La metafora del viaggio: significato e trasformazione
Il viaggio è un tema profondamente radicato nell'esperienza umana, spesso inteso come una semplice pausa dalla routine quotidiana e dallo stress lavorativo. Tuttavia, il suo significato va ben oltre una vacanza, toccando corde emotive e psicologiche profonde. Il viaggio è un modo per confrontarsi con sé stessi e con l'alterità, richiamando esperienze intergenerazionali e intragenerazionali legate allo sviluppo e alla cura dell'autonomia.
Viaggiare implica accettare la sfida del nuovo, guardare oltre l'orizzonte, dove l'immaginario si apre alla sete di conoscenza o si trasforma nella caverna che cela le paure infantili. Come recita una canzone di Battisti: “si viaggiare, evitando le buche più dure. Senza per questo cadere nelle tue paure. Gentilmente senza fumo con amore”.
Il viaggio è sempre stato un tema caro, perché è un modo di cambiare, una trasformazione che avviene attraverso la visione di nuovi luoghi e il contatto con persone e culture diverse. Viaggiare permette di conoscere un po' di più, di testare i limiti, di portarci ai limiti della sopportazione. Il viaggio ti permette di entrare in un mondo extra-ordinario e di poter tornare indietro trasformato.
Il viaggio come metafora di crescita personale
Il solo fatto di spostarsi fisicamente da casa cambia la prospettiva, il punto di vista. Permette di toccare con mano, assaporare colori e sensazioni di un posto nuovo. Per questo il viaggio è una metafora così importante di crescita personale: questo vedere le cose da un nuovo point of view, è un po' ciò che spesso serve fare per affrontare un cambiamento, una nuova strategia, un nuovo ostacolo sulla strada professionale (e personale). Aiuta anche ad avere maggiore audacia, a tirare fuori l'eroe che è in sé e che può fronteggiare una novità, risolvere un problema, fare un tuffo da una scogliera o una passeggiata in un luogo nuovo ma che si deve attraversare per forza.
Proprio perché si esce dalla comfort zone, si fa qualcosa di nuovo, non è possibile tornare alla situazione precedente come se nulla fosse. Viaggiare quindi spesso porta cambiamento, e per questo ne è utilizzato come metafora. L’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito.
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Il viaggio di Ulisse
Esiste un’opera che riassume i significati concreti e simbolici legati al tema del viaggio: è l’Odissea. Il momento in cui i compagni vengono trasformati in porci è l’immagine dell’abbruttimento dell’uomo, del prevalere dell’istinto sulla ragione. L’incontro con le sirene è la descrizione di una situazione in cui Ulisse tentato e attratto dalla sensualità di questi esseri misteriosi metterà ancora una volta a frutto la sua intelligenza per trovare il modo per resistere.
Le metafore filosofiche
Le metafore possono essere molto utili quando si tratta di trasferire un concetto, mettere in evidenza un punto, offrire una possibilità, stimolare un dubbio. Sono le metafore che rimandano a riflessioni esistenziali e si interrogano sul senso della scrittura o della vita propria ed altrui. Nella storia della filosofia la metafora e il valore delle immagini è stato riscoperto alla fine dell’Ottocento da Nietzsche. Il filosofo afferma che il linguaggio è una convenzione la cui essenza non è quella di rappresentare la natura delle cose. Esso è un sistema di metafore, liberamente prodotto e pertanto non va inteso come l’unico modo corretto e valido di descrivere il mondo.
Il viaggio come cura e scoperta
Il viaggio svolge una funzione di cura poiché permette l’incontro con l’Altro, crea legami con luoghi, territori, culture ricreando le condizioni originarie dell’uomo. Per tale motivo ha forti implicazioni di carattere emotivo e psicologiche poiché costituisce un’ avventura dello spirito al di fuori del quotidiano, come “scoperta del mondo, degli uomini, di se stessi” (Corna Pellegrini, 2000), per aiutarci ad essere più consapevoli del nostro rapporto con la realtà. D’altronde, dal punto di vista antropologico, il viaggio assume una funzione fondamentale per lo sviluppo della razza umana.
F. Cambi (2011) sostiene che “proprio la complessa tipologia del viaggio ne manifesta l’importanza (sociale e individuale) e il ruolo eccezionale che ricopre: di rottura, di spaesamento, di contatto con la differenza; e quindi di esperienza privilegiata. Le varie definizioni riportate sopra insistono sull’incontro con l’Altro, con il diverso, tra il reale e l’immaginario, tra il visibile e l’invisibile insito all’interno di ogni viaggio.
A tal fine la Carbonetto (2007) mette in risalto che il viaggio costituisce una metafora della stessa vita. In esso, infatti, è presente il visibile inteso come ciò che desideriamo visitare e conoscere ma, contemporaneamente, l’invisibile che richiama realtà e vissuti emotivi più profondi che ancorano l’individuo alla sua storia generazionale e intergenerazionale.
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La partenza e il ritorno, ad esempio, possono essere ascritti, come sostenuto da De Clementi e Stella (1995), alla nascita e alla morte. La partenza, nel suo doppio significato di iniziare, incominciare e, all’opposto, di finire e, in assoluto, di morire, è una sintesi simbolica “di un’esperienza universale in cui nascita e morte rappresentano momenti essenziali del far parte per se stesso nel processo di individuazione” (Ibidem). Si parte se nel corso dello sviluppo si è acquisita la necessaria autonomia, se si è completato il processo di individuazione, se si è compiuto il viaggio all’interno di se stessi alla ricerca del proprio sé.
