Albergo Atene Riccione

 

Stranieri nel Calcio Italiano: Storia e Statistiche

Nella storia del calcio italiano, le vicende legate ai giocatori stranieri hanno sempre avuto una notevole rilevanza, non solo dal punto di vista strettamente sportivo. La loro presenza ha suscitato passioni contrastanti, alimentato polemiche politiche, condizionato gli equilibri economici e dato vita a contese giuridiche. Talvolta, hanno rappresentato una cartina di tornasole degli atteggiamenti delle istituzioni e dell’opinione pubblica verso gli stranieri in generale.

Sembra passato un'era geologica da quando, nel 1993, debuttarono in Serie A due giovanissimi calciatori destinati a fare la storia: Francesco Totti e Alessandro Del Piero. All’epoca, però, gli stranieri impiegabili erano solo 3. Con la legge Bosman, tutto cambiò.

Le Origini: Un Contributo Decisivo

Alla fine dell’Ottocento, un gruppo di inglesi, svizzeri e mitteleuropei, giunti in Italia come imprenditori, agenti commerciali, ingegneri e tecnici, diede un contributo decisivo alla nascita del calcio italiano.

Il Dopoguerra e la Corsa al Campione Straniero

All’indomani del secondo conflitto mondiale, gli atleti stranieri ritornarono nel campionato italiano. La corsa al campione straniero «divenne frenetica, configurando l’assurdo di un paese stremato dal conflitto, con un cambio della valuta sfavorevolissimo, e insieme Mecca del calcio migratorio». Inizialmente, alle società fu concesso di tesserare due calciatori provenienti da altre federazioni.

Nel 1947, i dirigenti federali autorizzarono i club a ingaggiare cinque calciatori stranieri, due dei quali dovevano essere «oriundi», giocatori nati all’estero ma figli di genitori italiani. Questo succedersi di modifiche normative si interruppe nel 1953 con il cosiddetto «veto Andreotti».

Leggi anche: Impara l'italiano: livello B1

Il Veto Andreotti e la Chiusura delle Frontiere

In seguito a deludenti prestazioni della nazionale e alla polemica sull’acquisto di campioni stranieri, l’arrivo di atleti appartenenti ad altre federazioni fu bloccato per iniziativa di Giulio Andreotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Andreotti vietò la concessione di permessi di soggiorno a stranieri che lo avessero chiesto «per svolgere l’attività di giocatore nelle squadre di campionato», con la sola eccezione dei «giocatori di provenienza estera» ma di «nazionalità italiana per essere figli di italiani».

Dei quaranta stranieri che militavano nel campionato italiano a metà degli anni Sessanta, alla fine del decennio successivo ne rimaneva solo uno. L’Italia era l’unico Paese della Comunità Economica Europea che manteneva il blocco totale.

Verso la Riapertura: Pressioni e Dibattiti (1976-1980)

Le Motivazioni Economiche

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, le entrate delle società erano aumentate, ma i club spendevano più di quanto incassavano. Le cifre iperboliche investite per l’ingaggio dei campioni consentivano di mantenere alta la passione dei tifosi e alimentavano la notorietà dei proprietari dei club. La crisi economica internazionale degli anni Settanta pesava anche sul bilancio del calcio.

Le Posizioni Contraddittorie

All’inizio del 1976, Franchi indicava alcuni motivi che rendevano inopportuna l’apertura, come il rischio di puntare tutte le risorse su un solo «asso» straniero e la corsa al rialzo degli ingaggi. Carraro, interprete delle posizioni delle società di A e di B, sottolineava la difficile fase economica del Paese.

Tra le 16 società di serie A, alcune premevano per la possibilità di ingaggiare almeno un giocatore nel mercato europeo. Favorevoli erano soprattutto Juventus, Inter e Milan, che avevano già inviato osservatori all’estero. Anche l’Associazione Italiana Calciatori (AIC) era coinvolta, preoccupata per la perdita di «posti di lavoro» per i calciatori italiani, ma consapevole dello stretto legame tra la libera circolazione europea e l’eliminazione del vincolo.

