Serbia e l'Area Schengen: Una Panoramica Complessa
Venticinque anni fa, il 25 giugno 1985, a Schengen, piccolo comune lussemburghese sulle rive della Mosella, cinque Stati Membri della Comunità economica europea - Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo - avevano firmato un accordo che prevedeva la soppressione dei controlli delle persone alle loro frontiere interne. Questo anniversario è l’occasione per fare il punto su tre nozioni geografiche non coincidenti, ma che si intersecano: lo spazio Schengen, la zona Euro e il territorio dell’Unione Europea.
Istituzionalizzato nel 1997 con il trattato di Amsterdam, lo spazio Schengen comprende oggi 25 paesi, ma non coincide con il territorio dell’UE. Infatti, da un lato, non ne fanno parte Regno Unito, Irlanda, Romania, Bulgaria e Cipro e, dall’altro, tre Paesi Terzi, Norvegia, Islanda e Svizzera, vi hanno aderito. La zona Euro ha un’estensione territoriale più limitata, anche se comprende due Stati Membri (Irlanda e Cipro) che non fanno parte dello spazio Schengen.
Dei ventisette Stati Membri dell’UE solo sedici sono entrati nella zona Euro, in cinque tappe successive, dal 1998 al 2009. Applicato dapprima come moneta virtuale, sotto forma di cambi fissi tra le monete nazionali, l’Euro ha sostituito queste monete a partire dal 1º gennaio 2002. Non è ancora terminato il processo di allargamento progressivo del territorio che, dai sei Stati Membri fondatori della Comunità economica europea, è sfociato nei ventisette Stati Membri dell’attuale Unione Europea.
L'Allargamento dell'UE e i Balcani
Mentre l’Unione non ha ancora digerito interamente le conseguenze di questo passaggio da quindici a ventisette Stati Membri, già si profilano le tappe di un ulteriore allargamento del suo territorio. Infatti, oltre alla candidatura della Turchia, e a quella, più recente, dell’Islanda, l’Unione ha ricevuto le domande d’adesione di quattro paesi della regione dei Balcani: Croazia, Montenegro, Serbia e Macedonia. Due altri paesi della stessa regione, la Bosnia e il Kosovo, potrebbero presentare le loro candidature in un futuro non troppo lontano.
Per quanto concerne la Croazia, i negoziati d’adesione, iniziati nel 2005, sono già in uno stadio avanzato e dovrebbero concludersi favorevolmente entro l’anno prossimo. Viceversa, numerosi ostacoli, di carattere non solo economico ma soprattutto politico, sussistono nei confronti delle altre candidature dei paesi balcanici. Per esempio, la Serbia non riconosce lo statuto di un Kosovo indipendente e il nome della Repubblica di Macedonia è contestato dalla Grecia. Il rischio di conflitti non è completamente escluso in una regione che ha subito, in un’epoca relativamente recente, scontri armati aspri e prolungati.
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Infine, se la domanda d’adesione della Turchia dovesse essere accolta, il territorio dell’Unione oltrepasserebbe addirittura i confini geografici dell’Europa. Oggi, in seguito ai successivi allargamenti dell’Unione, si pone il problema dei limiti del territorio europeo e, quindi, dell’appartenenza o meno della Turchia all’insieme geografico dell’Europa. Viceversa, il criterio geografico, che ha permesso di rifiutare la candidatura del Marocco nel 1987, non sembra un ostacolo insormontabile nel caso della Turchia.
La presidenza spagnola, favorevole all’adesione della Turchia, ha aperto, l’ultimo giorno del suo mandato (30 giugno 2010), un nuovo capitolo (il tredicesimo dal 2005) dei negoziati d’adesione con questo Paese. Questo breve richiamo di tre nozioni geografiche che, benché distinte e non coincidenti, s’intersecano nell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, dimostra la complessità di quest’ordinamento.
La Liberalizzazione dei Visti e le Tensioni in Kosovo
Bruxelles - Il nord del Kosovo è sempre un luogo delicato per le politiche dell’Unione Europea, e la questione dei visti Schengen non fa eccezione. Perché a pochi mesi dall’entrata in vigore della liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari - dopo un attesa di oltre cinque anni - il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso oggi (22 luglio) di dare il semaforo verde al Regolamento che elimina l’esclusione per i titolari di passaporti serbi rilasciati dalla Direzione di coordinamento serba.