Il viaggio metaforicamente rappresenta l’attraversamento del mar Rosso ovvero sfidare le incertezze, le paure, le ansie presenti in ogni individuo per la conquista della terra promessa. Lasciare la propria comfort zone, la propria casa, i propri amici ha profonde analogie con il superamento della fase di fusione simbiosi descritta dalla Mahler (1980).
Non è un casuale che spesso gli attacchi di panico sorgono durante un viaggio ovvero nel momento in cui ci si allontana dalle proprie certezze e sicurezze ovvero dalla propria comfort zone. In assenza di fiducia e speranza nel riuscire a fare legame con l’altro, in presenza di relazioni infantili castranti non in grado di promuovere l’autonomia del bambino, il mondo esterno diventa pieno di insidie, minacce e pericoli alle quali ci sentiamo impotenti a rispondere.
Winnicott (1972) indica l’adolescenza come una “seconda nascita” ovvero il secondo grande momento di separazione alla ricerca di una propria identità in cui sono importanti i viaggi, nuovi percorsi di conoscenza, crescita e formazione, veri e propri riti di iniziazione che segnano in modo indelebile la vita del giovane.
Le caratteristiche fondamentali del Grand Tour possono essere identificate nella pedagogia formativa, nella liminalità e nella commensalità. Esso era formativo poiché l’itinerario era pensato per nutrire la memoria e lo spirito del giovane, per dar forma a quella sua spiritualità basata sui libri in modo da renderla viva, palpabile, concreta e plastica.
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Il Grand Tour come fase finale di svincolo dalla famiglia di origine, dal proprio habitat, volto alla conoscenza di nuovi luoghi e nuove realtà e all’affrontare nuove esperienze senza le comodità del proprio nido di origine, richiede una separazione, una fase di marginalità (il linimale) che comprende vari tipi di prove e la messa di nuove vesti.
Sempre Cigoli (ibidem), a tal proposito, inserisce all’interno del viaggio il tema della commensalità ovvero dell’incorporare cibo e cultura che fanno appartenenza.
Il viaggio nell'arte: I Viaggiatori di Bruno Catalano
I Viaggiatori di Bruno Catalano sono personaggi che la scultura immortala nel mezzo di un lungo viaggio, la cui durata, origine e destinazione rimangono a noi ignote. Nella sua opera, questi uomini e queste donne tratti dal mondo del quotidiano assumono una dimensione eroica e diventano simboli di continuità e trasformazione. Con la loro statura monumentale esplorano e raccontano i temi universali dell’esistenza umana: l’identità, la migrazione, il viaggio stesso. Questi individui trasportano all’interno dei loro bagagli dei frammenti di vita e di storia. Il loro destino si lega inevitabilmente alle loro radici, e li mantiene in un equilibrio precario tra il passato e il futuro.
Bruno Catalano rappresenta esseri umani, figure sospese che viaggiano, attraversate dalla luce, dal vento e dallo sguardo. Con “Simone”, Bruno Catalano ha realizzato il ritratto a figura intera di un giovane veneziano il cui aspetto, al di là della lacerazione caratteristica dell'intera serie dei Viaggiatori, evoca il gusto dell'eleganza italiana. Indossa un abito con cravatta e la sua silhouette trasmette l’immagine di una sobrietà elaborata. Da queste vesti nei toni del grigio emergono due tocchi di bronzo brillante: uno è la mano del personaggio che porta la sua grande borsa di cuoio e l'altro è il suo volto.
All'origine di ognuno dei Viaggiatori, Bruno Catalano vede nei suoi soggetti, uomini o donne, un bagliore di ispirazione: uno sguardo, un'espressione, una statura, un dettaglio. Trova in loro la forza, l'originalità e l'umanità di un'opera d'arte. Qualunque sia il nostro itinerario, ecco ciò che resterà di noi, effimeri viaggiatori su questa Terra: qualche traccia di materia consunta, derisoria. Un paio di scarpe, una valigia, simboli del lascito di ogni essere umano dopo il suo passaggio.
Le sue sculture appaiono così, a prima vista, come incompiute, con vistose parti clamorosamente mancanti, obbligando i riguardanti a chiedersi perfino come possano stare in piedi, realizzando peraltro, Catalano, prevalentemente figure che camminano con una valigia o una borsa nella mano. Sebbene così “mutilate”, le sue sculture conservano comunque tutte le seducenti possibilità estetiche e formali dell’opera plastica classica, e inducono anche ad una nuova e sorprendente riflessione sulla poetica e il dialogo con la materia, nel suo caso anche quella assente perché mancante.
A questo punto è perciò inevitabile notare che tutte le sculture di Bruno Catalano rappresentano un “uomo che cammina”, una figura caratterizzata sempre, però, da un bagaglio che regge con una mano e che lo configura dunque piuttosto come un anonimo “viaggiatore”, che non si sa da dove viene né dove vada. Un bagaglio di forma diversa - una valigia rigida, una borsa morbida, un semplice sacco e, in una occasione, perfino il contenitore di una chitarra - elementi che concorrono a dare una particolare connotazione umana, psicologica e sociale, del viaggiatore.
La domanda che i viaggiatori di Catalano inevitabilmente sollecitano nei riguardanti è dunque: chi sono questi viaggiatori, dove sono diretti? Facendo venire in mente che forse è invece il ritorno la vera meta del “viaggio degli uomini nel mondo”, come suggerisce il grande mito di Ulisse.