Leggi anche: Letture semplificate in italiano A2

La Sentenza della Corte di Giustizia Europea

Applicare i principi sanciti dalla Corte di Giustizia Europea significava mettere radicalmente in discussione l’esistenza del vincolo. Nel gennaio 1976, le organizzazioni dei calciatori europei, compresa l’AIC, avevano chiesto «la libera circolazione dei “lavoratori” del football, almeno entro i confini della Comunità Economica Europea, come per tutti gli altri prestatori d’opera».

Le Decisioni di Bruxelles e le Reazioni in Italia

Il 23 febbraio 1978, a Bruxelles, Etienne D’Avignon comunicò le disposizioni comunitarie definitive: eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera circolazione dei calciatori, possibilità di tesserare giocatori dell’area comune europea in numero illimitato, impiegandone però inizialmente non più di due. Al termine di un periodo transitorio, era prevista la totale liberalizzazione.

Queste decisioni suscitarono forti preoccupazioni per gli effetti di una piena liberalizzazione. Il dibattito coinvolse anche le forze politiche, con posizioni diverse tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista. Tra il 1978 e il 1979, i dirigenti delle società si divisero in infruttuose discussioni. Nel frattempo, si era aperta la «caccia» ai calciatori stranieri che ritornarono a calcare i campi degli stadi italiani nel campionato 1980-81.

La Riapertura delle Frontiere (1980-1981)

All’alba degli anni Ottanta, la riapertura delle frontiere calcistiche segnò «un epocale cambiamento di tendenza» e si inserì in una fase di profonda trasformazione del mondo del calcio italiano. I primi a sbarcare in serie A furono Paulo Roberto Falcao e Luis Silvio Danuello. Anche l’Udinese ingaggiò Herbert Neumann.

L'Udinese e gli Stranieri: Una Lunga Storia

Il primo straniero in assoluto della storia dell’Udinese è stato l’attaccante ungherese Istvan Pollack nel 1925. Nel dopoguerra, fu la volta di Roman Scharmseis, Pddy Sloan, Erling Soerensen e Johannes Ploger. In seguito, giunsero giocatori come Orlando Pereijra, Edinho, Surjak, Zico, Bertoni, Gallego, Sensini, Balbo, Bierhoff, Amoroso, Helveg, Jorgensen, Zielinski, Muriel, Duvan Zapata, Musso e Fofana.

Leggi anche: Certificazioni per Stranieri a Milano

La Sentenza Bosman e l'Alluvione di Stranieri

La libera circolazione dei calciatori nello spazio europeo venne sancita definitivamente il 15 dicembre 1995 con la celebre sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, nota come «sentenza Bosman».

A quarant’anni dal 1980, Alberto Pallotta ha messo in fila gli stranieri arrivati nella nostra serie A fino al 2000, dai grandi come Ronaldo e Maradona ai dimenticati come Escalona, Ibertsberger, Carr e Tejera.

L'Epoca Pionieristica del Calcio Italiano e la Questione degli Stranieri

All’epoca le squadre più forti e competitive avevano in rosa soprattutto giocatori stranieri residenti in Italia, soprattutto inglesi e svizzeri, riducendo di molto le possibilità ai giocatori italiani di giocare e dire la loro. Ciò generò i malumori di una fazione nazionalista, che chiese di escludere i giocatori stranieri dai campionati italiani in modo da permettere ai giocatori italiani di crescere ed emergere.

All’assemblea federale del 1907, la FIF scelse di adottare un compromesso, stabilendo lo sdoppiamento del campionato in un campionato federale, al quale potevano prendere parte anche gli stranieri purché con residenza fissa in Italia, e in un campionato italiano, al quale erano ammessi solo giocatori italiani. Al vincitore del campionato federale sarebbe spettata la Coppa Spensley, a quello del campionato italiano la Coppa Romolo Buni.

“Gli amanti di questo sport ricordano come sempre maggiore divenisse il numero degli stranieri partecipanti […impedendo] a società giovani di affermarsi a giocatori italiani o a cimentarsi in esse gare… Occorreva dunque escludere il campione straniero dalle Gare di campionato nazionale… Si decise quindi: 1° di far giuocare i campionati italiani soltanto a giuocatori italiani. 2° di indire, oltre a quel campionato, una gara di campionato federale, aperta a qualunque giocatore socio delle Società federate. Ambedue queste gare saranno suddivise in I, II e III Categoria.

