Lo Sguardo del Turista: Un Riassunto
La storia dei viaggi è antica quanto l'umanità. Ad Olimpia, centro nevralgico dell'antica Grecia, le celebrazioni religiose includevano competizioni sportive che attiravano un vasto pubblico, disposto ad affrontare lunghi e scomodi viaggi.
Per accogliere queste folle, a partire dal V secolo a.C., furono costruiti lungo i percorsi delle gare grandi capannoni, gli auxilia, per offrire ristoro ad atleti e sostenitori. Tuttavia, nell'antichità non esisteva ancora un'attività "imprenditoriale" dedicata al supporto dei viaggiatori.
Dopo la caduta dell'Impero Romano, l'ospitalità divenne prerogativa degli ordini monastici durante le invasioni barbariche. Nella storia europea, l'albergo è stato a lungo un alloggio modesto per una clientela altrettanto modesta. I nobili vi soggiornavano occasionalmente, solo per necessità e brevemente, in mancanza di un alloggio privato adeguato.
Il primo documento alberghiero risale al 1204. Fino al 1500, gli alberghi consistevano in stanze comuni con più letti, poche stanze singole e una sala da pranzo e cucina.
Lo sviluppo dei commerci tra il '400 e il '500 portò allo spostamento di ricchi signori e nobili, desiderosi di scegliere personalmente le merci rare provenienti dall'Oriente. Le loro esigenze raffinate diedero impulso a un'ospitalità specializzata, offerta da personale qualificato e con attrezzature adeguate.
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Il ricco patrizio viaggiava con servi e cuochi esperti. Per soddisfare questa domanda, l'attività alberghiera si modernizzò. Nel 1870, a Colonia, albergatori di 42 nazioni si riunirono per discutere la loro professione e redigere uno statuto internazionale, valorizzando l'immagine e promuovendo collaborazione, onestà commerciale e rispetto delle norme statutarie. Nel 1890 nacque la prima corporazione internazionale dei lavoratori d'albergo, per tutelare i loro diritti e competenze.
Nel corso del 1700 e del 1800, si diffuse tra i giovani aristocratici europei l'abitudine di compiere un voyage nell'Europa meridionale per completare la propria formazione culturale e ammirare i siti della civiltà greco-romana. Goethe, Chateaubriand, Stendhal e Shelley furono tra questi, dando vita al concetto di turismo culturale, seguito da quello religioso, sanitario e d'affari.
Thomas Cook, un agente di viaggi inglese, organizzò nel 1841 un viaggio di piacere per studenti da Leicester a Longhborough. Con i suoi viaggi forfait e conducted tour, Cook divenne il decano degli agenti di viaggio. Aprì uffici in tutto il mondo, offrendo ai viaggiatori tutto il necessario per un viaggio agevole. Cook realizzò il primo charter ferroviario e introdusse il voucher, un documento di credito turistico universalmente riconosciuto valido già nel 1867, ancora oggi fondamentale nel settore turistico-alberghiero. Anche dopo la sua morte, la Cook rimase l'agenzia di viaggi per eccellenza, organizzando con successo il primo "Special tour aereo" per l'America nel 1919.
Negli anni tra le due guerre mondiali, il turismo iniziò a essere praticato anche dalle classi medie. Sulla scia di Cook, in Italia si organizzarono "treni popolari" a tariffe ridotte per visitare le principali città. Il miglioramento del tenore di vita, le conquiste sociali (ferie pagate, riposo settimanale), la sicurezza stradale, la diminuzione delle tariffe dei trasporti, la crescita delle aziende turistiche, la loro offerta variegata e la diminuzione dell'analfabetismo contribuirono ad aprire il turismo alle classi medie e ai lavoratori.
Negli anni '60, il "boom economico" italiano e il riassetto finanziario di molti paesi europei coincisero con un rinnovato interesse per l'Italia. Tourism production system riassume al meglio il lavoro di Marco d’Eramo, Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo, un libro nato da un “inciampo”. Il testo si apre con un’immagine evocativa e decadente: Roma in agosto, spoglia dei suoi abitanti ma attraversata da orde di turisti.
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L’analisi della dimensione industriale del turismo e del suo impatto economico è complessa. Il turismo ha influenzato e storicizzato molti aspetti della nostra vita. Si è passati dai Grand Tour del Settecento, opportunità conoscitive con guide pedagogiche, alle esperienze attuali, il cui scopo è conoscere ogni anfratto culturalmente dirimente delle nostre città. Insomma, dal come al dove, dal viaggiatore al turista. Il libro di d’Eramo è un viaggio che pone al centro l’Uomo nella sua evoluzione antropologica e sociale, fra dati statistici e riferimenti culturali. E non c’è lente d’ingrandimento migliore del turismo per capirne ogni aspetto.
Oggi il turista non rassomiglia né all’antico (homo) viator, il messaggero, né al peregrinus medievale, mosso dalla ricerca interiore e religiosa. Dal Settecento in poi, grazie all’emergere delle masse e della loro alienazione dovuta al capitalismo, anche il viaggiare si è modificato. L’autore cita il caso di Mark Twain e del suo libro Innocents Abroad, un resoconto della prima crociera organizzata negli Stati Uniti a cui aveva partecipato lo stesso scrittore americano. Arrivati a Parigi, fra le tante attrazioni, Twain e gli altri viaggiatori andarono a visitare anche l’obitorio della città. Alla fine dell’Ottocento, luoghi del genere potevano costituire la meta inquietante da inserire in qualsiasi percorso turistico. Se oggi evitiamo esperienze simili è solo perché, grazie alla TV e al web, ne siamo inondati quotidianamente.
Efficace l’analisi sullo “sguardo” del turista. «Per vedere le cose bisogna compiere ipotesi e avere un’idea di ciò che stiamo guardando». Una frase che può benissimo essere applicata al meccanismo mentale che il turista elabora viaggiando, in un confronto dialettico fra realtà e immaginazione. Non bisogna dimenticare come questo processo sia alla base della costruzione dell’identità individuale. Il turista contemporaneo non fa altro che bloccare se stesso grazie al suo continuo selfarsi, cercando ovunque di confermare la sua presenza, il suo esserci nel mondo.
Nel cosiddetto post turismo, il turista è più consapevole nella scelta dei luoghi che vorrebbe visitare. La vista viene altamente sviluppata dal post turismo creando un corto circuito e una commistione con altri ambiti culturali dove il vedere assume un ruolo fondamentale. A ciò deve collegarsi il rapporto fra città e visione turistica. La seconda influenza la prima e non solo in termini puramente teorici. Gran parte dei nostri centri urbani, infatti, devono la loro visibilità al turismo, meglio, ai markers, ai “marcatori”, a tutto ciò che ne esalta una presunta caratteristica di “autenticità”. Un marker ci dice ciò che deve essere visitato creando un meccanismo definito dall’autore “semiologico”, fra significante (il marker stesso) e significato (l’attrattiva). Un processo che porterebbe il turista ad “accumulare” marcatori facendoli diventare, col tempo, la motivazione del suo viaggio.
In sostanza, le attrazioni diventano tali attraverso la relazione sight-marker. Il luogo e il suo indicatore, entrambi compresi dall’offerta turistica. Ad essi è strettamente connesso il concetto di sightseeing (letteralmente “vedere le viste”, visitare luoghi interessanti), la cui teorizzazione venne elaborata nel 1967 da Burgelin e che d’Eramo riprende affermando come nell’Ottocento tale concezione si fosse già affermata. Termine che cerca di rispondere alla domanda: cos’è che attrae davvero il turista? Ai turisti va fatta vedere, va rappresentata l’idea che hanno del luogo scelto per trascorrere le proprie le vacanze e, in questo sottile gioco delle parti, il turista realizza consapevolmente che non tutto quello che vede è davvero autentico. Ma si tratta di un piccolo prezzo che egli paga volentieri lì dove, invece, sono le città a subirne gli effetti peggiori. Tutto questo, infatti, non fa altro che impoverire il loro originario tessuto urbano svuotandolo delle attività tradizionali che un tempo lo caratterizzavano, mentre quelle principali subiscono una radicale metamorfosi in funzione del turismo. Non a caso la conseguenza più evidente è l’abbandono graduale dei residenti.
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Ma non è l’unica. A livello più sottile è il cosiddetto zoning a sortire gli effetti peggiori. Nella contemporanea pianificazione urbana, la suddivisione estremamente settaria degli spazi, in base alla quale non c’è alcuna commistione fra le varie zone, contribuisce a modificare il modo in cui noi stessi (e quindi, anche noi come turisti) pensiamo e concepiamo determinati atteggiamenti sociali ed individuali. In alcuni giorni della settimana si fa una cosa; in altri, l’esatto contrario e così via. Per tutti questi motivi, il turista non può non cercare di evadere. L’inautenticità, la mercificazione e l’alienazione appartengono al concetto di turismo e all’essere turista, soggetto mosso dalla paradossale e nostalgica ricerca dell’autentico. Un personaggio sempre insoddisfatto della meta che gli è accessibile. Di qui il parallelismo dell’autore con Hegel e la sua coscienza infelice. Ma soprattutto con la rielaborazione attuata da Marx, il quale importò in campo economico il significato hegeliano di alienazione assimilandolo a quello di estraneazione.
In un mondo sempre di più monoculturale (così come espresso da Amartya Sen), fatto di sottosocietà e culture che non riescono realmente ad entrare in contatto fra loro pur sfiorandosi, un’alternativa migliore a questo modo di essere turisti non esiste. Almeno finché continueranno ad esserci il capitalismo e i suoi ritmi parossistici.
Concetto | Descrizione |
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Grand Tour | Viaggio conoscitivo del Settecento con guide pedagogiche. |
Turista Contemporaneo | Individuo che cerca di confermare la sua presenza attraverso il selfarsi. |
Post Turismo | Turismo in cui il turista è più consapevole nella scelta dei luoghi. |
Sight-Marker | Relazione tra il luogo e il suo indicatore turistico. |
Zoning | Suddivisione settaria degli spazi che modifica il modo in cui concepiamo gli atteggiamenti sociali. |
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