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Morte di un commesso viaggiatore: Trama e analisi

Morte di un commesso viaggiatore è il dramma più noto di Arthur Miller, in cui descrive il crepuscolo di un uomo di modesta condizione, un commesso viaggiatore, che ha fallito quasi tutti gli obiettivi che si era proposto nella sua vita.

L'autore descrive la tristezza di un uomo che ha assistito impotente alla morte di tutte le sue speranze, soprattutto quella di ottenere il successo e la felicità per la sua famiglia, che amava di un amore sincero, anche se non privo di debolezze. Causa di questo fallimento è la fragilità e l'inconsistenza della sua personalità morale, la sua carenza di integrità, cioè di autenticità e di chiarezza interiore.

Egli ha riflesso intorno a sé questi aspetti negativi del suo carattere morale e li ha trasmessi ai suoi figli, coinvolgendoli nel suo fallimento.

Sognatore impenitente, in una società che non concede molto spazio al sogno, Willy Loman ha nascosto a lungo a se stesso la verità dietro una fitta barriera di «sogni ad occhi aperti» e di menzogne, solo apparentemente innocenti. Erano il suo unico rifugio, fin troppo facilmente accessibile, di fronte alle amarezze di una realtà grigia e deludente.

Ma questa sua consuetudine con l'illusione e l'autoinganno ha creato intorno a lui un'atmosfera di menzogna che ha avvelenato la sua opera di educatore e ha trasmesso la sua interiore inconsistenza ai suoi figli, generando soltanto disinganno e infelicità.

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Alla fine questa barriera di sogni cade, pezzo dopo pezzo, e lo lascia solo di fronte alla ineludibile consapevolezza del suo fallimento. È questa consapevolezza che lo porterà al suicidio, nell'ultima illusione di salvare con una «grande fine» una vita sbagliata e di lasciare, con i ventimila dollari dell'assicurazione, l'unica cosa che egli può ancora lasciare ai suoi cari.

Espressa così brutalmente in poche parole, la tematica del dramma non lascia intravedere l'enorme ricchezza di situazioni, di sentimenti, di temi che esso racchiude in sé. Di tutta questa ricchezza saremo costretti a mettere in luce soltanto alcuni temi, che riteniamo peraltro essenziali alla comprensione del messaggio globale del dramma; in particolare, come l'assenza di integrità nella personalità morale di Willy Loman dia origine alla disintegrazione morale dei figli, attraverso i legami oggettivi della responsabilità educativa.

I protagonisti di questa storia non sono soltanto genericamente dei soggetti; sono, molto più di quanto avvenga normalmente in un dramma, dei caratteri. Ed è proprio da una presentazione di questi caratteri che conviene cominciare la lettura del dramma.

I personaggi principali

Willy Loman

Il dramma lo riprende sullo scorcio di una vita di duro lavoro nel commercio, come commesso viaggiatore. Questo lavoro gli ha preso il più e il meglio del suo tempo e delle sue energie, senza dargli il successo e la ricchezza invano perseguiti. Ora, di fronte al declino delle sue forze, ma soprattutto di fronte alle sue sempre più frequenti «evasioni» nel mondo della fantasia, non più conciliabili con la concentrazione richiesta dalla serietà del suo lavoro, proprio quando si aspetterebbe un posticino più tranquillo in sede, viene messo brutalmente sulla strada.

Ormai non gli resta più altro rifugio che quello dei sogni ad occhi aperti che prendono in lui il sopravvento. Essi non sono ormai più distinguibili dalla realtà: vi si sono anzi totalmente sostituiti. Restano per lui l'unica regione vivibile, il suo vero mondo.

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Al suo fallimento professionale si aggiunge, ancora più amaro e sconfortante, quello di padre e di educatore.

Happy e Biff Loman

Né Happy né Biff, i suoi due figli, hanno mantenuto le promesse che egli, nella sua smisurata capacità di illudersi, ha creduto di vedere in loro. Happy lavora, senza grande successo, nel commercio, come il padre. Arrampicatore sociale fallito e donnaiolo impenitente, trascina una vita squallida e frustrata, priva di valori e di senso.

Biff, la cui infantile vitalità e i cui buoni sentimenti lasciavano presagire al padre una riuscita folgorante, nonostante una sua certa ricerca di sincerità e l'aspirazione velleitaria a una vita più naturale e più semplice, si sente socialmente emarginato e psicologicamente distrutto. Vive lontano da casa, tra occupazioni saltuarie, espedienti e piccoli furti, sempre a corto di soldi, dominato da una profonda disistima di sé e privo di energie interiori: è come se qualcosa si fosse da tempo rotto dentro di lui.

Il padre attribuisce, non senza qualche buon motivo, questa totale assenza di energie interiori a una specie di odio viscerale nei propri confronti, quasi Biff si autodistruggesse solo per fare un dispetto al padre. L'incomprensione tra i due è totale e ha radici lontane; essa provoca una ostilità sorda, che si risolverà solo alla fine del dramma, nel disperato riconoscimento da parte di Biff della sua nullità e nella reciproca resa incondizionata dei due, finalmente riconciliati nella verità.

Linda Loman

Dietro queste tre figure, unite dallo stesso destino di fallimento radicale, c'è Linda, vittima del suo destino di sposa e di madre devota e affettuosa, depositaria inascoltata di una saggezza profonda e sempre più lucidamente disperata.

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Personaggi minori

Vengono poi i personaggi minori, a cominciare dalle figure antagoniste dei vicini: Charley col figlio Bernard, i quali, con la semplice, onesta forza della loro serietà e diligenza, sono arrivati nella vita là dove i Loman hanno invano cercato di giungere, attraverso le scorciatoie della vitalità fisica e delle astuzie di piccolo cabotaggio. Essi rendono col loro contrasto ancora più evidente il fallimento di Willy e dei suoi figli.

Proprio per questo il loro desiderio sincero di aiutare i Lo-man, non solo mediante consigli discreti, ispirati al realismo e alla saggezza della gente comune dai piedi per terra, ma anche con il sostegno economico e l'offerta di un lavoro meno disumano, incontrano la totale incomprensione e il rifiuto orgoglioso da parte di Willy.

Sullo sfondo c'è tutta una folla di figure insignificanti, «facce dure», capaci di rappresentare il carattere brutalmente competitivo e spietato della società americana.

Ben Loman

Il più importante di questi personaggi ha una consistenza solo immaginaria: è Ben, il fratello maggiore di Willy, scomparso da tanto tempo ma sempre presente nei «sogni» di Willy, su cui esercita il ruolo di un «modello ideale di vita» affascinante ma inarrivabile: è il modello puramente immaginario del «selfmademan», partito dal nulla, ma rapidamente arricchito, dell'uomo capace di farsi largo senza scrupoli o debolezze nella giungla della vita.

Ben rappresenta per Willy il ricordo pungente di quella che egli continua a ritenere l'unica grande occasione perduta della sua vita, ma anche il consigliere immaginario che lo conferma nella sua visione del mondo, nella sua politica educativa e, alla fine, nella sua scelta finale di morte.

Howard

Tra questi personaggi minori merita di essere ricordato solo Howard, il principale di Willy, rappresentante tipico dell'uomo di commercio, diviso tra famiglia e lavoro ma in fondo sempre disposto (perché costretto dalla logica del «sistema») a sacrificare ogni rapporto personale alle esigenze degli affari.

Sarà lui a licenziare Willy come compenso del suo duro lavoro di una vita. Non è che sia particolarmente cattivo; lo accecano le esigenze impersonali del mestiere: «Quando si scherza si scherza, ma gli affari sono affari» (244), oppure: «Figlio mio, non li fabbrico mica i soldi io» (245) sono le obiezioni insuperabili che egli oppone alle suppliche di Willy.

La donna di Boston

Un ruolo decisivo nella vicenda avrà una «donna» senza nome e senza volto, protagonista degli intermezzi sentimentali di Willy, a Boston, durante i suoi viaggi di lavoro. L'episodio del passato è rivissuto da Willy nei suoi sogni. A Boston Willy è stato allora scoperto da Biff ragazzo, che cercava il padre per averne un aiuto, dopo la sua bocciatura agli esami di ammissione all'università.

La casa dei Loman

Il dramma si gioca tutto nella casa dei Loman. Willy l'ha costruita col lavoro di una vita e non ha ancora finito di pagarne l'ultima rata. La modesta casetta, un tempo immersa nel verde, è ora assediata e quasi soffocata dai grandi caseggiati della periferia di New York.

Il ricordo del verde scomparso contribuisce alla generale tonalità di tristezza e di rimpianto che pervade il dramma, e Willy se ne lamenta amaramente: «Ci hanno chiusi in una trappola. Mattoni e finestre. Finestre e mattoni (...). Non cresce più un filo d'erba. In cortile non riesci a piantare neanche una carota. Dovrebbero demolirli tutti questi alveari. Ti ricordi i due olmi come erano belli? Io e Biff ci appendevamo all'altalena (...). Mi tornano sempre in mente quei giorni, Linda. In questa stagione c'erano i lillà. Poi fiorivano le peonie, i narcisi. Questa stanza sembrava un giardino!» (180-181).

La trama

L'inizio del dramma vede riunita ancora una volta, quasi invitata dal destino, per assistere alla fine del protagonista, tutta la famiglia. Biff, assente da anni, è tornato per qualche giorno a casa. La sua presenza è un po' il detonatore di tutta l'azione.

Essa rende ancora più acuti in Willy i ricordi del passato, che assumono la forma di allucinazioni ossessive, gli risvegliano sensi sopiti di colpa e gli rendono più insopportabile la miseria del presente. La durata «reale» dell'azione è brevissima: si chiude praticamente con la morte di Willy, la sera del secondo giorno.

Ma con la sua durata ideale, il dramma abbraccia tutto l'arco della sua vita, in parti-colare tutto il suo curriculum educativo di padre, fino all'amara resa dei conti finale delle sue carenze educative e dei suoi errori di fondo. Questo allargamento è reso possibile dalla presenza dei «sogni ad occhi aperti» di Willy, nei quali riemergono tutti gli episodi e i quadri più salienti della sua vita.

L'azione «reale» del presente è continuamente interrotta da queste rievocazioni che la mescolano intimamente al passato da cui procede, proprio come, nella mente di Willy, il sogno e la memoria non sono più adeguatamente distinguibili dalla realtà.

Questi ritorni del passato mettono a nudo le radici nascoste del presente e rivelano così la vera consistenza dei fallimenti che in esso esplodono, e che Willy continua a ritenere di natura puramente professionale o sociale, mentre sono in realtà anzitutto una forma di disintegrazione morale. Ognuno di questi flash-back descrive una promessa non mantenuta, un germe di vita soffocato sul nascere dagli errori di fondo della prospettiva educativa e morale del protagonista.

Essi sono la visibilizzazione dei fili nascosti che il fatto educativo intreccia tra le diverse generazioni, e che fanno del passato una preparazione determinante e una spiegazione adeguata del presente.

Se si prescinde da queste rievocazioni, la trama «reale» è semplicissima. Inizia col ritorno anticipato di Willy dal suo giro di vendite. Quest'ultima volta non ce l'ha proprio fatta: le sue allucinazioni lo rendono ormai incapace di guidare; si sente sconfitto. Linda cerca invano di rincuorarlo. La presenza di Biff dà luogo a ripetuti scontri, che mettono a nudo la radicale incomprensione di Willy nei confronti dei figli, ma anche la sua incapacità di arrendersi alla realtà.

A questo punto, però, la sua tempra di sognatore ha la meglio per un'ultima volta: animata dal suo inguaribile ottimismo, la famiglia tenta un ultimo contrattacco concertato. Biff chiederà a Oliver, un suo vecchio datore di lavoro, da lui a suo tempo derubato, un prestito, per tentare con Happy un'ultima iniziativa di sfondamento nel campo del commercio. Willy invece chiederà personalmente a Howard il trasferimento a un più agevole «lavoro di ufficio» in sede.

Ma il contrattacco è puramente velleitario e fallisce miseramente. Willy viene messo sulla strada e Biff non è neppure ricevuto da Oli-ver. Alla fine scappa dal suo ufficio rubandogli, in un gesto di disperato masochismo psichico, la penna stilografica, in cui vede forse il feticcio simbolico di quella vita d'ufficio che intimamente gli ripugna.

Al ristorante, dove avevano invitato il padre per festeggiare la riconciliazione avvenuta e l'impossibile riscossa, i figli, in un ultimo gesto di ostilità e di insensibilità, lasciano solo Willy, alle prese con un ultimo soprassalto dei suoi ricordi e del suo senso di colpa.

A questo punto Willy, che già da tempo pensava al suicidio come a una fuga, comincia a ripensarvi come a una estrema possibilità di riscatto.

I temi principali

Sotto la superficie di una trama apparentemente elementare, il dramma racconta una storia amara di speranze deluse e di fallimenti dolorosi. Willy fallisce nella sua impresa di diventare una personalità morale «integra», e il suo fallimento si riflette moltiplicato sui figli, uniti a lui dal groviglio di un'educazione sbagliata, perché fondata sulla menzogna e l'inconsistenza interiore.

Ma, a monte degli errori educativi di Willy, c'è l'efficacia diseducativa di una società, che ci viene presentata come profondamente menzognera; di questa efficacia diseducativa Willy è la prima vittima. La sua perdita di consistenza interiore e di integrità è anzitutto la conseguenza di una erronea decifrazione da parte sua dei miti di questa società. Egli vive sotto l'influsso disgregatore di questi miti che operano in lui come falsi ideali di vita.

Sviato da questi miti, di cui è incapace di smascherare l'inganno, egli sbaglia la direzione della sua vita e investe un ammontare immenso di energie nella ricerca di qualcosa che non potrà trovare.

La società in questione è quella dell'american way of life, la società della competizione universale e spietata per il successo economico e sociale, della lotta a coltello di tutti contro tutti, in cui ci si afferma soltanto ricacciando in giù tutti gli altri, senza guardare in faccia a nessuno.

«Il commercio» è, nel dramma, l'arena di questa lotta, un mondo dove essa rivela tutto il suo carattere disumano: «Il commercio è un mestiere tremendo - dirà Willy -, ammazza la gente» (185).

E Charley, rispondendo all'amara delusione di Willy, licenziato dal figlio del suo vecchio «principale», cui lui stesso ha imposto il nome, gli dice: «Ma quando vorrai capire che queste cose non servono a niente? Quando gli hai dato il nome che hai fatto? te lo vendi? Caro mio, quello che esiste al mondo è quello che vendi» (259).

E Biff, ricordando questo mondo da cui egli, un po' per poesia e un po' per viltà, è da tempo fuggito: «Sempre a lottare, gomito a gomito col tuo vicino di scrivania. Eppure l'avvenire te lo fabbrichi così» (185).

Happy, che in questo mondo è invece rimasto, sia pure come un vinto, gli risponde ancora più amaramente: «L'unica speranza che ho io è che crepi il caporeparto venditore. E poi, quando sono diventato caporeparto vendite? (...)...

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