Turismo Sessuale Femminile: Studi e Statistiche
La prostituzione e il commercio sessuale sono due fenomeni di cui sentiamo parlare in maniera sempre più significativa con riferimento al continente africano. Negli ultimi decenni, sono infatti stati portati all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale dati e tendenze su prostituzione e commercio sessuale in diversi Paesi dell’Africa. Basti pensare a Marocco ed Egitto, considerati oggi dei veri e propri hub internazionali della prostituzione in Nord Africa. Oppure alla Nigeria, dove il problema della prostituzione forzata, in particolari di giovani ragazze, è più grave che in qualsiasi altro Paese africano e il fenomeno risulta legato a forme di sfruttamento e reti criminali riconducibili alla tratta internazionale di esseri umani.
Diversi Paesi del continente sono diventati con il tempo veri e propri paradisi del turismo sessuale. Con le restrizioni sviluppate nel Sud-Est e nell’Est asiatico e la mancanza di controlli nei Paesi africani, il continente africano è diventato una delle mete preferite dei turisti sessuali, prevalentemente europei. Tuttavia, poco lavoro è stato fatto per esaminare questo fenomeno nel contesto africano. Una delle ragioni principali della mancanza di conoscenza sul fenomeno è l’assenza di dati concreti, unita al fatto che vari tabù influenzano ancora l’atteggiamento nei confronti del commercio sessuale in Africa.
Principali Caratteristiche del Turismo Sessuale in Africa
In diversi Paesi africani il turismo sessuale è in aumento. Sebbene le caratteristiche del fenomeno varino a seconda delle specificità di ciascun Paese, è possibile identificare degli elementi comuni.
Molto spesso, quando si parla di turismo sessuale, si pensa a uomini d’affari che approfittano della loro posizione di prestigio per soddisfare i propri desideri sessuali all’estero, in contesti più semplici e con meno rischi di sanzioni. Se questo resta vero, va tuttavia sottolineato che sempre più donne occidentali visitano l’Africa alla ricerca di uomini “giovani, forti e virili”.
Purtroppo, questa pratica non è limitata agli adulti. I minori coinvolti nel turismo sessuale sono spesso bambini abbandonati dalle loro famiglie o addirittura incoraggiati da queste ultime o dai loro tutori a prostituirsi per diventare fonte di guadagno. I bambini vengono inviati nelle camere d’albergo dei turisti che visitano l’Africa per poter agire liberamente al riparo dalle sanzioni giudiziarie che potrebbero subire nei loro Paesi d’origine. I principali fattori che spingono i minori verso questo commercio sono l’esclusione sociale e la povertà.
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Paesi Chiave del Turismo Sessuale in Africa
In Africa, diversi Paesi sono diventati destinazioni chiave del turismo sessuale.
Senegal
In Senegal, la città di Saly è un luogo di prostituzione clandestina. Questa località balneare accoglie un gran numero di turisti sessuali, generalmente pensionati provenienti dall’Europa, che ricercano lungo le spiagge o nei locali della vita notturna giovani uomini o donne senegalesi, non sempre maggiorenni, per soddisfare i propri piaceri sessuali.
Gambia: la figura del “bumster”
Dagli anni ’90, il Gambia è diventato una delle mete preferita dell’Africa occidentale per donne europee alla ricerca di esperienze sessuali con giovani africani, talvolta minorenni. Il fenomeno del turismo sessuale in Gambia sembra avere radici storiche legate al colonialismo e alla dipendenza dal Regno Unito. Negli anni post-indipendenza agenzie di viaggio internazionali del Regno Unito hanno iniziato a introdurre pacchetti turistici a basso costo in questo piccolo Paese dell’Africa occidentale.
Dopo oltre trent’anni di viaggi di donne di mezza età arrivate con l’intento di fare turismo sessuale, si sono “istituzionalizzate” figure che di questa opportunità ne hanno fatto un lavoro. Si tratta dei cosiddetti “bumsters”, giovani uomini gambiani impoveriti che si concedono a donne occidentali in cambio di regali, denaro oppure nella speranza di ottenere un visto per un Paese più ricco. Alcuni stabiliscono le proprie relazioni online, mentre altri frequentano le spiagge della costa affollate di turisti occidentali provenienti da Regno Unito, Olanda, Svezia e Germania.
Tanzania: implicazioni sanitarie
Il turismo sessuale in Tanzania è apparso in maniera particolarmente evidente durante la presidenza di Jakaya Kikwete (2005-2015). Dalla fine del mandato di Kikwete, la situazione non è migliorata, nonostante il tentativo da parte del governo di avviare un programma di sensibilizzazione sul turismo sessuale, focalizzato sullo sfruttamento dei minori. Il presidente successivo, John Magufuli, ha inoltre lanciato diverse ondate di arresti nel nord del Paese per tentare di disincentivare il fenomeno.
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La pratica del turismo sessuale appare oggi in continuo aumento. Il turismo sessuale viene praticato soprattutto nei complessi alberghieri sulla terraferma della Tanzania, non lontano dal confine con il Kenya. Il fenomeno è ancor più visibile e diffuso a Zanzibar, dove molti minori si concedono ai turisti che frequentano regolarmente l’isola per guadagnarsi da vivere. Secondo i dati delle Nazioni Unite, il 97% dei lavoratori del sesso in Tanzania è costituito da donne, la maggior parte delle quali sono minorenni. La prostituzione nel Paese è illegale, come in molti altri Paesi africani. Il turismo sessuale in Tanzania ha conseguenze gravi sulla situazione sanitaria del Paese. Esso ha infatti storicamente favorito la diffusione dell’AIDS. Oggi sono 1,8 milioni i tanzaniani colpiti da questa malattia e si ritiene che un terzo dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso sia infetto.
Kenya: commercio sessuale minorile
La costa del Kenya sta rapidamente diventando una destinazione popolare per turisti alla ricerca di prostitute minorenni. Un recente studio dell’UNICEF ha reso noto che il 30% delle ragazze di età compresa tra i 12 e i 18 anni nelle zone costiere del Kenya è coinvolto in qualche forma di lavoro sessuale.
Paradiso tropicale della zona costiera del Kenya, la città di Malindi ospita oggi un commercio sessuale minorile nascosto. La zona costiera del Kenya ha un’alta incidenza di sfruttamento sessuale minorile a causa della povertà diffusa e dell’accettazione del fenomeno da parte della società. Il turismo sessuale è infatti considerato dalla società come un mezzo accettabile, anche per i bambini, per guadagnarsi da vivere. Per i genitori e i parenti, concedere il proprio figlio o la propria figlia a turisti occidentali rappresenta il modo più veloce per far uscire la famiglia dalla povertà. Le ragazze e i ragazzi sono incoraggiati dalle famiglie a cercare turisti che soddisfino i bisogni della famiglia.
Prostituzione: Aspetti Storici e Sociali
Il termine prostituzione deriva dal latino prostitùere (“mettere in vendita”). La sua origine è molto antica, tanto che una delle forme più conosciute nel mondo antico era quella “sacra”. Tale pratica rituale era prevalentemente diffusa nelle società orientali, tra cui quella babilonese, fenicia e assira (Prati, Pietrantoni 2010: 222). In Grecia e nella Roma antica, la prostituzione prevedeva il pagamento obbligatorio di una tassa per i clienti e i relativi controlli sanitari. Con la religione cristiana la prostituzione viene invece identificata con l’impossibilità della redenzione e il peccato.
Come sottolinea Nanette Davis (Davis 1993), con il termine prostituzione si intende un servizio di tipo sessuale a scopo di lucro, la cui caratteristica è quindi strettamente economica. In quest’ottica, la connessione tra corpo e prestazione, pone in luce la subalternità sessuale ed economica insita nel rapporto di prostituzione, ove le prestazioni sessuali sono configurate alla pari di una merce (Becucci, Garosi 2008: 5). Il commercio delle prestazioni sessuali si profila «come un rapporto sociale che porta con sé disuguaglianze di potere, di status, di ricchezza e di genere» (idem: 6-7). La componente economica della prostituzione, dunque, pone in evidenza le disuguaglianze strutturali tra i generi, la classe sociale e l’intersezione con diversi assi di potere. In tal senso, l’esperienza sessuale nella prostituzione, inevitabilmente, è soggetta oltre che allo stigma sociale (Nussbaum 1999), anche a certe discriminanti di carattere monetario.
