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Storia e caratteristiche dei colombi viaggiatori

Tra le molte specie di uccelli che frequentano le città, si può udire anche il verso del colombo. Il colombo ha una posizione ed un interesse particolari, spinto, realizzato anche sulla base di precipue caratteristiche, ecologiche e comportamentali, che gli sono proprie.

Il Colombo, inteso come specie selvatica originaria, ha una lunga storia di vicinanza e rapporto con l’uomo. Certamente fu uno dei primi uccelli ad essere addomesticati ed essendosi rivelato specie estremamente plastica e sensibile agli incroci operati dall’uomo, dette nel tempo origine a centinaia di razze selezionate per i caratteri morfologici (taglia struttura anatomica, elementi del piumaggio), fisiologici (alta riproduzione), psichici (colombi viaggiatori).

Secondo un’opinione oggi largamente condivisa postulata all’inizio da Darwin, tutte le razze domestiche note deriverebbero da un unico elemento ancestrale comune, il Colombo selvatico specie paleartico-orientale ampiamente diffusa nell’area mediterranea, culla del processo di domesticazione. Secondo certi autori alla definizione delle razze domestiche avrebbero dato un apporto non secondario gli incroci indotti con altre specie di colombi, quali il Colombaccio, la Colombella od ancora le Columba leuconota, rupestris e guinea.

Certamente al di là di quello che può essere stato l’interesse dell’uomo a addomesticare il colombo, si deve sottolineare come la messa a coltura dei terreni abbia naturalmente favorito l’avvicinarsi di questa specie agli abitanti. Il colombo, animale prevalentemente granivoro, di ambiente steppico e roccioso, si è espanso con l’uomo e le cotture cerealicole, seguendolo negli agglomerati urbani ai quali era ecologicamente preadattato. Le prime costruzioni in pietra, gli anfratti ed i rifugi che offrivano, hanno senza dubbio rappresentato un surrogato dell’habitat di nidificazione naturale.

Il rapporto con l’ambiente urbano si è mantenuto nel tempo ed in certi casi, specialmente nelle regioni medio-orientali, in Spagna ed assai raramente in Italia, è ancora possibile osservare colonie di Colombo selvatico spontaneamente inurbate. Tale abitudine è stata sfruttata un po’ ovunque in Europa, soprattutto nei secoli XVII e XVIII quand’era privilegio nobiliare costruire e mantenere colombaie, fonte preziosa ed inesauribile di giovani piccioni e quindi di cibo per la popolazione. I colombi selvatici inurbati o di colombaia vennero indicati per le loro abitudini “Colombi torraioli“, termine di fatto sinonimo con “selvatico” ancor oggi usato, sebbene in molti casi erroneamente per indicare i colombi di città.

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Origine dei colombi di città

L’origine degli attuali gruppi di colombi, che popolano strade e piazze e che vengono per questo definiti “colombi di città” (o di “piazza”), non è tuttavia da ritenersi conseguente alla tendenza all’inurbamento del colombo selvatico. Se infatti fino al secolo scorso era possibile osservare in città diversi gruppi di colombi selvatici per Firenze, questi man mano scomparvero, assorbiti da un’altra entità emergente di origine meno nobile ed assai più adattabile all’ambiente urbano.

Queste avrebbero avuto origine da razze diverse di colombi domestici fuggiti, persi o abbandonati. A Firenze, nel 1887, per inaugurare la facciata del Duomo, venne organizzato un lancio di colombi viaggiatori molti dei quali, contrariamente all’atteso, non si allontanarono dal Duomo e si stabilirono sui fianchi, sulla cupola e sul campanile ; si moltiplicarono, presero l’abitudine di scendere in piazza come a Venezia, senza alcun timore dei passanti.

Questo sintetizza le molteplici cause che hanno portato allo sviluppo del colombo di città, derivato dunque non dalla moltiplicazione degli ancestrali gruppi di colombi selvatici, ma da successive composite aggiunte di colombi di provenienza varia, per lo più domestica. Esiste poi spesso una forte differenza di aspetto in colombi di città diverse. Ciò deve essere evidentemente dovuto al fatto che il colombo di città, a differenza delle specie animali selvatiche, non è un’entità generata dall’espandersi di un gruppo originario, ma le differenti popolazioni provengono da episodi distinti di formazione.

