Albergo Atene Riccione

 

Difficoltà linguistiche negli studenti stranieri: un'analisi approfondita

La scuola italiana sta affrontando una profonda trasformazione nella composizione della sua popolazione scolastica in relazione alla progressiva ed elevata presenza di alunni di origine straniera in tutti gli ordini e gradi.

Alla notevole crescita della popolazione straniera non poteva che corrispondere un sensibile aumento degli alunni non italofoni nelle scuole del nostro paese. Con i suoi 815.000 alunni di cittadinanza non italiana (a.s. L'aumento del numero di alunni non italofoni impone di prestare attenzione alle difficoltà che possono incontrare nel processo di apprendimento scolastico.

Uno degli aspetti di maggior rilievo è l’aumento di studenti non italofoni iscritti nella scuola secondaria di secondo grado, il cui afflusso è, in percentuale, superiore a quello degli altri gradi d’istruzione. Infatti, in dieci anni, dall’a.s. 2006/2007 all’a.s.

La presenza degli alunni non italofoni in tutti gli ordini scolastici è un dato strutturale e significativo del sistema scolastico italiano, così come le difficoltà che spesso questi ragazzi incontrano nel loro cammino scolastico. Il fenomeno degli alunni di cittadinanza non italiana, unito a quello delle seconde generazioni, pone la scuola di fronte a molteplici interrogativi: perché gli alunni di origine straniera, più degli altri, hanno difficoltà nell’ apprendimento scolastico e raggiungono raramente livelli ottimali di apprendimento?

Ogni bambino porta con sé un bagaglio pieno di bisogni, desideri, caratteristiche individuali, esperienza scolastica e conoscenza della lingua. Numerosi studi e ricerche (Favaro e Napoli, 2004) hanno messo in luce come l’età di migrazione sia uno degli elementi più incisivi sulle modalità con cui il percorso migratorio verrà vissuto e rielaborato: i bambini e gli adulti sono in qualche modo facilitati, dal punto di vista affettivo e psicologico rispetto agli adolescenti e ai pre-adolescenti, che per il particolare periodo di crescita in cui si trovano, devono accettare a priori l’esigenza di lasciare la propria terra e i propri affetti per trasferirsi in un altro paese o ritrovare la famiglia migrata.

Leggi anche: Il Turismo: Un'Analisi

Al contempo diviene necessario per i ragazzi e le ragazze neo-arrivate conoscere un contesto socio-culturale altro, acquisire una nuova lingua, affrontare la scuola, superare le difficoltà tipiche dell’adolescenza.

Le rilevazioni sull’ apprendimento, infatti, evidenziano significative differenze di successo scolastico tra alunni italiani e non italofoni, anche se con segnali di miglioramento nelle “seconde generazioni” (Invalsi 2016). I dati MIUR (2017) mostrano come la percentuale di alunni in ritardo e di ripetenti è tra gli studenti non italofoni sistematicamente maggiore di quella dei compagni italiani.

A livello nazionale, infatti, gli studenti italiani in ritardo nella frequenza scolastica sono circa il 10,5% contro il 32,9% degli studenti non italofoni; analizzando i singoli ordini scolastici si osserva che: la distanza a sfavore degli studenti stranieri nella percentuale dei ritardatari (cioè degli studenti la cui età anagrafica è maggiore di quella degli studenti regolari in ciascuna classe) è di 11 punti percentuali nella scuola primaria (1,8% contro 13,2%), di 29 punti percentuali nella secondaria di I grado (6,6% contro 35,4%) e di circa 40 punti percentuali nella secondaria di II grado (21,9 % contro 61,3%).

Questo fenomeno sta destando sempre più l’interesse della ricerca scientifica e del mondo della scuola, ma, in realtà, ha origini lontane. In passato, in molti Paesi occidentali, le difficoltà che i bambini immigrati incontravano in ambito scolastico erano attribuite a deficit strutturali di natura cognitiva, con la conseguenza di un loro inserimento in classi di “educazione speciale” (Cummins, 1984; 1989).

Marie Rose Moro, etnopsichiatra infantile (1998), ha condotto in Francia un’interessante analisi delle difficoltà scolastiche incontrate dagli alunni migranti e figli di immigrati. I risultati mostrano una diffusa condizione di svantaggio fra i bambini figli di immigrati relativamente ai problemi scolastici: rispetto ai bambini autoctoni essi hanno il doppio delle difficoltà di calcolo; una probabilità maggiore di essere bocciati; difficoltà nettamente superiori nel comportamento e adattamento a scuola.