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Lo scambio contrattuale tra le due parti: la donna prostituta e il cliente, impone di considerare la sessualità quale fattore allineato a mere esigenze economiche. «Se la relazione sociale formale tra prostitute e terzi ha un peso importante sul tipo e sul grado di costrizione a cui le prostitute sono soggette, essa non è la sola pressione esterna che opera su di loro. Le prostitute sono anche soggette a forme materialistiche di dominio; ciò vuol dire che le pressioni economiche operano come un’altra forma di costrizione. Questo non vale semplicemente per coloro che si prostituiscono indipendentemente. Le prostitute impiegate da terzi, e persino quelle che vengono schiavizzate, sono tipicamente soggette a forme di potere sia materialistiche che personalistiche. Il grado di costrizione economica che opera sulle prostitute influenza altresì il grado di controllo che queste esercitano su di sé, quando, per quanto tempo ed in che termini prostituirsi. La forma contrattuale dello scambio prostituta-cliente ha un impatto anche sul grado di potere che può legittimamente essere esercitato dal cliente sulla prostituta. Laddove il contratto è rigidamente fissato ed assomiglia chiaramente ad uno scambio di merci - per una somma x di denaro il cliente ha il diritto di esercitare specifici poteri x di dominio sulla persona della prostituta - ci sono limiti chiari ai poteri formali che i clienti possono esercitare sulle prostitute.
Evoluzione del Mercato della Prostituzione
Dagli anni Settanta e Ottanta, il mercato della prostituzione ha avuto alcuni cambiamenti in merito ad una espansione del business sessuale (Abbatecola 2018: 17). In questa fase, l’arrivo dei migranti e l’incremento delle richieste sessuali, in convergenza all’epoca del cyber porno, dunque dei siti porno, hanno prodotto una trasformazione di rilievo su tale scenario, in relazione ad un aumento della domanda e dell’offerta. Il punto su cui è necessario porre attenzione, è lo sfruttamento delle donne, tra l’altro giovani - ma anche di giovani uomini - ingannate con la possibilità di cambiare e migliorare la propria vita, separate dai familiari e dai loro luoghi di origine, inserite con forza nell’economia della schiavitù sessuale.
Donne provenienti dai cosiddetti Paesi sotto-sviluppati, nei quali la migrazione può rivelarsi una scelta legata alla ricerca di un lavoro e di una vita dignitosa, piuttosto che, fuggire dalle difficoltà economiche del proprio contesto di origine. Non tutte le donne e non tutte le donne migranti che decidono di prostituirsi sono realmente sfruttate, ma la maggior parte è vittima di questa forma di schiavitù, caratterizzata peraltro da ulteriori forme di violenze psicologiche e sessuali, oltre che da minacce che hanno il fine di creare in queste donne ancora più terrore, con intimidazioni legate a possibili ritorsioni sulla famiglia di origine, impedendo loro di rivolgersi alle autorità. Se negli anni Ottanta la prostituzione di donne prevalentemente straniere proveniva dal sud-America (Brasile, Colombia, Perù), con l’inizio degli anni Novanta il fenomeno cambia volto, privilegiando il traffico di donne africane, come le nigeriane e di quelle provenienti dall’est-Europa (Prati, Pietrantoni 2010: 223).
Lo sfruttamento della prostituzione delle donne cinesi, infatti, sembra avvenire per lo più all’interno di appartamenti o nei centri di massaggio, e questo settore vede il coinvolgimento della malavita organizzata e della mafia cinese. «Il nuovo corso della prostituzione si caratterizza per la presenza di donne “trafficate”» (Idem). A rendere dunque complessa la questione è la sua fisionomia irregolare ed illegale, giacché le vittime, il più delle volte, non denunciano la propria situazione alle forze dell’ordine.
Sulla connessione tra prostituzione e donne migranti, nel 2016 i dati forniti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), evidenziarono una crescita esponenziale degli arrivi che Italia erano intorno ai 181 mila. Anche nel rapporto del 2015 dell’European Asylum Support Office, si osservava come nei traffici delle donne nigeriane le destinazioni erano Italia e Malta [1]. «[…] di ragazze e ragazzi, a volte bambine e bambini, donne e uomini, persone trans, che migrano, vivono e lavorano in condizioni di violenza, ricatto, costrizione, imbroglio, abuso di potere. Sequestro di documenti, impossibilità di rivolgersi alle autorità o agli ospedali, minacce, violenza fisica, pochissima o nessuna libertà di movimento.
Nonostante ciò, molteplici sono i tentativi di contrasto del traffico sessuale di donne e ragazze. Molte organizzazioni, ONG e associazioni, hanno concentrato le proprie azioni sulla tutela delle donne vittime di tratta, cercando, per esempio, di focalizzare l’attenzione su un altro problema insito nel mercato della prostituzione e nello sfruttamento dei corpi, quello del turismo sessuale, notevolmente diffuso in alcuni Paesi come la Thailandia, ma presente anche in Europa; Amsterdam e Rotterdam infatti costituiscono due mete particolarmente ambite per i turisti sessuali. A questo riguardo, un’associazione il cui lavoro si è rivelato essenziale nell’assistenza di donne e ragazze vittime di tratta sessuale è l’Agir pour les femmes en situation précaire (AFESIP), fondata da una donna cambogiana Somaly Mam nel 1996, che ha come obiettivo quello di prevenire il turismo sessuale nei villaggi di Thainlandia, Laos e Vietnam e di evitare che bambine e ragazze vengano vendute ai bordelli cittadini.
La Prostituta-Nata: Una Prospettiva Storica
Nell’opera La donna delinquente, la prostituta, la donna normale di Lombroso e Ferrero, appare il termine di “prostituta-nata” (Lombroso, Ferrero 1893). Per la prima volta, venne concettualizzata la sindrome della donna prostituta che, per i due studiosi, aveva determinate caratteristiche. Capacità razionali inferiori; inclinazione a compiere azioni malevoli; eccitazione morbosa; attitudine alle azioni violente, all’adulterio e alla sindrome isterica; assenza di morale; una natura predisposta alla menzogna e alla vanità; definivano le prostitute, così categorizzate entro tali variabili. La descrizione della prostituta procede mediante un linguaggio, in un certo senso, “deumanizzante” (Simone 2017: 391), che aveva il fine di accentuare con le parole l’inferiorità biologica e razionale della donna.
Lo studio compiuto da Lombroso e Ferrero può ritenersi fondamentale per lo sviluppo del positivismo criminologico e l’analisi della personalità delinquente, in tal modo, categorizzata su specifiche anomalie fisiche da cui ne poteva conseguire un comportamento cosiddetto “deviante” (Cianciola 2009: 8). La “mostruosità” di presunti comportamenti devianti, riconducibile a determinati tratti somatici e fisici, di conseguenza, provocò culturalmente una profonda criminalizzazione sociale della donna prostituta. Secondo lo studio di Lombroso e Ferrero, nella devianza connaturata alla donna prostituta, l’atto di prostituzione rappresenterebbe un modo per esprimere la sua degenerazione interiore. Pertanto, la prostituta sarebbe biologicamente predisposta a compiere atti sessuali immorali.
La Legge Merlin e l'Abolizionismo
La critica alla prostituzione, che ebbe uno sviluppo anche in termini legislativi, condusse alla formazione del modello regolativo di tipo abolizionista, di cui l’Italia divenne espressione con la legge Merlin n. 75 del 20 febbraio 1958. Introdotto il controllo sulle case chiuse e una serie di reati contro lo sfruttamento della prostituzione, si decretò la fine del modello regolamentarista a favore di quello abolizionista.
Negli ultimi anni, la riflessione femminista si muove nella direzione di una frattura rispetto alla questione della prostituzione; cosicché, se da una parte il femminismo pone enfasi sulla critica alla prostituzione - posizione che viene a configurarsi in linea ad un atteggiamento abolizionista - e su una identificazione sessuale del corpo femminile strumentale al piacere maschile e quindi oggetto di sfruttamento, dall’altra parte sottolinea, invece, l’importanza di non ignorare la voce delle stesse donne, per le quali la propria attività di prostitute andrebbe considerata come sex-worker. Da un lato, dunque, viene sostenuta la mercificazione del corpo femminile; dall’altro l’autodeterminazione del corpo sul piano sessuale-prostitutivo [2].
«Il movimento […] propone il riconoscimento dello status di lavoratori e lavoratrici a coloro che vendono prestazioni sessuali […] il lavoro sessuale non è problematico in sé: lo diventa quando non è socialmente riconosciuto e quando non beneficia di adeguate protezioni sociali. Tranne rarissimi casi, infatti, la prostituzione non è contemplata dalle normative sulla protezione del lavoro: quasi sempre si tratta di un lavoro informale, quando non illegale. Per quanto le posizioni interne al femminismo siano oggi diversificate sul tema, in ogni caso, è indiscutibile l’importanza che la legge Merlin ebbe nella storia italiana, soprattutto, in merito al tema della condizione femminile, della protezione, della tutela delle donne prostitute e sulla questione del contrasto alla criminalizzazione sociale.
Secondo Adelmo Manna «la legge Merlin costituisce una vera e propria “rivoluzione copernicana”, […] che prevedeva l’abolizione delle cosiddette case chiuse, proprio per evitare che la prostituta fosse una sorta di “vittima sacrificale” o, meglio, una sorta di merce in mano allo Stato» (Manna 2013: 1). Le conseguenze della legge furono radicali e il dibattito politico dell’epoca si incentrò sul nesso tra moralità ed etica pubblica. L’importanza di quella legge, per la prima volta, portò l’opinione pubblica a riflettere sulla subalternità sessuale di alcune donne, provenienti da strati sociali svantaggiati o con situazioni complesse di vita tali, da essere costrette ad utilizzare sé stesse come merce di guadagno, e con la legge emerse la problematicità insita nella discussione sul principio di autodeterminazione delle donne sul proprio corpo.
Alla promulgazione della legge ne conseguì la chiusura delle case di tolleranza e l’introduzione del reato di favoreggiamento alla prostituzione, punito con la reclusione da due a sei anni e una multa da 500 mila a 20 milioni di lire. Nell’articolo n. Secondo le disposizioni di legge, la prostituzione di tipo volontaria e compiuta da donne maggiorenni non venne perseguita, perché ritenuta parte delle azioni e scelte individuali. Il medico e politico socialista Gaetano Pieraccini, non diede il suo consenso a questa disposizione di legge, in quanto le restrizioni che ne sarebbero derivate, secondo lui, avrebbero soltanto prodotto un peggioramento della situazione relegandola nell’ombra. Analoghe considerazioni erano presenti nel pensiero di Vincenzo Monaldi, medico e Ministro della sanità durante il governo Fanfani (14 agosto 1958-15 febbraio 1959). Monaldi, affermava, addirittura, che vi fosse una predeterminazione biologica nella prostituta e delle variabili fisio-anatomiche che definivano la tipologia della “meretrice” (Azara 2017: 30).
In modo specifico, la legge Merlin ebbe l’effetto di contrastare la compravendita di sesso, quindi la tassa di esercizio e la percentuale sugli incassi delle prestazioni delle prostitute. Il progetto di legge della Merlin, infatti, mirava a reprimere il mercato dello sfruttamento, all’ombra delle leggi dello Stato. Del resto, per le donne, le condizioni di vita all’interno delle cosiddette “case di tolleranza” erano terribili.
«La Sign. Merlin potrebbe applicare la legge anche come hanno potuto arricchire così sfacciatamente certi esseri spregevoli sangue delle povere vittime. Accordi con trafficanti. Ragazze giovani rovinate. Insista la Merlin per levare dalla schiavitù tante povere e giovani vite. Le padrone sfruttano in tutto. Metà, tremila di pensione il giorno, si paga la servitù, si fa tre quarti e un quinto loro e un quinto noi. Accordo con i così detti ruffiani. Vera schiavitù. Quello che impressiona che la polizia indaga mai. Viva la Merlin. Finire lo sfruttamento. Le tenutarie infatti avevano un potere assoluto all’interno delle case, controllando la vita delle donne con una provenienza povera, caratterizzata da disoccupazione e dunque, con una difficoltà di reintegrazione sociale. Esse amministravano in prima persona i guadagni e le tariffe per i clienti.
In merito all’eventuale reintegrazione sociale delle prostitute, l’articolo 8 “Dei patronati ed istituti di rieducazione” (Capo II), prevedeva la creazione di patronati, istituti che avevano il compito di tutelare e assistere le donne in un percorso di rieducazione e reinserimento sociale; l’articolo 10 (capo 2), invece, si rivolgeva alle minorenni, disponendo la riconsegna alle famiglie di origine o il loro affido agli istituti di patronato. È appena il caso di precisare che la legge Merlin non determinò la soluzione della prostituzione che, ad oggi, in tutta evidenza continua a persistere. Si può sostenere, tuttavia, che la legge contribuì ad arginare il problema e a contrastare una giustificazione di “normalità” dell’utilizzo del corpo femminile per fini sessuali.
Rispetto ai tempi della legge Merlin, il mondo della attuale prostituzione si è notevolmente diversificato: dalla prostituzione su strada e in prevalenza straniera, al fenomeno delle escort e della vendita di sesso sul web. Secondo Tamar Pitch, parlare di prostituzione come se fosse un mondo unitario è quindi limitante (Pitch 2013: 28). Secondo la studiosa non è caratterizzata soltanto da sfruttament...
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