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Protezione degli Investimenti Stranieri: Definizione e Meccanismi

Nel panorama economico globale, la protezione degli investimenti stranieri rappresenta un elemento cruciale per promuovere la crescita e la stabilità finanziaria. La disciplina che regola questi investimenti è complessa e si articola attraverso diverse fonti normative, spaziando dalla prassi degli Stati al diritto internazionale consuetudinario, fino al diritto pattizio, che negli ultimi cinquant'anni ha conosciuto un notevole sviluppo.

Fonti Normative e Accordi Internazionali

Il regime degli investimenti stranieri è disciplinato da norme di diversa provenienza formale. Gli accordi bilaterali in materia di investimenti (BITs) costituiscono oggi la più importante fonte normativa in materia e, idealmente, possono considerarsi lo sviluppo in epoca contemporanea dei vetusti Trattati di Amicizia, Commercio e Navigazione.

Oggi, ci si accorda nell’indicare quale primo esempio di trattato bilaterale moderno in materia di investimenti esteri quello concluso dalla Repubblica Federale Tedesca con il Pakistan il 25 novembre 1959. Tramite tali trattati gli Stati contraenti assumono determinati obblighi reciproci a favore degli investitori quali, ad esempio, il trattamento “giusto ed equo”, il divieto di espropriazione anche indiretta senza pieno indennizzo, la libertà di riesportare il capitale investito ed i profitti.

Strumenti Multilaterali e Regionali

A differenza di quanto è avvenuto dapprima col GATT e poi col WTO, nel diritto internazionale contemporaneo non è mai entrato in vigore né uno specifico trattato generale a vocazione globale in materia di investimenti diretti esteri, né un’organizzazione internazionale a vocazione universale è mai riuscita a regolare tale materia attraverso un proprio law making power. Certo, in luogo di fornire una disciplina esaustiva, alcuni trattati multilaterali a vocazione globale hanno regolato alcuni aspetti specifici della materia pur se il panorama normativo resta “a macchie di leopardo”.

Altro accordo multilaterale in materia di investimenti è la Convenzione di Washington del 18 marzo 1965 sulla risoluzione delle controversie tra Stati e privati in materia di investimenti (d’ora in avanti Convenzione ICSID). Questo trattato, in vigore per l’Italia dal 28 aprile 1971, regola tuttavia solo alcuni aspetti essenziali del contenzioso arbitrale internazionale ed istituisce l’ICSID (International Center for the Settlement of Investment Disputes) per amministrare tali controversie. Infine va segnalato l’accordo multilaterale istitutivo dell’Agenzia multilaterale di garanzia in materia di investimenti (MIGA), firmato a Seul l’11 ottobre 1985 ed in vigore tra cui l’Italia che l’ha ratificata con l. 29.4.1988, n. 134.

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Esaurito il novero di strumenti multilaterali a vocazione globale in materia di investimenti, va osservato che maggiore successo hanno avuto gli accordi multilaterali a carattere regionale, soprattutto se la materia in questione venga collocata nel quadro più ampio degli accordi di libero scambio. Un esempio particolarmente significativo viene offerto dal NAFTA, l’accordo nordamericano sul libero commercio del 17 dicembre 1992, sino ad oggi vigente tra Canada, Messico e Stati Uniti. Qui oltre a norme di liberalizzazione del commercio si trovano al cap.

Accordi Bilaterali di Investimento (BITs)

Le ragioni di tale sviluppo sono diverse ma, tra queste, assumono rilevanza precipua, sia lo stato di incertezza del diritto internazionale consuetudinario in materia soprattutto dopo l’affermazione, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, dei principi di sovranità permanente sulle risorse naturali e della Carta sui diritti e doveri economici degli Stati negli anni Settanta dello stesso secolo sia, per altro verso, il mancato riconoscimento positivo del diritto di proprietà privata tra gli strumenti internazionali di tutela dei diritti umani a livello globale.

