dalla demografia. L’arrivo di stranieri, generalmente giovani e in età attiva per il lavoro, modifica la struttura per età della popolazione influendo positivamente sui bilanci dei sistemi previdenziali dato che la bassa età media degli stranieri per alcuni decenni ancora farà si che i contributi versati annualmente saranno superiori alle pensioni percepite dagli stessi stranieri.

Inoltre, solo una parte degli immigrati rimane in Italia fino all’età pensionabile. Molti lasciano il paese prima di maturare i requisiti minimi per la pensione, e alcuni non ne fanno richiesta anche dopo averli maturati. Sono poche le pensioni pagate all’estero a stranieri residenti in Asia (1.044), in Africa (666) e in America latina (11.425) che dopo aver lavorato in Italia hanno deciso tornare nel loro paese.

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Simulazioni INPS sull'impatto dell'immigrazione

L’INPS ha effettuato una simulazione per misurare il peso degli stranieri nel sistema previdenziale. La prima parte ipotizza l'assenza di nuovi immigrati rispetto a un flusso medio di 140.000 stranieri annui. Si tratta di un’ipotesi estrema che serve però ad evidenziare in maniera chiara l’impatto sui conti del sistema pensionistico italiano che potrebbero derivare dalla chiusura totale delle nostre frontiere per tutti gli anni futuri.

Nel suo Rapporto annuale 2017, l’INPS ha evidenziato che, in questa ipotesi, si registrerebbero dei saldi netti finanziari negativi via via crescenti fino a raggiungere, nel 2040, un saldo negativo di 37,5 miliardi. Il risultato sarebbe il frutto di minori entrate per contributi previdenziali cumulate pari a 72,6 miliardi di euro e di minori oneri per prestazioni previdenziali pari a 35,1 miliardi di euro alla fine del periodo di previsione.

L’INPS calcola anche il contributo netto complessivo degli stranieri entrati in Italia e integrati nel mercato del lavoro. La stima della contribuzione versata nel periodo 1960-2016 dai 5.966.234 lavoratori migranti si colloca tra 181,1 e 241,2 miliardi di euro, a seconda delle ipotesi sul rendimento dei contributi.

A fronte di questa contribuzione i lavoratori stranieri hanno maturato un valore attuale delle prestazioni pensionistiche pari a 144,6 miliardi. Pertanto il contributo netto nel lungo periodo che i lavoratori stranieri stanno offrendo al sistema previdenziale italiano è di 36,5 miliardi di euro che potrebbe arrivare a 96 miliardi con una diversa ipotesi sul rendimento dei contributi (INPS, 2017).

Le stime dell’INPS evidenziano dunque come il valore economico dei versamenti contributivi effettuati dai lavoratori stranieri che attualmente risultano occupati o che lo sono stati sia maggiore dei trattamenti pensionistici che saranno loro riconosciuti.

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Una parte di questo saldo positivo si deve ai contributi persi dagli immigrati. Infatti, le norme sul sistema previdenziale contributivo o misto richiedono un numero minimo di anni di contributi per accedere a qualunque trattamento previdenziale che non tutti gli stranieri riescono a raggiungere. Gli immigrati che sono arrivati in Italia in età matura e soprattutto quelli che rientrano nel paese di origine per ragioni lavorative o familiari possono fallire questo traguardo o mancare in altri adempimenti obbligatori (come presentare la domanda di pensionamento).

E’ opportuno sottolineare che nel calcolo del contributo netto positivo degli stranieri, realizzato dal Rapporto INPS, non si fa cenno alle stime delle uscite per i trattamenti assistenziali INPS per coloro che non riusciranno a raggiungere una anzianità retributiva sufficiente.

Assegno Sociale per Stranieri

L'INPS ha fornito chiarimenti per il riconoscimento del diritto all’assegno sociale, un aiuto dello Stato riservato agli anziani poveri. Ai requisiti di età (almeno 67 anni), di reddito (deve essere inferiore all’importo dell’assegno) e di residenza in Italia, si aggiungono quelli di cittadinanza e anzianità di residenza.

L’assegno sociale può essere chiesto dai cittadini italiani, dai cittadini Ue e dai loro familiari extraUe, e ai cittadini extraUe e apolidi titolari di protezione internazionale o di un permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo. Inoltre, bisogna aver soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale.

Tra le altre cose, la circolare n.13 del 12 dicembre 2022 contiene precisazioni sul requisito dei 10 anni di soggiorno continuativo (che non si considerano interrotti da assenze inferiori a sei mesi consecutivi e non superiori a complessivamente dieci mesi per quinquennio) e su come le strutture territoriali dell’INPS possono verificarli. Inoltre, dà indicazioni relative alla Dichiarazioni dei redditi esteri da parte di cittadini extraUe, analoghe a quelle per l’access al Reddito di Cittadinanza.

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Una volta accertato, resta cristallizzato indipendentemente dall’arco temporale in cui lo stesso si è verificato. Ad esempio, il requisito è considerato valido nei confronti di un richiedente che presenta la domanda nel 2022 in presenza di un soggiorno legale e continuativo in Italia tra il 2000 ed il 2010. In sede di presentazione della domanda di Assegno sociale il richiedente può autocertificare il possesso del requisito.

Pensioni Internazionali e Convenzioni Bilaterali

I cittadini che hanno regolarmente lavorato in Italia o all’estero e versato i contributi, hanno diritto alla pensione internazionale, al pari di qualsiasi cittadino italiano. All’interno degli accordi dell’Unione Europea è possibile ricongiungere con procedure i contributi versati in tutti i paesi facente parte dell’EU.

L’Italia come tutti gli altri paesi dell’Unione Europea ha accordi contributivi bilaterali anche con paesi Extracomunitari. Ogni volta quindi lo specialista incaricato dovrà verificare la possibilità del recupero dei contributi versati in un paese extracee. Alcune Convenzioni bilaterali di sicurezza sociale stipulate dall’Italia prevedono la possibilità di estendere la totalizzazione internazionale anche a periodi di assicurazione maturati nel territorio di Stati terzi, alle condizioni e nei limiti previsti dalle singole Convenzioni.

Per poter accedere alla pensione liquidata in Convenzione Internazionale, occorre cessare l’attività lavorativa dipendente svolta sia in Italia che all’estero. Le pensioni in convenzione internazionale vengono pagate all’Estero ogni mese, con le stesse modalità delle pensioni nazionali.

La Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali stipulata fra Italia e Francia (legge 7 gennaio 1992, n. Il 20 dicembre del 2000 le amministrazioni finanziarie italiane e francesi hanno stipulato un Accordo amichevole, disponibile sul sito del Consolato Generale d'Italia a Parigi alla voce "Pensioni - convenzione italo-francese". Quindi, l'INPS deve applicare la ritenuta d'imposta alle pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità e reversibilità corrisposte ai beneficiari residenti in Francia, con le modalità previste dall'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

La Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali in vigore con il Brasile (legge 29 novembre 1980, n. 844), per le pensioni delle gestioni previdenziali dei lavoratori privati, prevede, all’art.

La Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali in vigore con il Canada (legge 24 marzo 2011, n. 42), per le pensioni delle gestioni previdenziali dei lavoratori privati, prevede, all’art. 18, una soglia di esenzione corrispondente alla somma equivalente di 12.000 dollari canadesi, pari a 8.093,88 euro per l’anno d’imposta 2021, e l’applicazione sull’eccedenza dell’aliquota più favorevole tra il 15% e quella prevista dalla legislazione fiscale italiana.

Pensionati Italiani all'Estero

Ad oggi, il 2,3% delle pensioni INPS è erogato a residenti all’estero, distribuiti in 160 paesi: 317mila trattamenti che, nella maggioranza dei casi, sono versati ad italiani che vivono oltre-confine. I paesi con il numeri maggiori di italiani over 65 residenti sono Argentina e Brasile, mete dell’emigrazione degli anni del dopoguerra. Oggi, invece, chi si trasferisce sceglie destinazione europee, o nordamericane.

Gli emigrati di “ieri” provengono per lo più da Sicilia, Campania e Calabria. L’attuale mobilità coinvolge invece soprattutto Lombardia e Veneto. Diminuisce progressivamente il numero dei trattamenti previdenziali esteri verso le antiche mete di emigrazione, come Sud America e Oceania (in entrambi i casi si tratta in grande maggioranza di pensioni di reversibilità), mentre tutte le altre aree vedono un trend in crescita: Europa +4,3%, America centrale, +38,9%, Asia, +34,9%, e Africa +30,3%.

Le pensioni pagate all’estero riguardano per lo più italiani che si sono trasferiti, ma c’è anche un ricco 24,1% di titolari stranieri. Quest’ultima percentuale sale parecchio in Asia, dove la percentuale di pensioni straniere è sopra il 68%.

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