Leggi anche: Futuro del Turismo Sostenibile

Un’altra ricerca (Murineddu et al., 2006) ha preso in considerazione alcune abilità di tipo linguistico, matematico e di memoria visuo-spaziale in bambini non italofoni dalla seconda classe primaria alla terza della secondaria di primo grado. I risultati mostrano che il gruppo degli alunni non italofoni si distingue dal gruppo degli alunni italiani solo per le prove di lettura e quindi per l’aspetto linguistico, in particolare nella lettura di parole. Questo risultato è importante perché mette in discussione l’idea che i bambini stranieri presentino difficoltà cognitive e scolastiche generalizzate.

Un’ipotesi parzialmente confermata in tale studio è quella che il livello di apprendimento degli alunni non italofoni sia influenzato dall’esposizione all’italiano. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che, indipendentemente dal tempo trascorso in Italia, i ragazzi parlano, almeno in famiglia, la lingua d’origine e ciò non facilita l’acquisizione di una buona padronanza della lingua italiana.

Questi risultati sono stati, in parte, confermati da un altro studio che ha illustrato per la prima volta in modo sistematico le difficoltà di scrittura di ragazzi della scuola secondaria di II grado nati all’estero (Cornoldi et al., 2018). Tale indagine ha interessato 3714 studenti, di cui 3583 italiani e 131 stranieri (tutti gli stranieri sono nati all’estero e in famiglia parlano una lingua diversa dall’italiano); i due gruppi sono stati confrontati su 14 misure di scrittura previste dalla nuova batteria di Prove MT Avanzate-3-Clinica per il biennio della Scuola Secondaria di II grado (Cornoldi, Pra Baldi e Giofrè, 2017).

I risultati dimostrano che i ragazzi nati all’estero risultano più deboli in tutti gli aspetti della scrittura, con maggiori difficoltà rispetto ai ragazzi italiani nelle prove di competenza ortografica, in particolar modo nel Dettato di parole, ma anche nel Dettato di brano (soprattutto nella scrittura di doppie e accenti) e nel Dettato di non-parole. I differenti punteggi tra parole e non-parole confermano, sia pur in misura meno accentuata, l’effetto riscontrato da Murineddu e colleghi (2006), ma mostrano che, nel caso della scrittura, il problema è ben presente anche con le non-parole.

La differenza tra i due gruppi si riduce nella Produzione del testo, probabilmente perché quando i ragazzi scrivono un testo, scelgono parole che conoscono bene e ritengono di saper scrivere correttamente. Le differenze sono meno evidenti nella qualità dell’espressione scritta e nel grafismo, dove le abilità linguistiche hanno un peso minore.

Leggi anche: L'integrazione scolastica degli alunni stranieri

Una possibile spiegazione delle difficoltà emerse in questi studi potrebbe risiedere nel fatto che gli alunni non italofoni utilizzano principalmente la via fonologica, ossia quella che prevede la conversione grafema-fonema, poiché posseggono un lessico italiano ridotto. Ciò potrebbe significare che lo studente non ha ancora acquisito le rappresentazioni lessicali delle parole (ossia la rappresentazione della parola intera), rendendo necessario l’utilizzo della via fonologica anche per le parole. Tali difficoltà hanno inevitabilmente una ricaduta sulla capacità di comprensione del testo con effetti negativi sulle capacità di studio in generale.

La scuola ha l’importante compito di individuare tempestivamente e segnalare quei casi in cui le difficoltà incontrate dal bambino sono tali da non poter essere giustificate da uno svantaggio linguistico. Si sta rivelando molto utile un lavoro mirato sui linguaggi specifici delle singole materie, evitando però di semplificare eccessivamente i testi e le attività didattiche. Infatti, l’uso di testi semplificati risulta molto utile e spesso indispensabile nella fase dell’accoglienza e dell’inserimento, ma successivamente è necessario esporre gli alunni non italofoni a un livello linguistico più complesso, seppur gradualmente e con un costante appoggio dell’insegnante.

Il lavoro sulla comprensione del testo dovrebbe avere l’obiettivo di migliorare le aree della comprensione in cui i bambini non italofoni sono in maggiore difficoltà, ovvero la comprensione sintattica e la comprensione di frasi idiomatiche (Dosso, 2008).

Percentuale di studenti in ritardo nella frequenza scolastica

Ordine Scolastico Studenti Italiani Studenti Non Italofoni Differenza
Scuola Primaria 1,8% 13,2% 11 punti %
Secondaria di I Grado 6,6% 35,4% 29 punti %
Secondaria di II Grado 21,9% 61,3% Circa 40 punti %
Totale Nazionale 10,5% 32,9% -

TAG: #Straniero

Più utile per te: