Giambologna: Guida Turistica alle Sue Opere
Risoluto, talentuoso, caparbio, Giambologna - nato Jean de Boulogne - è tra i protagonisti del Cinquecento italiano e ancora oggi chi visita Firenze non può fare a meno di ammirarne le opere.
Il Museo Nazionale del Bargello
Il Museo Nazionale del Bargello ospita, all’interno del più antico palazzo pubblico di Firenze, la più importante collezione al mondo di scultura italiana del Rinascimento. Da non perdere, i capolavori di grandi artisti come Donatello, Verrocchio, i Della Robbia, Michelangelo, Giambologna e Cellini.
Il Palazzo del Bargello, una volta carcere di Firenze, ci racconta storie medievali. Oggi ospita un museo che custodisce la più notevole collezione di sculture del Rinascimento fiorentino.
Il palazzo stesso, fondato nel 1255, è un monumento di grande fascino: nato come primo edificio di destinazione pubblica della Firenze medioevale, divenne poi sede dei Podestà - come narrano i tanti stemmi incastonati nelle mura del Cortile - per essere poi destinato a carcere a partire dalla seconda metà del Cinquecento, diventando sede del Bargello, cioè il capo della polizia cittadina.
Inaugurato nel 1865 come primo Museo Nazionale del Regno d’Italia e dedicato alle arti del Medioevo e del Rinascimento, il Bargello è famoso oggi per l’estrema ricchezza delle sue collezioni, che vi sono state raccolte a partire da quella data, e che hanno il loro cuore nella grande serie di capolavori realizzati dai maggiori scultori del Rinascimento fiorentino.
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Vi si possono ammirare opere che coinvolgono tutti i possibili generi artistici e la cui vastità si può comprendere solo visitandolo: le collezioni includono infatti centinaia di armi, sigilli, tessuti, cere, smalti, dipinti, avori, maioliche e molto altro ancora. Molti di questi capolavori sono unici al mondo anche per la loro storia, come nel caso del Flabellum di Tournus, giunto a noi dal lontano IX secolo, o come per tutte le sculture in bronzo o in marmo appartenute alla famiglia Medici e gelosamente custodite nelle loro raccolte d’arte da Lorenzo il Magnifico agli ultimi granduchi della dinastia medicea.
Cosa Vedere al Bargello
- Il cortile
- La cappella di Maria Maddalena affrescata da Giotto e bottega
- La sala di Donatello e della scultura del Quattrocento
- La sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento
- Il Verone
Nella grande sala al piano terra sono esposte le statue di Michelangelo e degli scultori della corte granducale dei Medici, da Benvenuto Cellini, al Giambologna. I muri del cortile sono coperti da dozzine di scudi con le insegne degli antichi rioni e dei quartieri della città. Salendo il solido e imponente scalone del cortile si arriva al salone dedicato alla scultura quattrocentesca, di cui protagonista è Donatello.
Informazioni Utili per la Visita
- Durata: 1,5 ora
- Periodo: tutto l'anno compatibilmente con l'orario di apertura del museo.
- Punto d'incontro: 15 minuti prima del tour in Piazza San Firenze.
Orari di Apertura
Gli orari di apertura del museo sono:
- Lunedì: 08.15 - 18.50
- Mercoledì: 08.15 - 18.50
- Giovedì: 08.15 - 18.50
- Venerdì: 08.15 - 18.50
- Sabato: 08.15 - 18.50
- Domenica: 08.15 - 13.50
Giorni di chiusura: Martedì, II e IV domenica del mese, 25 Dicembre (Natale), 1 Gennaio (Capodanno).
La Fontana del Nettuno a Bologna
La Fontana del Nettuno è considerata uno dei principali monumenti di Bologna, oltre che per la sua bellezza, anche per la sua storia. La Statua del Nettuno fu associata al potere papale: come Nettuno domina le acque, il Papa domina il mondo.
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La statua del Nettuno è l'unica parte creata e progettata dal Giambologna, scultore belga la cui opera fu preferita a quella del Laureti in quanto più dinamica.
La Fontana del Nettuno venne interamente progettata, fatta eccezione per la statua principale, da Tommaso Laureti, autore palermitano dalle molteplici capacità. L'architetto aveva tratto ispirazione per il suo progetto dalle fontane che spesso aveva visto girando per Roma senza tener conto però della maggiore presenza di calcare nell'acqua bolognese.
Al secondo livello, nella parte centrale si trovano gli stemmi dei grandi protagonisti di quell'epoca bolognese: le inconfondibili sei palle medicee appartenenti a Papa Pio IV, proseguendo a destra lo stemma del vice legato papale Pier Donato Cesi e, dalla parte opposta rispetto allo stemma papale, quello di Carlo Borromeo, legato ufficiale della città ma spesso assente in quanto impegnato a Milano.
Troneggia su tutta questa composizione l'imponente figura del Dio Nettuno, simbolo del potere papale che, con la mano sinistra sospesa davanti al corpo, cerca di calmare la tempesta delle acque, simbolo dell'agitazione in cui versava Bologna.
Un altro piccolo ma importante particolare di questo unico complesso artistico è la parte terminale del tridente che il Nettuno stringe nella mano destra, che in maniera stilizzata campeggia ancora oggi sui cofani di tutte le auto della casata Maserati.
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La Statua, conosciuta anche come "Il Gigante" (o Żigànt in dialetto) dai Bolognesi in riferimento alla sua mole, subì nel corso della sua storia numerosi restauri, di cui il primo con moderni metodi scientifici nel 1988, il quale durò circa 2 anni. Nel 2016 sono iniziati nuovi lavori per un ulteriore restauro del Gigante di bronzo con l'obiettivo di ristabilirne le condizioni tramite diverse operazioni.
Il Gigante dell'Appennino
Ai piedi del prato, c’è una statua gigantesca che rappresenta l’Appennino. Seduto e con la mano destra che preme sulla testa di un grande mostro, se fosse in piedi, raggiungerebbe un’altezza di circa quaranta braccia. Quest’opera d’arte, sia per quanto riguarda la scultura che l’architettura, è attribuita a Giambologna.
L’imponente base della statua presenta una vasca del diametro di cento braccia, circondata lateralmente da un parapetto a balaustri di marmo. La parte anteriore della vasca è libera e al centro c’è un terrazzino. La figura gigantesca è composta da pietra serena e spugne, che sembrano essere state gettate a caso. Tuttavia, osservando attentamente, si possono facilmente riconoscere le membra e i muscoli, rappresentati con una verità prodigiosa.
L’acqua che sgorga dal monte e quella che zampilla dalla testa del colosso creano effetti meravigliosi. Quando il sole sorge dai colli di Firenze e illumina il volto della statua, sembra che sia incoronata da preziose gemme d’Oriente: smeraldi, zaffiri, rubini e topazi sembrano mescolarsi insieme.
La statua è vuota all’interno e si può accedere da un ingresso situato nella parte posteriore. All’interno della testa c’è una piccola stanza con finestre negli occhi. Da qui, Francesco I amava pescare nella vasca sottostante. Il corpo del gigante forma una grotta esagonale con una magnifica fontana al suo interno.
Anche il monte su cui si appoggia la statua è vuoto e al suo interno ci sono due stanze di dimensioni diverse. Nella stanza più piccola sono dipinte delle miniere e degli uomini che lavorano i metalli. Nella stanza più grande c’è una fontana di singolare bellezza, ricca di opere che imitano la natura.
Il pavimento è fatto di terra di Levante e presenta vari disegni di foglie tra i quali sgorga abbondante acqua.
Mercurio Volante
Un giovane nudo, il corpo aitante e levigato, si protende leggero verso l’alto in un gesto che sfida la gravità. La gamba destra sollevata e flessa all’indietro accompagna l’elegante slancio della mano che si allunga al cielo, con l’indice puntato. Il busto, flessuoso e vibrante, si torce in una spirale armoniosa dando vita a una composizione incredibilmente dinamica. Tutto il corpo ruota attorno alla gamba sinistra, unico e sottile punto di appoggio, che si posa con grazia quasi irreale sul soffio di vento emanato dalla testa di Zefiro, il vento dell’ovest.
È Mercurio, messaggero degli dei: l’elmetto e i piedi alati, pronti al volo, e il caduceo, segno del suo ruolo tra gli uomini e gli dei, sono suoi attributi tipici. L’illusione del volo è resa con straordinaria maestria: la tensione verticale è descritta perfettamente dalla muscolatura e dal dinamismo del soggetto e ogni linea della scultura conduce lo sguardo verso l’alto.
Sarà proprio un’opera pubblica a portarlo, nel 1563, a Bologna. Il vicelegato papale Pier Donato Cesi gli affida il compito di realizzare la fontana del Nettuno, progettata dall’architetto Tommaso Laureti e inserita nel piano di rinnovamento urbano voluto da papa Pio IV. Durante i lavori alla scultura bolognese, ancora oggi situata nella piazza principale della città, Giambologna riceve un altro incarico da Cesi, questa volta per l’Archiginnasio, sede della prestigiosa università cittadina. Qui, secondo le parole del prelato, si sarebbe dovuto porre “nel mezzo del cortile su un’apposita colonna di pietra vermicolata un’immagine in bronzo di Mercurio che discende dal cielo”, simbolo di ragione e verità derivante da Dio, promemoria per gli studenti.
Tuttavia, Jean non accantona l’idea. Infatti, il Mercurio volante piace molto a Cosimo de’ Medici che nel 1564 ne richiede uno uguale, della grandezza di un fanciullo adolescente, da inviare come dono diplomatico a Massimiliano II d’Asburgo, imperatore e fratello di Giovanna d’Austria, promessa sposa del figlio Francesco de’ Medici. Piace anche all’altro figlio e secondo granduca di Toscana - il già nominato Ferdinando I - che nel 1598 ne invia una copia al re di Francia, Enrico IV (spesso identificata con il bronzo conservato al Louvre di Parigi). Il dio greco immortalato nell’atto di volare non è una novità assoluta ed è certo che il Giambologna si sia ispirato a diverse fonti.
Con il passare del tempo, la stima della famiglia Medici cresce a tal punto da rendere il Giambologna artista stipendiato e, intorno al 1567, permettergli di aprire la sua bottega proprio nel secondo cortile di Palazzo Vecchio. Dal 1587 sposta la sede in borgo Pinti e, ormai all’apice della fama, assume collaboratori capaci di riprodurre in bronzo i suoi modelli a cera. Nel Rinascimento infatti la tecnica prediletta per la realizzazione di opere in bronzo era quella della cera persa, che prevedeva la creazione di un modello in cera, la sua copertura con uno stampo, la fusione della cera e la colata di bronzo fuso nella cavità risultante.
I bronzetti del Giambologna diventano presto oggetti ambiti e da collezione, un’astuta soluzione per soddisfare l’ingente richiesta di opere che l’artista riceve da signori e potenti di ogni dove.
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