Sospensione di Schengen: Italia e Slovenia tra Migrazione e Sicurezza
Negli ultimi anni, l'area Schengen, pilastro della libera circolazione in Europa, ha subito crescenti pressioni, portando diversi paesi a reintrodurre controlli alle frontiere interne. Tra questi, Italia e Slovenia hanno assunto un ruolo significativo, sollevando interrogativi sulle motivazioni e le implicazioni di tali decisioni.
Il Contesto Europeo
Bruxelles è preoccupata perché ora a essere davvero minacciata è la libertà di movimento delle persone, dei capitali, dei servizi e delle merci in Europa, il caposaldo dell’area che ha abolito le frontiere interne. Dopo le recenti decisioni di Italia e Slovenia di ripristinare i controlli interni, inizia a scricchiolare il funzionamento dell’area Schengen, che a oggi vede quasi la metà dei suoi Paesi membri (11 su 27) con restrizioni causate da diversi tipi di minacce, riconducibili a tre macro-aree: infiltrazioni terroristiche, migrazione e rischio attentati. A cui si aggiunge ora quella che per i governi europei è considerata un’aggravante, ovvero l’aumento della tensione causata dal conflitto tra Hamas e Israele.
Al momento sono in tutto ben nove i Paesi che hanno sospeso Schengen: Olanda, Norvegia, Austria, Germania, Francia, Italia, Svezia, Slovenia e Danimarca. La portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper, ha ricordato che la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne nella zona Schengen deve essere adottata in maniera ''eccezionale'' ed essere ''strettamente limitata nel tempo''.
L'area Schengen comprende tutti gli Stati membri dell'Ue - ad eccezione di Irlanda e Cipro - e integra anche Bulgaria e Romania che vi fanno parte solo per frontiere marittime e aeree, ma non ancora per quelle terrestri. Nell'area di libero transito ci sono poi Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. I controlli possono riguardare sia i confini terrestri che quelli aerei e marini.
Le Motivazioni di Italia e Slovenia
L'Italia ha chiuso il 19 giugno scorso i suoi confini terrestri con la Slovenia, con i sei mesi che dovrebbero scadere il prossimo 20 dicembre. “È una sospensione che ha tempi limitati ed è legata alla contingenza per evitare che ci siano terroristi che girano indisturbati per l’Europa“, ha affermato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, anche se il fatto di aver chiuso solo il confine con la Slovenia - “proprio perché non arrivino terroristi nel nostro Paese o nel resto d’Europa” - mostra chiaramente che per Roma il pericolo maggiore sarebbe quello della rotta migratoria che attraversa i Balcani Occidentali.
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“Nelle valutazioni nazionali le misure di polizia alla frontiera italo-slovena non risultano adeguate a garantire la sicurezza richiesta”, ha riportato la nota di Palazzo Chigi sul ripristino dei controlli dei confini al momento solo dal 21 al 30 ottobre (ma che sarà verosimilmente esteso). A nemmeno 24 ore di distanza la stessa decisione è stata presa da Lubiana - con le stesse tempistiche - sulla frontiera con la Croazia e l’Ungheria. Così come ieri (18 ottobre) il ministro degli Interni sloveno, Boštjan Poklukar, aveva esortato Roma ad adottare misure “proporzionate e amichevoli per non rompere i legami culturali e familiari delle persone che vivono lungo il confine”.
Il 21 ottobre l’Italia, insieme ad altri dodici Stati europei, ha reintrodotto i controlli alla frontiera con Slovenia e Austria, appellandosi a un articolo del Codice Schengen che prevede la possibilità, in casi eccezionali, di ripristinare il controllo dei documenti ai confini interni. A portare a questa decisione sono state le numerose richieste dei leader europei di intensificare la protezione delle frontiere a causa del recente innalzamento dell’allerta terrorismo.
L’Italia ha schierato più di trecento agenti per le operazioni di controllo alla frontiere in questo periodo iniziale di 10 giorni, prorogabili ai sensi del Regolamento UE 2016/339. Le modalità di controllo, chiarisce Palazzo Chigi, saranno attuate in modo da garantire la proporzionalità della misura, adattate alla minaccia e calibrate per causare il minor impatto possibile sulla circolazione transfrontaliera e sul traffico merci. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in accordo con la regione Friuli Venezia Giulia, ha dichiarato che sarà probabile una proroga della misura e ha dichiarato che “i veicoli saranno fermati in modo mirato”.
Il governo italiano ha imposto controlli ai confini terrestri con la Slovenia a ottobre del 2023 e da allora li ha prorogati più volte: sarebbero dovuti terminare a metà dicembre, ma lunedì il ministro dell’Interno Piantedosi ha annunciato che verranno estesi per altri sei mesi. La motivazione fornita sin dall’inizio è quella del rischio di infiltrazioni terroristiche legate a «flussi migratori irregolari» attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”.
A fine ottobre di quest’anno il governo italiano ha riattivato i controlli al confine con la Slovenia, giustificando l’iniziativa con l’aumento del rischio interno a seguito della guerra in atto a Gaza e da possibili infiltrazioni terroristiche. La decisione è stata anche proposta come reazione alla pressione migratoria a cui è soggetto il Paese. Lo stesso giorno in cui l’Italia ha annunciato la sospensione della libera circolazione -misura prorogata- la stessa scelta è stata presa anche da Slovenia, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Germania.
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“Visto il persistere di dinamiche di instabilità nell’attuale scenario internazionale - ha dichiarato all’ANSA Piantedosi - con i colleghi abbiamo condiviso le preoccupazioni per i rischi di infiltrazione terroristica nei flussi migratori lungo la rotta balcanica. Il provvedimento era scattato nell’ottobre 2023 in seguito all’attacco ad Israele da parte di Hamas il 7 ottobre dello stesso anno e doveva essere solo temporaneo.
Critiche e Preoccupazioni
Per l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) la sospensione della libera circolazione, che dovrebbe essere una pratica emergenziale da attivarsi solo nel caso di minacce gravi per la sicurezza di un Paese, rischia infatti di diventare una prassi ricorrente nella gestione dei flussi migratori.
Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà, ha dichiarato di non trovare assolutamente fondata la decisione del Governo, perché “nel Codice Frontiere si prevedono criteri abbastanza rigorosi, per cui il ripristino di un controllo può avvenire solo per una minaccia grave. Solo in questo caso, per la sicurezza interna, lo Stato può in via eccezionale per massimo di 30 giorni sospendere Schengen, come extrema ratio”.
Annalisa Camilli, nella newsletter Frontiere, scrive che il ripristino delle frontiere interne “ha coinciso storicamente con l'inasprimento dei controlli alle frontiere esterne, che proprio dagli anni novanta sono state militarizzate e rafforzate”. Secondo Schiavone e l’ICS, che si occupa proprio della tutela dei migranti della rotta balcanica, il motivo principale della sospensione di Schengen è quello di “attuare uno stretto controllo sull’arrivo dei richiedenti asilo e ostacolarne l’esercizio del diritto”.
Quello di cui ci si dovrebbe realmente preoccupare, tuttavia, non è l’ossessione di Piantedosi, ma il rischio di utilizzare la sospensione del trattato di Schengen come strumento di soppressione del diritto di asilo. Infatti, l’avvalersi della clausola che prevede la possibilità di ripristinare i controlli non modifica il principio di non respingimento e la norma di diritto internazionale che consente a tutti i migranti di fare ingresso in un paese per chiedere asilo politico.
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“Non credo che la sospensione della libera circolazione sia uno strumento efficace né per gestire i flussi migratori né per fermare potenziali terroristi - afferma Cometti -. “L’Ue dovrebbe influenzare le politiche degli Stati membri promuovendo la tutela dei diritti delle persone migranti e non, al contrario, proponendo normative di degradazione del diritto di movimento e di asilo” .
Codice Frontiere Schengen e Misure Eccezionali
Il ripristino dei controlli alle frontiere interne allo spazio Schengen può avvenire solo in circostanze eccezionali a causa di una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna. La procedura si attua notificando l’intenzione di ripristinare i controlli alla Commissione e agli altri paesi UE almeno quattro settimane prima e non è richiesta l’approvazione del Consiglio.
Il codice Schengen, nato nel 1985 per la libera circolazione delle persone all’interno del territorio dell’Ue, permette di ripristinare i controlli ai confini interni in caso di “minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna” o “gravi lacune relative al controllo delle frontiere esterne”.
Il “Codice frontiere Schengen” prevede che i confini interni possano essere attraversati in un qualsiasi punto senza controlli sulle persone, in modo indipendente dalla loro nazionalità. In caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna in uno Stato membro, però, quest’ultimo è autorizzato a ripristinare i controlli “in tutte o in alcune parti delle sue frontiere interne per un periodo limitato non superiore a 30 giorni o per la durata prevedibile della minaccia grave”.
Il ripristino dei controlli interni è previsto in tre casi secondo il Codice frontiere Schengen, sempre con una notifica preventiva alla Commissione Europea e agli altri Stati membri. Per i “casi prevedibili” (articoli 25 e 26) la durata del controllo è limitata a 30 giorni - “o alla durata prevedibile della minaccia” - e prolungato per periodi di 30 giorni fino a un massimo di 6 mesi. Per i “casi che richiedono un’azione immediata“, come quello invocato da Italia e Slovenia, si applica l’articolo 28 che prevede un controllo di frontiera “per 10 giorni senza previa notifica” - ma informando in ogni caso Bruxelles e le altre capitali interessate - con un ripristino prolungabile fino a 20 giorni e per un periodo massimo di 2 mesi. Infine ci sono i “casi in cui circostanze eccezionali mettono a rischio il funzionamento generale dello spazio Schengen“, regolamentati dall’articolo 29: se le circostanze costituiscono una “grave minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” è lo stesso Consiglio su proposta della Commissione a raccomandare che uno o più Stati membri ripristino i controlli interni “su tutte o su parti specifiche delle loro frontiere”.
Secondo le regole europee un paese ha il diritto di sospendere temporaneamente la libertà di movimento prevista da Schengen «come misura di ultima istanza» e «in situazioni eccezionali», anche in occasione di grossi eventi sportivi o in altri casi straordinari, come fu per esempio la pandemia di Covid-19.
Paesi Schengen con Controlli alle Frontiere Interne (Novembre 2024)
Di seguito una tabella riassuntiva dei paesi Schengen che hanno reintrodotto i controlli alle frontiere interne, con le relative motivazioni e scadenze:
Paese | Motivazione Principale | Scadenza Prevista (se disponibile) |
---|---|---|
Austria | Migrazione secondaria, pressione sul sistema di accoglienza | Maggio 2025 (frontiere terrestri con Ungheria e Slovenia) |
Danimarca | Minacce alla sicurezza interna | Maggio 2025 (frontiere terrestri e marittime con la Germania) |
Francia | Rischio terrorismo, ingressi irregolari | Aprile 2025 |
Germania | Immigrazione irregolare, rischio terrorismo | N/A |
Italia | Rischio infiltrazioni terroristiche, flussi migratori irregolari | N/A |
Norvegia | Minaccia a obiettivi ebraici e israeliani | Maggio 2025 |
Svezia | Criminalità organizzata | Maggio 2025 |
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