Ovvero la direzione del ministero degli Affari interni di Belgrado responsabile del rilascio dei passaporti serbi ai cittadini (della minoranza etnica serba) residenti nel Paese che dal 2008 ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza proprio da Belgrado. Il via libera deciso dal Consiglio “garantisce che l’intera regione dei Balcani Occidentali sia soggetta allo stesso regime di visti“, conclude così l’iter legislativo iniziato nel novembre dello scorso anno dalla Commissione Ue. Il Regolamento entrerà in vigore il ventesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue, e da allora sarà applicabile in tutti gli Stati membri.
È dal dicembre 2009 che i titolari di passaporti serbi sono stati esentati dall’obbligo di visto per i viaggi nell’area Schengen, ma finora non a chi ne possedeva uno rilasciato dall’autorità istituita nell’ambito del dialogo Ue sulla liberalizzazione dei visti con la Serbia. Non si faranno però attendere le polemiche a Pristina per il fatto che, con questa misura, una parte dei residenti in territorio kosovaro non avranno bisogno di passaporti rilasciati dalle autorità centrali di Pristina (che dal primo gennaio 2024 garantiscono lo stesso diritto di viaggio senza visto), ma potranno continuare a fare riferimento a Belgrado e mettere in discussione la sovranità nazionale in un momento storico particolarmente delicato per i due Paesi balcanici.
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Cosa significa liberalizzazione dei visti Schengen
Nella pratica la liberalizzazione dei visti per un Paese extra-Ue significa l’esenzione dal dover fare richiesta per ottenere il visto d’ingresso per accedere allo spazio Schengen, ovvero l’area che ha abolito le frontiere interne. I cittadini di questi Stati possono utilizzare semplicemente il proprio passaporto nazionale - senza ulteriori requisiti richiesti - per viaggiare e soggiornare fino a 90 giorni (in un periodo complessivo di 180 giorni) nei Paesi Ue e Schengen.
Tutti i cittadini dei Paesi membri Ue possono attraversare liberamente le frontiere interne con la propria carta d’identità - anche quelli che non fanno parte dello spazio Schengen, cioè Cipro, Bulgaria, Irlanda e Romania - così come i cittadini dei territori esterni appartenenti ai 27 Paesi Schengen (Groenlandia, Isole Svalbard, Guyana Francese, Nuova Caledonia e altri territori d’oltremare). All’area che ha abolito le frontiere interne aderiscono anche quattro Stati extra-Ue: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
I cittadini di un qualsiasi altro Paese nel mondo solitamente devono fare richiesta di un visto (di lavoro, turistico, di studio), che è l’atto con il quale uno Stato concede a un individuo straniero il permesso di accedere nel proprio territorio. Tuttavia l’Ue ha istituito una politica di visti comune per soggiorni di breve durata, transito nel territorio o negli aeroporti internazionali degli Stati Schengen.
Sulla base di una valutazione caso per caso la Commissione può proporre ai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue una decisione per la liberalizzazione dei visti Schengen. La valutazione si basa su una serie di criteri pre-stabiliti: migrazione irregolare, ordine pubblico e sicurezza, vantaggi economici (turismo e commercio estero), diritti umani, libertà fondamentali, implicazioni di coerenza regionale e reciprocità. Le nuove decisioni sull’esenzione devono essere adottate da entrambi i co-legislatori, dopo i negoziati bilaterali con il Paese interessato.
Le Tensioni nel Nord del Kosovo
È passato oltre un anno da quando è andato in scena il primo evento che ha aperto uno degli scenari più difficili e violenti per le relazioni tra Serbia e Kosovo. A causa dell’insediamento dei neo-eletti sindaci di Zubin Potok, Zvečan, Leposavić e Kosovska Mitrovica il 26 maggio 2023 sono scoppiate violentissime proteste, trasformatesi nel giro di tre giorni in una guerriglia che ha coinvolto anche i soldati della missione internazionale Kfor a guida Nato. La tensione è deflagrata per la decisione del governo di Pristina di far intervenire le forze speciali di polizia per permettere l’ingresso nei municipi ai sindaci eletti il 23 aprile, in una tornata elettorale controversa per la bassissima affluenza al voto.
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Nel frattempo il 14 giugno è andato in scena un arresto/rapimento di tre poliziotti kosovari da parte dei servizi di sicurezza serbi, per cui i governi di Pristina e Belgrado si sono accusati a vicenda di sconfinamento delle rispettive forze dell’ordine. Ma a causa del mancato “atteggiamento costruttivo” da parte di Pristina per la de-escalation della tensione, Bruxelles ha imposto a fine giugno misure “temporanee e reversibili” contro il Kosovo (ancora in atto, nonostante la tabella di marcia concordata il 12 luglio). La situazione è però degenerata con l’attacco terroristico del 24 settembre nei pressi del monastero serbo-ortodosso di Banjska. Nella giornata di scontri tra la Polizia del Kosovo e un gruppo di una trentina di uomini armati sono rimasti uccisi un poliziotto e tre attentatori.
Gli sviluppi dell’attentato hanno evidenziato chiare diramazioni nella vicina Serbia. La minaccia non si è concretizzata, ma l’Ue ha iniziato a riflettere sulla possibilità di imporre le stesse misure in vigore contro Pristina anche ai danni di Belgrado. Come se non bastasse, prima delle elezioni anticipate in Serbia il 17 dicembre, l’ultimo atto del governo guidato da Ana Brnabić è stato inviare una lettera a Bruxelles per avvertire che le istituzioni serbe non riconoscono il valore giuridico degli impegni verbali presi nel contesto del dialogo Pristina-Belgrado e che non sarà riconosciuta nemmeno de facto la sovranità del Kosovo.
L’unica notizia positiva al momento è la risoluzione della ‘battaglia delle targhe’ tra Serbia e Kosovo, grazie alla decisione arrivata tra fine 2023 e inizio 2024 sul mutuo riconoscimento per i veicoli in ingresso alla frontiera. Con l’entrata in vigore del Regolamento sulla trasparenza e stabilità dei flussi finanziari e sulla lotta al riciclaggio di denaro e alla contraffazione, dal primo febbraio l’euro è diventato l’unica valuta di cambio e di deposito nei conti bancari: il dinaro serbo può ancora essere scambiato al pari del lek albanese o del dollaro, ma la decisione avrà un impatto su tutti quei servizi pubblici che non si mai adeguati all’adozione dell’euro da parte di Pristina nel 2002 (ancora prima dell’indipendenza).
Abolizione dei Visti per Serbia, Macedonia e Montenegro
Dal 19 dicembre 2009 i cittadini ex jugoslavi di Serbia, Montenegro e Macedonia possono entrare nell’area Schengen (tutti gli Stati membri dell’Unione europea senza visto ad eccezione di Gran Bretagna, Irlanda, Svizzera, Norvegia e Islanda). Il nuovo regime senza visti per serbi, macedoni e montenegrini si applica a tutti coloro che possiedono un passaporto biometrico. Per tutti gli altri, anche per i serbi residenti in Kosovo con passaporto serbo, il visto è ancora necessario.
Quindi i cittadini di Serbia, Montenegro e Macedonia titolari dei passaporti biometrici ora possono viaggiare liberamente nello spazio Schengen, per visite brevi della durata di 90 giorni ogni sei mesi (180 giorni), a prescindere che si tratti di un viaggio per affari, un corso di perfezionamento professionale o una visita per turismo. Qualora venisse superato il termine dei 90 giorni di soggiorno per lavoro o per studio, prima del viaggio occorre presentare una richiesta per un visto di lunga durata presso l’Ambasciata o il Consolato del Paese di destinazione. Il lavoro o il soggiorno nei Paesi Schengen senza un apposito permesso di soggiorno nazionale o senza l’autorizzazione al lavoro è illegale.
In vigore l'abolizione decisa il 30 novembre 2009, accogliendo la proposta della Commissione europea. Il nuovo regime senza visti per serbi, macedoni e montenegrini si applica, infatti, a tutti coloro che possiedono un passaporto biometrico, in cui nel microchip sono registrate anche le impronte digitali. Per tutti gli altri, anche per i serbi residenti in Kosovo con passaporto serbo, ci sara' ancora bisogno del visto. Senza visto si può, tuttavia, solo viaggiare per turismo, affari, missione, invito e gara sportiva per tre mesi, ma nel caso in cui si debba lavorare è necessario sempre passare, per l'Italia, attraverso la richiesta di autorizzazione al lavoro.
Per ora resta l'obbligo di visto per la Bosnia Erzegovina e per l'Albania: i punti ancora in sospeso riguardano la lotta alla corruzione e alla criminalita' organizzata, la gestione dell'immigrazione e delle frontiere e la mancanza del passaporto biometrico. Fuori anche il Kosovo, che finora e' stato riconosciuto solo da 22 Paesi dell'Unione europea. La Commissione potrebbe valutare una nuova proposta sulla liberalizzazione gia' a meta' del 2010.
Attualmente l'area Schengen comprende 25 Paesi, e precisamente Italia, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Austria, Grecia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Islanda, Norvegia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Malta. Ulteriori comunicazioni sono state pubblicate in un opuscolo dalla Delegazione dell'Unione Europea in Serbia.
Lo Spazio Schengen: Libera Circolazione delle Persone
Lo spazio Schengen è una zona di libera circolazione delle persone. Conformemente alla convenzione di Schengen del 14 giugno 1985, i 25 Stati che ne sono membri, hanno abolito i controlli sulle persone al momento della attraversamento delle loro frontiere interne. Quindi i controlli sulle persone sono effettuati solo al momento di attraversamento della frontiera esterna di uno Stato membro, che quindi agisce per conto di tutti gli altri Stati dell'area Schengen.
Per essere consentito l'ingresso nello spazio Schengen, i cittadini dello Spazio economico europeo (SEE) devono presentare una carta d'identità valida oppure un passaporto meno di cinque anni, non-SEE cittadini devono anche produrre i documenti necessari per l’ottenimento del visto per l’ Italia (domanda di visto ,lettera di invito, passaporto, polizza sanitaria per ingresso stranieri e fideiussione per il visto che giustificano lo scopo e le condizioni della loro visita. Inoltre, devono disporre di fondi sufficienti sia per la durata del loro soggiorno.
Per i non-SEE terzi che sono soggetti all'obbligo del visto in base alla loro nazionalità, il visto deve specificare la durata del soggiorno autorizzato. Ricordiamo che non può essere superiore a 90 giorni nell’arco in un semestre. In entrambi i casi, l'ingresso o il transito di un non-SEE viaggiatore nello spazio Schengen si materializza tramite il timbro sul passaporto per determinare il punto di partenza del soggiorno autorizzato. Se il documento di viaggio non reca il timbro d'ingresso, le autorità possono presumere che il titolare non soddisfa o non soddisfa più le condizioni relative alla durata del soggiorno.
Paesi con Liberalizzazione dei Visti Schengen
Qui la lista dei Paesi a cui è stata concessa la liberalizzazione dei visti Schengen:
- Albania
- Andorra
- Antigua e Barbuda
- Argentina
- Australia
- Bahamas
- Barbados
- Bosnia-Erzegovina
- Brasile
- Brunei
- Canada
- Cile
- Colombia
- Corea del Sud
- Costa Rica
- Croazia
- Dominica
- El Salvador
- Ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia (FYROM)
- Emirati Arabi Uniti
- Georgia
- Giappone
- Grenada
- Guatemala
- Honduras
- Hong Kong
- Isole Salomone
- Israele
- Kiribati
- Malesia
- Macao
- Marianne del Nord
- Marshall
- Mauritius
- Messico
- Micronesia
- Monaco
- Montenegro
- Nicaragua
- Nuova Zelanda
- Palau
- Panama
- Paraguay
- Perù
- Saint Kitts e Nevis
- Samoa
- Santa Lucia
- Serbia
- Seychelles
- Singapore
- Stati Uniti
- St. Vincent e Grenadine
- Taiwan
- Timor Est
- Tonga
- Trinidad e Tobago
- Tuvalu
- Ucraina
- Uruguay
- Vanuatu
- Venezuela