Un ulteriore elemento di novità è rappresentato dalla conclusione di BITs anche tra Paesi in via di sviluppo, superando così in parte le critiche ideologiche degli anni ’70 del secolo scorso in nome delle esigenze dello sviluppo economico.

Per quanto si tratti di strumenti di soft law vanno poi segnalati tra le fonti del diritto internazionale degli investimenti le linee e i principi guida ed i codici di condotta. Fra i primi basti ricordare le linee guida della Banca Mondiale sul trattamento degli investimenti stranieri del 21 novembre 1992. Rientrano nella seconda categoria le linee guida dell’OCSE destinate alle imprese multinazionali del 2011 ed anche le ICC Guidelines for International Investment 2016. Si inseriscono in questa categoria anche i “Principi Guida dell’ONU per le imprese e i diritti umani” di cui si è già fatto cenno.

La Tutela degli Investimenti Stranieri

In passato, la materia della tutela degli investimenti esteri rientrava in quella più generale del trattamento dello straniero e dei suoi beni. Anche nel nostro tempo, per diritto consuetudinario, ogni Stato rimane libero di ammettere o non ammettere gli investimenti stranieri e di regolarne lo statuto giuridico all’interno del territorio statale. Non esiste quindi un diritto internazionalmente riconosciuto di cui un soggetto privato possa ritenersi automaticamente titolare né a trasferire capitali e ad investire in un Paese straniero, né un diritto soggettivo ad immigrare per motivi economici in uno Stato diverso dal proprio.

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La disciplina internazionale degli investimenti svolge la funzione di contemperare due opposti interessi, entrambi meritevoli di tutela: a) l’interesse dello Stato di destinazione dell’investimento (cd.

I flussi di capitale a fini di investimento avvengono oggi attraverso i quattro punti cardinali (Nord-Nord, Ovest-Est, Nord-Sud e Sud-Sud). L’investimento diretto nei Paesi in via di sviluppo (Nord-Sud) viene spesso realizzato al fine di acquisire materie prime, una manodopera locale meno onerosa e l’apertura di nuovi mercati di sbocco sicché, da qualche decennio, si trova al centro di un vasto dibattito di cui un recente riflesso sono le UN Guiding Principles on Business and Human Rights adottate all’unanimità presso il Consiglio dei diritti umani dell’ONU il 21 marzo 2011.

State Contracts e Umbrella Clause

Si tratta di contratti con cui lo Stato, ad es., concede lo sfruttamento di determinati giacimenti minerari, si procura (o vende) navi militari ed altri armamenti - contratti chiavi in mano, BOT (Build, operate and transfert); joint ventures con lo Stato ospite o sue emanazioni; production sharing agreements; contratti BOO, Build, Operate and Own e così via. In una seconda fase, cominciata nel dopoguerra e culminata con la pronuncia del lodo Texaco nel 1977, viene evidenziata l’applicabilità del diritto internazionale a tali contratti. Nel nostro tempo, il dibattito si incentra piuttosto sulla sottoposizione di tali contratti ai BITs tramite la umbrella clause.

Ambito di Applicazione dei BITs

Data la natura di lex specialis degli accordi in materia di investimenti, il loro ambito di applicazione va studiato con particolare attenzione. Caratteristica dei BITs è quella di prevedere la tutela internazionale degli investitori degli Stati che ne sono Parti Contraenti. Rileva quindi in modo particolare la cittadinanza delle persone fisiche ovvero la nazionalità delle persone giuridiche che rivendicano detta tutela. Com’è noto la nazionalità e la cittadinanza vengono determinate unilateralmente dagli Stati in conformità alla legge di ciascuno di essi salvo rare eccezioni, provenienti dal diritto internazionale in merito alla loro effettività ed opponibilità.

Definizione di Investimento

Nonostante la nozione economica di investimento estero non susciti particolari discussioni, anche la definizione giuridica di investimento diretto estero protetto va esaminata esclusivamente alla luce dello specifico BIT applicabile, potendo variare nello spazio e nel tempo. Così molti BITs - ma anche la Carta europea sull’energia, come già nel NAFTA - prevedono, accanto ad una fattispecie generale (si tratta della formula “every kind of asset”), alcune fattispecie tipiche quali: i diritti di proprietà su beni mobili ed immobili, le azioni od altri strumenti partecipativi al capitale societario nello Stato ospite, i diritti di proprietà industriale ed intellettuale, know-how, segreti industriali e commerciali così via.

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Così possono rientrare nella nozione giuridica di “investimento” non solo le classiche operazioni di fusione ed acquisizioni societarie ma anche gli appalti per la costruzione di grandi opere (strade, dighe, hotel) ed altri progetti infrastrutturali nonché alcuni prestiti internazionali.

A propria volta, la casistica arbitrale si è orientata dopo il caso Salini ad identificare un “investimento” allorquando ricorrono le seguenti condizioni: a) l’investimento ha una certa durata nel tempo (medio-lungo termine); b) l’investitore si assume il rischio di tale operazione economica; c) l’investimento consiste in un significativo apporto di risorse; d) l’investimento contribuisce allo sviluppo economico dello Stato ospite.

Tali scelte di politica economica e dello sviluppo non contrastano con i BITs anche se nel loro preambolo, evidenziano il desiderio degli Stati contraenti di “creare condizioni favorevoli a promuovere maggiori investimenti da parte di persone fisiche e giuridiche di una Parte Contraente nel territorio dell'altra Parte Contraente”.

Espropriazione e Indennizzo

Nel caso degli investimenti stranieri tale termine trova origine in una norma consuetudinaria sviluppata gli anni trenta in virtù della quale, nel rispetto di determinate condizioni- ossia attraverso il pagamento di un indennizzo il quale dovrebbe equivalere al valore integrale del bene espropriato, essere corrisposto immediatamente, o includere gli interessi per eventuali ritardi, ed essere pagato in una moneta convertibile-ogni Stato ha il diritto di espropriare o nazionalizzare i beni che si trovano sul proprio territorio anche se appartenenti a stranieri.

Il diritto di indennizzo è stato riconosciuto da diverse convenzioni, risoluzioni delle Nazioni Unite e strumenti internazionali concernenti gli investimenti, quali ad esempio le Guidelines della Banca Mondiale e in numerose decisioni arbitrali.

La contestazione concernente l’indennizzo di espropriazione coinvolge non soltanto i casi di espropriazione diretta ma anche altri tipi di espropriazione, ossia l’espropriazione indiretta. L’espropriazione potrebbe essere caratterizzata diretta quando un investimento straniero viene nazionalizzato o direttamente espropriato attraverso il trasferimento formale del titolo o l’immediato possesso fisico.

Tuttavia, non tutte le misure statali che interferiscono alla proprietà possono essere considerate come atti di espropriazione. Il tentativo di precisare e chiarire tali significati è stato affidato alle decisioni arbitrali e recentemente agli accordi bilaterali sul libero commercio e i tribunali di NAFTA, con risultati però tuttora insufficienti.

Condizioni di Liceità delle Misure di Espropriazione

La prima disposizione di liceità richiede che l’espropriazione debba avere luogo quando prevalgono motivi economici ed il trasferimento della proprietà ricade nella collettività e non ai singoli individui o singole categorie di persone.

La non discriminazione prevale negli accordi bilaterali sia sotto la forma di standard generale di trattamento sia attraverso l’adozione di provvedimenti di espropriazione. In realtà, il principio di non discriminazione ha acquisito una portata assoluta negli accordi bilaterali, è sancito da diversi strumenti multilaterali ed è stato riconosciuto come principio consuetudinario dalla dottrina e da numerosi lodi arbitrali.

In un limitato numero di accordi bilaterali e strumenti multilaterali, compare una disposizione la quale esige dalle Parti contraenti la non assunzione di misure di espropriazione in violazione degli impegni assunti. Tale disposizione assume l’impegno di internazionalizzare gli obblighi contratti dallo Stato ospite con l’investitore straniero e di conseguenza permettere a questo ultimo di accordarsi direttamente con lo Stato ospite su questioni riguardanti la determinazione, l’ammontare, la trasferibilità e la convertibilità dell’indennizzo, ossia nella consapevolezza che gli impegni assunti non possono essere abrogati unilateralmente dallo Stato ospite senza violare il diritto internazionale.

Negli accordi bilaterali si presenta sempre l’obbligo di indennizzo, talvolta sotto la forma di liceità, mentre altre volte come conseguenza dei provvedimenti adottati. L’obbligo di indennizzo ha carattere universale e costituisce, quindi, una norma consuetudinaria, dubbi però rimangono al riguardo dell’ammontare di tale indennizzo e la modalità con cui esso deve essere pagato, siccome la sua portata reale potrebbe essere ridotta o addirittura annullata nel caso in cui lo Stato ospite fosse assolutamente libero di decidere in materia.

Meccanismi di Valutazione dell’Investimento Straniero Espropriato

  • Il meccanismo del valore commerciale.
  • Il valore di flusso di cassa scontato.
  • Il meccanismo del valore dei beni espropriati che risultano dal bilancio dell’impresa straniera.
  • Il meccanismo del valore di sostituzione.

Controllo degli Investimenti Esteri Diretti nell'UE

Il diritto dell’economia è oggi attraversato da profonde e spesso non facilmente decifrabili trasformazioni, che stanno incrinando e in taluni casi ribaltando i paradigmi dominanti negli ultimi quarant’anni, fondati sull’apertura globale e la regolazione neutrale dei mercati. Una ulteriore e significativa manifestazione di queste trasformazioni è costituita dalla recente approvazione del regolamento (UE) n. La nuova disciplina è parte integrante di un più ampio pacchetto di misure volte ad affermare l’agenda europea in materia di scambi e investimenti internazionali con il dichiarato scopo di meglio governare la globalizzazione.

A livello globale, tuttavia, il flusso degli investimenti esteri diretti è notevolmente diminuito, tornando ai livelli più bassi registrati all’indomani della crisi finanziaria del 2007-2008, anche a causa della crescita delle misure restrittive.

Il progressivo ‘riarmo’ europeo, d’altra parte, corrisponde a una tendenza globale al sempre più diffuso e penetrante scrutinio degli investimenti esteri da parte dei governi nazionali.

È in questo contesto che è stato approvato il regolamento (UE) n. 452/2019 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che stabilisce un quadro comune per l’esercizio dei controlli sugli investimenti esteri diretti nell’Unione.

Definizione di Meccanismo di Controllo

Ancora più significativa, perché inedita nel panorama internazionale e comparato, è la definizione di «meccanismo di controllo». Da questa definizione emerge chiaramente come ai meccanismi di controllo trovino applicazione i principi, le regole e i dilemmi interpretativi propri del diritto amministrativo. Si tratta naturalmente di questioni che, anche laddove affrontate con soluzioni normative apparentemente simili, possono variare profondamente nelle soluzioni a seconda di alcuni rilevanti fattori di contesto che mutano significativamente da ordinamento a ordinamento e che si presentano a loro volta in modo originale a livello europeo.

Standard Minimi e Certezza del Diritto

Con queste prescrizioni, l’ordinamento europeo cerca di assicurare che i sistemi amministrativi di controllo esistenti a livello nazionale siano retti da alcuni standard minimi volti a garantire la «certezza del diritto» e il rispetto del principio di legalità. In questo modo, l’ordinamento europeo mira a conciliare in modo più efficace la salvaguardia dell’interesse nazionale.

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