Alle società “spurie internazionali” (cioè che facevano largo uso di giocatori stranieri), come Genoa, Milan e Torino, questo compromesso non andò bene, e, insieme a Libertas e Naples, abbandonarono per protesta l’assemblea. Vedevano nel cambiamento di denominazione del torneo misto da italiano a federale una diminutio capitis, e temevano che sarebbe stato solo il primo passo verso l’esclusione definitiva degli stranieri da qualunque campionato.

Genoa e Torino non tornarono però sui propri passi e boicottarono sia campionato federale che italiano. Il Milan, invece, si iscrisse inizialmente al Campionato Federale in quanto voleva aggiudicarsi definitivamente la Coppa Spensley, ma si ritirò dal torneo il 1 gennaio 1908, a pochi giorni dal suo inizio, «in segno di protesta contro l’illegale ed arbitrario procedere della Federazione».

Il risultato del boicottaggio fu che il campionato federale si risolse in una sfida a due tra Juventus e Andrea Doria, terminata solo dopo cinque mesi a favore dei bianconeri, a causa della disorganizzazione del torneo.

Nel frattempo cominciò anche il campionato italiano che però fu boicottato dalle squadre “spurie internazionali” Genoa, Milan, Torino (oltre all’Inter che nemmeno si iscrisse) e persino dalla “pura italiana” Pro Vercelli.

Nell’autunno 1909 si stabilì la ridenominazione della F.I.F. (Federazione Italiana Football) in F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio) e la fusione dei Campionati Federali e Italiani in un unico campionato nazionale, a girone unico ma esteso alla sola Prima Sezione (Italia Nord-Occidentale).

Fu stabilito che il campione assoluto del girone unico si sarebbe aggiudicato il titolo di Campione Federale mentre la migliore tra le squadre pure italiane si sarebbe aggiudicato il titolo di Campione Italiano. Ovviamente era il titolo di Campione Federale l’unico che contasse davvero.

Essendo Internazionale e Pro Vercelli in vetta a pari punti, si rese dunque necessario lo spareggio che si sarebbe dovuto disputare a Vercelli in quanto la Pro aveva la migliore differenza reti.

Sennonché la Pro Vercelli chiese il rinvio della data stabilita per la disputa dello spareggio (24 aprile 1910) in quanto proprio in quel giorno aveva alcuni dei suoi giocatori impegnati in un torneo militare. L’Inter e la Federazione opposero un rifiuto, in quanto non erano disponibili altre date, essendo i neroazzurri impegnati in una tournée in Toscana e in Emilia a partire dal 1 maggio e anche a causa del debutto della nazionale italiana.

La Federazione fu irremovibile sulla data del 24 aprile, e così la Pro Vercelli schierò in campo per protesta la quarta squadra, comprendente giovani di 11 anni. Il risultato fu un match burletta, terminato 10-3 in favore dell’Inter, che così si aggiudicò il suo primo titolo nazionale.

Dopo questo campionato la suddivisione in campionato federale e campionato italiano fu definitivamente abolita.

Un dato da far riflettere è quello dei giovani italiani Under 21: solo il 2,3% dei giocatori impiegati nel nostro campionato è un giovane italiano, che sarebbe un giocatore su undici, se partisse da titolare. Questo dato è preoccupante in ottica Nazionale, con il rischio della terza mancata qualificazione al Mondiale. Gianni Rivera ha lanciato l’allarme sul fatto che i nostri club non puntino sui giovani, citando il caso di Camarda al Milan.

Tabella: I Primi Stranieri in Serie A (1980/81)

Squadra Giocatore Nazionalità
Roma Paulo Roberto Falcao Brasile
Pistoiese Luis Silvio Danuello Brasile
Inter Herbert Prohaska Austria
Udinese Herbert Neumann Germania

TAG: #Stranieri #Italiano #Italia

Più utile per te: