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Turismo Sessuale: Definizione e Conseguenze

Il turismo sessuale è un fenomeno complesso con gravi implicazioni a livello globale. In tutto il mondo, milioni di persone si mettono in viaggio ogni anno per fare sesso con minori. I dati sono dell’Organizzazione mondiale del turismo (Omt).

Definizione e portata del fenomeno

Nella Dichiarazione e Agenda per l’Azione si parla di una «violazione fondamentale dei diritti dei bambini che comprende l’abuso sessuale da parte dell’adulto e una retribuzione, in beni o in denaro, del minore e/o di terzi. Il bambino viene trattato sia come oggetto sessuale sia come oggetto commerciale.

Secondo le stime, nel mondo sarebbero oltre 40 milioni le vittime di tratta o sfruttamento, costrette di fatto in condizioni di schiavitù, e ben 1 su 4, 10 milioni, avrebbe meno di 18 anni.

I numeri del turismo sessuale

  • 3 milioni: Persone che ogni anno viaggiano per fare sesso con un minore.
  • 80 mila: Turisti sessuali italiani, per lo più uomini (90%).
  • 10 milioni: Minori vittime di tratta o sfruttamento a livello globale.

Le mete del turismo sessuale

Le mete più gettonate sono i cosiddetti “paesi del terzo mondo“, dove povertà e corruzione rendono più facile commettere questo tipo di reato. I principali paesi di destinazione, contrariamente a quanto pensano tanti, sono Brasile, Repubblica Dominicana, Colombia, oltre a Thailandia e Cambogia.

L’Italia gode, purtroppo, di un triste primato, piazzandosi tra i primi sei paesi da cui partono i “clienti” di minori costretti a prostituirsi. Gli altri sono Francia, Germania, Regno Unito, Cina e Giappone.

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Da non trascurare anche il numero in crescita delle donne che viaggiano in paesi in via di sviluppo, in cerca di sesso a pagamento con i minori. Mentre gli uomini prediligono prede più giovani (fra i 12 e i 14 anni d’età) e tendono a cambiare partner ogni sera, le donne vanno in cerca di adolescenti, ragazzi che possano diventare i loro accompagnatori per tutta la vacanza.

Tipologie di turisti sessuali

Oltre al giro d’affari imponente, secondo solo a quelli di armi e droga, un altro dato preoccupante, sempre diffuso da Ecpat, riguarda i pedofili. Questi, che hanno un target molto profilato (under 12 o addirittura 9) e sono i più consapevoli di ciò che stanno facendo, sono il 5 per cento. Il restante 35% è costituito da clienti abituali, mentre quelli occasionali sono ben il 65%. Uno dei primi ostacoli da superare per sconfiggere il fenomeno è, quindi, proprio l’inconsapevolezza.

Turismo sessuale e prostituzione minorile: un legame complesso

Il presente articolo intende proporre, a partire dai risultati di una ricerca sociologica sulla prostituzione minorile effettuata da chi scrive in Repubblica Dominicana su un campione di 154 minorenni, una riflessione su uno degli aspetti più controversi, ossia il nesso tra tale fenomeno e il turismo sessuale. Si tratta, in effetti, di un legame complesso, dai risvolti spesso ambigui e sfumati, la cui analisi implica innanzitutto la necessità di prendere le distanze da ogni modello di spiegazione che riduca una realtà estremamente articolata di relazioni tra turista sessuale e minore, alla semplice opposizione in termini di "cliente sfruttatore" e "vittima inconsapevole e indifesa".

Ciò non significa sottovalutare le condizioni di violenza, coercizione e sfruttamento in cui questi minori esercitano la prostituzione, o porsi al di fuori di una logica di tutela e difesa dei loro diritti. Tenendo come punto di riferimento costante i principi e i contenuti della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, l’intento è piuttosto quello di riconoscere ed interpretare il ruolo (spesso attivo) svolto dal minore nell’ambito della relazione con il "cliente" straniero, nonché le dinamiche sottili che entrano in gioco, i rapporti di potere e di dipendenza, il complesso di rappresentazioni e di aspettative reciproche.

Del resto, la stigmatizzazione acritica del turista può generare il convincimento che il turismo sessuale con minori sia sempre e comunque una questione di pedofilia, cedendo così alla tentazione di dimenticare che, pur esistendo una minoranza di cosiddetti "pedofili", la maggioranza di questi turisti sessuali è costituita da "normali" cittadini dei paesi occidentali.

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Criticità delle campagne di sensibilizzazione

Le considerazioni precedentemente esposte si pongono in aperta polemica nei confronti di un certo tipo di materiale, diffuso da alcune campagne ed associazioni impegnate nella lotta contro lo sfruttamento sessuale dei minori, che, se da un lato hanno l’indiscusso merito di stimolare l’intervento delle istituzioni e di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale, dall’altro rischiano di restituire un’immagine semplificata e talvolta distorta del problema, sia centrando l’attenzione sulla prostituzione infantile (e ignorando quella adolescenziale) e sulla figura del pedofilo, sia fornendo un quadro uniforme che non tiene conto delle specificità dei singoli contesti.

Infatti, tra i diversi paesi del Sudest Asiatico, dell’Africa, dell’America Latina, e, più recentemente, anche dell’Est Europeo interessati dal turismo sessuale, esistono differenze sostanziali in termini di diffusione, incidenza e organizzazione del mercato della prostituzione.

Il caso della Repubblica Dominicana

Prima di prendere in esame la relazione tra turismo sessuale e prostituzione minorile nel caso concreto della Repubblica Dominicana, sono necessarie alcune osservazioni generali sullo sviluppo del settore turistico in America Latina. Il turismo costituisce una delle fonti più importanti di divise per molti paesi dell’area, i quali, tra gli anni ’60 e ’70, hanno dato il via a un massiccio sfruttamento delle loro bellezze naturali, nell’intento di attirare capitali e investitori stranieri. Il caso della Repubblica Dominicana è, in tal senso, emblematico.

Lo sviluppo del settore turistico a partire dagli anni settanta, dopo la caduta del regime dittatoriale di Trujillo, è stato infatti il risultato di una forte volontà politica e di una pianificazione capillare che includeva la creazione di un quadro giuridico-istituzionale, la costruzione di infrastrutture e una massiccia campagna di promozione turistica.

Le conseguenze negative dello sviluppo turistico

Tuttavia, si può osservare innanzitutto che mentre ingenti capitali venivano investiti in infrastrutture turistiche, parallelamente diminuiva la spesa pubblica destinata ai servizi di base (scuole, ospedali, servizi sociali, ecc.) provocando un rapido deterioramento degli stessi. Inoltre è stato rilevato che lo sviluppo non regolato di molti complessi alberghieri ha causato danni ambientali irreversibili in termini di inquinamento, distruzione di ecosistemi naturali, deforestazione, ecc., e che, per quanto riguarda la tipologia di impieghi generati direttamente dal turismo, si tratta in realtà di lavori poco qualificati e malremunerati.

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Infine, poiché come risulta dagli stessi dati forniti dalla Secretaría de Estado de Turismo dominicana, la grande maggioranza degli stranieri visita l’isola comprando un pacchetto turistico all inclusive nel proprio paese di origine, la parte più rilevante dei proventi generati dal turismo viene intercettata dai grandi tour operators stranieri, mentre solo una piccola quota va a beneficio del paese di destinazione.

Dal punto di vista psicologico, il villaggio turistico rappresenta un caso tipico di chiusura alla diversità culturale. L’omologazione e la standardizzazione dei servizi offerti hanno lo scopo di ridurre l’impatto con gli aspetti della realtà locale che risultano dissonanti rispetto ai contesti di provenienza.

Dal punto di vista antropologico, inoltre, il fenomeno turistico diviene rilevante in quanto confronto tra diverse culture, visioni del mondo e stili di vita, che si realizza nell’incontro/scontro tra società che ospitano e soggetti ospitati. In particolare, l’analisi di D. Boorstin, pur nella sua radicalità, sembra adattarsi efficacemente alla realtà dei villaggi-vacanze, o "bolle turistiche".

L’esperienza del turista contemporaneo è ormai priva del desiderio di viaggiare per conoscere in maniera autentica altri luoghi e altre persone, ma al contrario si nutre di attrazioni lontane dalla vita reale e prefabbricate ad hoc per il suo soddisfacimento. "A volte l’immagine artefatta della destinazione viene promossa dalla pubblicità commerciale e diviene il criterio con cui egli sceglie e valuta le cose da visitare.

Stereotipi e motivazioni del turista sessuale

Le considerazioni precedenti suggeriscono una possibile chiave di interpretazione delle motivazioni che sono alla base dei comportamenti adottati dal turista sessuale. Nel caso della Repubblica Dominicana, così come per altre località dei Caraibi, gli stereotipi prevalenti, rimandati da depliant e locandine turistiche, sono quelli del "paradiso sessuale", terra di "avventure esotiche" popolata da giovani e seducenti uomini e donne che sembrano solo attendere l’arrivo dello straniero.

Come già illustrato diffusamente nell’articolo pubblicato sul precedente numero di questa rivista, il legame tra turismo sessuale e prostituzione minorile costituisce un fatto di difficile contestazione. I ragazzi intervistati, detti sanky panky, infatti, si prostituiscono solo con donne e/o uomini stranieri, e svolgono attività lavorative a stretto contatto con turisti (si tratta di animatori nei villaggi vacanze, di bagnini, di venditori ambulanti, ecc.).

Si è fatto cenno nella prima parte di quest’articolo alla necessità di prendere in considerazione le diverse sfaccettature e le dinamiche sottili che caratterizzano la relazione tra turista e minore. Al di là del movente economico, che ovviamente svolge un ruolo fondamentale in un contesto di estrema povertà, la figura dello straniero si carica di una serie di significati e di aspettative che vanno ben oltre il mero ottenimento di denaro in cambio della prestazione sessuale.

Innanzitutto, agli occhi dei ragazzi il gringo rappresenta l’unica possibilità concreta di lasciare la strada, viaggiare, avere una vita economicamente migliore in un altro paese e aiutare la propria famiglia. Questa convinzione, o forse sarebbe meglio dire illusione, dà la misura dell’atteggiamento fatalista tipico delle persone coinvolte nella prostituzione.

Ma c’è di più. Molte ragazze, che nella loro esperienza di prostituzione iniziata in età precoce hanno conosciuto solamente l’aspetto più brutale e machista degli uomini dominicani, affermano di sentirsi fortemente attratte dallo straniero in quanto modello ideale di uomo "comprensivo e dolce" che "tratta le donne con delicatezza e rispetto". Inoltre, il turista è oggetto di attenzione anche per la considerazione sociale attribuita al colore della pelle, che ha radici profonde nella cultura dominicana.

Un altro aspetto emerso in maniera netta riguarda la presunta neutralità affettiva e il distacco psicologico che caratterizzano normalmente il rapporto di prostituzione. Ciò che si intende sottolineare è che, in alcuni casi, gli intervistati sostengono di aver avuto delle relazioni vissute, percepite, o quantomeno rappresentate, come se fossero dei veri e propri rapporti sentimentali. In altri termini, la relazione con il turista può anche essere esperita o "giocata" nella dimensione dell’attrazione erotica, il che contribuisce a rendere ancora più ambigua la definizione dei rispettivi ruoli.

Se da un lato il minore tende a rappresentarsi in questi casi in termini di seduttore, dall’altro lo straniero può avere l’illusione di vivere "un’avventura esotica". Inoltre, soprattutto nel caso dei maschi, è stato rilevato che spesso non vi è l’esplicita richiesta di un corrispettivo in cambio della prestazione sessuale, ma piuttosto una richiesta di "aiuto".

Infine, un’ultima riflessione riguarda l’esistenza e la diffusione di una modalità di turismo sessuale che vede protagoniste le donne straniere. In conclusione, quanti di questi turisti, uomini e donne provenienti dai paesi sviluppati del Nord del mondo, siano realmente consapevoli delle loro responsabilità nel perpetuare tale sistema di sfruttamento, resta un interrogativo aperto a cui solo indagini empiriche approfondite possono dare risposta.

La situazione in Italia e l'impatto del Covid-19

Anche in Italia tratta e sfruttamento coinvolgono minori giovanissimi e l’emergenza Covid-19 ha reso le vittime ancora più isolate e difficilmente raggiungibili. Alla vigilia della Giornata Internazionale Contro la Tratta di Esseri Umani, Save the Children diffonde la X edizione del rapporto “Piccoli schiavi invisibili”, una fotografia aggiornata della tratta e dello sfruttamento dei minori in Italia, con una attenzione specifica per le vittime del sistema dello sfruttamento sessuale e della loro vulnerabilità, anche in relazione all’impatto dell’emergenza per la pandemia di Covid-19.

In Italia, tra le 2.033 persone prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2019, la forma più diffusa di sfruttamento resta quella sessuale (84,5%) che vede come vittime principalmente donne e ragazze (86%). Nonostante l’emersione sia molto più difficile nel caso dei minori, ben 1 vittima su 12 ha meno di 18 anni, il 5% meno di 14. Se la nazionalità di origine delle piccole vittime è principalmente nigeriana (87%), ivoriana (2,5%) e tunisina (1,9%), la regione con più casi emersi è la Sicilia (29,8%), seguita da Liguria (14,3%), Campania (9,3%) e Piemonte (13,7%).

Una fotografia che rappresenta solo in minima parte di un fenomeno, prevalentemente sommerso, che con l’emergenza Covid-19 ha visto trasformare alcuni modelli tipici della tratta e dello sfruttamento dei minori.

A livello globale, tra gli effetti più diretti che riguardano i minori, il lockdown ha limitato da un lato gli spostamenti e la possibilità per le vittime di incontrare altre persone, trovare aiuto o fuggire, dall’altro, con la chiusura delle scuole che in molti casi sono l’unica occasione di un pasto quotidiano garantito, ha spinto tantissimi bambini in strada in cerca di cibo o di reddito esponendoli al rischio di essere sfruttati o diventare vittime di traffico, mentre ha iper-esposto al mondo digitale tanti altri accrescendo il rischio di finire vittime dell’adescamento dei predatori sessuali della rete. Il cybercrime connesso alla tratta e sfruttamento ha sviluppato nel tempo enormi capacità operative, con l’aumento della richiesta di sevizi erotici online, in video-chat o webcam durante il lockdown.

A questo fenomeno se ne associa un altro, con caratteristiche diverse, che vede sempre come vittime i minori, e che riguarda le torture e le coercizioni perpetrate per produrre e commercializzare materiali pedopornografici. Secondo la Commissione Europea la domanda di materiale pedopornografico sarebbe aumentata durante il lockdown fino al 30% in alcuni Stati membri dell’Unione. Secondo i profili dell’EUROPOL, inoltre, il 30% degli offender che sono in possesso di materiale pedopornografico e attivi negli scambi online e nella darknet è anche coinvolto direttamente nelle azioni di coercizione ed estorsione sessuale che coinvolgono i minori.

Anche in Italia lo scoppio della pandemia Covid-19 ha avuto gravi conseguenze sulle condizioni di vita delle vittime di tratta e sfruttamento. Gli operatori partner del progetto Vie d’Uscita di Save the Children per il contrasto e la fuoriuscita dal sistema di sfruttamento sessuale di minori e giovani tra i 12 e i 24 anni, hanno intercettato e sostenuto nei primi 6 mesi del 2020 e in sole 6 regioni circa 1.000 nuove vittime, sia in strada che online, in gran parte di origine nigeriana o dei paesi dell’est Europa.

Le testimonianze degli operatori sul campo, nonché di alcuni referenti istituzionali evidenziate nel rapporto Piccoli Schiavi Invisibili 2020, mettono in evidenza gli impatti più gravi dell’emergenza Covid-19 sulle giovani vittime di tratta e sfruttamento sessuale in Italia. Le vittime, esposte a maggiori pressioni e violenze da parte dei loro controllori, si sono spesso trovate costrette ad accettare richieste sempre più spinte e prezzi sempre più bassi dai clienti che comunque hanno continuato ad alimentare il fenomeno, sia su strada o chiedendo incontri al proprio domicilio o in altri luoghi.

In molti casi gli incontri sono avvenuti nell’assoluta mancanza di misure di protezione personale rispetto al virus, in altri le ragazze hanno ricevuto informazioni errate sull’uso dei dispositivi, come la mascherina, difficili anche da procurare per il loro costo elevato, o si sono anche trovate in balia di fake news diffuse ad arte sulla falsità dei rischi di contagio o su presunte immunità di origine etnica. La rete di trafficanti che controlla le vittime di origine cinese sembra provvedere a tutti gli aspetti dell’organizzazione dell’attività indoor che coinvolge ragazze anche giovanissime, che non conoscono la lingua italiana o hanno documenti falsi per cui sono ancor più controllabili, mentre alle vittime di origine nigeriana o rumena viene imposto a volte di organizzarsi da sole per “promuoversi” in rete.

L’accresciuta centralità dello snodo internet in questa fase di emergenza per intercettare la domanda di prostituzione legata al traffico di esseri umani e per promuovere servizi sessuali tra i potenziali clienti ha moltiplicato i luoghi virtuali dove le vittime sono “catalogate” come pura merce, secondo le caratteristiche personali o delle prestazioni disponibili.

“Nel far fronte all’emergenza covid-19 non bisogna dimenticare le vittime invisibili di tratta e di sfruttamento che sono nel nostro Paese. Dalle testimonianze che abbiamo raccolto, sappiamo che per alcuni questo periodo di lockdown ha fatto accrescere la consapevolezza della condizione di sfruttamento vissuta e ha incoraggiato a chiedere un aiuto per uscirne. Ma, purtroppo, in molti altri casi, i trafficanti sono riusciti a modificare rapidamente le forme di sfruttamento sessuale e hanno reso le vittime ancora più isolate e difficilmente raggiungibili.

Alla luce della crisi, è necessario potenziare gli interventi di contrasto allo sfruttamento minorile, con una particolare attenzione allo sfruttamento on line, intensificare il lavoro di sostegno alle vittime, e varare al più presto il nuovo Piano Nazionale di Azione contro la tratta e lo sfruttamento, tenendo conto delle esigenze specifiche dei minori vittime manifestati durante questo periodo di emergenza sanitaria. Un aspetto fondamentale sono poi i percorsi di sostegno alla fuoriuscita dal circuito di sfruttamento avviati dalle vittime.

Molti percorsi di integrazione avviati a favore delle ragazze che hanno avuto il coraggio di ribellarsi ai loro sfruttatori oggi sono a rischio per l’improvvisa scomparsa delle opportunità di inserimento lavorativo che, abitualmente, riguardavano settori come quello alberghiero o della ristorazione. Per le giovani vittime fuoriuscite dal sistema di sfruttamento e già inserite nel Programma Unico di Protezione, come nel caso di quelle sostenute dal progetto Vie d’Uscita, il lockdown ha prodotto forti difficoltà di ordine emotivo e psicologico, per la perdita o l’indebolimento dell’attività scolastica e dei rapporti sociali, della rete informale di supporto costruita, o per chi aveva appena iniziato il percorso di fuoriuscita, ritrovarsi di nuovo in una situazione di chiusura e isolamento simili a quelle da cui erano fuggite.

In alcuni casi, con l’aiuto degli operatori, questo tempo si è trasformato nell’opportunità di approfondire ad esempio le proprie conoscenze della lingua italiana o di frequentare nuovi corsi online, e di rinforzare anche la propria consapevolezza sulle potenzialità e sui rischi del digitale rispetto alla propria storia personale. L’impatto più drastico è stato però quello sui percorsi di formazione e inserimento lavorativo per promuovere l’autonomia che hanno risentito della crisi totale di alcuni settori cruciali come il turismo o la ristorazione.

Sono proprio questi gli ambiti in cui molte ragazze che avevano intrapreso un percorso di fuoriuscita avevano trovato lavoro poi perso a causa della chiusura di ristoranti e alberghi, con conseguenze sul loro percorso di riscatto che rischiano di essere veramente drammatiche. Intraprendere un percorso professionalizzante o di tirocinio non significa solo tornare a guadagnare ed essere autonomi dopo molto tempo, ma per una ragazza che ha vissuto anni di sfruttamento e sottomissione è un aiuto fondamentale nel processo di rielaborazione del trauma e nel riappropriarsi di se stessa, della propria dignità, della sua vita.

L’interruzione di queste esperienze, anche se per causa di forza maggiore, ha comportato difficoltà materiali ed emotive. Gli operatori degli enti anti-tratta, come quelli delle organizzazioni partner del progetto Vie d’Uscita promosso da Save the Children, hanno dovuto dunque far fronte a questa emergenza nell’emergenza, anche per prevenire i rischi di una ricaduta nella rete dello sfruttamento (cosiddetto re-trafficking o ri-vittimizzazione), prevedendo misure straordinarie di aiuto diretto immediato e ad una riconversione del percorso di autonomia.

“Stiamo facendo, insieme a tutte le realtà impegnate in prima linea in quest’ambito, il massimo sforzo per far sì che non si interrompano questi percorsi e le ragazze corrano il rischio di ritornare ad essere preda di vecchi o nuovi sfruttatori, disincentivando anche indirettamente chi potrebbe fare in questo momento la scelta coraggiosa di fuoriuscita. Per offrire un sostegno specifico ai minori stranieri reclutati da organizzazioni e reti criminali nei Paesi di origine per essere sfruttati in Italia nel circuito della prostituzione, l’Organizzazione ha attivato dal 2012 il progetto Vie d’Uscita.

Oggi il progetto viene realizzato in 6 regioni in partenariato con la Cooperativa Sociale On the Road nelle Marche e in Abruzzo, con Comunità dei Giovani Cooperativa Sociale e la Cooperativa Sociale Equality in Veneto, con la Cooperativa Sociale CivicoZero a Roma nel Lazio, con la Congregazione Figlie della Carità San Vincenzo de Paoli in Sardegna, e dal 2019 anche in Piemonte con PIAM Onlus. Il progetto si rivolge ad una fascia d’età tra i 12 e i 24 anni, e comprende attività di rintraccio delle vittime, assistenza sanitaria e legale e percorsi di professionalizzazione e accompagnamento all’autonomia.

Da luglio 2019 Save the Children collabora con la Croce Rossa Italiana nell’ambito del progetto europeo Pathways, che ha l’obiettivo di consolidare le competenze tecniche di identificazione e supporto di minori presunti vittime di tratta attraverso l’intervento di esperti in materia di traffico di minori nell’ambito della mappatura e analisi dei bisogni delle vittime, dei workshop formativi volti ad aumentare le conoscenze e competenze di operatori e volontari CRI con attività di tutoraggio specifica.

Dal 2016, l’Organizzazione ha infine attivato la Helpline Minori Migranti per offrire adeguato sostegno agli stessi minori stranieri non accompagnati, ma anche a tutti coloro che hanno necessità di ricevere informazioni ad hoc, dai familiari dei minori agli operatori delle strutture di accoglienza, dai volontari ai comuni cittadini.

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