I caratteri morfologici così variabili sarebbero allora il riflesso di quelli dei gruppi di partenza, anche se una certa omogeneizzazione è insita nella naturale tendenza alla perdita dei caratteri acquisiti per selezione artificiale a favore di quelli naturali (atavismo). Goodwin e Simms hanno ritrovato infatti in città inglesi un 7-8% di individui con anelli alle zampe. Egualmente un certo numero di colombi deve essere arrivato nelle città dai campi di tiro al piccione, almeno fino a quando questa pratica è stata permessa.

Il colombo selvatico è una ben definita entità della nostra fauna, elemento prezioso degno della protezione da lungo tempo accordatagli. Suo habitat di elezione sono le falesie marine e gli ambienti carsici o comunque rocciosi dell’entroterra. Piccoli, rari gruppi di colombi selvatici vivono inurbati in torri, ruderi, campanili, sempre ben riconoscibili per i caratteri del mantello bigio barrato uniforme, variabile entro i limiti specifici.

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Rispetto ai selvatici, i colombi delle città sono da considerare come elementi del tutto staccati, sia tassonomicamente che ecologicamente, e come afferma Toschi “i colombi delle nostre città, più che forme rinselvatichite di colombi, possono considerarsi uccelli domestici e semidomestici che pur non nidificando in colombaia scendono nelle piazze e nelle vie a raccogliere il becchime che gli innumerevoli amatori di questi animali somministrano loro per puro diletto”.

Questa opinione ormai prevalente è stata più volte ribadita e discussa e porta lo zoologo a non aver dubbi sullo stato di non selvaticità del colombo di piazza, riconducibile tassonomicamente ad una forma domestica di colombo. Nel colombo di città, come prima accennato, esiste una forte variabilità dei caratteri morfologici dovuta alla sua origine composita e differente da luogo a luogo a seconda delle razze presenti in loco. Nel descriverlo, più che in termini assoluti conviene allora esprimersi in modo comparato rispetto al selvatico, rilevando come la sua taglia corporea sia normalmente più robusta, con forme più tozze e pesanti che in quest’ultimo.

Egualmente il becco è più potente, le cere nasali più sviluppate ed anche il capo è spesso più grande ed allungato, con un profilo che scende meno bruscamente in avanti. Non è raro che i colombi di città vicine differiscano visibilmente tra di loro e gruppi o sotto-popolazioni si possano isolare anche nell’ambito della stessa area.

Tratti morfologici ben differenziati rispetto al selvatico si osservano con facilità in popolazioni di recente formazione, mentre in quelle da tempo stabilite le differenze di taglia, di forma del becco e delle cere sono meno avvertibili per la tendenza dei colombi a riacquistare caratteri ancestrali. Non è raro tuttavia, ad una attenta osservazione degli individui, trovarne alcuni con caratteri chiaramente derivanti da razze domestiche da carne o da voliera.

Un elemento morfologico ben rilevabile ed estremamente variabile è la tonalità e la disposizione dei colori del mantello. Nel colombo selvatico questo è invariabilmente di tipo bigio barrato, ossia grigie lavagna con due barre alari nere e coda pure con banda nera terminale. Al contrario nel colombo di città il mantello è ritrovabile in ogni possibile combinazione sia di colorazione (bigio, munaro o rosso, bianco, nero) che di livrea (barrata, uniforme, scagliola o trigana, zarzana, a mosaico).

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La prevalenza di un abito su di un altro può avere anche delle ragioni comportamentali; i giovani colombi infatti si imprintano sulla livrea dei genitori mostrando poi da adulti una preferenza sessuale significativa per partner con la stessa livrea. Nel colombo di città si ritrovano elementi comportamentali che non hanno subito alcuna alterazione, accanto ad altri che si sono profondamente modificati rispetto al colombo selvatico.

I primi sono relativi a manifestazioni etologiche fondamentali e caratteristiche della specie come gli elementi di comunicazione sociale (corteggiamento, allevamento dei piccoli, difesa); questi mantenendosi inalterati permettono in definitiva quella possibilità totale di incrocio che esiste in tutte le razze di colombo. Altri caratteri si sono invece modificati come risposta al passato stato di domesticità o come successivo adattamento all’ambiente urbano.

A differenziare le popolazioni urbane rispetto alle selvatiche, concorre ad esempio la periodicità riproduttiva. Nel colombo selvatico la riproduzione avviene solo in estate, mentre nel colombo di città la stagione riproduttiva è estesa a tutto l’anno. Una riduzione dell’attività si registra nei mesi tardo estivi (settembre), ma con una ripresa che si protrae per tutto l’autunno-inverno fino ai massimi primaverili.

La dilatazione del periodo riproduttivo può essere interpretata diversamente: una spiegazione viene dalla considerazione che i colombi domestici sono spesso selezionati per l’alta produttività; la stagione riproduttiva estesa sarebbe allora un segno del passato stato di domesticità. D’altro canto l’incremento del numero di covate e l’allungamento del periodo riproduttivo potrebbe essere una precisa risposta adattativa ad un ambiente particolarmente favorevole come quello urbano, con cibo ugualmente disponibile durante l’anno e microclima con temperature più elevate che in ambito rurale.

L’illuminazione pubblica potrebbe poi rendere più flessibili le risposte comportamentali legate al fotoperiodo, ed è ben noto che la riproduzione è tra queste. In generale, pur essendo il colombo specie fortemente gregaria, condizioni di stress da sovraffollamento inducono un tasso riproduttivo molto basso rispetto al numero di covate annue; fatto facilmente rilevabile osservando il numero di uova deposte ed il tasso di sopravvivenza nei centri delle città, rispetto alla periferia, dove le densità sono sempre minori.

Fattori di infertilità naturale, di predazione al nido, di incuria, debbono verosimilmente giocare un ruolo rilevante in questo contesto determinando un freno notevole alla produttività in piccoli delle singole coppie. Riguardo ai siti di nidificazione, esiste inoltre una forte disproporzione tra le dimensioni della popolazione ed il numero di luoghi adatti alla deposizione. Ciò ingenera una notevole competizione per quelli migliori, spingendo percentuali elevate di coppie a sfruttare siti inadatti con facile perdita delle covate.

Se le preferenze alimentari del colombo selvatico o dei randagi in ambiente naturale sono ben precise, il colombo urbano è del tutto opportunista e decisamente onnivoro, anche se esistono preferenze individuali ben nette, che forse hanno il significato di diminuire la competizione intraspecifica.

In ambiti strettamente urbani la dipendenza del colombo dai cittadini può essere totale e sono note popolazioni, come quella di Bolzano, con range d’attività che non supera il centro cittadino. In questi casi l’esame dell’ingluvie rivela una media superiore all’80% di cibo di provenienza umana, con modeste quantità di vegetali o semi di erbe spontanee. Tuttavia spesso c’è l’abitudine di cibarsi fuori dell’ambito cittadino, con regolari spostamenti fuori di esso.

Questo comportamento è del tutto simile a quello ritrovabile nel colombo selvatico ed indica come anche gli spostamenti dei colombi urbani siano, per quanto riguarda l’estensione, determinati dalla dislocazione delle fonti di cibo, specialmente in quelle aree dove le colture cerealicole abbondano, attirandoli fuori città. Oltre a questi macroscopici movimenti verso l’esterno, esistono tutta una serie di spostamenti interni che portano i colombi a muoversi con una regolarità spesso estrema tra siti di nidificazione o di riposo notturno e luoghi di foraggiamento, abbeverata o di riposo diurno.

L’attività alimentare determina, tra le altre, una specifica bimodalità di comparsa dei colombi ad un determinato sito; in questo fenomeno gioca un ruolo preciso la dimensione dell’ingluvie che obbliga il colombo a due picchi giornalieri di alimentazione. I gruppi di foraggiamento sono aperti, con individui che continuamente si uniscono e/o lasciano un gruppo.

Le dimensioni dei gruppi rispecchiano molto da vicino la quantità di cibo disponibile; un meccanismo, attraverso cui ciò è reso possibile, è il progressivo shift nel seguire o abbandonare gli altri nel momento in cui il numero di individui che arriva ad un sito di foraggiamento aumenta e di conseguenza la risorsa disponibile diminuisce. Ai siti di alimentazione la competizione può essere elevata, con animali che difendono dagli altri una risorsa. Anche i membri di una coppia possono cooperare, con il maschio che percentualmente difende più della femmina.

Una fonte importante di alimentazione è data anche dal verde urbano; siepi con frutti eduli come il viburno, possono rappresentare una consistente risorsa che andrebbe attentamente valutata per non aumentare le risorse trofiche disponibili. L’uomo interferisce in varia misura agendo tuttavia anche da “predatore” diretto in quanto è senz’altro molto alto il numero di individui giornalmente vittima di autoveicoli. Sotto questo punto di vista l’uomo è forse il predatore più efficiente del colombo di città.

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